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Il conte di Carmagnola di Alessandro Manzoni pagina 2più sicuro, in forse Chi potria rimaner? Porgiam la mano Al fratello che implora: un sacro nodo Stringe i liberi Stati: hanno comuni Fra lor rischi e speranze; e treman tutti Dai fondamenti al rovinar d'un solo. Provocator dei deboli, nemico D'ognun che schiavo non gli sia, la pace Con tanta istanza a che ci chiede il Duca? Perché il momento della guerra ei vuole Sceglierlo, ei solo; e non è questo il suo. Il nostro egli è, se non ci falla il senno, Né l'animo. — Ei ci vuole ad uno ad uno; Andiamgli incontro uniti. Ah! saria questa La prima volta che il Leon giacesse Al suon delle lusinghe addormentato. No; fia tentato invan. — Pongo il partito Che si stringa la lega, e che la guerra Tosto al Duca s'intimi, e delle nostre Genti da terra abbia il comando il Conte. MARINO Contro sì giusta e necessaria guerra Io non sorgo a parlar; questo sol chieggio, Che il buon successo ad accertar si pensi. La metà dell'impresa è nella scelta Del capitano. Io so che vanta il Conte Molti amici fra noi: ma d'una cosa Mi rendo certo, che nessun di questi L'ama più della patria; e per me, quando Di lei si tratti, ogni rispetto è nulla. Io dico e duolmi che di fronte io deggia, Serenissimo Doge, oppormi a voi — Non è il duce costui quale il richiede La gravità, l'onor di questo Stato. Non cercherò perché lasciasse il Duca. — Ei fu l'offeso; e sia pur ver — l'offesa È tal che accordo non può darsi; e questo Consento: io giuro nelle sue parole. Ma queste sue parole importa assai Considerarle, perché tutto in esse Ei s'è dipinto; — e governar sì ombroso, Sì delicato e violento orgoglio, O Senatori, non mi par che sia Minor pensiero della guerra istessa. Finor fu nostra cura il mantenerci La riverenza dei soggetti; or altro Studio far si dovria, come costui Riverir degnamente. — E quando egli abbia La man nell'elsa della nostra spada, Potrem noi dir d'aver creato un servo Dovrà por cura di piacergli ognuno Di noi? Se nasce un disparer, fia degno Che nell'arti di guerra il voler nostro A quel d'un tanto condottier prevalga? S'egli erra, e nostra è dell'error la pena — Ché invincibil nol credo — io vi domando Se fia concesso il farne lagno e dove Si riscotan per questo onte e dispregi, Che far? Soffrirli? Non v'aggrada, io stimo, Questo partito; risentirsi? E dargli Occasion che in mezzo all'opra, e nelle Più difficili strette ei ci abbandoni Sdegnato, e al primo altro Signor che il voglia, — Forse al nemico — offra il suo braccio, e sveli Quanto di noi pur sa, magnificando La nostra sconoscenza, e i suoi gran merti? IL DOGE Il Conte un Prence abbandonò; ma quale? Un che da lui tenea lo Stato, e a cui Quindi ei minor non potea mai stimarsi; Un da pochi aggirato, e questi vili; Timido e stolto, che non seppe almeno Il buon consiglio tor della paura, Nasconderla nel core, e starsi all'erta; Ma che il colpo accennò pria di scagliarlo: Tale è il Signor che inimicossi il Conte. Ma lode al ciel, nulla in Venezia io veggio Che gli somigli. Se destrier, correndo, Scosse una volta un furibondo e stolto Fuor dell'arcione, e lo gittò nel fango; Non fia per questo che salirlo ancora Un cauto e franco cavalier non voglia. MARINO Poiché sì certo è di quest'uomo il Doge, Più non m'oppongo; e questo a lui sol chieggio: Vuolsi egli far mallevador del Conte? IL DOGE A sì preciso interrogar, preciso Risponderò: mallevador pel Conte? Né per altr'uom che sia, certo, io non entro; Dell'opre mie, de' miei consigli il sono: Quando sien fidi, ei basta. Ho io proposto Che guardia al Conte non si faccia, e a lui Si dia l'arbitrio dello Stato in mano Ei diritto anderà; tale io diviso. Ma s'ei si volge al rio sentier, ci manca Occhio che tosto ce ne faccia accorti, E braccio che invisibile il raggiunga? MARCO Perché i principj di sì bella impresa Contristar con sospetti? E far disegni Di terrori e di pene, ove null'altro Che lodi e grazie può aver luogo? Io taccio Che all'util suo sola una via gli è schiusa; Lo star con noi. Ma deggio dir qual cosa Dee sovra ogni altra far per lui fidanza La gloria ond'egli è già coperto, e quella A cui pur anco aspira, il generoso Il fiero animo suo: che un giorno ci voglia Dall'altezza calar de' suoi pensieri, E riporsi fra i vili, esser non puote. Or, se prudenza il vuol, vegli pur l'occhio; Ma dorma il cor nella fiducia. E poi Che in così giusta e grave causa, un tanto Dono ci manda Iddio; con quella fronte, E con quel cor che si riceve un dono, Sia da noi ricevuto. MOLTI SENATORI Ai voti, ai voti! IL DOGE Si raccolgano i voti — e ognun rammenti Quanto rilevi che di qui non esca Motto di tal deliberar, né cenno Che presumer lo faccia. In questo Stato Pochi il segreto hanno tradito, e nullo Fu tra quei pochi che impunito andasse. SCENA IV Casa del Conte. IL CONTE Profugo — o condottiero. — O come il vecchio Guerrier nell'ozio i giorni trar, vivendo Della gloria passata, in atto sempre Di render grazie e di pregar, protetto Dal braccio altrui che un dì potria stancarsi E abbandonarmi — o ritornar sul campo, Sentir la vita, salutar di nuovo La mia fortuna, delle trombe al suono Destarmi, comandar. — Questo è il momento Che ne decide. Eh! se Venezia in pace Riman, degg'io chiuso e celato ancora In questo asilo rimaner, siccome L'omicida nel tempio? E chi d'un regno Fece il destin, non potrà farsi il suo? Non troverò fra tanti Prenci, in questa Divisa Italia, un sol che la corona, Onde il vil capo di Filippo splende, Ardisca invidiar? Che si ricordi, Ch'io l'acquistai, che dalle man di dieci Tiranni io la strappai, ch'io la riposi Su quella fronte, ed or null'altro agogno Che ritorla all'ingrato, e farne un dono A chi saprà del braccio mio valersi? SCENA V MARCOe ilCONTE. IL CONTE O dolce amico — ebben che nunzio arrechi? MARCO La guerra è risoluta, e tu sei duce. IL CONTE Marco, ad impresa io non m'accinsi mai Con maggior cor che a questa: una gran fede Poneste in me: ne sarò degno, il giuro. — Il giorno è questo che del viver mio Ferma il destin; poi che quest'alma terra M'ha nel suo glorioso antico grembo Accolto, e dato di suo figlio il nome, Esserlo io vo' per sempre: e questo brando Io consacro per sempre alla difesa E alla grandezza sua. — MARCO Dolce disegno! Non soffra il ciel che la fortuna il rompa — O tu medesmo. IL CONTE Io — come? MARCO Al par di tutti I generosi, che giovando altrui Nocquer sempre a sé stessi, e superate Tutte le vie delle più dure imprese, Caddero a un passo poi, che facilmente L'ultimo de' mortali avria varcato. Credi ad un uom che t'ama — i più dei nostri Ti sono amici; ma non tutti il sono. Di più non dico, né mi lice — e forse Troppo già dissi. Ma la mia parola Nel fido orecchio dell'amico stia, Come nel tempio del mio cor, rinchiusa. IL CONTE Forse io l'ignoro? E forse ad uno ad uno Non so quai sièno i miei nemici? MARCO E sai Chi te gli ha fatti? — In pria l'esser tu tanto Maggior di loro, indi lo sprezzo aperto Che tu ne festi in ogni incontro. Alcuno Non ti nocque finor — ma, chi non puote Nuocer col tempo? Tu non pensi ad essi, Se non allor che in tuo cammin li trovi; Ma pensan essi a te, più che non credi. Spregia il grande, ed obblia; ma il vil si gode Nell'odio. — Or tu non irritarlo: cerca Di spegnerlo; tu il puoi forse. Consiglio Di vili arti ch'io stesso a sdegno avrei, Io non ti do, né tal da me l'aspetti. Ma tra la non curanza, e la servile Cautela avvi una via; v'ha una prudenza Anco pei cor più nobili e più schivi; V'ha un'arte d'acquistar l'alme volgari, Senza discender fino ad esse: e questa Nel senno tuo, quando tu vuoi, la trovi. IL CONTE Troppo è il tuo dir verace: il tuo consiglio Le mille volte a me medesmo io il diedi; E sempre all'uopo ei mi fuggì di mente; E sempre appresi a danno mio Tag: conte noi sempre forse marco guerra doge nostra braccio Argomenti: fiero animo, sacro nodo, antico grembo, fido orecchio Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Il ponte del Paradiso di Anton Giulio Barrili Intrichi d'amore di Torquato Tasso L'amore che torna di Guido da Verona Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo Diario del primo amore di Giacomo Leopardi Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Come gestire una serena convivenza Le pratiche da disbrigare per il matrimonio Come scegliere l'anello di fidanzamento Quando sposarsi in spiaggia e perché Indipendenza e opportunismo, leggende sui gatti
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