I nuovi tartufi di Francesco Domenico Guerrazzi pagina 6

Testo di pubblico dominio

cuffia alla rovescia. Susurro dentro, schiamazzo fuori, a trambusto ogni cosa.—Ma poichè il corpo appariva veramente turgido, mandarono per la balia che accorresse con la seggiola: la levatrice fece pressa, ma la sua arte le venne meno; il parto si presentava male; pareva avesse il capo grosso come il padre; chiamarono medico e cerusico, che ristrettisi a consulto deliberarono la operazione cesarea; ma il partoriente non ne volle sapere: allora introdussero con fatica la tanaglia, e il cerusico ne strinse i manichi, il medico strinse a mezza vita il cerusico, la balia il medico, il padre la balia, la madre il padre, e via discorrendo tutti di casa; e tira tira, trassero fuori… una traduzione in ottava rima, che battezzarono subito, perchè dato appena un segno di vita la poverina precipitò nel limbo dei Santi Padri.—Ne tenne dietro una emorragia spaventevole, per la quale la matrice indebolita non potè più concepire.—Tra gli altri pregi egli possedeva un bellissimo vezzo, che consisteva nel trovarsi soddisfatto soltanto dei propri discorsi; a quelli degli altri egli o aggiungeva o toglieva, o modificava sempre qualche cosa; sicchè dove mai ti fosse avvenuto tenere con esso colloquio, potevi stare sicuro di sentirti dire: "Crederei dovere aggiungere,—penserei spiegare,—opinerei dichiarare," e via discorrendo. Spirito lento, stupido, e presuntuoso, come la lumaca che immagina avere compito il giro del mondo allorquando si è strascinata intorno ad un cavolo cappuccio, e segnato la via lattea lasciando dietro a se una traccia di bava. Ambì la superba fama di Mecenate, e commesse all'alabastraio due vasi e un calcalettere; anzi nella Storia delle Arti si ricorda che ordinasse al gessinaio anche un Sant'Antonio dipinto. Ma il diavolo dello scherno, deciso a non lasciarlo in pace, per mezzo dell'orecchio sinistro gli entrò nel capo, e rimase maravigliato di cotesto immenso vuoto; comunque il diavolo camminasse sopra la punta degli artigli, e si fosse tirata in su la coda per amore di lindura, come le gentildonne si raccolgono i lembi delle vesti per la via, pure si accorse essere rimbombante e sonoro; onde maligno qual è, lo prese il destro di lanciarvi dentro lo strido:—Nulla!—Come l'eco del castello di Simonetta, che ripete, secondo racconta il padre Kirker, quaranta volte la parola, ecco da mancina, da destra, di su, di giù, da tutte le regioni, in suoni bassi, alti, striduli e soavi, rimbombare la voce:—Nulla!—Il misero uomo turavasi le orecchie col cotone, vi soprapponeva le mani, ma inutilmente; chè il fragore gli veniva di dentro, e con infernale crescendo urlava:—Nulla! nulla!—Ne perse il sonno; nelle vigilie incresciose dava del capo nei muri; volle guastarsi: lo mandarono a viaggiare, e tornò a casa più mansueto, non più sano, perchè, cambiata pazzia, s'immaginò essere convertito in una lima, e dandosi in balía alla nuova fissazione, non vedeva moneta un po' traboccante ch'egli non attrappasse, e notte e giorno non rifinisse di tosare. Per questa pazzia egli salì tra i suoi in grandissima fama; e tra i più celebri tosatori fatto ormai celeberrimo, con universale consenso lo promossero all'onorevole ufficio di Presidente della Lima. Da quel punto in poi appena degnò reputarsi mortale: la opinione altrui a se contraria egli tenne come nebbia incapace ad offendere la sua divinità; reputò l'avvilimento dittamo e rose, raccolse l'onta, il disprezzo e l'oltraggio come fronde per tesserne una ghirlanda alle sue tempie, e alle voci di vituperio rispondeva con olimpica sublimità:—"Adoratemi, io sono il Re della Lima!…" Fin qui bastò la matita del Callotta;—adesso poi è mestiero tingere il pennello in rosso…, in quel vermiglio terribile che David diceva ferocemente stemperare alla Convenzione di Francia! E sì che David ebbe cuore aperto alle gentili ispirazioni del bello, e fu valoroso sacerdote delle Muse: non importa; in lui e in altri dovemmo contemplare a quali traviamenti precipiti la fantasia ove prenda le parti della ragione. La mente del poeta e dello artista esaltata dalle vicende politiche delira vaneggiamenti di sangue, che piange poi con dolore inestimabile, ma le lagrime delle diecine degli anni non valgono a lavare le colpe di un giorno. Vidi nel mezzo un cranio a cui dalla parte della nuca pendevano capelli bianchi a modo di semi di vecce; e cotesto cranio era duro, levigato, lustro come palla di avorio, e come avorio antico pendente in giallo, qua più chiaro, là più cupo. Quasi per dare una solenne mentita al sistema del Gall, si alzava protuberantissimo al punto in cui questi pone le idee religiose; quinci la cassa ossuta precipitavasi giù dirottamente, e come se la natura non potesse trattenere lo slancio preso, seguiva a sporgere fuori con la fronte e col naso; giunta al cuspide estremo, quasi presa da voglia opposta si ritirava indietro nelle labbra e nel mento.—Vi ricordate in grazia avere veduto a Roma nel palazzo Barberini la statua dello egiziano Osiride con la testa di sparviere? Fate conto che somigliasse a costui: davvero pareva un immane avvoltoio monaco che mudasse le penne. Cotesta faccia presentava un miscuglio strano di uccelli e di quadrupedi da preda. Rughe infinite, e nodi, e porri increspavano, bernoccolavano la pelle di quella che io pure vorrei e non mi attento di chiamare faccia; ogni atto umano doveva smarrirsi in mezzo a cotesto prodigioso laberinto. Come Platone racconta che fra le rughe del volto della sua Archeanassa vedeva annidarsi gli Amori, in quei solchi avresti potuto immaginare meglio appiattate le frodi intente a grassare qualche pensiero di umanità che inerme e solo si fosse avventurato a percorrere la via maestra o i viottoli di cotesta faccia paurosa. Dai cigli incavernati dardeggiava sguardi uguali alla lingua dell'aspide, e il riso ti pungeva come la lancetta del cerusico. Mi vinse la paura: il ribrezzo cominciò a salirmi di vertebra in vertebra lungo la spina dorsale fino al cervello; domandai non chi, ma che cosa costui fosse, e n'ebbi in risposta essere il presidente del filantropico istituto. Fidando poco nei miei nervi che sentivo torcermi, o tirarmi con acuto dolore, stavo per allontanarmi, quando egli alzò la mano e fece atto di favellare. Mi parve ch'ei m'inchiodasse, appunto come leggendo Hoffmann, o Lewis, o Maturino, volli talora gittare via il libro, e non potei, tenuto schiavo dalla potenza di coteste infernali immaginazioni. Angioli del paradiso, egli sta per parlare! Quale sarà il suono di cotesta voce! Che cosa mai parlerà! Che cosa? Il panegirico di Teuta?—e m'ingannai:—nota più dolce non fu mai sospirata dai flauti come gli uscì la voce dalle labbra bianche;—blanda si diffuse all'intorno uguale al susurro che gemono le acque marine nei plenilunii sereni intorno agli scogli,—melodiosa al pari del mormorio delle giovanette frondi tenere e verdi nate pur ora al fiato di primavera. «Signori,—cominciò egli—da me per certo voi non aspettate fiorito nè eloquente discorso: mancami all'uopo esercizio di buoni studi e conoscenza dell'arte difficile della parola; e dove l'uno e l'altra fossero in me, come pur troppo non sono, l'animo allo improvviso commosso da subita piena di affetto…» —Don Girolamo, prete di santa vita, e di dottrina insigne, stava in casa di costui a condizioni alquanto migliori dei negri adoperati in America alla coltura dello zucchero:—gli pagava una lira al giorno, con obbligo di celebrare la messa, insegnare il latino al ragazzo, accompagnare la signora, tenere i libri di amministrazione, rispondere alle lettere, comporre memorie, suppliche, contratti ec., risquotere le pigioni, badare alla villa e alle ragazze, e la domenica così per isvago riscontrare la cassa, rivedere i conti ai servi, e leggere la gazzetta al padrone mentre si radeva la barba…—e tutto questo ed altre cose ancora per una lira: eppure ci stava; tanto è vero che la natura crea alcuni enti

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Argomenti: capo grosso,    misero uomo,    spina dorsale,    infernale crescendo,    universale consenso

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