I nuovi tartufi di Francesco Domenico Guerrazzi pagina 2

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appiccare su pei canti i cedoloni per un poco di carità? Perchè suonare trombe, accendere falò, e stampare nome, cognome e titoli di questi rivenduglioli di beneficenza? Qui dentro ho visto vanità somma, e voglia di ostentare in apparenza quanto si toglieva alla sostanza.—Certa trista femmina, quasi sempre presidentessa degli Asili infantili, ad una povera madre che la supplicava di soccorso per nudrire quattro figliuoli in un giorno che l'era mancato il lavoro, ebbe la svergognata audacia di rimproverarle la troppa fecondità!—E cosiffatte femmine si danno un gran dimenío per iscrivere lettere, visitarsi, convocare adunanze, e trovare di ogni maniera motivi per uscire di casa e frequentare ritrovi… dove la carità non guadagna e il buon costume scapita…! Il marito torna a casa, e non trova la moglie: aspetta lungamente e invano. Ove andava ella? Allo Asilo. Ove si trattenne ella? Allo Asilo. Guai se si avvisa muovere lamento! La turba femminina lo scomunica co' ceri gialli, lo dichiara Turco e antropofago, lo mette all'indice come un libro proibito; e se lo condannano a meno che ad essere arso vivo, egli è per giunta. Mentre vedi mandare a male danari in carte, sopraccarte, ceralacche, e stampe, tu rideresti di rabbia, o mio nervoso Gualberto, se sapessi quante libbre di carne queste male femmine hanno cuore di mettere in pentola per farne la minestra a novanta o cento fanciulline; e se un macellaro…—oh indecentissimo personaggio in mezzo a tante profumate dame!—e se un macellaro, senza che nessuno lo sappia e senza che gl'importi che veruno lo abbia a sapere, non mandasse quotidianamente tanta carne che basti a cavarne un po' di sostanza, e' tornerebbe lo stesso che immollare il pane in acqua di Arno.—La ipocrisia, non so se in seguito, ma almeno fin qui, era ottimo mezzo per fare fortuna. Gli uomini per ora non seppero avvantaggiarsi dei casi passati. Il retaggio della esperienza non iscende ai posteri, egli è un legato che ogni generazione si porta seco nella fossa;—e tu, Gualberto, troverai di leggieri questo essere vero, quantunque volte pensi come da Adamo in poi i pesci si prendano con gli ami, gli uccelli con le reti.—Ora devi sapere, Gualberto, che vive una generazione di uomini, che io chiamerò gli Svelti, i quali noi trovammo nel mondo, e ce li lasceremo. Questi Svelti si persuasero che l'antico ordine di cose se ne andava, ed un altro nuovo stava presentissimamente per subentrare; s'ingannarono, perchè la pelliccieria è piena di pelli di volpe. Da lungo tempo se n'erano stati a cavallo al muro, ora si trovarono avere posto tutte e due le gambe da una parte sola: come rimediarvi? Che cosa fare? Gittarsi di un salto all'opposto lato era tardi; quelli che a caso, o per inerzia rimasero fedeli non li avrebbero accolti, o se accolti trattati come servi fuggitivi. Gli Svelti deliberarono mettersi in traccia di un nuovo mondo d'ipocrisia, e con certi metodi di cui avevano appreso il segreto coltivare le contrade scoperte e ricavarne nuove e copiose derrate buone al trono, buone all'interesse, buone alla pietà, buone alla istruzione, e mescolate con qualche prodotto religioso non nato dal vero grano di religione, ma di una cotale veccia religiosa acconcia a farne pane in tempo di carestia,—e così presentarsi ben provvisti al mercato, offrendo alleanza utile ad ambedue. Gli Svelti riuscirono, perchè gl'ipocriti puro sangue, quantunque volessero usare loro il tratto dei formicoloni alle formiche, conoscendo pericolosa la impresa, deliberarono abbracciarli a braccia piene, e baciarli con immenso strepito di labbra, e chiamarli amici e fratelli. Per comune consentimento tolsero per divisa il motto: concordi lumine maior—e il genio dei Tartufi li coperse tutti all'ombra dello immenso suo manto. Vediamo adesso gli effetti. Quali argomenti adoperarono essi nella istruzione? Intorno alla primaria, non consultati i climi, gli umori e le nature diverse, tolsero di peso sistemi praticati altrove, e li applicarono ai nostri fanciulli. Così Carlo Botta deplora come nelle calate dei Francesi in Italia, alloraquando concessero, per non durare, la facoltà di aggiustarci a nostro senno il freno, gl'Italiani altro non seppero che copiare la costituzione di Francia. A tanto di bassezza eravamo venuti noi altri Italiani, che famosi un giorno nelle arti di reggere i popoli, ormai non sapessimo più come governare noi stessi! Questi sistemi che intendono a fabbricare gli uomini come i mattoni, non credo che possano riuscire tra noi. Moti monotoni in casa, canti a sazietà ripetuti, non partecipano elasticità al corpo, vivezza allo spirito. La obbedienza della macchina male corrisponde alla osservanza spontanea dell'ordine persuasa dall'intelletto, che insegna come la disciplina sia nervo principale di bene regolata milizia. La educazione equivale ai reggimenti politici: anche il reggimento migliore in astratto può trovarsi ad essere il peggiore in concreto. Ottimo ha da reputarsi quel governo che sembra più acconcio a condurre a salute il popolo a cui si appone: così talora giova la democrazia, e talora anche la potestà dittatoriale. Di quale educazione abbiamo mestiero noi altri Italiani adesso? Io te lo dirò, sia pure per fruttarmene taccia di uomo arabico o peggio: noi abbisogniamo di riuscire feroci: gioventù feroce, Indomita, superba, e di una madre. La ferocia, o il vigore militare formano, a parere mio, il fondamento della dignità, della sapienza, ed anche della bellezza di un popolo. I Romani chiamavano virtus, virtù, la prestanza militare dell'uomo.—Io per me sempre ho reputato sapientissimo quel concetto di Foscolo, il quale teneva prima in pregio la forza, poi la bellezza, e finalmente lo ingegno. Ma che speri tu mai da queste vespi battezzate… da queste larve di uomini? provati a porre nelle costoro manine un peso più grave di una forchetta:—mira!…. lo hanno lasciato andare per terra…. Intorno alla secondaria… Ma io predicava anche troppo, e me ne venne fastidio:—però buona sera…" "Ascanio, statti per amore di Dio, e parla: tu taci tanto, e tanto ti rimani concentrato, ch'egli è forza che quando incominci tu faccia un po' come il mare in Olanda una volta ch'egli abbia sconquassati i dicchi." "Che se le mie parole avessero la virtù sopra queste anime che ha la calce sopra i cadaveri,—che se non potendo preservarle dalla putredine valessi a consumarle intere,—oh io parlerei fintantochè mi cessasse a un punto la favella e la vita! Ma è tempo perduto…" "Non importa; parla per me: parla come il barbiere di Mida, che seppellì i suoi discorsi dentro la fossa." "E le canne vi crebbero sopra e propagarono il segreto a tutti i venti. Sta bene, io favellerò dunque come il barbiere del re Mida. E quando il mondo avrà saputo che il re Mida aveva gli orecchi di asino, che cosa avrà imparato?" "Che il re Mida aveva gli orecchi di asino." "Famosa notizia!" esclamò sorridendo Ascanio.—"Ebbene, io continuo.—Gli Svelti cominciarono col calunniare i metodi antichi: affermarono il fiore della intelligenza logorarsi nello studio di una lingua morta, e gridarono abbominazione. Cui bonum la lingua latina? Ai curati per leggere antifone, e ai pedanti per iscrivere pataffii.—Apprendere la civiltà del più stupendo popolo che mai sia comparso nel mondo è antifona! Imparare la storia, la politica, la filosofia, la eloquenza e la poesia dei Romani, è pataffio! Se avessi un figliuolo che a diciotto anni si compiacesse della lettura o di Tullio, o di Livio, o di Tacito, io lo bacerei lacrimando sopra la fronte, e gli direi: Riposati.—E poi non è vero che noi ci rimanessimo ai soli studi latini, ma al punto stesso, le greche e le italiane lettere apprendevamo, e non superficialmente, sibbene come conveniva a tanto studio; e lasciando in disparte il greco, attorno al quale poco felicemente mi esercitai, con infinita industria gli egregi maestri m'istruirono nelle più riposte ragioni della

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Argomenti: lungo tempo,    vero grano,    cotale veccia,    alleanza utile,    immenso strepito

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