Le sottilissime astuzie di Bertoldo di Giulio Cesare Croce

Testo di pubblico dominio

Proemio Qui non ti narrerò, benigno lettore, il giudicio di Paris, non il ratto di Elena, non l'incendio di Troia, non il passaggio d'Enea in Italia, non i longhi errori di Ulisse, non le magiche operazioni di Circe, non la distruzzione di Cartagine, non l'esercito di Serse, non le prove di Alessandro, non la fortezza di Pirro, non i trionfi di Mario, non le laute mense di Lucullo, non i magni fatti di Scipione, non le vittorie di Cesare, non la fortuna di Ottaviano, poiché di simil fatti le istorie ne danno a chi legge piena contezza; ma bene t'appresento innanzi un villano brutto e mostruoso sì, ma accorto e astuto, e di sottilissimo ingegno; a tale, che paragonando la bruttezza del corpo con la bellezza dell'animo, si può dire ch'ei sia proprio un sacco di grossa tela, fodrato di dentro di seta e oro. Quivi udirai astuzie, motti, sentenze, arguzie, proverbi e stratageme sottilissime e ingegnose da far trasecolare non che stupire. Leggi dunque, che di ciò trarrai grato e dolce trattenimento, essendo l'opera piacevole e di molta dilettazione. Nel tempo che il Re Alboino, Re dei Longobardi si era insignorito quasi di tutta Italia, tenendo il seggio reggale nella bella città di Verona, capitò nella sua corte un villano, chiamato per nome Bertoldo, il qual era uomo difforme e di bruttissimo aspetto; ma dove mancava la formosità della persona, suppliva la vivacità dell'ingegno: onde era molto arguto e pronto nelle risposte, e oltre l'acutezza dell'ingegno, anco era astuto, malizioso e tristo di natura. E la statura sua era tale, come qui si descrive. Fattezze di Bertoldo. Prima, era costui picciolo di persona, il suo capo era grosso e tondo come un pallone, la fronte crespa e rugosa, gli occhi rossi come di fuoco, le ciglia lunghe e aspre come setole di porco, l'orecchie asinine, la bocca grande e alquanto storta, con il labro di sotto pendente a guisa di cavallo, la barba folta sotto il mento e cadente come quella del becco, il naso adunco e righignato all'insù, con le nari larghissime; i denti in fuori come il cinghiale, con tre overo quattro gosci sotto la gola, i quali, mentre che esso parlava, parevano tanti pignattoni che bollessero; aveva le gambe caprine, a guisa di satiro, i piedi lunghi e larghi e tutto il corpo peloso; le sue calze erano di grosso bigio, e tutte rappezzate sulle ginocchia, le scarpe alte e ornate di grossi tacconi. In somma costui era tutto il roverso di Narciso. Audacia di Bertoldo. Passò dunque Bertoldo per mezo a tutti quei signori e baroni, ch'erano innanzi al Re, senza cavarsi il cappello né fare atto alcuno di riverenza e andò di posta a sedere appresso il Re, il quale, come quello che era benigno di natura e che ancora si dilettava di facezie, s'imaginò che costui fosse qualche stravagante umore, essendo che la natura suole spesse volte infondere in simili corpi mostruosi certe doti particolari che a tutti non è così larga donatrice; onde, senza punto alterarsi, lo cominciò piacevolmente ad interrogare, dicendo: Ragionamento fra il Re e Bertoldo. RE Chi sei tu, quando nascesti e di che parte sei? BERTOLDO Io son uomo, nacqui quando mia madre mi fece e il mio paese è in questo mondo. RE Chi sono gli ascendenti e descendenti tuoi? BERTOLDO I fagiuoli, i quali bollendo al fuoco vanno ascendendo e descendendo su e giù per la pignatta. RE Hai tu padre, madre, fratelli e sorelle? BERTOLDO Ho padre, madre, fratelli e sorelle, ma sono tutti morti. RE Come gli hai tu, se sono tutti morti? BERTOLDO Quando mi parti da casa io gli lasciai che tutti dormivano e per questo io dico a te che tutti sono morti; perché, da uno che dorme ad uno che sia morto io faccio poca differenza, essendo che il sonno si chiama fratello della morte. RE Qual è la più veloce cosa che sia? BERTOLDO Il pensiero. RE Qual è il miglior vino che sia? BERTOLDO Quello che si beve a casa d'altri. RE Qual è quel mare che non s'empie mai? BERTOLDO L'ingordigia dell'uomo avaro. RE Qual è la più brutta cosa che sia in un giovane? BERTOLDO La disubidienza. RE Qual è la più brutta cosa che sia in un vecchio? BERTOLDO La lascivia. RE Qual è la più brutta cosa che sia in un mercante? BERTOLDO La bugia. RE Qual è quella gatta che dinanzi ti lecca e di dietro ti sgraffa? BERTOLDO La puttana. RE Qual è il più gran fuoco che sia in casa? BERTOLDO La mala lingua del servitore. RE Qual è il più gran pazzo che sia? BERTOLDO Colui che si tiene il più savio. RE Quali sono le infermità incurabili? BERTOLDO La pazzia, il cancaro e i debiti. RE Qual è quel figlio ch'abbrugia la lingua a sua madre? BERTOLDO Lo stuppino della lucerna. RE Come faresti a portarmi dell'acqua in un crivello e non la spandere? BERTOLDO Aspettarei al tempo del ghiaccio, e poi te la porterei. RE Quali sono quelle cose che l'uomo le cerca e non le vorria trovare? BERTOLDO I pedocchi nella camiscia, i calcagni rotti e il necessario brutto. RE Come faresti a pigliar un lepre senza cane? BERTOLDO Aspettarei che fosse cotto e poi lo pigliarei. RE Tu hai un buon cervello, s'ei si vedesse. BERTOLDO E tu saresti un bello umore, se non rangiasti. RE Orsù, addimandami ciò che vuoi, ch'io son qui pronto per darti tutto quello che tu mi chiederai. BERTOLDO Chi non ha del suo non può darne ad altri. RE Perché non ti poss'io dare tutto quello che tu brami? BERTOLDO Io vado cercando felicità, e tu non l'hai; e però non puoi darla a me. RE Non son io dunque felice, sedendo sopra questo alto seggio, come io faccio? BERTOLDO Colui che più in alto siede, sta più in pericolo di cadere al basso e precipitarsi. RE Mira quanti signori e baroni mi stanno attorno per ubidirmi e onorarmi. BERTOLDO Anco i formiconi stanno attorno al sorbo e gli rodono la scorza. RE Io splendo in questa corte come propriamente splende il sole fra le minute stelle. BERTOLDO Tu dici la verità, ma io ne veggio molte oscurate dall'adulazione. RE Orsù, vuoi tu diventare uomo di corte? BERTOLDO Non deve cercar di legarsi colui che si trova in libertà. RE Chi t'ha mosso dunque a venir qua? BERTOLDO Il creder io che un re fosse più grande di statura degli altri uomini dieci o dodeci piedi, e che esso avanzasse sopra tutti come avanzano i campanili sopra tutte le case; ma io veggio che tu sei un uomo ordinario come gli altri, se ben sei re. RE Son ordinario di statura sì, ma di potenza e di ricchezza avanzo sopra gli altri, non solo dieci piedi ma cento e mille braccia. Ma chi t'induce a fare questi ragionamenti? BERTOLDO L'asino del tuo fattore. RE Che cosa ha da fare l'asino del mio fattore con la grandezza della mia corte? BERTOLDO Prima che fosti tu, né manco la tua corte, l'asino aveva raggiato quattro mill'anni innanzi. RE Ah, ah, ah! Oh sì che questa è da ridere. BERTOLDO Le risa abondano sempre nella bocca de' pazzi. RE Tu sei un malizioso villano. BERTOLDO La mia natura dà così. RE Orsù, io ti comando che or ora tu ti debbi partire dalla presenza mia, se non io ti farò cacciare via con tuo danno e vergogna. BERTOLDO Io anderò, ma avertisci che le mosche hanno questa natura, che se bene sono cacciate via, ritornano ancora: però se tu mi farai cacciar via, io tornerò di nuovo ad insidiarti. RE Or va'; e se non torni a me come fanno le mosche, io ti farò battere via il capo. Astuzia di Bertoldo. Partissi dunque Bertoldo, e andatosene a casa e pigliato uno asino vecchio, ch'egli aveva, tutto scorticato sulla schiena e sui fianchi e mezo mangiato dalle mosche, e montatovi sopra, tornò di nuovo alla corte del Re accompagnato da un milione di mosche e di tafani che tutti insieme facevano un nuvolo grande, sì che a pena si vedeva, e gionto avanti al Re, disse: BERTOLDO Eccomi, o Re, tornato a te. RE Non ti diss'io che, se tu non tornavi a me come mosca, ch'io ti farei gettar via il capo dal busto? BERTOLDO Le mosche non vanno elleno sopra le carogne? RE Sì,

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Argomenti: naso adunco,    villano brutto,    uomo difforme,    bocca grande,    uomo ordinario

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