Il diavolo nell'ampolla di Adolfo Albertazzi pagina 11

Testo di pubblico dominio

— Povere creature! — disse la signora. Nè volle affliggerle a lungo. Anzi, poi ch'ebbe visto da vicino il nido mirabilmente contesto di cannucce e ciperacee e steli: — Andiamo via! — pregava. Una strana ripugnanza la trattenne dall'osservare dentro il nido. — Che impressione strana! — mormorò intanto che la barca ritornava all'aperto. — Tu vedessi i piccini gettarsi nell'acqua appena nati! — diceva l'amante. E raccontava della caccia feroce che danno alle piccole folaghe i falchi di palude. Ma la sua voce non aveva pietà. L'amata non gli badava. In lei a poco a poco l'impressione ricevuta diveniva sentimento, diveniva avversione sommossa dal fondo dell'anima, diveniva pensiero. Teneva lo sguardo fiso nell'amante, che non dubitava, chiedendosi: «Perchè mi ama? perchè l'amo?» Leggeva la risposta in quegli occhi. Il loro amore aveva per fine sè stesso: null'altro. S'attendevano l'ebbrezza dei sensi in cui soffocare l'anima..., e non più. Questa, questa era la colpa: che il loro desiderio non oltrepassasse il loro piacere. Null'altro! E non dalla coscienza le insorgeva il rimprovero o l'ammonimento, ma le veniva da mille voci di vita feconda e di vita novella che nel fervido giorno la terra generatrice elevava e spandeva in un incognito indistinto inno di amore. Alla voluttà che anche lei si era promessa mancava il sublime intendimento d'una gioia divina: questa la colpa! Da un umile nido essa aveva appreso perchè si ama. L'amante le chiese trepidando, sentendola sfuggire con lo sguardo velato: — Che hai? Essa tacque; abbassò gli occhi. E come egli, in un impeto di desiderio, fe' per trarla al suo petto, lo respinse decisa: — No! FERDINA. Appena fu in condizione di poter uscire dall'ospedale, il maggiore Baredi scelse a dimora per la convalescenza la sua villa di Casaglia. Gli erano concessi due mesi a rimettersi del sangue perduto da una ferita che era stata quasi mortale, al petto, e da un'altra, al capo, che gli aveva deturpata la guancia sinistra per sempre. E oltre che ricuperare le forze respirando la pura aria nativa, egli sperava che lontano dal mondo, solo con sè stesso e coi ricordi famigliari, mitigherebbe la rancura compressa nell'animo e temprerebbe l'animo più virilmente al proposito della vendetta. Perchè in quel suo rovello sentiva prevalere un eccitamento di vanità personale, e se ne accusava come di una debolezza. Gli bisognava vincere l'orrore che provava a guardarsi nello specchio e che aveva sorpreso negli occhi degli amici e delle amiche quando l'avevano visto senza bende; gli bisognava persuadersi che tornando a combattere e affrontare la morte con accresciuto fervore di vita, acquisterebbe davvero, se scampasse ancora, una ragione di superiore orgoglio, una riparazione di spirituale bellezza a quella deformazione indelebile. Ciò che aveva fatto, il rischio da cui era scampato a stento, non gli pareva bastevole nè per la sua rassegnazione, nè per la stima altrui. Volle dunque andar a Casaglia come a luogo di attesa più che di quiete. Ma lo contrariò subito la stagione. Pioveva quasi di continuo; la primavera indugiava in un tedio di freddo aprile. Dalla loggia, ove passava gran parte del giorno adagiato nella poltrona, solo di tratto in tratto scorgeva le nuvole staccarsi, imbiancare ai margini, inargentarsi nei contorni di bambagia: tosto i pochi raggi cedevano al nuvolo, che ridiveniva coerente; e giù acqua! Ed era una intemperie priva di tuoni e di folgori. Una tristezza eterna. Letto il giornale, che pur lo lasciava deluso, Baredi apriva invano qualche libro; gli rincresceva fin questo svago da prigioniero o da infermo sfiduciato; e preferiva rileggere nella sua memoria e nel suo cuore. Del padre, mortogli quando era bambino, si ricordava appena; ma della madre, perduta l'anno innanzi che andasse in Libia, riaveva, lì nella vecchia casa, così evidente l'immagine che a volte gli pareva udirne i passi e la voce, e gli pareva vederla sorridere in atto non più di perdonare ma d'essere perdonata. La stigma che egli recava in faccia lo redimeva ora dell'averla fatta soffrire un tempo: dell'aver preso la carriera militare che sua madre non avrebbe voluta e dell'essersi abbandonato a dissipazioni e a passioni che per lei, austera, rasentavano l'onta. La stessa rimembranza materna lo traeva perciò a rivivere nei ricordi più recenti e più generosi. Oh la sua bella batteria, di cui amava ogni pezzo come fosse animato dell'anima sua! E le ansie attive, gli incurati pericoli, le robuste fatiche, i riposi pieni e i sonni senza sogni! E gli ufficiali superiori e inferiori concordi in una fraternità di intendimenti e di speranze; e gli artiglieri forti e pronti, bravi e sicuri; avidi di operare con lui, di essere comandati da lui! Pur il momento terribile acquistava un'attraenza di luce tragica a rievocarlo nell'azione complessiva. Ecco: due compagni caduti. L'uno si contrae muto, livido nell'agonia breve; l'altro, un soldato eroico, con uno sguardo ancor vivo e già estraneo, geme come un ragazzo: «Mamma mia!». E di sè Baredi risentiva la soavità dell'istante in cui, venendo meno, aveva creduto essere sottratto dalla morte allo strazio delle sue povere carni dilacerate. Ma dall'alta lontananza di questi ricordi chi, che cosa, lo riabbatteva a un tratto nella realtà penosa? Perchè si sovveniva amaramente di questa o quella donna più non amata e ne scorgeva, in una simulazione di pietà, un segreto sarcasmo, o, peggio, la ripugnanza? Perchè gliene ricorrevano alle labbra le parole: «Come sei bello!»; e le ripeteva forte queste parole, e guardandosi talvolta nello specchio sorrideva? Per convincersi che non doveva, non poteva più sorridere! Nel volto deturpato il più lieve sorriso gli sembrava tracciasse un'atroce smorfia. Finalmente una notte sentì un usignolo, che nel boschetto di altee e di lauri s'inebriava del suo canto; e il giorno dopo il sole fu padrone di tutto il cielo. Baredi fece quel giorno i primi passi senza aiuto. E ristette a guardare la chiostra dei colli, dilungati in lievi ondulamenti contro il cielo sereno; inclinati a valle in falde verdi di olmi e di cólti, con le case che i cipressi indicavano e a cui la luce meridiana e la distanza davano un'illusione di quiete chiara, tiepida e dolce. Là, oltre la verde cerchia, fra le piatte cime di Paderno e di Sabbiuno, i monti s'annebbiavano d'azzurro; qua, nella valle ove profondava il Ravone, la chiesa e la vicina fattoria attiravano lo sguardo come i più cari luoghi del paesaggio inobliato. E d'improvviso, con gli occhi della memoria, il capitano scorse nella fattoria la fanciulletta che sua madre ebbe spesso a svago per casa: Ferdina. Egli non l'aveva riveduta nell'altro triste ritorno, quando la morte stava al capezzale materno; l'aveva riveduta sempre gli anni innanzi; e la rammentava bambina, quando al vecchio fattore successe il padre di lei. Quanti anni aveva ora? Calcolo breve, se non del tutto sicuro: era già una ragazza da marito. Il giardiniere confermò dicendo: — Faceva all'amore col figlio di Santelli, l'affittuario. Adesso è soldato, al fronte. — Bella? — Non se la ricorda? Una faccia ardita; capelli biondi. Poi l'informatore soggiunse: — Non tarderà a venirla a trovare. M'è sempre attorno a domandare di lei, e se è guarito, e come se la passa, e se vien nessuno a salutarla. È una buona ragazza. Baredi tornò a guardare alla fattoria; poi disse: — Ci andrò io, fra qualche giorno. Voleva sperimentare in lei, che certo lo rammentava bene e forse lo ricordava con affetto, l'impressione disgustosa di rivederlo così; e voleva sperimentare in sè stesso la resistenza a quel disgusto. Ma se, col bel tempo, si sentiva rinvigorire d'ora in ora, le gambe che avevano scalate le Alpi lo reggevano ancor male per un tratto non breve e per la riva ripida. Di più l'umiliava quella mollezza sentimentale, a cui non poteva opporre abbastanza energia di dominio su sè medesimo. Erano commozioni

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Argomenti: carriera militare,    umile nido,    vecchio fattore,    caccia feroce,    sguardo fiso

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