La trovatella di Milano di Carolina Invernizio pagina 12

Testo di pubblico dominio

che desiderava! Posò il candeliere sul mobile e con mano febbrile introdusse la chiave nell'unica serratura, che lo chiudeva come un armadio. E tosto un grido di gioia eruppe dal suo petto oppresso. La chiave girava a meraviglia, la tavola dinanzi si abbassò lentamente, ponendo allo scoperto una quantità di piccoli cassetti. Maria li aprì uno dopo l'altro, frugando in tutti con ansioso ardore.
Vi trovò delle cambiali, lettere di donna, gioielli, denari.
Mise da parte la lettere, spargendo di mano in mano al suolo gli altri oggetti che trovava: era sotto il dominio di una viva impazienza; la sua emozione ritornava, cresceva, diveniva più pungente. Finalmente nell'ultimo cassetto, scorse un piego voluminoso, rattenuto da una fascia, su cui stava scritto a grossi caratteri.—Documenti riguardanti il conte Ercole Patta.—Con quei fogli, Maria avrebbe potuto perdere l'uomo che aveva aiutato Diego ad ingannarla; con quel tremendo segreto, ella poteva ancora salvarsi, avere una posizione, un avvenire. Ma la generosa e sventurata creatura non pensava a sè; ma a Gabriele, ad Adriana. L'uno era divenuto suo amico, si era appoggiato a lei con somma fiducia, l'aveva chiamata sorella; l'altra era caduta ai suoi piedi, chiedendole perdono d'averla sospettata, poi l'aveva stretta fra le sue braccia, pianto con lei. Pareva quindi a Maria che se avesse potuto contribuire alla felicità di quei due cuori ammirabili, amanti, Dio le avrebbe forse perdonata la sua colpa, il suo delitto. Fu quindi con una specie di straziante ebbrezza, che ella tolse ad una ad una quelle carte dalla fascia, e senza leggerle, le bruciò alla fiamma della candela. Così pure fece di tutte le altre lettere e fogli ritrovati nello scrittoio… E quando la sua opera di distruzione fu compiuta, una specie di sorriso dischiuse le sue labbra, un sospiro profondo sollevò il suo petto. —Ed ora vengano pure ad arrestarmi—esclamò a voce alta e ferma—io sono pronta! CAPITOLO DECIMO. Le deposizioni. Il processo di Maria, la bella guantaja di Porta Vittoria, accusata e confessa di aver assassinato il marchese Diego Tiani suo amante, aveva menato gran rumore in tutta Milano. Si attendeva con impazienza il giorno delle Assisie, perchè i fatti non erano ben noti, vi era un lato misterioso, che tutte le indagini dell'istruttoria, non riuscirono a chiarire. L'accusata aveva raccontato senza reticenze, freddamente, a testa alta «che ella era stata l'amante del giovine, prima ancora che egli prendesse moglie: aggiunse che Diego le aveva giurato di continuare la loro relazione, perchè sposando la figlia del conte Patta, non aveva avuto in mira altro che l'interesse; quindi invece di condurre la sposa lontano aveva scelto per la luna di miele la solitudine di quella villetta presso Cernusco-Merate, così poteva continuamente recarsi a Milano… «Ma il marchese Diego dopo alcuni giorni pareva aver dimenticati i suoi giuramenti: si erano incontrati una sol volta, ed egli si era mostrato freddo, annoiato, rispondendo alle sue smanie, alle sue suppliche di non abbandonarla, con delle beffe, parole insultanti, e persino con delle minaccie… «Ella aveva tutto sofferto, illudendosi ancora, sperando sempre che il giovane sarebbe ritornato a lei; ma Diego non le dette più segno di vita. «Folle, disperata, gli aveva scritto più volte senza ottenerne risposta. «Descrisse per quale periodo d'ansia, di disperazione, di amarezze era passato il suo cuore… e come a poco a poco un istinto di ribellione si fosse fatto strada nella sua anima. «E si rivolse alla marchesa Adriana, e nella gelosia che la torturava, le rivelò tutta la verità. «La giovine sposa aveva avuta una scena violente col marito, poi l'aveva abbandonato per ritirarsi col padre. «Seppe tutto ciò da Diego che si era recato furente da lei, poi ad un tratto parve che egli si ammansasse, tornò a parlarle d'amore, l'invitò a recarsi con lui nella villa stessa, dove era stato con sua moglie. «Disse che ebbe tosto il presentimento che l'attirasse in un tranello, perchè aveva letto qualche cosa di crudele, di feroce nei suoi occhi; capiva che la menzogna deturpava le sue labbra. Tuttavia aveva accettato l'invito; solo, per quell'implacabile sensazione che la dominava, aveva portato seco una rivoltella. «E quel malessere dei presentimenti l'aveva perseguitata durante il tragitto fatto in carrozza con Diego. «Nella villa non vi era alcuno ad attenderli. «Il marchese dopo averle fatta visitare tutta la casa, la condusse nella camera della moglie. «Ed era stato lì, che si era svolto il sanguinoso dramma. «Entrando in quella stanza, Diego aveva cambiato subitamente modi e linguaggio. «Ai rimproveri, ai sarcasmi, erano seguiti gl'insulti, le offese atroci e non accontentandosi di straziarla, attanagliarla, imprimerle sulla fronte il marchio rovente dell'umiliazione, della vergogna, si era avanzato verso di lei minaccioso, furente, dicendole che era un ostacolo alla sua vita e voleva sbarazzarsene… «Ed allora perduta la testa, folle di disperazione, aveva estratta la rivoltella ed aveva colpito.» Tutto ciò disse Maria, senza smentirsi mai, sebbene cercassero tutti i mezzi per coglierla in flagrante contraddizione. Il domestico di Diego asseriva invece; «che la marchesa Tiani non si era mai staccata dal marito e si trovava alla villetta anche la notte dell'assassinio: raccontò la passeggiata furiosa fatta in quel giorno in carrozza col padrone, il loro ritorno a casa ed aggiunse che sebbene il marchese, contro il solito, lo mandasse a coricarsi non avendo più bisogno dei suoi servigi, egli non si era ancora posto a letto, allorchè rintronò uno sparo, che lo fece accorrere nell'appartamento del padrone; ma nel corridoio incontrò Clarina ed uno sconosciuto, che si slanciavano verso le stanze della marchesa. Li aveva seguiti e si era trovato dinanzi ad una scena, che non avrebbe mai più dimenticata. Il suo padrone era steso a terra in un lago di sangue, la marchesa sul letto livida, cogli occhi chiusi, pareva morta e nel mezzo della camera, ritta in piedi, in atteggiamento ancora minaccioso, colla rivoltella fra le mani, stava una donna, che non aveva mai veduta prima di quella notte. «Spaventato era corso fino in paese a chiamare aiuto e quand'era ritornato, non vi trovò più che quella sconosciuta, la quale fattasi innanzi ai carabinieri, aveva detto con molta calma: «—Vi attendevo; sono io che uccisi il marchese Diego e mi trovo pronta a seguirvi. Clarina interrogata disse: «che da qualche tempo la marchesa Adriana non andava più d'accordo col marito, che spesso l'aveva sorpresa a piangere, ed un giorno alfine la sua padrona aveva dichiarato che voleva tornare presso il padre. «Sosteneva che la notte dell'assassinio non si trovavano alla villetta.» Non fu possibile interrogare la marchesa Adriana, perchè era gravemente, pericolosamente ammalata, per la scossa subita nell'apprendere l'assassinio del marito. La sventurata donna non riconosceva più alcuno; divagava continuamente ed usciva da quella crisi di delirio così prostrata, che non si riusciva a farle pronunziare parola. Il conte Patta, invece di commuoversi alla morte di Diego ed allo stato deplorabile in cui si trovava sua figlia Adriana allorchè gliela riportarono al palazzo, parve non avere altro pensiero che di farsi ripetere più volte da Gabriele il racconto dell'accaduto… e quanto aveva detto Maria. Quella giovine sapeva il suo segreto come ormai ne era conscia Adriana; ma questa non avrebbe parlato per non perderlo, l'altra avrebbe taciuto, perchè egli non aggravasse la sua sorte e fors'anche perchè era certa di non essere creduta. Il conte non ammetteva generosità negli altri, essendone egli incapace. Solo lo spaventò l'idea di quelle carte compromettenti, colle quali spesso Diego l'aveva minacciato… e che ormai sarebbero cadute in potere della giustizia. Che gl'importava del silenzio di Maria e di Adriana, se esistevano quei

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Argomenti: sospiro profondo,    mano febbrile,    sposa lontano,    marchio rovente

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