Diario del primo amore di Giacomo Leopardi pagina 4

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guasto che la ricordanza del sogno non m'ha punto mosso dopo svegliato. La Domenica 21 Decembre 1817. Chiudo oggi queste ciarle che ho fatte con me stesso per isfogo del cuor mio e perchè mi servissero a conoscere me medesimo e le passioni; ma non voglio più farne, perchè non si sa quando io mi risolverei di finire, e oramai poco potendo dire di nuovo, mi pare ch'io ci perderei il tempo, del quale io soglio far caso, ed è bene che torni a servirmene giacchè la passione al tutto non me l'impedisce. La quale già si va dileguando, in tanto che io nelle mie occupazioni ricomincio ad amar l'ordine, quando ne' giorni addietro non lo curava e più tosto l'odiava, e m'adatto al ridere, e al pensare di proposito ad altre cose, e allo studiare; eccetto che l'amor dello studio provo di racconciarlo colla passione, proponendo così in aria di scrivere qualche cosa dov'io possa ragionare con quella Signora, o introdurla a favellare; e immaginandomi di potere forse una volta divenuto qualche cosa di grande nelle lettere, farmele innanzi in maniera da esserne accolto con piacere e stima. E di questi stessi pensieri mi sono di quando in quando pasciuto anche ne' dì passati. Io dunque ripiglio il consueto tenore di vita, perchè la passione languente non mi sa più riempiere la giornata; e langue la passione per difetto d'alimento, essendo stata proprio in sul nascere immediatamente strozzata dalla partenza del suo oggetto; laonde finora non s'è nutrita d'altro che di ricordanza e d'immagini, delle quali immagini, come ho detto, la fantasia mi s'è da più giorni impoverita: che certo s'io fossi in luogo dove potessi a mio talento praticare colla Signora, o anche solamente vederla di quando in quando, la passione non che ora languisse, menerebbe gran fiamma, e sarebbe veramente incominciata per me una fila di giorni smaniosissimi e infelici, com'io me ne posso avvedere considerando il tremito e l'inquietudine che mi muove il rappresentarmi un po' vivamente al pensiero le forme e gli atti della Signora, il che oramai, come ho notato, di rarissimo e per pochissimo mi vien fatto. E così ora la passione sarebbe più vigorosa che non è, se dopo nata avesse avuto spazio di crescere alquanto e di pigliar piede nutrendosi d'altro che di rimembranza; ma di ciò fare non ebbe, come ho raccontato, altro spazio che una mezza sera. Contuttociò ella, nonostantechè langua come un lume a cui l'olio vada mancando, pur tuttavia dura e durerà fors'anche lungo tempo, sempre languendo e facendo vista di spegnersi, e tratto tratto mandando qualche favilluzza, come nelle ore di più ozio e soprattutto di malinconia, ch'io credo che l'animo mio dovrà per molto spazio risentire a ogni altra sua malattia questa piaghetta rimasa mezzo saldata. Ora di questo lungo solco che la passione partendo mi lascerà nel cuore, e che principalmente consisterà in un certo indistinto desiderio, e scontento delle cose presenti, e in accessi più o meno lunghi e risentiti della solita lamentevole e tenera ricordanza che in particolare mi sarà destata dagli oggetti esterni (come quelli che ieri specificai), non intendo di scriver più altro, bastandomi d'aver tenuto dietro agli affetti miei sino al vederli languire, ed esser chiaro del modo nel quale si spegneranno. E quando saranno spenti, caso che io riveda (come penso che rivedrò, e al presente lo desidero) quel fatale oggetto, mi rendo quasi certo che riarderanno violentissimamente; e così non dubito che se una volta mi sarà facile, purch'io voglia, di portarmi da me stesso a rivederlo, e molto più se l'occasione me ne verrà, io tremando e sudando freddo, e biasimando altamente me stesso, e dandomi del pazzo, e compassionandomi, senza però dubitare correrò a quel temuto diletto: salvo se la lunghezza del tempo, e più l'aver conversato con altre donne, e conceputo e provato altri affetti, e veduto più mondo, e incontrato più casi non m'avessero affatto sradicata dal cuore questa passione: la qual certo se finora con tanto poco alimento s'è sostenuta, e se più oltre benchè debole si sosterrà, è forza che in gran parte lo riconosca dall'oziosità e dall'eterna medesimezza del mio vivere senza nessuno svagamento nè diletto massimamente nuovo. E così da quello che ne' dì passati ho scritto, si fa bastevolmente chiaro ch'ella è nata dall'aver io inespertissimo giuocato e conversato alquanto famigliarmente con una persona d'aspetto più tosto bello, e di forme e di maniere fatte pel cuor mio; ancorchè questa seconda cagione è veramente secondaria, perch'io fo conto che con questa mia inesperienza, un altro bel volto, parlando e praticando nella stessa guisa con me, m'avrebbe similmente preso, anche con tutt'altri atti e sembianze. E ho detto ch'io mi riprenderei di qualunque azione che mi dovesse o risuscitare o rinfrancare questa passione nel cuore, non già perch'io di essa mi vergogni punto; che s'al mondo ci fu mai affetto veramente puro e platonico, ed eccessivamente e stranissimamente schivo d'ogni menomissima ombra d'immondezza, il mio senz'altro è stato tale ed è, e assolutamente per natura sua, non per cura ch'io ci abbia messa, immantinente s'attrista e con grandissimo orrore si rannicchia per qualunque sospetto di bruttura; ma per la infelicità ch'ella partorisce; imperocchè, posto che una certa nebbietta di malinconia affettuosa, come quella ch'io negli ultimi giorni ho provata, non sia discara, e anche diletti senza turbarci più che tanto, non così altri può dire di quella sollecitudine e di quel desiderio e di quello scontentamento e di quella smania e di quell'angoscia che vanno col forte della passione, e ci fanno s'alcuna cosa mai tribolati, e miseri. Ed io di questa miseria ho avuto un saggio nella prima sera e ne' due primi giorni della mia malattia, ne' quali al presente giudico di avere in fatti propriamente ed intimamente sentito l'amore: e quali sieno stati i sintomi e le proprietà e in somma il carattere di questo primo amor mio, si dichiara in quelle carte ch'io scrissi nel maggior caldo degli affetti; se non che ci puoi aggiugnere un manifesto desiderio di trovare nel mio volto qualcosa che potesse pur piacere: ma questo desiderio non l'ebbi nel primo giorno, nel quale anzi avvertentemente sfuggiva la vista e il pensiero della immagine mia, non altrimenti che facessi delle facce altrui. Del resto tanto è lungi ch'io mi vergogni della mia passione, che anzi sino dal punto ch'ella nacque, sempre me ne sono compiaciuto meco stesso, e me ne compiaccio, rallegrandomi di sentire qualcheduno di quegli affetti senza i quali non si può esser grande, e di sapermi affliggere vivamente per altro che per cose appartenenti al corpo, e d'essermi per prova chiarito che il cuor mio è soprammodo tenero e sensitivo, e forse una volta mi farà fare e scrivere qualche cosa che la memoria n'abbia a durare, o almeno la mia coscienza a goderne, molto più che l'animo mio era ne' passati giorni, come ho detto, disdegnosissimo delle cose basse, e vago di piaceri tra dilicatissimi e sublimi, ignoti ai più degli uomini. Non negherò dunque di avere in questo tempo con ogni cura aiutati e coltivati gli affetti miei, nè che una parte del dispiacere ch'io provava vedendogli a infievolire non venisse dal gusto e dal desiderio ch'io avea di sentire e di amare. Ma sempre sincerissimamente detestando ogni ombra di romanzeria, non credo d'aver sentito affetto nè moto altro che spontaneo, e non ho in queste carte scritta cosa che non abbia effettivissimamente e spontaneamente sentita: nè ho pur mai voluto in questi giorni leggere niente d'amoroso, perchè, come ho notato, gli affetti altrui mi stomacavano, ancorchè non ci fosse punto d'affettazione; manco il Petrarca, comechè credessi che ci avrei trovato sentimenti somigliantissimi ai miei. Ed anche ora appena con grande stento e ritrosia m'induco a lasciar cadere gli occhi sopra qualche cosa di questo genere, quando me ne capita l'occasione. Ed io so molto bene di

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Argomenti: lungo solco,    resto tanto,    consueto tenore,    nessuno svagamento,    manifesto desiderio

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