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Novelle rusticane di Giovanni Verga pagina 11grossi! Finì compare Meno forbendosi la bocca col rovescio della mano. - No, non mi fate mangiare altro, ché i bocconi mi cascano dentro lo stomaco come fossero di piombo. Mangia tu piuttosto, povera innocente, che non capisci nulla. Ora non avrai più chi ti lavi e chi ti pettini. Ora non avrai più la mamma per tenerti sotto le ali come la chioccia, e sei rovinata come me. Quella te l'avevo trovata; ma un'altra matrigna come questa non l'avrai più figlia mia! La bimba, intenerita, sporgeva di nuovo il labbro, e si metteva i pugni sugli occhi. - No, non potete farne a meno - ripeteva comare Sidora. - Bisogna cercarvi un'altra moglie, per riguardo di questa povera orfanella che resta in mezzo a una strada. - Ed io, come rimango? e il mio puledro? e la mia casa? e alle galline chi ci abbaderà? Lasciatemi piangere, comare Sidora! Avrei fatto meglio a morir io stesso, in scambio della buon'anima. - State zitto, ché non sapete quello che dite! e non sapete cosa vuol dire una casa senza capo. - Questo è vero! osservò compare Meno, riconfortato. - Guardate piuttosto la povera comare Angela! Prima le è morto il marito, poi il figliuolo grande, e adesso le muore anche l'asino! - L'asino andrebbe salassato dalla cinghiaia, se ha la doglia, disse compare Meno. - Veniteci voi, che ve ne intendete - aggiunse la vicina. - Farete un'opera di carità per l'anima di vostra moglie. Compare Meno si alzò per andare da comare Angela, e l'orfanella gli correva dietro come un pulcino, adesso che non aveva altri al mondo. Comare Sidora, buona massaia, gli rammentò: - E la casa? come la lasciate, ora che non ci è più nessuno? - Ho chiuso a chiave; e poi lì di faccia ci sta la cugina Alfia, per tenerla d'occhio. L'asino della vicina Angela era disteso in mezzo al cortile, col muso freddo e le orecchie pendenti, annaspando di tanto in tanto colle quattro zampe in aria, allorché la doglia gli contraeva i fianchi come un mantice. La vedova, seduta lì davanti, sui sassi, colle mani fra i capelli grigi, e gli occhi asciutti e disperati, stava a guardare, pallida come una morta. Compare Meno si diede a girare intorno alla bestia, toccandole le orecchie, guardandola negli occhi spenti, e come vide che il sangue gli colava ancora dalla cinghiaia, nero, a goccia a goccia, aggrumandosi in cima ai peli irsuti, domandò: - L'hanno anche salassato? La vedova gli fissò in volto gli occhi foschi, senza parlare, e disse di sì col capo. - Allora non c'è più che fare, conchiuse compare Meno; e stette a guardare l'asino che si allungava sui sassi, rigido, col pelo tutto arruffato al pari di un gatto morto. - È la volontà di Dio, sorella mia! le disse per confortarla. Siamo rovinati tutti e due. Egli s'era messo a sedere sui sassi, accanto alla vedova, colla figliuoletta fra le ginocchia, e rimasero entrambi a guardare la povera bestia che batteva l'aria colle zampe, di tanto in tanto, tale e quale come un moribondo. Comare Sidora, quand'ebbe finito di sfornare il pane, venne nel cortile anche lei colla cugina Alfia, che si era messa la veste nuova, e il fazzoletto di seta in testa, per far quattro chiacchiere; e disse a compare Meno, tirandolo in disparte: - Curatolo Nino non ve la darà più l'altra figliuola, ora che con voi gli muoiono come le mosche, e ci perde la dote. Poi la Santa è troppo giovane, e ci sarebbe il pericolo che vi riempisse la casa di figliuoli. - Se fossero maschi pazienza! Ma c'è anche a temere che vengano delle femmine. Sono tanto disgraziato! - Ci sarebbe la cugina Alfia. Quella non è più giovane, ed ha il fatto suo: la casa e un pezzo di vigna. Compare Meno mise gli occhi sulla cugina Alfia, la quale fingeva di guardare l'asino, colle mani sul ventre, e conchiuse: - Se è così, se ne potrà parlare. Ma sono tanto disgraziato! Comare Sidora gli diede sulla voce: - Pensate a coloro che sono più disgraziati di voi, pensate! - Non ce ne sono, ve lo dico io! Non la trovo un'altra moglie come quella! Non potrò scordarmela mai più, se torno a maritarmi dieci volte! E neppure questa povera orfanella se la scorderà. - Calmatevi, ché ve la scorderete. E anche la bambina se la scorderà. Non se l'è scordata la sua madre vera? Guardate invece la vicina Angela, ora che le muore l'asino! e non possiede altro! Quella sì che dovrà pensarci sempre! La cugina Alfia vide che era tempo d'accostarsi anche lei, colla faccia lunga, e ricominciò le lodi della morta. Ella l'aveva acconciata colle sue mani nella bara, e le aveva messo sul viso un fazzoletto di tela fine. Di roba bianca, non faceva per dire, ne aveva molta. Allora compare Meno, intenerito, si volse alla vicina Angela, la quale non si muoveva, come fosse di sasso. - Ora che ci aspettate a fare scuoiare l'asino? Almeno pigliate i denari della pelle. La roba Il viandante che andava lungo il Biviere di Lentini, steso là come un pezzo di mare morto, e le stoppie riarse della Piana di Catania, e gli aranci sempre verdi di Francofonte, e i sugheri grigi di Resecone, e i pascoli deserti di Passaneto e di Passanitello, se domandava, per ingannare la noia della lunga strada polverosa, sotto il cielo fosco dal caldo, nell'ora in cui i campanelli della lettiga suonano tristamente nell'immensa campagna, e i muli lasciano ciondolare il capo e la coda, e il lettighiere canta la sua canzone malinconica per non lasciarsi vincere dal sonno della malaria: - Qui di chi è? - sentiva rispondersi: - Di Mazzarò. - E passando vicino a una fattoria grande quanto un paese, coi magazzini che sembrano chiese, e le galline a stormi accoccolate all'ombra del pozzo, e le donne che si mettevano la mano sugli occhi per vedere chi passava: - E qui? - Di Mazzarò. - E cammina e cammina, mentre la malaria vi pesava sugli occhi, e vi scuoteva all'improvviso l'abbaiare di un cane, passando per una vigna che non finiva più, e si allargava sul colle e sul piano, immobile, come gli pesasse addosso la polvere, e il guardiano sdraiato bocconi sullo schioppo, accanto al vallone, levava il capo sonnacchioso, e apriva un occhio per vedere chi fosse: - Di Mazzarò. - Poi veniva un uliveto folto come un bosco, dove l'erba non spuntava mai, e la raccolta durava fino a marzo. Erano gli ulivi di Mazzarò. E verso sera, allorché il sole tramontava rosso come il fuoco, e la campagna si velava di tristezza, si incontravano le lunghe file degli aratri di Mazzarò che tornavano adagio adagio dal maggese, e i buoi che passavano il guado lentamente, col muso nell'acqua scura; e si vedevano nei pascoli lontani della Canziria, sulla pendice brulla, le immense macchie biancastre delle mandre di Mazzarò; e si udiva il fischio del pastore echeggiare nelle gole, e il campanaccio che risuonava ora sì ed ora no, e il canto solitario perduto nella valle. - Tutta roba di Mazzarò. Pareva che fosse di Mazzarò perfino il sole che tramontava, e le cicale che ronzavano, e gli uccelli che andavano a rannicchiarsi col volo breve dietro le zolle, e il sibilo dell'assiolo nel bosco. Pareva che Mazzarò fosse disteso tutto grande per quanto era grande la terra, e che gli si camminasse sulla pancia. - Invece egli era un omiciattolo, diceva il lettighiere, che non gli avreste dato un baiocco, a vederlo; e di grasso non aveva altro che la pancia, e non si sapeva come facesse a riempirla, perché non mangiava altro che due soldi di pane; e sì ch'era ricco come un maiale; ma aveva la testa ch'era un brillante, quell'uomo. Infatti, colla testa come un brillante, aveva accumulato tutta quella roba, dove prima veniva da mattina a sera a zappare, a potare, a mietere; col sole, coll'acqua, col vento; senza scarpe ai piedi, e senza uno straccio di cappotto; che tutti si rammentavano di avergli dato dei calci nel di dietro, quelli che ora gli davano dell'eccellenza, e gli parlavano col berretto in mano. Né per questo egli era montato in superbia, adesso che tutte le eccellenze del paese erano suoi debitori; e diceva che eccellenza vuol dire povero diavolo e cattivo Tag: compare occhi comare asino tanto casa angela guardare roba Argomenti: povero diavolo, volo breve, muso freddo, cielo fosco, fattoria grande Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: La via del rifugio di Guido Gozzano Corbaccio di Giovanni Boccaccio Fior di passione di Matilde Serao Il benefattore di Luigi Capuana Il diavolo nell'ampolla di Adolfo Albertazzi Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Vacanze a Cipro: l'incontro con la mitologia Offerta capodanno a New York Il trucco giusto per gli occhi celesti A chi rivolgersi per adottare un gatto Come fare fiorire le orchidee
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