Il diavolo nell'ampolla di Adolfo Albertazzi pagina 19

Testo di pubblico dominio

profumo) era di Rina. Di Rina? Ebbene, fosse pur stata! Che cosa di male se sua moglie aveva avuto bisogno di scrivere, una volta, a Demetrio? Ecco: egli era tranquillo, padrone di sè. Ragionava. Poteva ragionare freddamente. — Nessun male? Bisogno di scrivere a Demetrio? Perchè? No no! Quella lettera non era di Rina, ecco tutto! Pazzo! pazzo a lasciarsi allucinare da una somiglianza di scrittura. Dunque, via!; rimettere la lettera dove era prima, pentito dell'azione indegna che stava per commettere; violare, forse, un segreto dell'amico. .... Vigliacco! Scampare, cercava scampare alla certezza? E risolutamente levò il foglietto dalla busta, e vide che non c'era la firma, e lesse, e vide che era di Rina. Fu certo. Ma ecco: sentì che possedeva una forza meravigliosa. Non si muore d'una ferita, ricevuta a tradimento, nel cuore? di dolore, di spavento? Non si muore! Egli richiuse. Credè d'aver voce bastevole a chiamar Giovanni appena fosse tornato. — Via Goito era a due passi — e dirgli: — Vado a casa, per un momento —. Si alzò.... (una forza meravigliosa!) e, come spinto da tutte le energie superstiti, entrò invece nella camera del moribondo, si avvicinò a guardarlo, con gli occhi sbarrati.... Ah! L'amico! Allora il medico lo prese per il braccio, lo trascinò fuori. Cominciava l'agonia. Ebbene.... — una forza meravigliosa! —, di là, nello studio, senza accorgersi dell'intimo schianto, della ferita ricevuta nel cuore a tradimento, senza piangere, senza gridare all'infamia, senza morire, Amaldi rilesse la lettera per confermarsi, di tutto, evidentemente. Era un bigliettino scritto in fretta, dopo un convegno. Assicurava l'amante da ogni timore d'imprudenza o contrattempi. Ma questa l'infamia! questa la prova! questa: «A casa ho trovato la cartolina che mi aspettava. Tornerà da Genova dimani o posdimani». Egli era tornato da Genova.... Quando? Come gli era possibile ricordarsene? Oh se avesse potuto non ricordarsene! Era tornato....: il 14 maggio. Aveva scritto, e se ne ricordava, all'albergo, due sere prima. Due sere prima. Nel biglietto amoroso mancava la data. Ma il timbro su la busta? si leggeva benissimo: 12-5.... Dunque: c'era più appiglio a dubitare che fosse di Rina? Tutto evidente! Che infamia! E come gli fosse strappata solo allora la benda dagli occhi, Corrado Amaldi vide sua moglie affranta e pallida all'annunzio della disgrazia; e solo allora sentì lo spasimo della ferita, l'atrocità del colpo, l'insopportabile tormento. Fuggire! scomparire dal mondo! Ammazzarla! Adagio! Aspettare! L'altro, intanto, agonizzava. Ed entrò il notaio. E passò, trafelato, un prete. Poi Giovanni annunciò: — Il presidente del Consiglio Provinciale e un assessore del Comune. Corrado Amaldi immobile, in piedi in mezzo alla camera, ora provava la sensazione d'uno che sia trascinato da una forza irresistibile in un precipizio. Quei signori si condolevano con lui, più che amico, fratello del commendator Lecci.... Anche, volevano informarsi da lui, per regolarsi nelle onoranze funebri. E l'assessore, più disinvolto, venne dal notaio, presso lo scrittoio, e l'interrogò. Mentre il Presidente seguitava nelle condoglianze, Corrado udiva il notaio che rispondeva: — Il testamento segreto è depositato presso di me; ma non si procede all'apertura senza richiesta del presunto erede. Udiva soggiungere l'altro: — E se il nipote, il presunto erede, ritarda qualche giorno a tornare, come conoscere le precise disposizioni testamentarie per i funerali? — I familiari.... Il signor Amaldi.... Già, il signor Amaldi. Ma il signor Amaldi pareva esagerare — un pochino — il suo cordoglio; pareva troppo stordito. Rispondeva a stento che il commendatore sdegnava i funerali chiassosi; che disapprovava l'uso dei discorsi, dei fiori.... Non altro. Giovanni, Giovanni forse ne sapeva di più. Interrogarono anche lui; e rispose che il suo padrone non avrebbe sdegnata una messa di requiem. Ma la messa, quando fosse richiesta o permessa dal testamento, poteva celebrarsi giorni dopo il trasporto; non era cosa urgente. A ogni modo, Provincia e Comune stavano per accordarsi su le onoranze, quando il medico s'affacciò sulla porta e aperse le braccia. Amaldi, che si era seduto accanto al Presidente, balzò in piedi, livido; rimase impietrato, con gli occhi torbidi; e Giovanni scappò via gemendo. L'assessore guardò l'orologio e disse: — Sette e venti —; e il Presidente disse: — Animo, signor Amaldi! —; e afferrò e strinse la mano del signor Amaldi. Il quale adesso sembrava non esagerar più; sembrava manifestare con il dolore di chi perde il fratello lo stupore del mistero e lo sgomento del nulla; o pareva rimasto senza pensiero. Pensava: «Dovrò fingere, dissimulare fino all'ultimo!» Fino all'ultimo, fino a che la salma fu deposta nel loculo, egli si comportò così, come aveva sentito la necessità di comportarsi, come volevano le convenienze sociali. Ma dopo! Al ritorno, nella carrozza chiusa, libero della cappa di piombo che la società vile e corrotta gli aveva imposta, in una commozione di scherno e di rabbia Amaldi s'abbandonò a meditare, a pregustare la vendetta. Oh sfogarsi! sfogare l'amarezza dell'onta patita e l'onta dell'ipocrisia a cui era stato trascinato come in un baratro; sfogare tutto l'odio che gli si era addensato in veleno nel cuore; esasperare con voluttà di martirio la ferita dilaniante; gettar la maschera, e accusare, e calpestare l'infame prostrata, nella confessione e nel rimorso, ai suoi piedi; o colpirla, ammazzarla se sorretta dalla passione e insolente! Che benefizio nell'anima e nel sangue, a immaginare il castigo tremendo, mortale! Ammazzarla! Ma era illusione fugace. A poco a poco intravvedeva che a lui non era concesso — no — nemmeno l'inconsulta attesa della catastrofe che fosse, per sua mano, tragica! No: egli, povero uomo, doveva riprendersi tosto, ragionare, riflettere. No. Non gli era possibile vendicarsi in tal modo; non doveva ucciderla; non cacciarla, sgualdrina, di casa; non trascinarla a un tribunale. No. Perchè? Perchè sarebbe uno scandalo! Era caduto in una contradizione; la contradizione in cui s'era messo non tardò a stringerlo, ad attanagliarlo, a soffocarlo. Non poteva vendicar il suo onore senza provocar uno scandalo enorme; ma per evitare lo scandalo, per salvare il suo onore aveva dissimulato restando fin la notte in casa del defunto, fin reggendo nel trasporto uno dei cordoni del feretro! Sciagurato! Rivelando adesso il suo disonore non darebbe forse diritto al mondo di chiedergli: Come mai, tu, ad accorgerti d'esser tradito, hai aspettato che il traditore sia stato morente o morto? Per quale misterioso interesse hai dissimulato fin all'ultimo? Per quale vergognoso passo hai accompagnata la salma all'ultima dimora? Per quale inconfessabile ignominia hai taciuto sempre con tua moglie, e schiamazzi adesso che Dio o un accidente ti ha liberato del più colpevole, del più forte?... In ogni persona che vedeva, egli vedeva un ridere osceno; e gli pareva che tutti coloro che conosceva gli ridessero in faccia, gli gridassero: — Anche tu! anche tu....; e finchè l'altro viveva...., eri contento! Tutti, sempre, l'avevan tenuto per un uomo onesto, un gentiluomo; e cadere, affogare nel fango! Aveva amata sua moglie e.... Al pensiero del suo amore di un tempo, non resse più. Ruppe in singhiozzi; pianse. Lo riscosse il rumore delle ruote sul ciottolato, rientrando in città. E non osò rincasare fiaccato in tal modo dalla passione e dalla ragione. Gli era necessaria una tregua; un po' di riflessione pacata; di silenzio; le forze umane hanno un limite, perdio! E ordinò al fiaccheraio di condurlo, invece che a casa, all'uffizio del Consorzio. Ivi per fortuna l'aspettava un telegramma il quale lo chiamava, d'urgenza, a Ferrara. Per non scrivere o telefonare alla moglie mandò un impiegato a casa a mostrar il telegramma; dicesse alla signora ch'egli ritornerebbe solo al dimani. E partì davvero

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Argomenti: due passi,    forza irresistibile,    due sere,    voce bastevole,    biglietto amoroso

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