Libri nostra

Libri su nostra, con la parola nostra

Confessioni di un Italiano (pagina 170)
di Ippolito Nievo (estratti)

... Malediceva a denti stretti le donne, dicendo ch'è una vera sciocchezza la nostra il degnarsi di uscire alla luce da cotali demonii ... Roma è il nodo gordiano dei nostri destini, Roma è il simbolo grandioso e multiforme della nostra schiatta, Roma è la nostra arca di salvazione, che colla sua luce snebbia d'improvviso tutte le ...
Confessioni di un Italiano (pagina 179)
di Ippolito Nievo (estratti)

... Lasciammo buona parte della nostra gente a Bisceglie; e noi, insellati quanti cavalli si potevano trovare, corsimo a briglia sciolta sulla strada ... Non so cosa m'avessi quel giorno, ma mi sentia venir meno la costanza e le forze: forse era certezza che la nostra causa era perduta e che non si combatteva omai per altro che per l'onore ... Avendo noi lasciato ordine a Bisceglie che ci si desse premuroso annunzio d'ogni novità, e non vedendosi alcuno e volendo d'altra parte concedere qualche riposo alla nostra gente, che oltremodo ne bisognava, ci ritrassimo ad un'osteria per ivi posare fino all'alba ...
Confessioni di un Italiano (pagina 185)
di Ippolito Nievo (estratti)

... Questo era per esempio un punto sempre controverso tra me e lei: ch'ella avrebbe voluto un bambino ad ogni costo, ed io, per quanto mi scaldassi a dimostrarle che nella nostra posizione, in quel luogo, in quei tempi, un figliuolo sarebbe stato il peggiore degli imbrogli, dovevo sempre metter le pive nel sacco ... Alessandro, in uggia a me mentre era careggiato dalla Pisana, e difeso invece quando ella lo aspreggiava, non sapeva più per qual manico prendere il coltello; e stava nella nostra conversazione come un ballerino sulla corda prima di essersi bilanciato ...
Confessioni di un Italiano (pagina 227)
di Ippolito Nievo (estratti)

... Nostro errore, nostra disgrazia è di misurare la vita d'un popolo da quella d'un individuo: lo dissi altre volte ... Altre società si formarono simili alla nostra, e la concorrenza accrescendo l'attività dilatò le sue intraprese e le arrischiò a maggiori pericoli colla lusinga di più grossi guadagni ... Altronde le antecedenze giustificavano abbastanza questa nostra famigliarità coi Conti di Fratta; e non istava a me distoglierla da un'osservanza che era imposta anche a me stesso dalla gratitudine ...
Confessioni di un Italiano (pagina 250)
di Ippolito Nievo (estratti)

... ROMA, 4 luglio 1849 Oh a che giovò mai la nostra perseveranza? Eccoci raminghi in un esiglio che non finirà forse mai più! La legione è partita per le Romagne e per la Toscana, sperando di colà riguadagnare Venezia o il Piemonte e la Svizzera; ma la ferita che mi si riaperse nelle fatiche di questi ultimi giorni m'impedisce di camminare ... Ma sento che l'onore della nostra nazione è affidato a noi poveretti, sbalestrati dalla sventura ai quattro capi della terra ... Mi ricorda d'una nostra canzonetta popolare la quale benedice Iddio vestito di azzurro: infatti quella espressione non la riconosco vera che adesso ...
Decameron (pagina 4)
di Giovanni Boccaccio (estratti)

... creature umane si crede per certo dentro alle mura della città di Firenze essere stati di vita tolti, che forse, anzi l'accidente mortifero, non si saria estimato tanti avervene dentro avuti? O quanti gran palagi, quante belle case, quanti nobili abituri per adietro di famiglie pieni, di signori e di donne, infino al menomo fante rimaser voti! O quante memorabili schiatte, quante ampissime eredità, quante famose ricchezze si videro senza successor debito rimanere! Quanti valorosi uomini, quante belle donne, quanti leggiadri giovani, li quali non che altri, ma Galieno, Ipocrate o Esculapio avrieno giudicati sanissimi, la mattina desinarono co' lor parenti, compagni e amici, che poi la sera vegnente appresso nell'altro mondo cenaron con li lor passati! A me medesimo incresce andarmi tanto tra tante miserie ravolgendo: per che, volendo omai lasciare star quella parte di quelle che io acconciamente posso schifare, dico che, stando in questi termini la nostra città, d'abitatori quasi vota, addivenne, sì come io poi da persona degna di fede sentii, che nella venerabile chiesa di Santa Maria Novella, un martedì mattina, non essendovi quasi alcuna altra persona, uditi li divini ufici in abito lugubre quale a sì fatta stagione si richiedea, si ritrovarono sette giovani donne tutte l'una all'altra o per amistà o per vicinanza o per parentado congiunte, delle quali niuna il venti e ottesimo anno passato avea né era minor di diciotto, savia ciascuna e di sangue nobile e bella di forma e ornata di costumi e di leggiadra onestà ... E se questo concedono le leggi, nelle sollecitudini delle quali è il ben vivere d'ogni mortale, quanto maggiormente, senza offesa d'alcuno, è a noi e a qualunque altro onesto alla conservazione della nostra vita prendere quegli rimedii che noi possiamo? Ognora che io vengo ben raguardando alli nostri modi di questa mattina e ancora a quegli di più altre passate e pensando chenti e quali li nostri ragionamenti sieno, io comprendo, e voi similemente il potete comprendere, ciascuna di noi di se medesima dubitare: né di ciò mi maraviglio niente, ma maravigliomi forte, avvedendomi ciascuna di noi aver sentimento di donna, non prendersi per voi a quello di che ciascuna di voi meritamente teme alcun compenso ... E se di quinci usciamo, o veggiamo corpi morti o infermi trasportarsi da torno, o veggiamo coloro li quali per li loro difetti l'autorità delle publiche leggi già condannò a essilio, quasi quelle schernendo per ciò che sentono gli essecutori di quelle o morti o malati, con dispiacevoli impeti per la terra discorrere, o la feccia della nostra città, del nostro sangue riscaldata, chiamarsi becchini e in istrazio di noi andar cavalcando e discorrendo per tutto, con disoneste canzoni rimproverandoci i nostri danni; né altra cosa alcuna ci udiamo, se non ‘I cotali son morti’ e ‘Gli altretali sono per morire’; e se ci fosse chi fargli, per tutto dolorosi pianti udiremmo ... E se così è, che essere manifestamente si vede, che faccian noi qui, che attendiamo, che sognamo? perché più pigre e lente alla nostra salute che tutto il rimanente de' cittadini siamo? reputianci noi men care che tutte l'altre? o crediamo la nostra vita con più forti catene esser legata al nostro corpo che quella degli altri sia, e così di niuna cosa curar dobbiamo la quale abbia forza d'offenderla? Noi erriamo, noi siamo ingannate: che bestialità è la nostra se così crediamo? quante volte noi ci vorrem ricordare chenti e quali sieno stati i giovani e le donne vinte da questa crudel pestilenzia, noi ne vedremo apertissimo argomento ... Quivi s'odono gli uccelletti cantare, veggionvisi verdeggiare i colli e le pianure, e i campi pieni di biade non altramenti ondeggiare che il mare, e d'alberi ben mille maniere, e il cielo più apertamente, il quale, ancora che crucciato ne sia, non per ciò le sue bellezze eterne ne nega, le quali molto più belle sono a riguardare che le mura vote della nostra città; e èvvi, oltre a questo, l'aere assai più ...
Decameron (pagina 5)
di Giovanni Boccaccio (estratti)

... Noi siamo mobili, riottose, sospettose, pusillanime e paurose: per le quali cose io dubito forte, se noi alcuna altra guida non prendiamo che la nostra, che questa compagnia non si dissolva troppo più tosto e con meno onor di noi che non ci bisognerebbe: e per ciò è buono a provederci avanti che cominciamo ... – Disse allora Elissa:–Veramente gli uomini sono delle femine capo e senza l'ordine loro rade volte riesce alcuna nostra opera a laudevole fine: ma come possiam noi aver questi uomini? Ciascuna di noi sa che de' suoi son la maggior parte morti, e gli altri che vivi rimasi sono chi qua e chi là in diverse brigate, senza saper noi dove, vanno fuggendo quello che noi cerchiamo di fuggire: e il prender gli strani non saria convenevole; per che, se alla nostra salute vogliamo andar dietro, trovare si convien modo di sì fattamente ordinarci, che, dove per diletto e per riposo andiamo, noia e scandalo non ne segua ... Ma, per ciò che assai manifesta cosa è loro essere d'alcune che qui ne sono innamorati, temo che infamia e riprensione, senza nostra colpa o di loro, non ce ne segua se gli meniamo ... Ora, fossero essi pur già disposti a venire, ché veramente, come Pampinea disse, potremmo dire la fortuna essere alla nostra andata favoreggiante ... Ma per ciò che le cose che sono senza modo non possono lungamente durare, io, che cominciatrice fui de' ragionamenti da' quali questa così bella compagnia è stata fatta, pensando al continuar della nostra letizia, estimo che di necessità sia convenire esser tra noi alcuno principale, il quale noi e onoriamo e ...
Decameron (pagina 6)
di Giovanni Boccaccio (estratti)

... Pampinea, fatta reina, comandò che ogn'uom tacesse, avendo già fatti i famigliari de' tre giovani e le loro fanti, ch'eran quatro, davanti chiamarsi; e tacendo ciascun, disse: –Acciò che io prima essemplo dea a tutti voi, per lo quale di bene in meglio procedendo la nostra compagnia con ordine e con piacere e senza alcuna vergogna viva e duri quanto a grado ne fia, io primieramente constituisco Parmeno, famigliare di Dioneo, mio siniscalco, e a lui la cura e la sollecitudine di tutta la nostra famiglia commetto e ciò che al servigio della sala appartiene ... E ciascun generalmente, per quanto egli avrà cara la nostra grazia, vogliamo e comandiamo che si guardi, dove che egli vada, onde che egli torni, che che egli oda o vegga, niuna novella altra che lieta ci rechi di fuori ... Per che, dovendo io al vostro novellare, sì come primo, dare cominciamento, intendo da una delle sue maravigliose cose incominciare, acciò che, quella udita, la nostra speranza in Lui, sì come in cosa impermutabile, si fermi e sempre sia da noi il suo nome lodato ...
Decameron (pagina 11)
di Giovanni Boccaccio (estratti)

... ” Giannotto, il quale aspettava dirittamente contraria conclusione a questa, come lui così udì dire, fu il più contento uomo che giammai fosse: e a Nostra Dama di Parigi con lui insieme andatosene, richiese i cherici di là entro che a Abraam dovessero dare il battesimo ... Li quali, udendo che esso l'adomandava, prestamente il fecero; e Giannotto il levò del sacro fonte e nominollo Giovanni, e appresso a gran valenti uomini il fece compiutamente ammaestrare nella nostra fede, la quale egli prestamente apprese: e fu poi buono e valente uomo e di santa vita ... Per ciò che già e di Dio e della verità della nostra fede è assai bene stato detto, il discendere oggimai agli avvenimenti e agli atti degli uomini non si dovrà disdire: a narrarvi quella verrò, la quale udita, forse più caute diverrete nelle risposte alle quistioni che fatte vi fossero ... E che vero sia che la sciocchezza di buono stato in miseria alcun conduca, per molti essempli si vede, li quali non fia al presente nostra cura di raccontare, avendo riguardo che tutto il dì mille essempli n'appaiano manifesti: ma che il senno di consolazion sia cagione, come premisi, per una novelletta mostrerò brievemente ...
Decameron (pagina 168)
di Giovanni Boccaccio (estratti)

... – Panfilo, lietamente l'onor ricevuto, rispose:–La vostra virtù e degli altri miei subditi farà sì, che io, come gli altri sono stati, sarò da lodare–; e secondo il costume de' suoi predecessori col siniscalco delle cose oportune avendo disposto, alle donne aspettanti si rivolse e disse:– Innamorate donne, la discrezion d'Emilia, nostra reina stata questo giorno, per dare alcun riposo alle vostre forze arbitrio vi diè di ragionare ciò che più vi piacesse; per che, già riposati essendo, giudico che sia bene il ritornare alla legge usata, e per ciò voglio che domane ciascuna di voi pensi di ragionare sopra questo, cioè: di chi liberalmente o vero magnificamente alcuna cosa operasse intorno a' fatti d'amore o d'altra cosa ... Queste cose e dicendo e faccendo senza alcun dubbio gli animi vostri ben disposti a valorosamente adoperare accenderà: ché la vita nostra, che altro che brieve esser non può nel mortal corpo, si perpetuerà nella laudevole fama; il che ciascuno che al ventre solamente, a guisa che le bestie fanno, non serve, dee non solamente desiderare ma con ogni studio cercare e operare ... Dovete adunque sapere che, tra gli altri valorosi cavalieri che da gran tempo in qua sono stati nella nostra città, fu un di quegli, e forse il più da bene, messer Ruggieri de' Figiovanni; il quale, essendo e ricco e di grande animo e veggendo che, considerata la qualità del vivere e de' costumi di Toscana, egli in quella dimorando poco o niente potrebbe del suo valor dimostrare, prese per partito di volere un tempo essere appresso a Anfonso re di Spagna, la fama del valore del quale quella di ciascun altro signor trapassava a que' tempi; e assai onorevolemente in arme e in cavalli e in compagnia a lui se n'andò in Ispagna, e graziosamente fu dal re ricevuto ...
Decameron (pagina 191)
di Giovanni Boccaccio (estratti)

... Noi, come voi sapete, domane saranno quindici dì, per dovere alcun diporto pigliare a sostentamento della nostra santà e della vita, cessando le malinconie e' dolori e l'angosce, le quali per la nostra città continuamente, poi che questo pistolenzioso tempo incominciò, si veggono, uscimmo di Firenze; il che, secondo il mio giudicio, noi onestamente abbiam fatto, per ciò che, se io ho saputo ben riguardare, quantunque liete novelle e forse attrattive a concupiscenzia dette ci sieno e del continuo mangiato e bevuto bene e sonato e cantato (cose tutte da incitare le deboli menti a cose meno oneste), niuno atto, niuna parola, niuna cosa né dalla vostra parte né dalla nostra ci ho conosciuta da biasimare: continua onestà, continua concordia, continua fraternal dimestichezza mi ci è paruta vedere e sentire; il che senza dubbio in onore e servigio di voi e di me m'è carissimo ... E per ciò, acciò che per troppa lunga consuetudine alcuna cosa che in fastidio si convertisse nascer non ne potesse, e perché alcuno la nostra troppo lunga dimoranza gavillar non potesse, e avendo ciascun di noi la sua giornata avuta la sua parte dell'onore che in me ancora dimora, giudicherei, quando piacer fosse di voi, che convenevole cosa fosse omai il tornarci là onde ci partimmo ... Senza che, se voi ben riguardate, la nostra brigata, già da più altre saputa da torno, per maniera potrebbe multiplicare che ogni nostra consolazion ci torrebbe; e per ciò, se voi il mio consiglio approvate, io mi serverò la corona donatami per infino alla nostra partita, che intendo che sia domattina; ove voi altramente diliberaste, io ho già pronto cui per lo dì seguente ne debbia incoronare ...
La divina commedia (pagina 48)
di Dante Alighieri (estratti)

... Ond'ella, pronta e con occhi ridenti: "La nostra carità non serra porte a giusta voglia, se non come quella che vuol simile a sé tutta sua corte ... Con quelle altr'ombre pria sorrise un poco; da indi mi rispuose tanto lieta, ch'arder parea d'amor nel primo foco: "Frate, la nostra volontà quïeta virtù di carità, che fa volerne sol quel ch'avemo, e d'altro non ci asseta ... E 'n la sua volontade è nostra pace: ell'è quel mare al qual tutto si move ciò ch'ella crïa o che natura face" ... E quest'altro splendor che ti si mostra da la mia destra parte e che s'accende di tutto il lume de la spera nostra, ciò ch'io dico di me, di sé intende; sorella fu, e così le fu tolta di capo l'ombra de le sacre bende ... Parere ingiusta la nostra giustizia ne li occhi d'i mortali, è argomento di fede e non d'eretica nequizia ...
Il colore del tempo
di Federico De Roberto (estratti)

... Manca ai nostri scrittori la lena necessaria a concepire e condurre a buon fine le grandi opere organiche? È il bisogno del lucro, in questa nostra società, dove la concorrenza cresce ogni giorno e la lotta per la vita diviene sempre più aspra, quello che sminuzza in tal modo la produzione intellettuale? O non accade piuttosto così per la tirannia del giornale, nuovo mostro che si nutre di cervella e di midolle vive? Il costume democratico, come ha trasformato tante altre cose, non ha anch'esso contribuito a trasformare le forme del pensiero, e a mettere in voga le brevi, succose ed enciclopediche scritture a scapito delle ponderose, metodiche e particolari trattazioni?… Una sola di queste cause basterebbe alla spiegazione del fatto; tutt'e quattro insieme ne dànno pienamente ragione ... Sfogliamola: vedremo succedersi rapidissimamente idee e figure, sentimenti e problemi che ieri attiravano tutta quanta la nostra attenzione,—e che l'attirano ancora ... Come noi corriamo da un capo all'altro del mondo, trascinati dall'ansante vapore; come le nostre parole volano sui fili elettrici; così tutta quanta la nostra vita morale e intellettuale precipita vertiginosamente ... Che cosa diviene, dopo qualche anno, la fama di quegli uomini che parvero dominare, che dominarono infatti, la nostra età? Guardate Vittor Hugo ...
Il colore del tempo (pagina 13)
di Federico De Roberto (estratti)

... Le vesti, le armi e gli ornamenti del destino si trovano nella nostra vita interiore ... Se pure il destino ci colma di sciagure immeritate e incredibili, se pure ci obbliga a fare ciò che non avremmo mai fatto, dopo che la sciagura è accaduta, dopo che l'atto è stato compito, dipende da noi che resti senza influenza su ciò che accadrà nella nostra anima ... Soltanto la nostra ignoranza e la nostra indolenza chiamano fatale ciò che la nostra energia e la nostra intelligenza debbono chiamare naturale ed umano» ... Il Fénelon disse che la nostra ragione consiste nelle nostre idee chiare; per il Maeterlinck la saggezza, il meglio della nostra anima e del nostro carattere, si trova nelle nostre idee che non sono ancora chiare interamente ... Se anche non indebolisce la nostra vita interiore, la turba ... Quando un animale straniero penetra in un alveare, tutte le api sospendono il loro lavoro; parimenti quando il disprezzo e la rinunzia è entrata nell'anima nostra, tutte le potenze e tutte le virtù di essa abbandonano il loro ufficio per riunirsi intorno all'ospite singolare che l'orgoglio ha condotto fra loro ...
Il colore del tempo (pagina 14)
di Federico De Roberto (estratti)

... Il dovere della nostra anima, di ogni anima, consiste nell'essere «tanto integra, tanto felice, tanto indipendente, tanto grande quanto è possibile» ... L'invidia, il tradimento, tutte le armi con le quali gli altri ci offendono, non sono efficaci contro l'anima nostra, se non quando essa ha gettato via le sue proprie… ... «Piangere con quelli che piangono, soffrire con quelli che soffrono, tendere il proprio cuore a tutti i passanti perchè lo feriscano o lo carezzino», non è, secondo lui, il dovere per eccellenza: «le lacrime, le sofferenze, le ferite in tanto sono salutari in quanto non scoraggiano la nostra propria vita ... Non lo dimentichiamo: qualunque sia la nostra missione su questa terra, qualunque sia lo scopo dei nostri sforzi e delle nostre speranze e il risultato dei nostri dolori e delle nostre gioie, noi siamo prima d'ogni altra cosa i ciechi depositarî della vita ...
Il colore del tempo (pagina 21)
di Federico De Roberto (estratti)

... dall'altra parte, se non si credesse così, se non si nutrisse questa speranza, se tutti fossimo convinti che tutto è ineluttabile, che cosa faremmo?… DUE CIVILTÀ Fino a pochi anni addietro, quando i sociologhi in vena di profezia si proponevano la quistione della fine della nostra civiltà,—giacchè le civiltà fioriscono e finiscono come tutte le altre cose di questo mondo,—i sociologhi, dico, pensavano che la civiltà nostra soccomberebbe per opera di una nuova grande invasione barbarica, e vedevano nei Cinesi il nemico formidabile ... Posto anche che l'accesso fosse agevole, e la diversità non troppo grande, saremmo noi buoni giudici in casa altrui? Certo, se si trovasse un Cinese a cui la nostra civiltà fosse familiare, costui potrebbe meglio di ogni altro svelarci il suo paese ... «Gli esempî dei sacrifizî abbondano nella nostra storia nazionale ...
Il conte di Carmagnola (pagina 2)
di Alessandro Manzoni (estratti)

... Finor fu nostra cura il mantenerci La riverenza dei soggetti; or altro Studio far si dovria, come costui Riverir degnamente ... — E quando egli abbia La man nell'elsa della nostra spada, Potrem noi dir d'aver creato un servo Dovrà por cura di piacergli ognuno Di noi? Se nasce un disparer, fia degno Che nell'arti di guerra il voler nostro A quel d'un tanto condottier prevalga? S'egli erra, e nostra è dell'error la pena — Ché invincibil nol credo — io vi domando Se fia concesso il farne lagno e dove Si riscotan per questo onte e dispregi, Che far? Soffrirli? Non v'aggrada, io stimo, Questo partito; risentirsi? E dargli Occasion che in mezzo all'opra, e nelle Più difficili strette ei ci abbandoni Sdegnato, e al primo altro Signor che il voglia, — Forse al nemico — offra il suo braccio, e sveli Quanto di noi pur sa, magnificando La nostra sconoscenza, e i suoi gran merti? IL DOGE Il Conte un Prence abbandonò; ma quale? Un che da lui tenea lo Stato, e a cui Quindi ei minor non potea mai stimarsi; Un da pochi aggirato, e questi vili; Timido e stolto, che non seppe almeno Il buon consiglio tor della paura, Nasconderla nel core, e starsi all'erta; Ma che il colpo accennò pria di scagliarlo: Tale è il Signor che inimicossi il Conte ...
Il diavolo nell'ampolla (pagina 21)
di Adolfo Albertazzi (estratti)

... — In cielo non c'è soltanto la luna per attestare, anche adesso, con la figura di Caino la nostra ignoranza, o non c'è soltanto il sole per abbarbagliare il nostro orgoglio, o Marte coi canali perchè possiamo riferire agli altri pianeti la nostra intelligenza e la nostra scienza, o Venere e Giove perchè troviamo lassù un termine di paragone al brillante e allo smeraldo che abbiamo in dito: c'è, a centro di un altro sistema planetario, una certa stella che si chiama Sirio, che in inverno e in primavera risplende mirabilmente e che col suo fulgore dovrebbe esortarci tutti a considerar più in là del nostro naso, della nostra terra e del nostro sistema planetario ...
L'Olimpia (pagina 14)
di Giambattista Della Porta (estratti)

... Ite, padri, affaticatevi in nodrir figli, in allevargli nobili e delicati; ché all'ultimo che dovrebbono con ogni loro sforzo essere il sustentamento della nostra vecchiezza, o stanno annoverando i giorni che finisca il termine della nostra vita, o ne fanno morir di doglia innanzi tempo ... Lasciate la robba a quei che desiano piú la nostra morte che la propria lor vita ... O fortuna, io ti disgrazio che ne rompesti la prigionia e ne facesti scampare, ché ci era piú dolce soffrir la fame, la sete, la prigionia e l'ingiuriose parole che abbiamo sofferte da quei cani, che quello che abbiamo inteso in casa nostra ...
L'amore che torna (pagina 36)
di Guido da Verona (estratti)

... Elia d'Hermòs, mi rammentava un poco il tipo di Fabio Capuano, e forse questa fu la prima ragione della nostra dimestichezza ... C'incontrammo una sera, in uno di quei balli di Montmartre dove impazza il perpetuo carnevale dei gaudenti, e sebbene in passato la nostra conoscenza non fosse stata gran che intima nè duratura, egli mi ravvisò prontamente e venne a parlarmi con disinvolta cortesia ... La nostra vita moderna è in fondo una convenzione messa in vigore da uomini rapaci e timidi ... E di questo animale dannoso, che ha tutti gli istinti spregevoli della bestia umana senza possederne il più mediocre merito, perchè mai si dovrebbe avere pietà? — Forse perchè noi tutti, a nostra volta, siamo esseri deboli e possiamo un giorno o l'altro aver bisogno del compatimento altrui ...
La sposa persiana (pagina 3)
di Carlo Goldoni (estratti)

... a mantenere il decoro loro in Italia; onde sia il Destouches, da una nostra Dama tradotto, argine al corso della mia felice carriera; ma rallegromi fra me stesso, che il valoroso Francese non comparirebbe con sì bel fasto in Italia s'egli non fosse da un'Italiana penna tradotto, e purché trionfi anche in ciò il valore della nostra Nazione, son pronto a cedere tutto quel po' di gloria, che mi ho acquistato, ad una Dama sì benemerita ... L'oppio, quel succo amaro, ch'è agli Europei veleno, Di cui nell'Asia nostra s'empion le genti il seno, Gioia mi desta in petto inusitata, e strana ...
Le femmine puntigliose (pagina 3)
di Carlo Goldoni (estratti)

... Non è fuor di proposito considerare fra i gradi della nostra felicità, la libertà ancora, e collocarla nel decimo luogo di questa nostra rassegna Voi la godete perfettamente, con un Ordine in petto, che vi difende dalla catena del Matrimonio ... FLORINDO Penso che sarebbe stato meglio, se in luogo di aspirare alla conversazione delle dame, ci fossimo contentati di quella delle mercantesse della nostra condizione ... FLORINDO Cento doppie? A che motivo? ROSAURA Per gl'incomodi, che si dovrà prendere per causa nostra ...
Libro proibito (pagina 9)
di Antonio Ghislanzoni (estratti)

... Liberal, volli esser libero[2]; E sì libero fui, che al breve svolgersi Di quattro o cinque mesi, in abbominio Venni ai rossi ed ai bianchi, e fu miracolo Se n'uscii vivo—Bah! quelli gridavano: Ei s'è fatto codino! alla politica Di Cavour tien bordone—E questi: «o scandalo! Ei plaude a Garibaldi ed osa irridere Qualche nostra Eccellenza!»—Mo! vedetelo! Ripiglian quelli: il rattoppato e logoro Abito ha smesso, ed anco ieri il rancio Pagò al trattor: fondi segreti—«Ei bazzica Cogli scavezzacolli democratici, Notan gli altri: badate! di repubblica E socialismo puzzan le parentesi Del testo scapigliato—Esser veridico E leal che mi valse?—Dai sinedrii Onnipotenti fui reietto; incomodo Collega a tutti, quei la man ritrassero Dalla mia dubitosi; mi guardarono Biechi gli altri ringhiando: al mercenario Scriba il gibbetto! Intanto si sciupavano Per me gli anni più baldi in acri e sterili Guerriglie di parole ... » Quei che così ringhiavano Al mio garretto, oggi, impinguati e tronfii Di ricchezze e poter, dall'alto irridono La nostra grulleria ...
Storia di un'anima (pagina 69)
di Ambrogio Bazzero (estratti)

... E lui aveva due occhioni a gemma, pieni dei riflessi del più azzurro cielo; una boccuccia a pozzette che balbettava i nostri nomi felici in terra; due mani a guancialini che rubavano già i pesantissimi grappoli dorati della nostra vite sul portichetto ... Desideravamo l'autunno, la stagione più cara, più intima, più dolce per la nostra lunga contemplazione amorosa ... Era forse una foglia, la prima che si staccava dal ramo, che ci diceva quanto noi potevamo essere felici? Desideravamo i crepuscoli rosei, colla mitica stella di Lucifero, colla sottile falce della luna, coi cirri spolverizzati d'oro: e quando voi, o colombi, stendevate il volo su quel terrazzo fiorito, là dove, infelicissima e peccatrice, bisbigliava quella dama infeconda con quel cavaliere, più volte babbo: e voi, passeri pendenti ad un ciuffo di parietaria, dal rosone della facciata spiavate giù nella chiesa tutta calda di lumi i poverelli, famelici fra le nidiate dei bimbi che cantavano le lodi ambrosiane del Signore: e a voi, rampichini muraiuoli, intricati nei garofani delle finestrette, giungeva il guaiolare degli orfanelli dell'Ospedale: e a voi, reatini, salticchianti sulle rose innanzi le croci cadute, taceva sempre impassibile il silenzio di chi nella fossa dei vermi aveva sognato il bel paradiso d'oro:—noi, piegati su una culla candidissima, rattenendo il respiro, come l'unica necessità che accusasse la nostra vita del corpo, noi ci sentivamo purissimamente degni di compiacerci per gli occhi giù fino in fondo dell'anima, ove stava il segreto religioso della nostra giovinezza: noi, affaccendati innanzi ad una seggiolina, versando il latte butirroso in una scodella, ci dicevamo tanto ricchi e pasciuti che avremmo dato tutti i nostri pani a tutti i poverelli e le briciole del nostro bambino a tutti gli uccellini: noi, inginocchiati nel portichetto dei nonni, udendo le leziose impazienze di quella boccuccia che, tartagliando i nostri nomi, pareva comandasse al destino di non dividerli mai, su tutta la terra, credevamo ad un Dio che apparisse nei sogni agli innocenti e nei sorrisi agli amorosi: noi, semi-addormentati allo spegnersi dell'ultime luci del giorno, compiangendo tutti i libri luciferini che indagavano il nulla eterno, l'avevamo dinnanzi la nostra vita, tanto sicura e tanto in pace! E l'avremmo vissuta tutta! Desideravamo che l'autunno si avanzasse a morire nel verno, la stagione carissima, intimissima, dolcissima per la nostra eterna contemplazione amorosa… ... Oh volevamo la nostra stanzetta, piccina, come la nostra ambizione, calda come un nido, illuminata come un santuario! Volevamo essere noi, noi soli, coi nostri ricordi, colle nostre ciarle, col suo balbettìo, col suo respiro, co' suoi starnuti, col nostro bimbo che ci aveva dato tutta la pace! Ci amavamo! Ci amavamo, perchè nessuno era venuto a soffiarci il gelo dei sapienti nell'anima! Ci facevamo indietro indietro nella memoria a trovare le prime paure e i primi rossori, i mutui sguardi e le feconde religioni dell'amore ricambiato! Misuravamo giubboncini e camiciuole! O bimbo, quando credevi di fare il tuo discorsone, pensavi alla mamma? quando tu dormi, ti sogni di lei? quando starnuti, non ci dici grazie? O piccino! O piccino! Eravamo tanto egoisti che sobbalzavamo di scatto, scacciando l'idea e la domanda:—Dove saranno i colombi? e i passeri? e i poveri rampichini? e i poverissimi reatini?—Eravamo di dentro, con un lettuccio tutto morbido di coltroncini, colle cucchiaiate fumanti di pappa, con un cosetto d'avorio pacciucchiato, e, Dio mio! con un libro gualcito al capitolo più serio e più sociale… ...