Le Grazie di Ugo Foscolo pagina 6

Testo di pubblico dominio

dell'aureo mel pose a sua prole [Il felice alvear. Nè le Febèe] Api (sebben le altre api abbia crudeli) Fuggono i lai dell'invisibil Ninfa Che ognor delusa d'amorosa speme Pur geme per le quete aure diffusa E il suo altero nemico ama e richiama; Tanta dolcezza infusero le Grazie Per pietà della Ninfa alle sue voci Che le lor api immemori dell'opra Oziose in Italia odono l'eco Che al par de' carmi fe' dolce la rima. O giovinette Dee gioja dell'inno Per voi la bella donna i riti vostri Imita e le terrene api lusinga Nel felsineo pendio donde il pastore Mira Astrea che or del ciel gode e de' tardi Alberghi di Neréo; d'indiche piante E di catalpe onde i suoi lari ombreggia Sedi appresta e sollazzi alla vagante Schiera D'armonioso speco inviolate Dal gelo e dall'estiva ira e da' nembi. La bella donna di sua mano i lattei Calici del limone, e la pudica Delle viole, e il timo amor dell'api Innaffia, e il fior della rugiada invoca Dalle stelle tranquille; e impetra i favi Che vi consacra e in cor tacita prega. Con lei pregate, donzellette, e meco Voi, garzoni miratela. Il segreto Sospiro, il riso del suo labbro, il dolce Foco esultante nelle sue pupille Faccianvi accorti di che preghi e come L'ascoltino le Dee: e certo impetra Che delle Dee l'amabile consiglio Da lei s'adempia. I pregi che dal cielo Per pietà de' mortali han le divine Vergini caste, non a voi li danno, Giovani vati e artefici eleganti, Bensì a qual più gentil donna le imita. A lei correte; e di soavi affetti Ispiratrici e immagini leggiadre Sentirete le Grazie. Ah vi rimembri Che inverecondo le spaventa Amore! Torna deh torna al suon donna dell'arpa Guarda la tua bella compagna; e viene Ultima al rito a tesser danze all'ara. Pur la città cui Pale empie di paschi Con l'urne industri tanta valle, e pingui Di mille pioppe aeree al sussurro Ombrano i buoi le chiuse, or la richiama Alle feste notturne, e fra quegli orti Freschi di fronde e intorno aurei di cocchi Lungo i rivi d'Olona. E già tornava Questa gentile al suo molle paese, Così Chè al Tebro all'Arno ov'è più sacra Italia Non un'ara trovò, dove alle Grazie Rendere il voto d'una regia sposa; Ma udì il canto udì l'arpa e noi si volse Agile come in cielo Ebe succinta. Sostien del braccio un giovinetto cigno E togliesi di fronte una catena Vaga di perle a cingerne l'augello. Quei lento al collo suo del flessuoso Collo s'attorce, e di lei sente a ciocche Neri su le sue lattee piume i crini Scorrer disciolti, e più lieto la mira Mentr'ella scioglie a questi detti il labbro: GRATA AGLI DEL DEL REDUCE MARITO DA' FIUMI ALGENTI OV'HANNO PATRIA I CIGNI ALLE VIRGINEE DEITÀ CONSACRA L'ALTA REGINA MIA CANDIDO UN CIGNO. Accogliete, garzoni, e su le chiare Acque vaganti intorno all'ara e al bosco Deponete l'augello, e sia del nostro Fonte signor; e i suoi atti venusti Gli rendan l'onde e il suo candore e goda Di sè quasi dicendo a chi lo mira Simbol son io della Beltà. Sfrondate Ilari carolando o verginette Il mirteto e i rosai lungo i meandri Del ruscello, versate sul ruscello, Versateli, e al fuggente nuotatore Che veleggia con pure ali di neve Fate inciampi di fiori, e qual più ameno Fior a voi sceglia col puniceo rostro Vel ponete nel seno. A quanti alati Godon l'erbe del par l'aere e i laghi Amabil sire è il cigno, e con l'impero Modesto delle grazie i suoi vassalli Regge, ed agli altri volator sorride E lieto le sdegnose aquile ammira. Sovra l'omero suo guizzan securi Gli argentei pesci, ed ospite leale Il vagheggiano s'ei visita all'alba Le lor ime correnti desioso Di più freschi lavacri, onde rifulga Sovra le piume sue nitido il sole. Fioritelo di gigli. Al vago rito Donna l'invia che nella villa amena De' tigli (amabil pianta! e a' molli orezzi Propizia, e al santo conjugale Amore) Nudrialo afflitta; e a lei dal pelaghetto Lieto accorrea agitandole l'acque Sotto i lauri tranquille. O di clementi Virtù ornamento nella reggia Insubre! Finchè piacque agli Dei, o agl'infelici Cara tutela, e di tre regie grazie Genitrice gentil; bella fra tutte Figlie di regi, e agl'immortali amica! Tutto il cielo t'udia quando al marito Guerreggiante a impedir l'Elba a' nemici Pregavi lenta l'invisibil Parca Che accompagna gli Eroi vaticinando L'inno funereo e l'alto avello e l'armi Più terse e giunti alla quadriga i bianchi Destrieri eterni a correre l'Eliso. Sdegnan chi a' fasti di fortuna applaude Le Dive mie, e sol fan bello il lauro Quando Sventura ne corona i prenci. Ma più alle Dive mie piace quel carme Che d'egregia beltà l'alma e le forme Con la pittrice melodia ravviva; Spesso per l'altre età se l'idioma D'Italia correrà puro a' nepoti (È vostro, e voi deh! lo servate, o Grazie!) Tentai ritrar ne' versi miei l'imago [...] Inno Terzo Ad Antonio Canova Pallade Pari al numero lor volino gl'inni Alle vergini sante, armoniosi Del peregrino suono uno e diverso Di tre favelle. Intento odi, Canova: Ch'io mi veggio d'intorno errar l'incenso Qual si spandea su l'are a' versi arcani D'Anfione: presente ecco il nitrito De' corsieri dircei; benchè Ippocrene Li dissetasse, e li pascea dell'aure Eolo, e prenunzia un'aquila volava E de' suoi freni li adornava il Sole Pur que' vaganti Pindaro contenne Presso il Cefiso, ed adorò le Grazie. Fanciulle, udite udite; un Lazio carme Vien danzando Imenei dall'isoletta Di Sirmione per l'argenteo Garda Sonante con altera onda marina Da che le nozze di Peléo cantate Nella reggia del mar, l'aureo Catullo Al suo Garda cantò. Sacri poeti A me date voi l'arte a me de' vostri Idiomi gli spirti, e co' toscani Modi seguaci adornerò più ardito Le note istorie, e quelle [...] VIAGGIO IN ELLADE [IFIANEA] E il sentì prima dalle Dee la bionda Ifianea che stava alle pendici Adorando. Nè mai quella fanciulla Destò corde di lira, o all'aure sciolse L'amabil canto, a raccontar suoi guai E i beneficii delle Dee, che a tutti Che ad udirla correan, non provocasse Soavissimi gemiti dal core. Sventurata! piangetela donzelle Ahi sventurata vergine! Dai mirti Inorgoglita onde fioriano intorno I suoi passi le vie tutte. Che vinta Fu dalle lodi, e provocò le Muse. E le Muse le apparvero improvvise Mentre cinta di fior lieta cantava I suoi proprii imenei! Ah non si fosse Dato mai vanto a superar nel canto Le gloriose Dee figlie di Giove. [LE GRAZIE IN LACONIA. OFFERTA DI UN'ARA. AMORE INFAUSTO. SPARTA] Ma il bel cocchio vegnente, e il doloroso Premio de' lor vicini arti più miti Persuase a' Laconi. Eran da prima Per l'intentata selva e l'Oceàno Dalla Grecia divisi; e quando eretta Agli ospitali numi ebbero un'ara Vider tosto le pompe e le amorose Gare, e i regi conviti, e d'ogni parte Correan d'Asia i guerrieri, e i prenci argivi Alla reggia di Leda. Ah non ti fossi Irato Amor, e ben di te sovente Io mi dorrò, da che le Grazie affliggi. Per te all'arti eleganti ed a' felici Ozi per te lascivi affetti, e molli Ozi, e spergiuri a' Greci; e poi la dura Vita e nude a sudar nella palestra Le fanciulle onde salvarsi Amor da te. Ma quando eri per anche Delle Grazie non invido fratello [Sparta fioriva. Qui di] Nè a più paese di cigni gentili [Splendea il Sole.] Illuminava. Qui di Fare il golfo Ec. [...] [...]inviolato Al pescator, da che di mirti ombrato Era lavacro al bel corpo di Leda E della sua figlia divina. E Amicle Terra di fiori non bastava ai serti Delle vergini spose; dal paese <intorno> Venian cantando i giovani alle nozze. Non de' destrieri nitidi l'amore Li rattenne, non Laa che fra tre monti Ama le cacce e i riti di Diana Nè la maremma Elòa ricca di pesce. E non lunge è Brisea donde il propinquo Taigeto intese strepitar l'arcano Tripudio e i riti, onde il femineo coro Placò Lieo e intercedean le Grazie. VIAGGIO DELLE API [LA TERRA SENZA NUME] Quando i pianeti dispensò agli Dei Giove

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Argomenti: vago rito,    fan bello,    peregrino suono,    felsineo pendio,    reduce marito

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