Fior di passione di Matilde Serao pagina 2

Testo di pubblico dominio

verso il terrazzo, Paola disse a Fulvio, da lontano: --Siete anche voi della gita? --No, no, sentite...--disse lui, con voce soffocata. Ma ella non uscì sul terrazzo. Qualche signora parlava di andar via: ma per trattenere gli invitati ancora un poco, Sofia si mise a cantare il waltzer dell'Ombra, nella Dinorah. La gente, in piedi, ascoltava: ma la breve voce simpatica della fanciulla non arrivava a eseguire quei trilli complicati, quelle risposte dell'eco. Sibbene ella cantava quel waltzer come se piangesse: e invero quella musica, che è il pianto di una illusione, pareva un singulto di dolcissima follìa. --Datemi il mio ventaglio--disse Paola, dolcemente, a Fulvio, che se ne stava solo solo sul terrazzo. --No, se non mi sentite--disse lui, tenendosi il ventaglio stretto alle labbra. --Datemi il mio ventaglio--ripetette ella, con fermezza e con dolcezza. --Sentitemi, sentitemi, ve ne scongiuro, è una cosa gravissima.... Paola non gli dette più retta, rientrò nel salone: ora il cameriere portava attorno dei bicchieri pieni di malaga dove un pezzo di ghiaccio galleggiava, ed ella girava premurosa, sorridente, serena. Quando ebbe compiuto il suo giro, naturalmente si rammentò dell'altro suo ospite che stava solo, nell'ombra, sul terrazzo, fra la nerezza del cielo e quella del mare. --Datemi il ventaglio, amico. --Sentitemi....--disse lui, ancora. E la voce era così piena di dolore, che ella si arrestò. Nella sala, adesso, con la nova allegria del vino, cantavano un coro napoletano. Ella ascoltava le parole di Fulvio. --Sentite. Io debbo parlarvi. Debbo dirvi delle cose gravissime. Non m'interrompete, Paola, ve ne prego, Ascoltate: ho da dirvi, da dirvi, tante cose. Ma le dico presto, non dubitate. Ora non posso dirle. Vi è gente di là, gente felice: io sono infelicissimo, Paola, se voi non ascoltate quello che ho a dirvi. Siate paziente, ve ne prego. Io soffro assai. Voi non soffrite, lo so: ma siete assai compassionevole. Ho da parlarvi, dunque. Dobbiamo esser soli. Sentite. Io non lascio questo terrazzo. Chiudete la porta, crederanno che io sia andato via. Ve ne prego, chiudetela. Vostro marito andrà a letto.... e io voglio parlarvi. Aspetterò qui fuori, quanto vorrete. Quando egli dorme, venite. --Non verrò--disse lei, soavemente. --Sentite, Paola, io sono come in punto di morte. Di là cantano e ridono: qui vi è un agonizzante. --Io non verrò,--ripetette lei, senza turbarsi. --Sentite ancora. Ve ne scongiuro, in nome della vostra coscienza di donna onesta, per la vostra virtù di fanciulla e di sposa, per la vostra dolcezza e per la vostra pietà, non mi negate quest'ultimo favore.... --Non verrò. --Se non venite, io mi ammazzo, Paola. Ella lo guardò un minuto secondo. --Io mi ammazzo, Paola, se non venite. Siete una cristiana. Non lascerete morire un uomo così. --Verrò--disse lei. II. E venne. La notte era alta, oramai, sul golfo napoletano, e lontanissime, scintillavano le tremolanti stelle: sulla deserta strada di Posillipo, che sovrastava alla terrazza della villa, una fila di lumi correva sino a Napoli: alta la solitudine, alto il silenzio. Le imposte del balcone che davano sul terrazzo si schiusero pianissimamente e un'ombra bianca, lieve lieve, scivolò sino a Fulvio che aspettava da tre ore. --Grazie--disse lui, cercando vedere il volto di Paola, all'oscuro. --Noi siamo in fiero pericolo di morte--rispose lei, con molta dolcezza. --Lo so--e chinò il capo. Egli non parlava. Invece, nel momento che aveva strappato a Paola la fatale promessa, la sua passione era in uno stato di esaltamento. Nella prima ora di aspettativa, egli non aveva fatto altro che ripetere a sè stesso, affannosamente, turbinosamente, quello che voleva dire a Paola: e certe parole, certe frasi, mormorate sottovoce a sè stesso, lo avevano affogato di emozione. Ella non veniva ancora. Sentiva che andavano e venivano, per casa, i servi, riordinando le stanze, chiudendo le finestre: sentiva le voci tranquille di Paola e di suo marito, che discorrevano; ma non poteva udire le parole. Poi tutto fu chiuso, si spensero i lumi, un grande silenzio regnò. Egli cominciò a tremare d'impazienza, non osando muoversi, raggricchiato al suo posto, coi nervi che vibravano, ripetendo confusamente, a brani, quello che voleva dire a Paola, come un bimbo disperato cerca invano di raccapezzarsi nella lezione imparata a mente. Paola non veniva. Egli aveva contato cento volte i lampioni a gas, sulla via di Posillipo: erano trentatrè, gli altri si perdevano in una fila di luce. Per ingannare il tempo, pensò di contare le stelle; ma ci si perdette. Quante ore erano passate? Quella notte era dunque eterna? E una disperazione rassegnata lo colse, lo abbattè: forse Paola non sarebbe mai venuta. A lui non restava che buttarsi di sotto, nel mare: giammai si sarebbe fatto cogliere dal giorno, dal sole, su quella terrazza. E tale idea, tale soluzione lo quietò. Un accasciamento profondo lo vinse e non seppe più nulla del tempo e del luogo. Tanto che lo schiudersi del balcone e l'ombra di Paola lo fecero appena trasalire. Ora, non trovava più nulla da dirle. Tutto era finito, egli poteva buttarsi di sotto, nel mare nero. --Che avete a dirmi, amico? --Che vi amo. --Me lo avete già detto. Null'altro?--e fece per andarsene. --Vi amo, vi amo, vi amo! --Amico, mio marito è di là che dorme. Se una zanzara gli fa udire la sua canzoncina, se un mobile scricchiola, se la vostra voce o la mia si levano un poco, egli si sveglia. Egli verrà qui: e noi moriremo. --Questo cerco--mormorò con voce cupa. --Morirei per voi, se vi amassi. Ma non vi amo. --E perchè vi esponete alla morte? --Per pietà. --Non sentite altro, per me? --Amicizia e pietà. --Voi altre donne siete infami. --Povero Fulvio!--fece ella, con molta dolcezza. --Vi proibisco di compatirmi. Dovete amarmi, capite? Questo sono venuto a dirvi. --Non posso amarvi. --Dovete. Ho il diritto di esser amato. Ah voi credete che sia nulla la esistenza di un uomo? Credete che sia nulla passare accanto a un uomo e togliergli tutto? Credete che sia, nulla farlo agghiacciare di freddo e farlo avvampare, dandogli una febbre che mai non si placa? Credete che una donna possa impunemente guardare con dolcezza, sorridere con dolcezza, parlare con dolcezza, come voi guardate, sorridete, parlate? O maledetta dolcezza, maledetta dolcezza! Malgrado che le fosse molto vicino e quasi intuisse l'espressione del volto di Paola, egli non vide le lagrime che le salivano agli occhi. --Perchè, infine, io era una creatura felice. Io godeva la giovinezza e il sole e la lietezza del mio paese e la giocondità dei miei amici! Io aveva la serena indifferenza, la più grande felicità umana. Io era egoista, ma tranquillo: io mi lasciavo amare, o non cercavo che mi amassero. Sereno, sereno come Giove! --Dio vi possa ridare la serenità--susurrò lei, con dolcezza. --Dio.... io non lo prego! --Lo prego io, sempre, perchè vi dia la pace. --O femmina ipocrita! Non vi burlate anche del Signore, come vi burlate di me. Sentite. Voi dovete amarmi, per forza. Vi amo troppo, per non essere amato. Sarebbe una enorme ingiustizia. Non vi sono queste ingiustizie, nel mondo. Il mondo è equilibrato, tutto si pareggia. La mia fiamma è troppo viva, perchè non v'infiammi. Dovete amarmi. Lascerete vostro marito, vostra madre, la vostra casa, i vostri servi, tutto quello che avete amato, tutto quello che avete adorato: e verrete con me. Andremo lontano. Saremo assai felici, assai felici, vedrete. Saremo anche infelici, lo so; ma non importa, così è la vita. La passione è più forte di noi. Io vi adoro, Paola, andiamo via. --Voi siete pazzo, amico--disse lei, appoggiando il gomito sul parapetto e guardando il mare, sotto. --No, o se vi piace, sono pazzo. Questo non importa. Sta che non posso vivere senza voi. Sta che ho bisogno di voi. Sta che vi voglio. Nessuno vi vuole come me: ora nulla resiste al magnetismo della volontà, essa liquefarebbe il diamante e spezzerebbe

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Argomenti: grande silenzio,    grande felicità,    breve voce,    fiero pericolo,    accasciamento profondo

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