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Il colore del tempo di Federico De Roberto pagina 26dei frati e degli Spagnuoli. Qual era il risultato economico di tale stato di cose? Era questo: che le Filippine importavano dalla Spagna, dalla madre patria, il solo tredici per cento, e tutto il resto dall'Inghilterra e dalle colonie inglesi. E in America? Il Messico, Cuba, tutte quante le terre occupate sul principio dagli Spagnuoli erano popolatissime. I teologi discussero se gl'Indiani pelli-rosse avevano un'anima, mezza anima, o niente anima: finirono con l'accordare loro un'anima, e questa fu la rovina degl'infelici. I Mori e gli Ebrei erano stati scacciati dalla penisola iberica; gl'indigeni furono soppressi nelle colonie. Cortes bruciò vivi quelli che gli opponevano resistenza; Sandoval ne fece incenerire quattrocentosessanta in una città sola. Las Casas dovette presentare a Carlo V una memoria sulla Distruzione delle Indie; un concilio se ne occupò, e nel 1543 fu decretata la protezione degli indigeni. Ma gl'indigeni da proteggere erano ridotti a ben pochi: un milione di essi erano stati distrutti nel Perù, a Cuba ne restavano appena quattromila. Quando non ce ne fu più nessuno, i conquistatori si accorsero di aver fatto male a uccidere gli schiavi che lavoravano per loro; e allora cominciarono ad importare i Negri dall'Africa. Nel 1820 la tratta fu abolita ufficialmente, ma a Cuba continuarono ad arrivare da 30 a 60 negrieri l'anno. Nel 1885, data dell'abolizione definitiva, c'erano ancora venticinquemila schiavi. Anche qui le conseguenze di questo regime furono disastrose. Nonostante le tariffe combinate a posta per favorire il commercio della madre patria, nonostante tutti i monopolî, Cuba mandava alla Ispagna 38 milioni di franchi ogni anno, e agli Stati Uniti 340 milioni! Un tempo, si osserverà, le cose non andarono così. Quando si pensa che il sole non tramontava mai negli Stati di Carlo V, quando si pensa che soltanto le colonie perdute dagli Spagnuoli durante questo nostro secolo si estendevano per sei milioni e mezzo di chilometri quadrati ed erano popolate da quaranta milioni di abitanti, si deve pur dire che, decaduta oggi, la Spagna fu strapotente in altri tempi. Il Guyot nega insino questa potenza passata. Egli riconosce che i Mori arricchirono la penisola, ma afferma che la miseria cominciò con la loro cacciata. Il tesoro pubblico si esaurì; Alfonso X, nel 1261, coniò monete calanti; il maestro di casa di Errico I non aveva più credito a Burgos, e non sapeva come fare per nutrire il suo padrone. Scoperta e conquistata l'America, l'oro rinsangua le esauste finanze nazionali: si calcola che ne sia entrato in Ispagna per quattro miliardi, cioè una media di quaranta milioni all'anno. Ma questo fiume d'oro serve ad alimentare la politica imperiale nei Paesi Bassi e in Germania; e le derrate crescono di prezzo, e la vanità e la boria nazionale aumentano, e con esse l'incapacità a lavorare. Invece d'un benefizio, quest'oro è una nuova causa di rovina. Filippo II, dopo San Quintino, non può continuare la guerra per mancanza di denaro: egli batte moneta in ogni modo, insino annobilendo gli Ebrei mediante una tassa di cinquemila ducati. Filippo V vende sessantamila ufficî municipali. Cervantes parla d'una proposta, secondo la quale ogni Spagnuolo dovrebbe essere obbligato a digiunare una volta il mese, ed a versare il prodotto di questa economia nel tesoro reale. Sotto Carlo II le difficoltà sono senza fine maggiori: vendite di pubblici impieghi, doni imposti alle città, tasse straordinarie sui ricchi, diminuzione e soppressione di paghe: tutto serve a far denaro. I banchieri genovesi ne prestano al 25 e al 40 per cento. Quando il re muore, il cardinale deve fargli recitare a proprie spese le messe funebri. L'esercito si compone di ottomila soldati, dei quali metà sono stranieri; la marina da guerra conta due soli vascelli in mediocri condizioni. La popolazione della penisola è ridotta a cinque milioni di abitanti, dei quali la marchesa di Villars dice che si nutrono «fiutando il sole». Il quadro del Guyot ha tinte ancora più fosche. Prima delle colonie d'America, la Corona spagnuola aveva perduto i Paesi Bassi. Secondo Grozio, l'Inquisizione aveva fatto laggiù centomila vittime. Il duca d'Alba vi portò la strage, il saccheggio, tutti gli orrori. Appena una parte di quelle provincie si rende indipendente, tosto prospera, s'arricchisce, commercia con la Cina e il Giappone; la parte rimasta alla Spagna si trascina nella miseria finchè non recupera anch'essa la libertà. L'esperienza secolare non giova: Weyler, a Cuba, imita il duca d'Alba. Secondo i rapporti dello stesso governatore, nella provincia di Matanzas cinquantamila persone muoiono di fame e di miseria, centodiecimila in quella di Santa Clara, centotrentacinquemila in quella dell'Avana, ottantacinquemila in quella di Pinar del Rio; totale: trecentottantamila. Campos condanna alla deportazione, dalla quale nessuno ritorna, duemila Cubani sospetti; Weyler ottomila e quattrocento. Fu guerra civile e fratricida quella dei Cubani e degli Spagnuoli? Ma gli Spagnuoli si sono dilaniati fra loro, nel loro stesso paese. Carlisti e Cristini hanno combattuto ferocemente durante mezzo secolo. Cabrera, dopo la battaglia di Moella, fece sgozzare cinquemila prigionieri. I «pronunciamenti» dei generali non si contano più: la parola castigliana è entrata nel patrimonio di tutte le lingue. Riego, Espartero, Narvaez e i loro compagni e seguaci sono a volta a volta padroni del paese, sciolgono e convocano le Cortes, fucilano le persone a centinaia senza giudizio, colmano le prigioni, vuotano il tesoro, confiscano i beni, incendiano le città…. Se il Guyot rammenta e mette in evidenza tutte queste cose, egli non è già mosso da eccessiva simpatia per gli Americani. Quando può, dice la verità anche a costoro. Le finanze spagnuole sono rovinate; ma le americane non prosperano. Per mantenere il regime protezionista ed esercitare in grande la corruzione elettorale, i governanti americani istituiscono le «pensioni liberali», trovano novecentomila veterani, vedove e figli di soldati della guerra di secessione; e, venticinque anni dopo che la guerra è finita, distribuiscono a tutti costoro le entrate delle dogane, settecento milioni di pensioni. E per proteggere i proprietarî delle miniere d'argento, il Tesoro pubblico è costretto a sovraccaricarsi ogni anno di quattro milioni e mezzo d'oncie del metallo invilito! E il debito pubblico sale a più di nove miliardi! E protezionisti a casa loro, questi Americani sfondano, per il vantaggio che ne sperano, le porte di Cuba tenute serrate dai protezionisti spagnuoli! Nel dire tante amare verità agli ammiratori della Spagna, il Guyot è mosso pertanto da un altro sentimento: dal timore che la Francia sia trascinata ad una stessa sorte. Gl'Italiani che parteggiarono per il popolo iberico non avrebbero dovuto, per moderare i loro entusiasmi, temere dell'avvenire: sarebbe bastato che pensassero al passato. Il danno che noi avemmo dalla dominazione spagnuola fu tanto, che non è ancora cessato. Ecco un libro che lo denunzia e lo misura: la Descrizione del Regno di Napoli, composta nel 1713 da Paolo Mattia Doria, e pubblicata, dopo quasi due secoli, da Michelangelo Schipa. Per mantenere i loro dominî tra noi, gli Spagnuoli corruppero, inquinarono, pervertirono i nostri costumi: la servitù materiale, la schiavitù, sarebbe stata preferibile a quest'opera di dissoluzione sociale. Ma forse essi non intesero pervertirci, ci comunicarono semplicemente, naturalmente, i loro difetti e i loro vizî. E se riuscirono a comunicarceli, bisogna pure riconoscere che vi eravamo predisposti. IL GENIO E L'INGEGNO «A quel massimo degli umani intelletti, Paolo Sarpi, ragionevolmente parve lo straordinario ingegno una prontissima passività a ricevere e riprodurre in sè anco le minime impressioni degli oggetti o sensibili o intelligibili, e però non altro che una straordinaria e male invidiata malattia, la quale i moderni fisiologi nel Tag: guerra dopo tesoro spagna anima miseria secondo mezzo pubblico Argomenti: guerra civile, popolo iberico, tesoro pubblico, politica imperiale, boria nazionale Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Il diavolo nell'ampolla di Adolfo Albertazzi Le femmine puntigliose di Carlo Goldoni Marocco di Edmondo De Amicis Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo Corbaccio di Giovanni Boccaccio Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Vacanze a Istria: una storia da raccontare Offerta capodanno a Zurigo Castello di Lublino Obbligo di sterilizzazione anche per i gatti Rischio infezione colera per i turisti a Cuba
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