Il colore del tempo di Federico De Roberto pagina 31

Testo di pubblico dominio

L'argomento, invece, la tesi, il fenomeno sociale studiato è lo stesso. Ora il paragone tra le due opere è inevitabile. Se pure il Nordau non si fosse mai occupato dello Zola, si potrebbe anche giudicare il suo libro senza far paragoni, senza dar peso alla identità dei due argomenti. Noi potremmo credere che lo scrittore tedesco ignorasse il romanzo parigino; potremmo ammettere che, conoscendolo, abbia voluto riprenderne il soggetto, per quella libertà che ha lo scrittore di scegliere i soggetti che più gli piacciono, non importa se trattati bene o male da altri. Ma non ha il Nordau espresso un giudizio intorno allo Zola? Non ha egli dato a questo scrittore del degenerato e del mentecatto? Non ha detto che l'arte sua è la negazione della verità, della verisimiglianza, della naturalezza? Non ne ha enumerati ad uno ad uno tutti i difetti? Non ne ha disconosciuti tutti i pregi? Allora è naturale, è necessario che la critica e il pubblico domandino:—O vediamo un poco che cosa ha saputo fare il Nordau, sano ed accorto, equilibrato e prudente, abile ed oculato, al posto di quel povero Zola, matto, incosciente e mediocrissimo!… III. La Battaglia di parassiti, così com'è, può piacere. Non vi mancano le osservazioni sottili ed acute, vi si trovano alcuni caratteri bene studiati, una certa logica nello svolgersi degli avvenimenti, qualche felice nota umoristica—come quella dei banchieri Zeil, ebrei che prestano denaro al Papa, e degli Agostini, cattolici che aiutano il Gran Turco. Ma quando si paragona il romanzo del Nordau a quello dello Zola, tutt'altro è il giudizio: l'opera dello scrittore tedesco appare povera e scolorita. Tra Saccard e Gundermann, nell'Argent, si combatte una battaglia veramente epica: quei due tipi hanno un rilievo straordinario, sono di statura gigantesca. Intorno a loro formicola tutto un mondo, una umanità piena di vita, indimenticabile. Chi ha scordato Busch, il sozzo affarista riscattato dal cieco amore che porta al fratello, a quel povero tisico che muore sognando una società rigenerata, in quella stessa casa dove si ordiscono i più immondi ricatti? Chi ha scordato quella Méchain che va attorno col sacco pieno di polizze scadute, di cambiali protestate, di titoli avariati, e che raccatta per pochi soldi un mucchio di azioni della Banca Universale, una sola delle quali valeva un tempo più di tremila lire? E i due sposini Jordan, poveri e sereni e felici, immuni dal contagio in mezzo a tanti dannati, a tante vittime della cupidigia? E l'ingenuo e illuso ingegnere Hamelin; e sua sorella, la povera signora Carolina; e la folle baronessa Sandorff, e le disgraziate contesse di Beauvilliers, e le povere orfanelle cui è stato insegnato a pregare il buon Dio perchè aiuti il signor Saccard, e che continuano a recitare l'innocente preghiera dopo che lo sciagurato ha rovinato mezza Parigi; e l'accecato Dejoie, che perde per lui i denari e la figlia, e nondimeno crede ancora in lui e prega il giudice di liberarlo per potergli affidare una seconda volta la fortuna, la vita e l'onore?… Questo non è il luogo di giudicare l'opera di Emilio Zola, di additarne le esagerazioni e i difetti; ma con tutti i suoi difetti e le sue esagerazioni non mette egli in piedi creature di carne e ossa, non le anima d'un soffio possente, non rende il colore, il calore, il movimento della vita? Max Nordau gli rimprovera la mancanza di proporzione, l'accumulazione di troppi fatti; dice che i suoi romanzi sono, perciò, «mostruosamente e visibilmente falsi». Soggiunge che «egli esercita continuamente, nel modo più esteso ed intenso, quell'antropomorfismo e simbolismo atavistici che sono conseguenza di una mente non sviluppata, o misticamente confusa, naturale nei selvaggi, mentre nei degenerati di tutte le categorie costituisce una forma retrograda dell'intelletto… Egli vede qualunque fenomeno straordinariamente ingrandito, misteriosamente minaccioso, ributtantemente sfigurato…. La critica, senza comprendere l'importanza psichiatrica di tale carattere, ha già da lungo tempo rilevato che in qualunque romanzo di Zola predomina un fatto, sotto forma di idea incoercibile, formante il perno dell'opera, e influente come simbolo terribile sulla vita e sulle azioni dei personaggi…» Queste osservazioni sono giuste in parte, e si adattano specialmente all'Argent Ma il giorno che Max Nordau ha ripreso il tema dello Zola, che altro ha fatto se non seguirne l'esempio? In questa Battaglia non è accumulata una gran quantità di osservazioni, di casi, di episodî relativi alla febbre del denaro? La Borsa, il Giuoco, la Speculazione non è uno dei personaggi principali del romanzo, non vi agisce, non vi ordisce le sue seduzioni, i suoi raggiri, le sue perfidie? La differenza è questa: che lo Zola, esagerando, ingrossando, calcando la mano, ci persuade, ci scuote, ci trascina; mentre il Nordau ci lascia freddi e indifferenti. La teoria dell'ambiente, dalla quale lo Zola prende le mosse, riesce efficace, secondo il Nordau, in antropologia e in sociologia; ma in arte è «un pervertimento, una confusione». E non ha scritto egli un romanzo d'ambiente? Il suo Koppel, che pareva un uomo sano, non è travolto dall'esempio, non respira il contagio con l'aria, non resta soggiogato dalle circostanze? Lo Zola, «che ride degli idealisti, scrittori dell'eccezionale e dell'inverisimile, ha preso per oggetto dell'opera sua ciò che di più eccezionale si può trovare: un gruppo di degenerati, di maniaci, di deliquenti, di donne perdute e di mattoidi, i quali per la loro morbosa costituzione sono fuori della specie, non appartengono alla società normale, ma ne restano esclusi e sono con essa in lotta continua; estranei al tempo e al paese nel quale vivono, per la loro natura non sembrano neppure membri di un qualche popolo civile del presente, bensì un'orda di selvaggi primitivi, dei più remoti secoli». Ma forse che Henneberg e Zagal e il re di Laos e Pfister e la famiglia Rigalle sono stinchi di santi, gente per bene, tipi ordinari? «Il campo nel quale si muove lo Zola è quello del romanzo popolare a fascicoli, vale a dire di un romanticismo deperito, che non svolge i suoi sogni nei palazzi come il romanticismo già in voga, ma nelle taverne, nelle carceri, nei manicomî, e si tiene tanto lontano dallo strato medio della vita normale quanto già il romanticismo antico in direzione opposta». Ma crede forse il Nordau di essersi per proprio conto tenuto nello «strato medio della vita normale»? Crede che storie di fortune e di rovesci, di suicidî e di pazzie come quelle narrate nella sua Battaglia accadano tutti i giorni? Egli che se la prende non solo con lo Zola, ma anche con gli altri naturalisti; che accusa il Goncourt di farci «ballare dinanzi agli occhi tipi senza carne, composti di fumo e di nebbia,» è poi sicuro di non aver composto con la stessa ricetta qualche personaggio del suo romanzo, come Henneberg, ribaldo capace di pagare con la vita le sue ribalderie; o meglio come l'Augusta, angelo caduto nel fango, mercantessa di baci che diviene poi moglie esemplare, spirito emancipato e ribelle che si mostra poi ligio a quanto credeva pregiudizio? Egli che accusa e deride gl'impressionisti alla Daudet non si è proprio ricordato, sia pure inconsciamente, di nessun personaggio del Daudet, quando ha descritto la famiglia Masmajour e il re di Laos e il generale Zagal?… Lo Zola ha più volte dichiarato di aver fatto, coi suoi romanzi, altrettanti esperimenti scientifici. Tutto ciò che il Nordau dice di questo preteso romanzo sperimentale, ingiurie a parte, è giusto. Il romanziere non fa esperimenti, propone a sè stesso e risolve a modo suo i casi umani e i problemi sociali; ma se l'affermazione d'aver fatto opera di scienza è da parte di Emilio Zola insostenibile, crede forse il Nordau di aver fatto opera di clinica quando ha affibbiato allo Zola, al Wagner, al Tolstoi, al Maeterlinck, all'Ibsen e a tanti altri una quantità di malattie,

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Argomenti: lungo tempo,    scrittore tedesco,    vita normale,    fenomeno sociale,    felice nota

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