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Novelle rusticane di Giovanni Verga pagina 20benvolere tutta la famiglia per amor della Lucia, che la vedeva dal terrazzino quando pigliava il fresco al dopopranzo. - Se volete darmi anche la ragazza gli dò sei tarì al mese. - E diceva pure che Carmenio avrebbe potuto andarsene colla madre a Santa Margherita, perché la vecchia perdeva terreno di giorno in giorno, e almeno alla mandra non le sarebbero mancate le ova, il latte e il brodo di carne di pecora, quando ne moriva qualcuna. La Rossa si spogliò del meglio e del buono per metterle insieme un fagottino di roba bianca. Ora veniva il tempo della semina, loro non potevano andare e venire tutti i giorni da Licciardo, e la scarsezza d'ogni cosa arrivava coll'inverno. Lucia stavolta diceva davvero che voleva andarsene a servire in casa di don Venerando. Misero la vecchiarella sul somaro, Santo da un lato e Carmenio dall'altro, colla roba in groppa; e la mamma, mentre si lasciava fare, diceva alla figliuola, guardandola cogli occhi grevi sulla faccia scialba: - Chissà se ci vedremo? Chissà se ci vedremo? Hanno detto che tornerò in aprile. Tu statti col timor di Dio, in casa del padrone. Là almeno non ti mancherà nulla. Lucia singhiozzava nel grembiale; ed anche la Rossa, poveretta. In quel momento avevano fatto la pace, e si tenevano abbracciate, piangendo insieme. - La Rossa ha il cuore buono - diceva suo marito. - Il guaio è che non siamo ricchi, per volerci sempre bene. Le galline quando non hanno nulla da beccare nella stia, si beccano fra di loro. Lucia adesso era ben collocata, in casa di don Venerando, e diceva che voleva lasciarla soltanto dopo ch'era morta, come si suole, per dimostrare la gratitudine al padrone. Aveva pane e minestra quanta ne voleva, un bicchiere di vino al giorno, e il suo piatto di carne la domenica e le feste. Intanto la mesata le restava in tasca tale e quale, e la sera aveva tempo anche di filarsi la roba bianca della dote per suo conto. Il partito ce l'aveva già sotto gli occhi nella stessa casa: Brasi, lo sguattero che faceva la cucina, e aiutava anche nelle cose di campagna quando bisognava. Il padrone s'era arricchito allo stesso modo, stando al servizio del barone, ed ora aveva il don, e poderi e bestiami a bizzeffe. A Lucia, perché veniva da una famiglia benestante caduta in bassa fortuna, e si sapeva che era onesta, le avevano assegnate le faccende meno dure, lavare i piatti, scendere in cantina, e governare il pollaio; con un sottoscala per dormirvi che pareva uno stanzino, e il letto, il cassettone e ogni cosa; talché Lucia voleva lasciarli soltanto dopo che era morta. In quel mentre faceva l'occhietto a Brasi, e gli confidava che fra due o tre anni ci avrebbe avuto un gruzzoletto, e poteva "andare al mondo", se il Signore la chiamava. Brasi da quell'orecchio non ci sentiva. Ma gli piaceva la Lucia, coi suoi occhi di carbone, e la grazia di Dio che ci aveva addosso. A lei pure le piaceva Brasi, piccolo, ricciuto, col muso fino e malizioso di can volpino. Mentre lavavano i piatti o mettevano legna sotto il calderotto, egli inventava ogni monelleria per farla ridere, come se le facesse il solletico. Le spruzzava l'acqua sulla nuca e le ficcava delle foglie d'indivia fra le trecce. Lucia strillava sottovoce, perché non udissero i padroni; si rincantucciava nell'angolo del forno, rossa in viso al pari della bragia, e gli gettava in faccia gli strofinacci ed i sarmenti, mentre l'acqua gli sgocciolava nella schiena come una delizia. - "E colla carne si fa le polpette - fate la vostra, ché la mia l'ho fatta". - Io no! - rispondeva Lucia. - A me non mi piacciono questi scherzi. Brasi fingeva di restare mortificato. Raccattava la foglia d'indivia che gli aveva buttato in faccia, e se la ficcava in petto, dentro la camicia, brontolando: - Questa è roba mia. Io non vi tocco. È roba mia e ha da star qui. Se volete mettervi della roba mia allo stesso posto, a voi! - E faceva atto di strapparsi una manciata di capelli per offrirglieli, cacciando fuori tanto di lingua. Ella lo picchiava con certi pugni sodi da contadina che lo facevano aggobbire, e gli davano dei cattivi sogni la notte, diceva lui. Lo pigliava pei capelli, come un cagnuolo, e sentiva un certo piacere a ficcare le dita in quella lana morbida e ricciuta. - Sfogatevi! sfogatevi! Io non sono permaloso come voi, e mi lascierei pestare come la salsiccia dalle vostre mani. Una volta don Venerando li sorprese in quei giuochetti e fece una casa del diavolo. Tresche non ne voleva in casa sua; se no li scacciava fuori a pedate tutt'e due. Piuttosto quando trovava la ragazza sola in cucina, le pigliava il ganascino, e voleva accarezzarla con due dita. - No! no! - replicava Lucia. - A me questi scherzi non mi piacciono. Se no piglio la mia roba e me ne vado. - Di lui ti piacciono, di lui! E di me che sono il padrone, no? Cosa vuol dire questa storia? Non sai che posso regalarti degli anelli e dei pendenti di oro, e farti la dote, se ne ho voglia? Davvero poteva fargliela, confermava Brasi, che il padrone aveva denari quanti ne voleva, e sua moglie portava il manto di seta come una signora, adesso che era magra e vecchia peggio di una mummia; per questo suo marito scendeva in cucina a dir le barzellette colle ragazze. Poi ci veniva per guardarsi i suoi interessi, quanta legna ardeva e quanta carne mettevano al fuoco. Era ricco, sì, ma sapeva quel che ci vuole a far la roba, e litigava tutto il giorno con sua moglie, la quale aveva dei fumi in testa, ora che faceva la signora, e si lagnava del fumo dei sarmenti e del cattivo odore delle cipolle. - La dote voglio farmela io colle mie mani - rimbeccava Lucia. - La figlia di mia madre vuol restare una ragazza onorata, se un cristiano la cerca in moglie. - E tu restaci! - rispondeva il padrone. - Vedrai che bella dote! e quanti verranno a cercartela la tua onestà! Se i maccheroni erano troppo cotti, se Lucia portava in tavola due ova al tegame che sentivano l'arsiccio, don Venerando la strapazzava per bene, al cospetto della moglie, tutto un altro uomo, col ventre avanti e la voce alta. - Che credevano di far l'intruglio pel maiale? Con due persone di servizio che se lo mangiavano vivo! Un'altra volta le buttava la grazia di Dio sulla faccia! - La signora, benedetta, non voleva quegli schiamazzi, per via dei vicini, e rimandava la serva strillando in falsetto: - Vattene in cucina; levati di qua, sciamannona! paneperso! Lucia andava a piangere nel cantuccio del forno, ma Brasi la consolava, con quella sua faccia da mariuolo: - Cosa ve ne importa? Lasciateli cantare! Se si desse retta ai padroni, poveri noi! Le ova sentivano l'arsiccio? Peggio per loro! Non potevo spaccar la legna nel cortile, e rivoltar le ova nel tempo istesso. Mi fanno far da cuoco e da garzone, e vogliono essere serviti come il re! Che non si rammentano più quando lui mangiava pane e cipolla sotto un olivo, e lei gli coglieva le spighe nel campo? Allora serva e cuoco si confidavano la loro "mala sorte" che nascevano di "gente rispettata" e i loro parenti erano stati più ricchi del padrone, già tempo. Il padre di Brasi era carradore, nientemeno! e la colpa era del figliuolo che non aveva voluto attendere al mestiere, e si era incapriccito a vagabondare per le fiere, dietro il carretto del merciaiuolo: con lui aveva imparato a cucinare e a governar le bestie. Lucia ricominciava la litania dei suoi guai: - il babbo, il bestiame, la Rossa, le malannate: - tutt'e due gli stessi, lei e Brasi, in quella cucina; parevano fatti l'uno per l'altra. - La storia di vostro fratello colla Rossa? - rispondeva Brasi. - Grazie tante! - Però non voleva darle quell'affronto lì sul mostaccio. Non gliene importava nulla che ella fosse una contadina. Non ricusava per superbia. Erano poveri tutti e due e sarebbe stato meglio buttarsi nella cisterna con un sasso al collo. Lucia mandò giù tutto quell'amaro senza dir motto, e se voleva piangere andava a nascondersi nel sotto-scala, o nel cantuccio del forno, quando non c'era Brasi. Ormai a quel Tag: lucia roba padrone due casa don cucina moglie giorno Argomenti: don venerando, cuore buono, sei tarì, famiglia benestante, benestante caduta Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Il diavolo nell'ampolla di Adolfo Albertazzi Le smanie per la villeggiatura di Carlo Goldoni Mastro don Gesualdo di Giovanni Verga Romanzo d'una signorina per bene di Anna Vertua Gentile Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Come gestire una serena convivenza Cosa fare all'arrivo di un cucciolo a casa Regali e busta per il matrimonio Cosa fare finite le procedure di adozione dal canile Come essere un bravo casalingo
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