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Diario del primo amore di Giacomo Leopardi pagina 3accessi, ora più lunghi ed ora meno, ora più ora meno forti, e talvolta così gagliardi che la cedono a pochi di que' primi. E in particolare mi dura quello scontento, sul quale io riflettendo, m'è paruto d'accorgermi ch'egli appartenga al tempo, cioè che io avrei voluto giuocare più a lungo; non già che propriamente mi paresse d'aver giuocato poco, o vero meno ch'io non m'aspettava; nè pure che mentre ch'io giuocava, fossi contento, e non mi dolesse altro che il dover presto lasciare; nè manco finalmente che io giuocando più a lungo e giuocando un mese e un anno, avessi potuto mai uscirne pago, che m'accorgo bene ch'io non sarei stato mai altro che scontentissimo; ma tuttavia mi pare che questo scontento mi s'affacci alla mente con un colore d'avidità, come se venisse da un desiderio di godere più a lungo, e da una cieca ingordigia incontentabilissima, che nel tempo del giuoco quanto maggior diletto ci provava tanto più m'affannava e m'angosciava, quasi che mi facesse fretta di goder di quel bene che presto e troppo presto avrei perduto. Già la sera del Lunedì quella vagheggiatissima immagine del volto, forse per lo averla troppo avidamente contemplata, m'era pressochè del tutto svanita di mente; e quindi in poi con gran cordoglio posso dire di non averla più veduta, se non come un lampo alle volte di sfuggita e sbiadatissima, e questo, mentre l'immagine del suo compagno ch'io non ricerco per niente, mi si fa innanzi viva freschissima e vegeta sempre ch'io me ne ricordo. Ogni sera, stando in letto e vegliando a lungo, con ogni possibile industria m'adopero di richiamarmi alla mente la cara sembianza, la quale probabilmente per questo appunto ch'io con tanto studio la cerco, mi sfugge, ed io non arrivo a vederne altro che i contorni, e ci affatico tanto il cervello che alla fine mi addormento per forza colla testa annebbiata infocata e dolente. Così m'accadde ieri sera, ma questa mattina svegliatomi per tempissimo, in quel proprio punto di svegliarmi, tra il sonno e la veglia spontaneamente m'è passata innanzi alla fantasia la desiderata immagine vera e viva, onde io immediatamente riscosso e spalancati gli occhi, subito le son corso dietro colla mente, e se non sono in tutto riuscito a farla tornare indietro, pure in quella freschezza di mente mattutina, tanto ne ho veduto e osservato e dell'aria del volto, e dei moti e dei gesti e del tratto e dei discorsi e della pronunzia, che non che m'abbia fatto maraviglia l'esserne stato una volta preso, ho anzi considerato che se io avessi quelle cose tuttora presenti alla fantasia, sarei ben più smanioso e torbido ch'io non sono. Ora appresso a poco io duro come ne' giorni innanzi, parendomi che il solo mio vero passatempo sia lo scrivere queste righe; coll'animo voto o più tosto pieno di tedio (eccetto nel caldo di quei pensieri), perchè non trovo cosa che mi paia degna d'occuparmi la mente nè il corpo, e guardando come il solo veramente desiderabile e degno di me quel diletto che ho perduto, o almeno come maggiore di qualunque altro ch'io mi potrei procacciare, ogni cosa che a quello non mi conduce, mi par vana; e però lo studio (al quale pure di quando in quando ritorno svogliatissimamente e per poco) non m'adesca più, e non mi sa riempiere il voto dell'animo, perchè il fine di questa fatica, che è la gloria, non mi par più quella gran cosa che mi pareva una volta, o certo io ne veggo un'altra maggiore, e così la gloria divenuto un bene secondario non mi par da tanto ch'io ci abbia da spender dietro tutta la giornata, distogliendomi dal pensare a quest'altro bene: oltrech'ella per avventura mi pare una cosa più lontana, e questo in certa guisa più vicino, forse perchè nell'atto di leggere e di studiare non s'acquista gloria, ma nell'atto di pensare a quest'altro bene s'acquista quel doloroso piacere, che pure il cuor mio giudica il più vero e sodo bene ch'io ora possa cercare. Ed anche quando non penso a questo bene, non però mi so risolvere di darmi allo studio, per quella ragione ch'io ho detto, che mi par poco degno di me e poco importante, e perchè insomma ho in testa un oggetto che più mi preme, e o ci pensi o non ci pensi, sempre m'impedisce ogni seria applicazione di mente a cosa ch'esso non sia. E però non so vedere come ripiglierò l'antico amore allo studio, perchè mi pare che anche passata questa infermità di mente, sempre mi dovrà restare il pensiero che c'è una cosa più dilettosa che lo studio non è, e che io n'ho fatto una volta lo sperimento. Il Venerdì 19 Decembre 1817. Il tempo pigliò avanti ieri sera e tutto ieri gran vantaggio sulla mia passione, la quale va adesso veramente scadendo e mancando, nè io ripugnava più tanto alla lettura, anzi tra la passione e l'amore dello studio, parea che quella a poco a poco scemando tuttavia di peso, questo cominciasse a dare il crollo alla bilancia; e ammansato l'animo mio e fatto men severo e nemico de' piaceruzzi, e accostumatomi a que' pensieri e però non mi facendo più quell'effetto, e potendogli assaporare senza inquietudine e con meno diletto e più tranquillo, e diradati e indeboliti gli accessi di malinconia; l'appetito già dalla sera del Mercordì cominciatosi a raggiustare, tornavami al suo sesto, ed io quasi ripigliava le costumanze di prima, se ben sempre mi pareva e mi pare che qualche cosa mi manchi, e ch'io potrei star meglio che non istò, e provare un certo diletto che non provo. Ieri mattina svegliatomi, e pensando al solito oggetto, in sul riaddormentarmi m'apparve la desiderata e cercata immagine più viva assai che il giorno prima, anzi così spirante ch'io subito la sentii parlare appuntino come quella persona suole, e come la memoria mia stanca e spremuta non mi sapea nè mi sa ricordare: che passati quei pochi minuti ch'io vidi e contemplai e godetti palpitando quella sembianza, con ogni immaginabile studio riconducendola ne' luoghi ne' quali avea già veduto l'oggetto reale, e particolarmente nel giuoco; quel fantasma secondo l'usato sparì, nè più mi s'è lasciato vedere se non dilavato e smortissimo. E quando così smorto mi si presenta, per l'essermici io avvezzato, come ho detto, non mi turba più gran cosa: e in oltre anche quando è veramente chiaro e spiccato, m'affanna alquanto meno che ne' primi giorni e pare che la mente più tosto che di tenergli dietro, ami di ricoverarsi in qualche altro suo pensiero gradito (per lo più degli studi), tra perchè ci s'affatica meno, e perchè oramai inclina meglio alla calma che alla tempesta. A ogni modo io sento ancora e tutto ieri sentii l'impero di quella dolorosa e scontenta ricordanza ch'è il fondamento e l'anima delle mie malinconie, nè par che per ora mi voglia lasciare, contuttochè sia meno amara e meno viva, e mi s'affacci alla mente più di rado, e ci resti meno a lungo. E più debole è quando sorge spontaneamente, imperocchè piglia più forza, e mi s'interna maggiormente nell'animo, e arriva anche a turbarmi quando è svegliata da qualche oggetto di fuori, com'è il sentir parlare di quella persona, e il giuocare che mi bisogna far tutte le sere: e in ispecie ieri sera giuocando e ricordandomi bene ch'era l'ottava di quel fatal giorno, presemi gagliardamente quel tristo pensiero, tanto ch'io n'alzai gli occhi verso quella parte dov'era stata la Signora per guardarla, com'avea fatto in quel turbolento giuocare, quasich'ella ancora ci fosse. E durando il cuor mio più sensitivo assai dell'ordinario, e sempre sulle mosse, e voglioso di slanciarsi, non è dubbio che la musica, s'io ne sentissi in questi giorni, mi farebbe dare in ismanie e in furori, e ch'io n'impazzerei dagli affetti; e l'argomento così dal consueto incredibile potere della musica sopra di me, come dalle spinte che mi davano al cuore certi vilissimi canterellacci uditi a caso in questo tempo. Nei sogni di questa notte ho veduto il doloroso oggetto più a lungo che i giorni innanzi, e con qualche inquietudine da vantaggio, ma così sformato e Tag: mente bene studio tanto poco ieri lungo sera oggetto Argomenti: tanto studio, averla troppo, possibile industria, vero passatempo, immaginabile studio Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Il benefattore di Luigi Capuana Le femmine puntigliose di Carlo Goldoni Confessioni di un Italiano di Ippolito Nievo Corbaccio di Giovanni Boccaccio La divina commedia di Dante Alighieri Articoli del sito affini al contenuto della pagina: L'abbigliamento giusto per il teatro Consigli per una dieta veloce ed efficace La Dieta Dukan Offerta capodanno a Riga Offerta capodanno ad Atlanta (Georgia, USA)
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