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Il ponte del Paradiso di Anton Giulio BarriliI. Spiacevole invito. — Che idea! — esclamò la signora Livia, lasciandosi ricadere sulle ginocchia il suo ricamo turco, mentre con le pupille stravolte da un moto repentino di stizza andava cercando il soffitto a cassettoni dorati del suo salottino. — Invitare le Cantelli! Ed hanno accettato? da te? — Raimondo sgranò tanto d'occhi, per guardar bene sua moglie. — Non ti capisco; — diss'egli. — Accettare un invito da me, non è forse come accettarlo da te? Non siamo noi la stessa cosa? — Per gl'inviti, no; — rispose asciuttamente la signora. — Oh Dio! — riprese egli, sforzandosi di volgere il discorso alla celia. — Ci sono dunque delle eccezioni alla vostra santissima legge? — C'è questa, mio caro; — sentenziò la signora. — Gl'inviti solenni, in una casa bene ordinata, li fanno marito e moglie coi loro nomi uniti in una formula unica. Nei casi ordinarii, e d'una certa confidenza, invita la signora, intendendosi annuente il marito. Alla fin fine, non è lei che governa la casa? — Raimondo chinò la fronte con aria contrita. — Vizio di forma, adunque; — conchiuse egli. — Puoi sanarlo tu, andando a far visita, e confermando l'invito. — No, caro; guasterei. C'è poi la sostanza, che non mi va. — E perchè, se è lecito saperlo? Quelle buone signore si ritrovano qui, lontane da casa loro, al Danieli. Un albergo, sia pur di prim'ordine, è sempre un'albergo; e in giorni come questi.... — Male! — interruppe la signora, che non voleva passarne una. — Perchè si ritrovano a Venezia per l'ultimo giorno dell'anno? Se ci penso, non è neanche stagione per addormentarsi qui, sulla “tacita Laguna„. — Ne sai la ragione; — si provò a rispondere Raimondo colla usata dolcezza. — Il figliuolo che è qui al dipartimento navale.... — Per Natale e Capo d'anno potevano ottenergli una licenza, e portarselo a Milano; — ribattè la signora. — Si lascia così solo laggiù il capo di casa? E in giorni come questi (son tue parole), in giorni come questi, sacri al raccoglimento delle famiglie? — Eh, ci avrà pure pensato, la signora Eleonora; — osservò pacatamente Raimondo; — avrà domandato e non avrà ottenuto. Del resto, che t'ho a dire? Comunque sia andata la cosa, poichè le signore Cantelli sono rimaste qui, a noi non rimaneva altro che fare il dover nostro; non ti pare? — Una spallucciata fu tutta la risposta della imbizzita signora, che per non avere a dir altro si rimise attorno al suo ricamo turco. Se quello che andava facendo, mettendo punti su punti, era un versetto del Corano, diciamo pure che Maometto mandava a quel paese le povere signore Cantelli. Raimondo, frattanto, anche a volersi contentare d'un gesto, non poteva fermarsi lì, col suo ragionamento avviato, che bisognava condurre alla fine. — Pensaci, mia buona Livia; — soggiunse. — Si tratta della famiglia del mio corrispondente di maggior conto, e più che corrispondente, patrono. Ho grandi obblighi, e di antica data oramai, col banchiere Cantelli. Se le mie faccende hanno così prosperato, credi che ci ha avuto gran parte la fiducia e l'appoggio del signor Anselmo, di quel re dei galantuomini. Così, venendo al caso di stamane, mi è parso necessario, incontrando la signora Eleonora all'angolo della Piazzetta, di dirle che andavo appunto da lei, per invitarla, con la sua bella, figliuola e con quel caro ufficialetto di suo figlio, a fare il gran salto dall'anno vecchio al nuovo con noi. Ed ho anche insistito; confesso il mio peccato, che non mi pareva poi tale. Ora, mia buona Livia, quel che è fatto è fatto, e ci vorrà pazienza; soltanto mi duole che ti possa spiacere. — Spiacermi! spiacermi! chi ha detto mai ciò? — Ah, volevo ben dire! — gridò Raimondo, più che sollevato oramai, e disposto a ridere. — Possiamo dar da cena a ventiquattro. — Sì, caro, invitando a caso, e male. Ma siamo alla vigilia, quest'oggi, ed io mi son tenuta scarsa nei biglietti d'invito, per non andare oltre i dieci. Ora vedi tu, signore e padrone, dove ci portano le tue novità. Tre Cantelli, e noi due, si fa cinque; il cavalier Lunardi sei; il signor Gregoretti sette. — Poi la tua cara Galier.... — Eh! non me la rinfacciare, povera e cara anticaglia, che è piena di garbo, e più interessante, col suo brio, di tante e tante puppattole. — Non nego, non nego; — si affrettò a dire Raimondo. — Con lei, dunque, si fa otto. — E nove col suo nipote; — soggiunse la signora Livia; — e dieci col signor Ruggeri; e undici col maestro di musica, necessario per accompagnare al piano, se qualcheduno volesse cantare; e dodici.... — Ferma lì, per carità! — gridò Raimondo, con accento sbigottito. — Metti al dodici il mio amico Filippo. Non vorrei che toccasse il tredici a lui, poveraccio. — Mettiamolo al dodici; — concesse la signora, con aria di somma indifferenza. — Al tredici andrà il povero signor Telemaco. Per fortuna, non ha da sapere a che numero ci casca. Verrà poi tua madre? Finora non c'è lettera, nè telegramma. — Se non verrà, — disse Raimondo, trattenendo un sospiro, — avremo sempre sotto la mano il mio ottimo Brizzi. — Invitalo dunque senz'altro. — No, questo, no: non gli anticipiamo la noia. Tu sai bene che il mio eccellente segretario, il mio braccio destro, si ritrova piuttosto male colle cerimonie, e più volentieri passerà la gran notte con una mezza dozzina di amici al Cappello Nero. Avremo tempo a propinargli l'amaro calice domani, se sapremo che la mamma non viene. — E represse, così dicendo, un altro sospiro. Ma non voleva esser triste; sopratutto non voleva parer tale. — Che stravaganza, dopo tutto, questa superstizione del numero tredici! — ripigliò, facendo bocca da ridere. — L'hanno tanti! — disse Livia. — E credo che facciano un po' tutti per chiasso; — proseguì Raimondo; — come quel tale che mi diceva coll'aria e coll'accento più grave del mondo: quando si è in tredici a tavola, accade sempre questo, che uno dei tredici muor sempre, o presto o tardi, prima degli altri dodici. — Bella novità! — esclamò la signora, non potendo trattenersi dal ridere. — Ma è l'unica cosa che se ne possa inferire con certezza, non ti pare? — conchiuse Raimondo, felice di vedere rasserenata la sua parte di cielo. — Dunque tornando a noi, tutti i tuoi inviti son fatti? — Sì. — E non vorrai sanare il mio vizio di forma colle signore Cantelli? — No, ti ho detto, guasterei. Oggi, poi, non me la sento di uscire. Quante cose ho da disporre, quante da ricordare, come padrona di casa! Sai che c'è da chiamare tutti i pensieri a capitolo, come altrettanti monaci in una abbazia? E in queste cose tu non potresti aiutarmi. Siete così disadatti voi altri uomini, a preparare un ricevimento! — Vero; — disse Raimondo; — e aggiungi pure molte donne. Io anzi non ne conosco più d'una, per far tutto a quel dio. E te ne sono così grato! La mia casa è una reggia, e tu ne sei la regina. — Ah! sì, bravo, due cerimonie! — esclamò la signora. — Sempre, lo sai, come il primo giorno; — riprese Raimondo. — La mia felicità è così piena! Signore, dico a Dio più spesso che tu non ti possa immaginare, fate che non cessi, che non si diminuisca d'un punto. E tu, dolce Livia, ricordi un giorno, se mai c'è stato, nel quale io ti apparissi diverso dal primo in cui ci siamo conosciuti? — Il pensiero di Raimondo era tenero nella sua sincerità; l'accento era impresso di passione profonda. La signora Livia si alzò lasciando cadere sul tavolincino il ricamo col quale da un pezzo si era venuta baloccando, e avvicinatasi a Raimondo, con un bel gesto di graziosa degnazione, si chinò a baciarlo sulla fronte. — Fanciullone! — gli disse poi, rialzandosi tosto sulla vita. — Va al tuo banco, ch'è ora, e lasciami alle mie occupazioni.... regali. — Raimondo aveva afferrate le mani di lei, e le baciava divotamente, l'una dopo l'altra, cercando di trattenerla, ad Tag: signora signore noi sempre casa tredici sai caro invito Argomenti: moto repentino, caro ufficialetto Altri libri consultabili online del sito affini al contenuto della pagina: Intrichi d'amore di Torquato Tasso L'Olimpia di Giambattista Della Porta Diario del primo amore di Giacomo Leopardi Le rimembranze di Giacomo Leopardi I nuovi tartufi di Francesco Domenico Guerrazzi Articoli del sito affini al contenuto della pagina: Come gestire una serena convivenza Il matrimonio in casa Indipendenza e opportunismo, leggende sui gatti Scegliere una Casa Vacanza Vacanze a Cipro: l'incontro con la mitologia
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