La trovatella di Milano di Carolina Invernizio pagina 8

Testo di pubblico dominio

guaritala, che il giovine si sentì scosso. —Ascoltatemi—disse gravemente—non è possibile che io m'inganni così. Voi dite di conoscere Gabriele Terzi? Il viso di Maria si fece scarlatto. —Ebbene, sì… lo conosco, lo conosco, l'amo… egli deve essere mio marito. Annetta a quella confessione della fanciulla, rimase dapprima come fulminata, poi la sua collera scoppiò con violenza. —Ah! sciagurata, me l'hai sempre nascosto. —Perdono, mamma, perdono, se tu sapessi quanto ho sofferto per ciò—rispose Maria con un accento che avrebbe commossa una pietra—sì, sono colpevole,… so che ho fatto male, ma l'amore è stato più forte di tutte le ragioni. La popolana era vivamente impressionata, tuttavia manteneva un sembiante severo. —Insomma chi è il tuo amante? —Lo stesso giovane che l'ultima notte di carnevale si è qui ricoverato in costume da maschera… —Ah! l'avrei indovinato—strillò Annetta con un'esplosione di collera.—Eppure ti avevo avvertita… Gabriele l'interruppe: era orribilmente convulso. —Un giovine in abito da maschera? Ah! non vi è più dubbio… è lui, proprio lui… Maria alzò con energia la testa. —Chi? —Il marchese Diego Tiani, che si è approfittato del mio nome, non solo per tradirvi, povera fanciulla, ma per ingannarne un'altra, che io amavo. Il viso di Maria si era coperto di un livido pallore, le sue manine stringevano le tempia. —No, non è possibile: voi mentite, mentite,—balbettò con accento soffocato. —Ah! se mi conosceste, non direste così: ve lo ripeto: colui che vi sedusse, si prese giuoco di me, di un'altra, è il marchese Tiani e per convincervi, vi dirò che l'ultima notte di carnevale, io stesso, aggredito da lui, a tradimento, infamemente, l'inseguii fino a questa strada, dove lo persi di vista. Annetta cedendo alla sua natura piuttosto collerica, serrando i pugni e colla schiuma alla bocca. —Ah! il miserabile—esclamò—lo sciagurato, E adesso dove si trova? —Se lo sapessi, sarei qui? Egli è partito con la fanciulla che io amava ed ha sposata. Queste parole furono la scintilla che diede il fuoco alla mina. —È troppo, troppo—gridò Maria come pazza—ed io non sopporterò l'inganno tesomi. —Credete che anch'io voglia subirlo in pace?—replicò Gabriele.—Egli non mi ha tolto solo ogni mia felicità, ma agli occhi della contessina Adriana sono apparso un essere spregevole: il marchese Diego non ha solo ordito un piano d'infamia, ma disonorato il mio nome. Se volete, ci uniremo insieme per vendicarci. —Accetto!—proruppe Maria con accento selvaggio, tendendo la mano al giovane. Annetta non poteva superare il suo furore. —Ma intanto tu disgraziata—esclamò con impeto—rimarrai colla tua vergogna… ed io non potrò più guardarti senza arrossire di te, che ingannasti la mia fiducia, la mia tenerezza. A queste parole, la bella guantaia sentì stringersi il cuore dall'angoscia, dal rimorso; una nebbia le calò sugli occhi e non avendo la forza di rispondere, diè un gemito e cadde svenuta fra le braccia della popolana. Questa rimase sconcertata, sentì svanire tutta la sua collera e coprendo il pallido viso della fanciulla di baci e lacrime. —Maria… Maria, guardami—mormorò—sono tua madre… che ti ama sempre, ti perdona. Ella aprì gli occhi e con voce debole, ansiosa: —È proprio vero?—chiese.—Non mi discacci da te? —No, mia cara… ma a quel cattivo arnese che ti ha disonorata, vedi, non posso perdonare. Maria si rialzò. —Nè io lo voglio!—disse risoluta, pensando ai mezzi iniqui, coi quali Diego si era impossessato di lei. Gabriele si era lasciato cadere su di una seggiola, perchè le forze l'avevano tradito; ma i suoi occhi si volgevano con pietà e simpatia verso la giovane guantaia. Egli rimase più di un'ora presso le due donne per concertarsi su quello che dovevano fare e quando si ritirò, Maria ricadde singhiozzando tra le braccia della madre… —Oh! quanto soffro!—mormorò… —Coraggio, Maria, coraggio; ci sono sempre io vicino a te e quand'anche tutti ti disprezzassero, io ti difenderò sempre. Un singhiozzo straziò il petto della guantaia. —Quanto sei generosa! Ma vedi! Se tutto ciò che mi ha rivelato quel giovane è la verità, colpirò quell'infame che ha distrutta la mia esistenza, mi ha spezzato il cuore. L'espressione sinistra con cui furono pronunziate queste parole, spaventarono la popolana. —Commetteresti un delitto? —Non so nulla, ma mi ribello contro il destino al quale il miserabile mi ha condannata e se avrò da condurre una vita di sofferenze, egli la dividerà con me, te lo giuro! CAPITOLO OTTAVO. Rivelazioni. Il marchese Diego Tiani e sua moglie, invece di un lungo viaggio di nozze, avevano scelto per la loro luna di miele la solitudine di una villetta presso Cernusco-Merate. Tanto Adriana che suo marito avevano avuto uno scopo nel ritirarsi in quel luogo. La giovane poteva abbandonarsi al suo dolore senza che sguardi indiscreti la spiassero; Diego non avrebbe mancato di fare qualche scappata a Milano, onde continuare la vita di libertinaggio fino allora condotta. Adriana aveva seco la sua fidata cameriera, che era a parte di tutti i suoi segreti. Diego teneva un domestico dall'aria furba e intelligente, che trattava con molta famigliarità il suo padrone e si mostrava strisciante sino al ridicolo con la giovine marchesa. I due sposi si vedevano all'ora della colazione e del pranzo. Ma anche in quei momenti si parlavano assai poco: l'uno nervoso, irritato perchè offeso nel suo orgoglio, pieno di desiderii per quella donna ammirabilmente bella, che era sua moglie e gli apparteneva così poco: l'altra sempre assorta nelle sue tristi meditazioni, sollevando appena di quando in quando i suoi occhioni, in cui la sofferenza metteva spesso delle lacrime. Passò un mese. Una mattina che Adriana si trovava più pallida e più triste del solito, Diego dopo averla a lungo osservata con mal repressa ira, disse in tono sardonico. —Sembra che non possiate dimenticare le memorie del passato, nè chi si è preso giuoco di voi. Ella ebbe una contrazione nelle sopraciglia ed alzando la testa con aria indignata. —E quando fosse!—esclamò alteramente—Credetemi, fareste meglio non farmi troppo pensare ad un simile avvenimento. Mi sono spiegata abbastanza prima del mio matrimonio: mi avete voluta lo stesso. Con qual diritto adunque mi rimproverate adesso, cercate scrutare i miei pensieri?… —Dimenticate che sono vostro marito… e se conoscete la legge… Adriana l'interruppe con un gesto imperioso. —La legge non può impedirmi di riflettere a mio piacere: i miei doveri di moglie li conosco meglio di voi, che trascorrete le notti non si sa dove nè con chi. —Se non mi sfuggiste come fate, se non mi mostraste in tutti i modi il vostro disprezzo, state certa che non mi allontanerei un solo istante dal vostro fianco. No non mi sarei aspettato tanta crudeltà da voi: eppure che vi feci… se non che adorarvi, quanto la stessa divinità, cercare tutti i mezzi per rendervi felice? La sua voce si elevava a poco a poco: la sua passione scoppiava con violenza inusitata. Adriana rimaneva fredda, insensibile. Egli le si avvicinò e fissandola con occhi in cui passavano dei luccicori terribili. —Badatevi—disse con voce sorda—in questo momento sono ancora lo schiavo che supplica; ma domani sarò il padrone che comanda. Ella sostenne coraggiosamente quegli sguardi: c'era in lei qualche cosa che si ribellava contro la brutalità di quelle parole. —Non potrete giammai costringermi ad amarvi—disse—perchè sarebbe una cosa superiore alla mia volontà. Mi spezzerete, ma senza giungere a piegarmi… e se mi aveste ben conosciuta, forse non avreste tentati tutti i mezzi per divenire mio marito. Si alzò per andare nella sua camera, lasciando Diego furibondo, umiliato. Appena fu sola, cadde su di una poltrona scoppiando in singhiozzi convulsi. Come si sentiva oppressa, infelice! Dunque la sua esistenza

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Argomenti: lungo viaggio,    cattivo arnese

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