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Fior di passione di Matilde Serao pagina 10saputosi tutto, finirono per dirci di sì. L'amore era un romanzo, allora. --E adesso? --Prosa, mia cara. --E come scenderò vestita, zia, quando non avremo gente a pranzo? Le due donne, con la massima serietà discussero l'abito, le pianelle, il goletto, la sciarpa, come avevano discusso l'amore. Nella strada vicina un organetto suonava una romanza di Tosti, allargandone molto il tempo, in modo da renderla più malinconica di quello che era. Poco a poco esse tacquero. Ascoltavano. Abitando al primo piano, con le finestre aperte, tutti i rumori di una sera d'estate salivano netti e chiari. Un fanciullino piangeva, con quel lamentìo insonnolito dei bimbi che si addormentano, un ciabattino batteva forte sopra un tacco di suola, a colpi rapidi, con un rullìo. Una voce femminile, accompagnando sottovoce l'organino, canticchiava: Vorrei morir quando tramonta il sole. Involontariamente, Cecilia si pose a canticchiare anche lei: Quando nel prato spuntan le vïole, mentre la musica soave, l'afa della serata di luglio e la stanchezza le mettevano addosso una tenerezza grave, una voglia di piangere. Era caduta sopra una sedia, guardando il soffitto, le braccia prosciolte e abbandonate, pensando ad una quantità di cose malinconiche. Dalla via, la vocina femminile continuava a cantare: Vorrei morir... vorrei morir... Cecilia lasciò che due lagrimoni le cadessero giù per le guance. Si sentiva impietosita e commossa per quella donnina che cantava così mestamente, pel suonatore dell'organetto, per sè stessa che si maritava, per la zia che era vedova e leggeva Diane de Lys, e forse più di tutto per quel ventaglio nero che si rimaneva tranquillo e silenzioso nel vano del balcone. Tutto ciò durò poco. L'organetto suonò il Funiculì-funiculà. Tutta la mestizia di Cecilia si dileguò. La vita era bella, nevvero? e Cesare sarebbe arrivato l'indomani presto. Bisognava sbrigarsi. --Siete rimasti d'accordo per le partecipazioni, Cecilia? --Sicuramente. Vi lasceremo la nota degli indirizzi e voi le manderete. --Sei fortunata, eviterai le visite di nozze. --E laggiù, in campagna, credete che i signori dei paesi vicini, i sindaci, vorranno evitarci questo noie? Quante sindachesse, quante mogli di giudici, quante provinciali sfileranno in casa mia! Come mi divertirò, come farò bene la castellana, come sarò amabile e quante riverenze farò! --Sei una bambina, Cecilia. Il matrimonio è una cosa grave e pericolosa. --Pericolosa? --Pericolosa. --Perchè, zia? --... nelle conseguenze. --Non capisco. --... tu non sai nulla... --... forse... forse... perchè vengono i bimbi? E una fiamma viva le corse al volto. --Anche... ma vi è dell'altro... --Forse perchè vi sono queste orribili marchese Susanne, queste principesse Albertine, queste contesse Elene? --Tu non sai nulla. La vita è un romanzo. --Il mio è bello, zia. --Sono i primi capitoli. Occhio all'amore, fanciulla. --Io amo Cesare, egli ama me--rispose lei con grande semplicità. E guardò intorno intorno, nello stanzone, quasi prendesse l'ombra a testimonio di quella verità. Niente aveva voce, nessuno le rispose; ma ella rimase quietata e soddisfatta, avendo riassunto presente ed avvenire. L'armadio era vuoto. Cecilia riponeva lentamente nel cassone gli oggetti minuti di biancheria, i goletti, i polsini, le cuffiette, le scatole dei fazzoletti. Prima di mettere al suo posto l'oggettino, lo guardava, lo ammirava, gli parlava sottovoce, quasi lo carezzava. Era molto felice, felice di avere tutti quegli ornamenti candidi, leggieri, morbidi di stoffa, fioccosi per trine, gentili di forme. Vi giuocava, quasi, come una bimba con gli abitucci della bambola. --Vi sarà molta gente al Municipio, zia? --Molta gente. --E il vice-sindaco mi dirà qualche cosa di molto pauroso? avrà un aspetto spaventoso con la sua sciarpa? --Il vice-sindaco è per lo più un avvocato annoiato e frettoloso. Ma gli articoli della legge fanno pensare, Cecilia. --Naturalmente, le signore saranno in cappello bianco, zia? --Bianco, specialmente per le fanciulle. --Abito corto, nevvero? --Corto; è volgare il più piccolo segno di coda. --Si piange al Municipio, zia? --È a piacere, mia buona. Per lo più si preferisce piangere in chiesa. --... già, in chiesa. In chiesa è una cosa seria; vi saranno fiori, incensi? E i belli chierichetti biondi e rossi come cherubini, con la cotta bianca a piegoline? Come sarà grazioso tutto questo! --E se vi fosse un amante disperato dietro una colonna, Cecilia? Se questo amante si avanzasse, ti maledicesse, si ficcasse un pugnale nel petto! --Questo qui si vede nel libretto della Lucia. Non è più di moda, zia. Risero cordialmente ambedue. --Credi tu, zia, che mio marito sarà buono con me? Come farò io per farmi amare? Debbo io essere buona o cattiva con lui? --Dumas dice in un modo e Giorgio Sand in un altro. --Ed io, zia? --Metti il romanzo nella tua vita, bambina. Nulla si fa senza la poesia. --Dove la trovo questa poesia? Io non ne so nulla. Sono una sciocca; sono disperata, zia. Tu mi farai morire, zia. Una desolazione quasi infantile le si dipingeva nel volto giovanetto. Zia Angiolina se ne stava tutta preoccupata, come se si desolasse anche lei pel romanzo della sua immaginazione. --Zia, zia, dove metterò i gioielli? --Nella cassetta di cuoio nero. --Potrò ora portare quanti anelli mi piacciono? Ne avrò all'anulare, al medio, al mignolo; potrò finalmente avere gli orecchini di brillanti. E Cecilia rimase rapita, con una luce negli occhi. La cassa era piena, sgombra la tavola, sgombre le sedie, tutto a posto. Pure ella non chiuse subito la cassa, restò a fissare il coperchio, quasi smemorata, quasi cercasse ricordarsi qualche cosa. Girò così, due o tre volte, per la grande sala, frugando con lo sguardo negli angoli oscuri: ritornò e d'un colpo solo abbassò il coperchio, chiuse le serrature con le chiavicine. Le tremarono le mani. Venne verso sua zia, pallida, e con la voce incerta, le disse: --O zia, o zia, io me ne vado domani! Nelle braccia l'una dell'altra piansero. Si sciolsero dinanzi alla svelta e leggiadra figura di giovanetta, vestita di lana bianca, che era apparsa alle loro spalle, lasciando il vano del balcone. Restarono un po' confuse, un po' mortificate. --Delfina, tu devi trovare tutto questo supremamente ridicolo--mormorò Cecilia. No, ella non rispose. Ma alla stanchezza dell'occhio bruno, alla piega ironica della bocca purissima, a tutta l'espressione di noia che deturpava quel viso giovanile, si vedeva che ella trovava tutto ciò supremamente ridicolo. Cuore di porcellana. Me ne duole per voi, ottimi e capricciosi lettori, ma questa storiella che debbo raccontarvi è vera, perfettamente vera, vera da cima a fondo. Le storielle vere hanno il potere d'irritare sommamente i lettori che non possono fare le loro osservazioni, dare dello stupido allo scrittore, poichè si trovano in faccia alla verità. Ho sempre un po' di paura quando incomincio a narrarle, e vorrei andarmene per le lunghe. So che oggi vi annoierò o vi farò irritare; nè posso evitarlo. Quando una di queste storielle chiede la sua vesticciuola per uscire a fare un giretto nel mondo, bisogna dargliela e lasciarla partire. Invano si vorrebbe metter fuor di casa la sorella maggiore, o la minore, o il fratellino: è lei che deve andar via. È ostinata, cocciuta, invincibile: e non resta che benedirne melanconicamente il volo, seguirla con l'occhio sinchè scompare, per rimanere impensierito della vita breve ed infelice che avrà. Ecco, io non faccio mai preamboli, e questo qui mi pare abbastanza lungo e noioso. Risolvermi a parlarvi d'Alfonsina sarebbe bene, raccorciando la storiella, copiando dalla verità. Quest'Alfonsina era una ragazza provinciale, di Salerno. Suo padre era impiegato all'Intendenza di Finanza--ella aveva due sorelle e due fratellini, ancora piccini. Di estate ella andava a passare quindici giorni, dal venti agosto al cinque settembre, in un villaggio presso Salerno, in una casa baronale Tag: zia cecilia tutto due romanzo nulla vorrei vita vera Argomenti: piccolo segno, ventaglio nero, aspetto spaventoso, vita breve, venti agosto Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Corbaccio di Giovanni Boccaccio I nuovi tartufi di Francesco Domenico Guerrazzi Il conte di Carmagnola di Alessandro Manzoni La via del rifugio di Guido Gozzano Le smanie per la villeggiatura di Carlo Goldoni Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Le Bahamas meta di un sogno Il serpente del grano Vacanze in Europa L'innesto della rosa I misteri della Jungla Nera
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