Frasi Belle - Le più belle frasi dolci e romantiche online e altro
|
||||
Fior di passione di Matilde Serao pagina 17amici; io faceva venti ore di viaggio, io rimaneva sei giorni nell'albergo del paesello: per venire ella ingannava un uomo, ingannava suo padre, i suoi fratelli, i suoi cognati, sua suocera, i suoi servi, i suoi amici, si esponeva a viaggiar sola, bella e graziosa, per trenta ore di viaggio, in mezzo ai pericoli, venendo ad un pericolo di morte. Che importava tutto questo? Io l'amava e l'aspettava, ella veniva a me perchè m'amava. L'ultima settimana prima del giorno era stato un turbine quello che ci aveva travolti; eppure, in tanto disordine di ogni cosa brillava netta, lucida, matematica tutta la combinazione del viaggio. Io conosceva a mente il mio itinerario ed il suo, e lo ripeteva sottovoce, come se avessi potuto dimenticarlo. Quei nomi di paesi, quelle ore ritornavano macchinalmente sulle mie labbra. Eppure una orribile paura mi accompagnava di sbagliare un treno, di non trovarmi, di perdere la testa e due ore innanzi era alla stazione, fingendo leggere, disinvolto, bevendo dei grandi bicchieri d'acqua per calmare la mia febbre. Chi ha viaggiato con me? Non so, guardavo in volto le persone senza vedere nulla. Sentivo nelle orecchie un rumorio di voci, uno stridìo di ferro, squille di campanelle, fischi, ma non comprendeva nulla. Non ho dormito mai, mai. Mi assopivo talvolta nell'abbandono, nella stanchezza dei nervi troppo tesi, ma l'anima vegliava, un sussulto mi scuoteva. Quanti giornali ho trascorso, quanti libri ho sfogliato? Non mi ricordo. So che arrivato al paesello dove ella doveva venire, mi son sentito stringere il cuore. Forse non sarebbe venuta. Che ne sapevo io? Era così strano il modo come ci eravamo amati, così singolare il modo come ci amavamo! Non mi conosceva; non la conoscevo. Da un momento ad un altro, lei che non era nulla, era diventata tutto per me. Che donna era? Forse non sarebbe venuta. Forse l'avrebbero trattenuta. Invano cercavo dominare questo senso invincibile di sgomento. Pure l'albergatore, un cortese e famigliare uomo che non vedeva mai nessun forastiero, non si accorse di nulla; è vero, io era pallido, gli occhi miei vagavano, distratti, le mie mani avevano la febbre, ma sorridevo, scherzavo anche. Nei tre giorni avevo visitato il paesello, la sua chiesa gotica, la sua manifattura di lana sopra un fiumicello là presso: ma i paesani che si volgevano a guardare questo viaggiatore tranquillo ed attento, non sapevano niente della lotta spaventosa che mi rodeva. Con un vetturino facevo lunghe passeggiate in carrozza e mi lasciavo narrare i suoi guai, tutte le vicende della sua vita. Anche la cameriera dell'albergo ed il servitore mi avevano fatto tutte le loro confidenze; essi avevano trovato un placido ascoltatore che approvava col capo, senza capire, rosicchiato, minato, tormentato da un sol pensiero. Diventavo stupido. La notte smorzavo il lume nella mia stanza, passeggiavo sul terrazzo, guardando la via ferrata.--Verrà di là--pensavo fra me. E come un'allucinazione mi prendeva, mi pareva che sbuffante e rumoreggiante il treno arrivasse col suo occhio verde e col suo occhio rosso che mi guardavano, che una potenza malefica m'inchiodasse sul terrazzo, ch'io vedessi di lontano la diletta dell'anima affacciarsi allo sportello, cercarmi, non trovarmi, ricadere indietro, disperata, ripartirsene senza che io, nella più orribile contrazione del dolore, potessi fare un passo o dare un grido. L'incubo si sedeva sul mio petto, me desto. Erano state lunghe, eterne quelle ore dei tre giorni, io le aveva vedute avanzare pigre e stanche, ma le ore dell'ultima notte, chiamate invano, supplicate invano, non venivano. Lei doveva arrivare alle sei del mattino. Dalle otto della sera prima io agonizzava nell'impazienza. Non una lettera, non un telegramma. Non poteva farmene, non doveva farmene, avevamo stabilito così. Viaggiava lei verso me? Dove era lei in quel momento? Calcolando potevo saperlo. E se non venisse? Tutte le più alte, le più inflessibili deduzioni matematiche sono capovolte da un picciolissimo fatto. Passeggiavo, fumavo, morsicchiando la mia sigaretta, lasciando che si spegnesse, gittandola nella via, accendendone un'altra. Nella sera ad uno ad uno si spegnevano i lumi del paesello. Passò un treno alle nove; era un diretto, non fermò. Alle dieci un altro; fermò per due minuti; era l'ultimo. La stazione era il mio faro, la mia compagnia. Illuminata, mi riscaldava il cuore come un raggio di sole. Certo i due impiegati, i facchini, il capostazione dovevano essere molto stanchi, poichè smorzarono subito e se ne andarono a letto. Mi parve di rimanere solo, abbandonato, in un deserto, senza luce, senz'acqua. Rientrai in camera, tutto angustiato. Dinanzi ad una fioca stearica d'albergo, in piedi, fremendo, rilessi le sue lettere inquiete, agitate, febbricitanti, che mi davano la follia. Sarebbe venuta. Sarebbe venuta la regina di Saba nei dômi azzurri della mia fantasia. Io le tendeva le braccia, ella veniva. Poi mi mettevo a pensare se quel salottino e quella camera d'albergo erano degne di ricevere la sua persona. Piccole stanze, messe con un lusso un po' rustico, un po' cittadino. Ma come Cristo, vi erano tutte le stazioni della Passione. Gliele avrei fatte vedere: Vedi, qui ho pianto, pensando che tu non saresti venuta. Qui ho sperato che questo calice mi sarebbe risparmiato. Qui ho agonizzato nel dubbio della mia fatale Getsemani. Qui ho singhiozzato credendomi tradito da te. Qui ho disperato, credendo che non saresti più venuta. Questo è stata la mia tomba per tre giorni. E qui, qui, amore mio immenso, sono risorto.--E pieno di una esaltazione, uscivo sul terrazzo a gesticolare, come un lungo burrattino preso da pazzia. Forse non sarebbe venuta. Mi sedetti in un angolo, appoggiando le braccia sul muretto, e il capo sulle braccia. Ma non dormivo, no. La boccettina del cloralio era quasi vuota sulla mia tavola. La vuotai. Mi distesi sul letto per dormire. Non dormivo. Presi un libro: le massime di Larochefoucauld. Tristi massime, ironiche massime, piene di realtà. Ma la passione è fuori della vita reale. Mi conturbarono. Fumai di nuovo. Avevo la gola secca, le fauci riarse, le guancie mi bruciavano. Prendevo lo sue lettere, profumate, fresche, e me le metteva sul volto, sperando averne qualche refrigerio. Dal terrazzo, vestito, tutto pronto, cavando l'orologio nella penombra della luna tramontata e del giorno che sorgeva, vidi aprirsi una ad una le case dei contadini. Nell'albergo dormivano ancora. Pure, sapendo che col treno delle sei e mezzo aspettavo mia moglie, si alzarono. Mi nascosi, vergognandomi di farmi vedere così premuroso. Ma dalla finestra vedevo sempre la stazione, che s'era svegliata anche lei. Sotto la porta un facchino si stirava le braccia. Uscii, non ne potevo più. Nel crepuscolo mattinale la serva scopava, in basso, la stanza da pranzo. Le dissi che andavo a passeggiare. Sorrise. Non capii quel sorriso. Ero inebetito. Come l'ora si appressava, cresceva in me la sicurezza che non sarebbe venuta. Non viene, non viene--mormoravo. Me ne andai sulla via maestra, parallela alla via ferroviaria. Andavo incontro al treno, come un pazzo, come un bambino. Poi la via maestra faceva, un gomito; tornai indietro, alla stazione. Presi una tazza di caffè, poi un wermouth nel piccolo caffè, parlai col padrone. Era l'alba, ma grigia. Forse il sole non sarebbe uscito, forse ella non sarebbe venuta. Anzi era certo che non veniva. Aspettavo per scrupolo di coscienza, quasi per dovere. Avrei potuto andarmene perchè non veniva. D'un tratto un debole fischio, un suono di campanella, mi precipito fuori, in tempo per vedere un treno nero, bagnato d'umidità. Il sangue mi va al cuore, ma oso domandare: --È il diretto? --No, è un merci. Ci vogliono tre quarti d'ora pel diretto. --È segnalato alcun ritardo? --No, per ora. Lei non verrà. Me ne vado nel giardinetto della stazione dove crescono le rose delle quattro stagioni ed i gelsomini cremisi in ritardo. Una lucertola mi guarda con i suoi Tag: venuta sarebbe forse treno ore stazione vedere braccia terrazzo Argomenti: due ore, senso invincibile, venti ore, trenta ore, tanto disordine Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo L'amore che torna di Guido da Verona L'arte di prender marito di Paolo Mantegazza Romanzo d'una signorina per bene di Anna Vertua Gentile Corbaccio di Giovanni Boccaccio Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Vacanza Mauritius, l'Isola del Sorriso Miniera di sale a Wieliczka Museo della Storia di Łódź L'alimentazione del pesce rosso Santuario della Madonna Nera di Częstochowa
|
||||