Libri noi
Libri su noi, con la parola noi
Confessioni di un Italiano (pagina 25)
di Ippolito Nievo (estratti)
... Noi poi che s'era avvezzi a quegli sfoggi alla Pantalone d'allora, ridevamo assai di quella succinta vestizione, senza risalto d'oro di frangie di bei colori ... E quando poi, trovando per casa o la Pisana od anche me, ci faceva bel viso, e ci carezzava, noi eravamo beati di mostrargli che le sue moine ci annoiavano, e gli fuggivamo via non trascurando di buttarci nelle braccia di qualunque altro che fosse lì intorno, o di metterci a giocarellare col cane da caccia del Capitano ... Rappresaglie da fanciulli! — Pure, mentre noi ci vendicavamo a quella guisa, egli seguitava a guardarci; ed io ricordo ancora il tenore e perfin la tinta di quegli sguardi ...
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Confessioni di un Italiano (pagina 36)
di Ippolito Nievo (estratti)
... l'uomo sopra ogni influsso di astri o di comete; ma gli astri e le comete gravitano sopra di noi molto tempo innanzi che la filosofia ci insegni a difendercene ... Noi che vediamo nei bimbi i vezzosi e i gaudenti, abbiamo plebaglie di gaudenti e di vezzosi ... Però chi è puro affatto tra noi mortali? — Mi conforta la parabola dell'adultera e la sublime parola di Cristo: Chi non ha peccato scagli la prima pietra! Quel dopopranzo, come vi diceva, mia prima cura fu di andar in traccia della Pisana, ma con sommo mio rammarico non mi venne fatto di trovarla in nessun luogo ...
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Confessioni di un Italiano (pagina 53)
di Ippolito Nievo (estratti)
... Oh quante volte all'oscurarsi di quelle sembianze s'annuvolò dentro di noi il bel sereno della speranza, e il pensiero precipitò bestemmiando nel gran vuoto del nulla, come Icaro sfortunato cui si fondevano le ali di cera! Quali sùbiti, dolorosi trabalzi dall'etere inane dove nuotano miriadi di spiriti in oceani di luce, al morto e gelido abisso che non vedrà mai raggio di sole, che mai non darà vita per volger di secoli a una larva pensata! E la scienza, erede di cento generazioni, e l'orgoglio, frutto di quattromill'anni di storia, fuggono come schiavi colti in fallo, al tempestar minaccioso d'un sentimento ... Che siamo noi, dove andiamo noi, poveri pellegrini fuorviati? Qual è la guida che ci assicura d'un viaggio non infelice? Mille voci ne suonano dintorno; cento mani misteriose accennano a sentieri più misteriosi ancora; una forza segreta e fatale ci spinge a destra ed a sinistra; l'amore, alato fanciullo c'invita al paradiso; l'amore, demonio beffardo ci stritola nel niente ...
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Confessioni di un Italiano (pagina 94)
di Ippolito Nievo (estratti)
... — Allora fidatevi di noi, Carlino; noi vi aiuteremo, noi vi illumineremo ... Voi ci ringrazierete, e noi ringrazieremo voi ...
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Confessioni di un Italiano (pagina 98)
di Ippolito Nievo (estratti)
... — A Venezia sono ancora al mille quattrocento e si ha paura del mille ottocento che s'avvicina, ma noi, noi, oh no, per dio, che non muteremo in loro servigio la nostra fede di nascita ... Troppo ci condussero colle bretelle; il padre Pendola può esser giubilato: noi vogliamo camminar soli ... — Gente che ha vissuto prima di noi, dell'esperienza dei quali noi possiamo giovarci, e furono potenti perché virtuosi, virtuosi perché liberi ... Il buon tempo è giunto per l'eguaglianza, per la verità e per la virtù! L'umanità unificata vuol regnare sola; noi saremo i suoi banditori! Io strinsi la mano all'amico senza mover parola; ma l'anima mia era tutta con lui; non avea più pensiero che non volasse anelando incontro a quelle immense speranze ... Quando lo vedeva mogio, umile, annuvolato, correva a far gazzarra coi compagni; e si facevano fra noi allegri brindisi alla ...
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Confessioni di un Italiano (pagina 108)
di Ippolito Nievo (estratti)
... Piuttosto praticava sovente a Cordovado in casa Provedoni, ove avea stretto grande amicizia coi giovani; e la Bradamante e l'Aquilina incalorivano la conversazione con quella donnesca magia che ne fa noi uomini esser doppiamente vivi, doppiamente lesti e giocondi quando ci troviamo insieme a donne ... Le donne superiori a noi! Sì, fratellini miei; consentite questa strana sentenza in bocca d'un vecchio che ne ha vedute molte ... Sono superiori a noi nella costanza dei sacrifizi, nella fede, nella rassegnazione; muoiono meglio di noi: ci son superiori insomma nella cosa più importante, nella scienza pratica della vita, che, come sapete, è un correre alla morte ... Oh! colei non era certamente l'esemplare d'una di quelle donne superiori a noi, che accennava poco fa! Guai se le femmina traligna! È vecchio il proverbio; la si cangia in diavolo ...
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Confessioni di un Italiano (pagina 112)
di Ippolito Nievo (estratti)
... Tutti s'inginocchiarono, io chinai il capo sulla criniera arruffata del mio ronzino, e la benedizione domandata scese sopra di noi ... Deve dipendere da noi! — Non abbiamo più padroni! — Viva la libertà! — Abbasso il Luogotenente ... e ce la intenderemo fra noi ... Bisogna dimostrargli confidenza perch'egli si fidi di noi ...
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Confessioni di un Italiano (pagina 114)
di Ippolito Nievo (estratti)
... — Il generale Bonaparte ha vinto ier mattina una battaglia al Tagliamento; noi abbiamo sparso il nostro sangue in difesa della libertà e un popolo libero ci negherà adesso un qualche ristoro? I cinquemila ducati devono essere sborsati prima di un'ora, e il resto della cassa il Generale comanda che lo si metta a disposizione del popolo ... — Signore — balbettò esso — signor ufficiale pregiatissimo, il popolo, come lei dice, è libero; noi ... noi non c'entriamo per nulla ... Quanto a noi ... noi abdicheremo nelle mani ...
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Confessioni di un Italiano (pagina 117)
di Ippolito Nievo (estratti)
... Il primo che fece festa al ritorno del figliuol prodigo, scommetto io che fu il cane di casa! E quando mi si gracchia intorno sull'inutilità ed il pericolo di questa numerosa famiglia canina che litiga all'umana il nutrimento, e le inocula talvolta una malattia spaventosa e incurabile, io non posso far a meno di sclamare: — Rispettate i cani! — forse adesso si può star in bilico, ma forse anche, e Dio non voglia, verrà un tempo che si giudicheranno migliori affatto di noi! Di questi tempi ne furono altre volte nella storia dell'umanità ... Noi bipedi tentenniamo fra l'eroe ed il carnefice, fra l'angelo e Belzebù ... Esse aveano veduto i Francesi senza concepirne per verità la favorevole opinione che ne avevamo concepita noi, e noi dal canto nostro andavamo in collera quando esse, per divertirci da questo incantesimo, ci tornavano a mente alcune delle nefandità commesse da quei propagatori dell'incivilimento ...
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Confessioni di un Italiano (pagina 124)
di Ippolito Nievo (estratti)
... Noi chiediamo meno di quello ch'ei sia disposto a concedere ... Intanto partirono il Procuratore e lo Zorzi, partì il Villetard col Battaja e alcuni altri patrizi, stupidamente traditori di se stessi: restammo noi pochi, l'eletta, il fiore della democrazia veneziana ... Tutto ad un tratto egli si volse a noi con cera poco contenta, e disse quasi pensando a voce alta: — Temo che faremo un bel buco nell'acqua! — — Come? — gli diede sulla voce il Dandolo ... — Bruto disperò morendo, noi siamo per nascere! Quel giovinetto era un levantino di Zante, figliuolo d'un chirurgo di vascello della Repubblica, e dopo la morte del padre avea preso stanza a Venezia ...
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Confessioni di un Italiano (pagina 125)
di Ippolito Nievo (estratti)
... Vorremmo mutarci da noi, non farci mutare da altri come gente che ha perduto la facoltà di moversi ... Vengano a scuoterci, a spaventarci, a farci vergognare di noi, a sollecitare colla paura di lor tirannia lo svegliarsi operoso e sublime della nostra libertà ... Se noi saremo tali da prenderli per emuli e non per padroni, lo sapremo di qui a qualche mese ... — Noi rispettiamo le tue parole, cittadino Vianello, ma sentiamo i nostri polsi intolleranti di schiavitù, e ci ridiamo di Villetard e di chi sta sopra di lui, come ci ridiamo di San Marco, degli Schiavoni, e del procurator Pesaro! Lucilio stornò la mente da tali considerazioni forse troppo tristi o tardive per lui, e si volse a me con un fare quasi paterno ... — Cittadino Altoviti — egli disse — vostro padre si è adoperato moltissimo a vantaggio della libertà; gli si deve una ricompensa ch'egli vuol cedere a noi ... — E così — rispose lo Zorzi — il Doge mi ha pregato di recarmi da Villetard per ottenere le sue condizioni in iscritto; non sapeva sua Serenità che noi le avevamo già in tasca ... Domani adunque sarà proposta nel Maggior Consiglio la parte di adottar sul momento per la Repubblica di Venezia il sistema democratico del nuovo governo provvisorio da noi ideato ...
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Confessioni di un Italiano (pagina 149)
di Ippolito Nievo (estratti)
... Così si argomentava durante la sua infanzia; e sovente la Faustina, per consolarsi d'una domenica irrequieta e rabbiosa, diceva fra sé: “Oggi la signorina ha la lingua fuori dei denti, e il pepe nel sangue! Buon per noi che ci lascerà in pace per tutto il resto della settimana!” Infatti così avveniva ... Come doveva io coonestare agli occhi del mondo e alla lunga alla lunga anche alla mia coscienza quella vita intrinseca e comune con una bella giovane che amava, e dalla quale aveva tutte le ragioni per credermi amato? — Doveva io dire che aspettavamo così meno noiosamente la morte del marito? — Peggiore la rappezzatura che il buco, si dice da noi ... Ella si fece condurre per tutta la casa dalla cantina alla soffitta, trovò di suo grado i tappeti i divani e perfino le pipe; m'assicurò che noi staremmo là dentro come due principi, e non si prendeva cura né delle apparenze né della modestia ... Sapete bene che quando una donna non si sgomenta di certe coserelle, sgomentirsene non tocca a noi; più che ridicolaggine di chietineria, sarebbe un'offesa alla sua delicatezza, e non vanno lodati quei confessori che suggeriscono i peccati alle penitenti ...
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Confessioni di un Italiano (pagina 162)
di Ippolito Nievo (estratti)
... S'avrà un bel che fare ma questo viluppo dell'uguaglianza e della dipendenza stenteremo ad accomodarlo; massime tra noi dove non v'è capo d'oca che non si appropri il famoso Tu regere imperio populos di Virgilio: “ed un Marcel diventa Ogni villan che parteggiando viene!” ebbe a dire anche Dante ... Qui ci sarebbe posto ad una gran dissertazione sopra l'opinione di coloro che si aspettano dagli Slavi l'ultima verniciatura di civiltà; come fanno merito alla Germania del maggior lavoro; e a noi, poveretti bastarducci di Roma, non lasciano altro vanto che quello d'un primo disegno, un po' ideale, un po' falso se volete, ma pure un po' nostro a quanto pare ... — Vianello è appunto il medico della compagnia, quello che ci scanna tutti per ordine dei Francesi che sono stanchi di noi ... Canchero, ci siamo inscritti per far la guerra, per distruggere la stirpe dei re e degli aristocratici, noi! non per far la corte al Direttorio e portargli la candela in processione! ...
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Confessioni di un Italiano (pagina 163)
di Ippolito Nievo (estratti)
... — I Francesi ci aiutano bene, perché noi non saremmo in grado di aiutarci da noi ... — La Roma di Bruto sorse dalla Roma di Tarquinio! — Eh! statti pure in pace, Carlino, su questo punto; ché de' Tarquinii non ne mancarono a noi in quattro o cinque secoli di pazzie e di servitù! ... — Non per ora — replicò Lucilio — ché il tuo posto è con noi e con Amilcare ...
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Confessioni di un Italiano (pagina 173)
di Ippolito Nievo (estratti)
... Tuttavia se ebbi paura, non ne ebbi tanta che mi vietasse di tornar alla finestra e far un certo gesto molto espressivo a quei scuriscioni napoletani, che guardavano in alto senza poter seguirci per aver noi ritirato con molta bravura la scala ... Noi ci eravamo serviti di fucili di coltelli e di pistole in quell'armeria così opportunamente disposta; rendevamo i saluti con tutta compitezza; e mentre essi a noi sforacchiavano i cappelli, noi a loro spalancavamo il cranio e la pancia ... Che il capitano non ne sospettasse nulla? Che essi fossero già in cammino da senno dalla parte della maremma mentre noi gridavamo il falso allarme verso la montagna? Così era successo infatti; e una semplice bizzarria potea costarmi salata a me, a tutta la legione, e dar anche ad uno scherzo ad una bravata l'apparenza del tradimento ... Qualcuno di noi s'apparecchiava a cantar vittoria e fors'anche a dare addosso a quei pochi ostinati che non volevano ritirarsi e scorazzavano dietro le piante del verziere, quando s'udì sotto i nostri piedi un fragore come d'uno scoppio sotterraneo, e poco stante un correre uno scalpitare nelle stanze terrene susseguito da grida da urli da bestemmie e da giaculatorie secondo il pio costume dei Napoletani quando vanno in guerra ... Ciascuno di noi fu soprappreso da terrore; mentre i bersaglieri ci tenevano a bada, il grosso degli assalitori avea sfondato una porta con una piccola mina; il convento era invaso; uno contro dieci sarebbe stato vano il pensiero di resistere ...
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Confessioni di un Italiano (pagina 178)
di Ippolito Nievo (estratti)
... Tornando coi nostri cinquanta uomini dallo aver inseguito alcuni briganti che sotto colore di realisti eran venuti a saccheggiare una cascina poco lontana, trovai una sera il castello d'Andria illuminato, e la gran sala disposta pel ballo e dentrovi buona copia di forosette e di donzelle dei paesi vicini le quali per darsi spasso una sera vollero ben dimenticarsi che noi eravamo repubblicani scomunicati ... Qui da noi: proprio da noi, perché solamente in Italia vivono donne che sanno inspirarlo e mantenerlo ... E se cianciano dei nostri bordelli, e noi rispondiamo loro ...
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Confessioni di un Italiano (pagina 179)
di Ippolito Nievo (estratti)
... Infatti, anziché intimorirci, noi accorsimo a Bisceglie dove pareva tendessero a concentrarsi gli sparsi bastimenti, e là, giovandoci del grande spirito degli abitanti e d'alcuni cannoni trovati nel castello, si guardò alla meglio d'armare la spiaggia ... Disperavamo di difenderci a lungo, ma volevamo perdere piuttosto la vita che la certezza di aver fatto quanto da noi si poteva per la salute della Repubblica ... Lasciammo buona parte della nostra gente a Bisceglie; e noi, insellati quanti cavalli si potevano trovare, corsimo a briglia sciolta sulla strada ... I nipoti di Solimano avevano imparato a loro spese che non si può senza danno andar nella storia a ritroso: e che Maometto II (ne chieggo scusa alla cronologia) è da essi tanto remoto quanto Traiano da noi ... Avendo noi lasciato ordine a Bisceglie che ci si desse premuroso annunzio d'ogni novità, e non vedendosi alcuno e volendo d'altra parte concedere qualche riposo alla nostra gente, che oltremodo ne bisognava, ci ritrassimo ad un'osteria per ivi posare fino all'alba ...
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Confessioni di un Italiano (pagina 186)
di Ippolito Nievo (estratti)
... Bruto Provedoni che ci aveva accompagnato fin là diretto per Venezia e pel Friuli ci promise che avrebbe scritto amplissime informazioni sopra tutto ciò che ci premeva sapere; e noi contenti di esserci salvati con tanta fortuna da quel turbine che aveva inghiottito gente più grande ed accorta di noi, stettimo ad aspettare con pazienza che imprevisti avvenimenti finissero di mettere la nostra vita perfettamente in regola ... Poveretto! Non gli augurava male; ma dopo aver vissuto abbastanza felice oltre ad una settantina d'anni poteva bene lasciar il posto a un pochetto di felicità per noi ...
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Confessioni di un Italiano (pagina 189)
di Ippolito Nievo (estratti)
... Il nostro Primo Console ha vinto a Marengo, ma dei bei campi di battaglia potremo offrirgliene anche noi, ed egli li conosce da un pezzo e gli furono fausti ... Posando fra Bruto e l'Aquilina le nostre fantasie rivedevano i tranquilli orizzonti delle praterie fra Cordovado e Fratta, le belle acque correnti in mezzo a campagne smaltate di fiori, i cespugli odorosi di madresilva e di ginepro, i bei contorni della fontana di Venchieredo cogli ombrosi sentieruoli e i freschi marginetti di musco! Speravamo per essi, e godevamo per noi ... Bruto era omai escluso dall'agone ove noi andavamo giostrando alla cieca senza sapere qual sarebbe il premio di tanti tornei ...
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Confessioni di un Italiano (pagina 194)
di Ippolito Nievo (estratti)
... Allora cominciai a dar il dente anche negli oggetti bisognevoli; camicie, scarpe, collarini, vestiti, tutto viaggiava dal rigattiere; avevamo fatto tra noi una specie di amicizia ... Ma dunque tu vuoi proprio tenerci il broncio a noi poveri soldati? — No, Alessandro; vi ammiro e non son capace d'imitarvi ... — Vedi come siamo noi soldati? ...
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Confessioni di un Italiano (pagina 203)
di Ippolito Nievo (estratti)
... Ci esibì poi anche, colla bocca un po' stretta, di prepararci alla meglio due letti; ma noi eravamo già prevenuti delle commodità che si avevano allora in castello, e sapevamo che restando noi sarebbe toccato agli sposini irsene a dormire coi polli ... Ebbimo perciò compassione di loro e delle sei uova, e risalimmo in calesse per andarcene a chieder ospitalità a Bruto Provedoni, come s'era stabilito fra noi prima di partire da Portogruaro ... Cinque ne cedeva al Capitano e a Monsignore; gli altri li teneva per noi, e lo spiedo girava, ed io era tentato molte volte di mettermi nelle veci del girarrosto; ma poi mi ricordava di essere stato intendente e mi rimetteva in atto di maestà ... Di ciò si discorreva a lungo tra noi quand'ella era occupata nelle cose di famiglia; ma ella non pareva molto disposta a secondare le nostre idee; bellina com'era con quelle sue fattezze un po' strane un po' riottose, eppur buona e savia come un'agnelletta, non le mancavano adoratori ... Pure se ne mostrava affatto schiva; e alla fontana o sul piazzale della Madonna stava più volentieri con noi che collo sciame delle zitelle e dei vagheggini ...
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Confessioni di un Italiano (pagina 218)
di Ippolito Nievo (estratti)
... Perciò non ti parlo in particolare di noi ... Bada a star forte nelle tue infermità e se ti permettono un viaggio vieni anche tu fra noi! ... Indi uscì come indispettita, l'Aquilina le tenne dietro, Luciano ubbidì forse ad un'occhiata di Lucilio e restammo noi due soli ...
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Confessioni di un Italiano (pagina 224)
di Ippolito Nievo (estratti)
... — Ma una cosa anch'io ti dimando, Pisana, di non pascerti più a lungo dei lugubri pensieri che ti fanno morire prima del tempo, di adoperare quella felicità che in te rinasce, a ravvivare la tua salute, a rianimare il tuo coraggio, a serbarti insomma per noi, per noi che ti amiamo tanto! — Oh tu sì, vedi, tu mi chiedi più di quanto possa concederti! ... Rimani, rimani con noi; per carità rimani! ... Pensai che espiazione o battaglia la vita nostra è un bene almeno per gli altri; e che quanto più è un male per noi tanto più meritorio è il coraggio di portarla fino alla fine ...
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Confessioni di un Italiano (pagina 225)
di Ippolito Nievo (estratti)
... — Carlo, li vedi, essi sono più felici di noi! ... Ma nel mondo, vedi, nel mondo! Fuori del mondo noi saremo beati al pari, di aver preparato la loro felicità! — Un altro momento si perdette in vaghi balbettamenti dai quali credetti rilevare che parlasse di Napoli, e dei giorni gloriosi e terribili vissuti colà ventiquattr'anni prima ... Tornò poi ad intrattenersi con noi, a ringraziare Lucilio delle sue cure, l'Aquilina e Bruto della loro amicizia, a benedire i miei figli pregandoli di ubbidire e di imitare i loro genitori ... Di momento in momento il respiro della Pisana diveniva più raro ed affannoso; mi stringeva sempre più forte la mano, sorridendo ad ora ad ora a ciascuno di noi; ma quando toccava a me era un'occhiata più lunga ed intensa ...
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Confessioni di un Italiano (pagina 236)
di Ippolito Nievo (estratti)
... Giulio, il mio figliuoletto, si sarebbe assai vantaggiato della compagnia e della conversazione di Lucilio se questi fosse rimasto più a lungo con noi ... Una per una le cavano tutte le foglie, finché resta solo l'ultima, e così siamo noi che dei compagni coi quali venimmo camminando lungo i sentieri della vita, uno cade oggi l'altro domani e ci troviamo poi soli, melanconici nel deserto della vecchiaia ... Di noi, di Venezia, dell'Italia egli non parlava più che come di altrettante curiosità: più affettuosamente forse mi scriveva sua moglie, benché dai figliuoli di Spiro sapessi che non la trattava molto bene ... Così noi andavamo pian piano scadendo verso la vecchiaia, mentre il paese racquistava la sua gioventù, e quello che seguì poi prova abbastanza che tutti quegli anni non furono né perduti né dormiti come cianciano i pessimisti ...
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Confessioni di un Italiano (pagina 244)
di Ippolito Nievo (estratti)
... Noi in America si fa due rivoluzioni all'anno, e ci resta anco il tempo di goder la villeggiatura e di curar la gotta alla stagione dei bagni ... — Me ne ricordo sì, Alessandro; ma la contessa è morta da dieci o dodici anni in odore di santità, e noi strasciniamo assai malamente pel mondo i nostri peccati ... Intanto anche noi, senza essere così ...
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Confessioni di un Italiano (pagina 253)
di Ippolito Nievo (estratti)
... Il dottore coi suoi pochi soldati si difendeva gagliardamente, e dava tempo ai coloni del paese di armarsi e di correre in aiuto; fors'anco noi potevamo capitar a tempo e tutto era salvo ... Parevano demonii guizzanti a tafferuglio nelle fiamme dell'inferno, e noi scendendo dal monte lontano un miglio appena, ne vedevamo allora le sinistre apparizioni ... Le caserme rovinate, gli stabilimenti incesi, le tribù indiane che s'ingrossavano intorno sempre più mentre noi eravamo assottigliati di numero e di forze, ci persuasero di ritirarci a Villabella ...
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Decameron (pagina 4)
di Giovanni Boccaccio (estratti)
... E se questo concedono le leggi, nelle sollecitudini delle quali è il ben vivere d'ogni mortale, quanto maggiormente, senza offesa d'alcuno, è a noi e a qualunque altro onesto alla conservazione della nostra vita prendere quegli rimedii che noi possiamo? Ognora che io vengo ben raguardando alli nostri modi di questa mattina e ancora a quegli di più altre passate e pensando chenti e quali li nostri ragionamenti sieno, io comprendo, e voi similemente il potete comprendere, ciascuna di noi di se medesima dubitare: né di ciò mi maraviglio niente, ma maravigliomi forte, avvedendomi ciascuna di noi aver sentimento di donna, non prendersi per voi a quello di che ciascuna di voi meritamente teme alcun compenso ... Noi dimoriamo qui, al parer mio, non altramente che se essere volessimo o dovessimo testimonie di quanti corpi morti ci sieno alla sepoltura recati o d'ascoltare se i frati di qua entro, de' quali il numero è quasi venuto al niente, alle debite ore cantino i loro ufici, o a dimostrare a qualunque ci apparisce, ne' nostri abiti, la qualità e la quantità delle nostre miserie ... E se di quinci usciamo, o veggiamo corpi morti o infermi trasportarsi da torno, o veggiamo coloro li quali per li loro difetti l'autorità delle publiche leggi già condannò a essilio, quasi quelle schernendo per ciò che sentono gli essecutori di quelle o morti o malati, con dispiacevoli impeti per la terra discorrere, o la feccia della nostra città, del nostro sangue riscaldata, chiamarsi becchini e in istrazio di noi andar cavalcando e discorrendo per tutto, con disoneste canzoni rimproverandoci i nostri danni; né altra cosa alcuna ci udiamo, se non ‘I cotali son morti’ e ‘Gli altretali sono per morire’; e se ci fosse chi fargli, per tutto dolorosi pianti udiremmo ... Per le quali cose, e qui e fuori di qui e in casa mi sembra star male, e tanto più ancora quanto egli mi pare che niuna persona, la quale abbia alcun polso e dove possa andare, come noi abbiamo, ci sia rimasa altri che noi ... E se così è, che essere manifestamente si vede, che faccian noi qui, che attendiamo, che sognamo? perché più pigre e lente alla nostra salute che tutto il rimanente de' cittadini siamo? reputianci noi men care che tutte l'altre? o crediamo la nostra vita con più forti catene esser legata al nostro corpo che quella degli altri sia, e così di niuna cosa curar dobbiamo la quale abbia forza d'offenderla? Noi erriamo, noi siamo ingannate: che bestialità è la nostra se così crediamo? quante volte noi ci vorrem ricordare chenti e quali sieno stati i giovani e le donne vinte da questa crudel pestilenzia, noi ne vedremo apertissimo argomento ... E per ciò, acciò che noi per ischifaltà o per traccutaggine non cadessimo in quello di che noi per avventura per alcuna maniera volendo potremmo scampare, non so se a voi quello se ne parrà che a me ne parrebbe: io giudicherei ottimamente fatto che noi, sì come noi siamo, sì come molti innanzi a noi hanno fatto e fanno, di questa terra uscissimo, e fuggendo come la morte i disonesti essempli degli altri onestamente a' nostri luoghi in contado, de' quali a ciascuna di noi è gran copia, ce ne andassimo a stare, e quivi quella festa, quella allegrezza, quello piacere che noi potessimo, senza trapassare in alcuno atto il segno della ragione, prendessimo ...
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Decameron (pagina 5)
di Giovanni Boccaccio (estratti)
... E qui d'altra parte, se io ben veggio, noi non abbandoniam persona, anzi ne possiamo con verità dire molto più tosto abbandonate: per ciò che i nostri, o morendo o da morte fuggendo, quasi non fossimo loro, sole in tanta afflizione n'hanno lasciate ... E per ciò, quando vi paia, prendendo le nostre fanti e con le cose oportune faccendoci seguitare, oggi in questo luogo e domane in quello quella allegrezza e festa prendendo che questo tempo può porgere, credo che sia ben fatto a dover fare; e tanto dimorare in tal guisa, che noi veggiamo, se prima da morte non siam sopragiunte, che fine il cielo riserbi a queste cose ... E ricordivi che egli non si disdice più a noi l'onestamente andare, che faccia a gran parte dell'altre lo star disonestamente ... Ricordivi che noi siamo tutte femine, e non ce n'ha niuna sì fanciulla, che non possa ben conoscere come le femine sien ragionate insieme e senza la provedenza d'alcuno uomo si sappiano regolare ... Noi siamo mobili, riottose, sospettose, pusillanime e paurose: per le quali cose io dubito forte, se noi alcuna altra guida non prendiamo che la nostra, che questa compagnia non si dissolva troppo più tosto e con meno onor di noi che non ci bisognerebbe: e per ciò è buono a provederci avanti che cominciamo ... – Disse allora Elissa:–Veramente gli uomini sono delle femine capo e senza l'ordine loro rade volte riesce alcuna nostra opera a laudevole fine: ma come possiam noi aver questi uomini? Ciascuna di noi sa che de' suoi son la maggior parte morti, e gli altri che vivi rimasi sono chi qua e chi là in diverse brigate, senza saper noi dove, vanno fuggendo quello che noi cerchiamo di fuggire: e il prender gli strani non saria convenevole; per che, se alla nostra salute vogliamo andar dietro, trovare si convien modo di sì fattamente ordinarci, che, dove per diletto e per riposo andiamo, noia e scandalo non ne segua ... Io conosco assai apertamente niuna altra cosa che tutta buona dir potersi di qualunque s'è l'uno di costoro, e credogli a troppo maggior cosa che questa non è sofficienti; e similmente avviso loro buona compagnia e onesta dover tenere non che a noi ma a molto più belle e più care che noi non siamo ... Ma per ciò che le cose che sono senza modo non possono lungamente durare, io, che cominciatrice fui de' ragionamenti da' quali questa così bella compagnia è stata fatta, pensando al continuar della nostra letizia, estimo che di necessità sia convenire esser tra noi alcuno principale, il quale noi e onoriamo e ...
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Decameron (pagina 6)
di Giovanni Boccaccio (estratti)
... E acciò che ciascun pruovi il peso della sollecitudine insieme col piacere della maggioranza e, per conseguente da una parte e d'altra tratti, non possa chi nol pruova invidia avere alcuna, dico che a ciascuno per un giorno s'attribuisca e il peso e l'onore; e chi il primo di noi esser debba nella elezion di noi tutti sia: di quegli che seguiranno, come l'ora del vespro s'avicinerà, quegli o quella che a colui o a colei piacerà che quel giorno avrà avuta la signoria; e questo cotale, secondo il suo arbitrio, del tempo che la sua signoria dee bastare, del luogo e del modo nel quale a vivere abbiamo ordini e disponga ... Sirisco, famigliar di Panfilo, voglio che di noi sia spenditore e tesoriere e di Parmeno seguiti i comandamenti ... Per che, dovendo io al vostro novellare, sì come primo, dare cominciamento, intendo da una delle sue maravigliose cose incominciare, acciò che, quella udita, la nostra speranza in Lui, sì come in cosa impermutabile, si fermi e sempre sia da noi il suo nome lodato ... Manifesta cosa è che, sì come le cose temporali tutte sono transitorie e mortali, così in sé e fuor di sé esser piene di noia, d'angoscia e di fatica e a infiniti pericoli sogiacere; alle quali senza niuno fallo né potremmo noi, che viviamo mescolati in esse e che siamo parte d'esse, durare né ripararci, se spezial grazia di Dio forza e avvedimento non ci prestasse ... La quale a noi e in noi non è da credere che per alcun nostro merito discenda, ma dalla sua propria benignità mossa e da' prieghi di coloro impetrata che, sì come noi siamo, furon mortali, e bene i suoi piaceri mentre furono in vita seguendo ora con Lui eterni son divenuti e beati; alli quali noi medesimi, sì come a ...
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Decameron (pagina 7)
di Giovanni Boccaccio (estratti)
... procuratori informati per esperienza della nostra fragilità, forse non audaci di porgere i prieghi nostri nel cospetto di tanto giudice, delle cose le quali a noi reputiamo oportune gli porgiamo ... E ancor più in Lui, verso noi di pietosa liberalità pieno, discerniamo, che, non potendo l'acume dell'occhio mortale nel segreto della divina mente trapassare in alcun modo, avvien forse tal volta che, da oppinione ingannati, tale dinanzi alla sua maestà facciamo procuratore che da quella con eterno essilio è iscacciato: e nondimeno Esso, al quale niuna cosa è occulta, più alla purità del pregator riguardando che alla sua ignoranza o allo essilio del pregato, così come se quegli fosse nel suo cospetto beato, essaudisce coloro che 'l priegano ... “Che farem noi” diceva l'uno all'altro “di costui? Noi abbiamo de' fatti suoi pessimo partito alle mani: per ciò che il mandarlo fuori di casa nostra così infermo ne sarebbe gran biasimo e segno manifesto di poco senno, veggendo la gente che noi l'avessimo ricevuto prima e poi fatto servire e medicare così sollecitamente, e ora, senza potere egli aver fatta cosa alcuna che dispiacer ci debbia, così subitamente di casa nostra e infermo a morte vederlo mandar fuori ... E se questo avviene, il popolo di questa terra, il quale sì per lo mestier nostro, il quale loro pare iniquissimo e tutto il giorno ne dicon male, e sì per la volontà che hanno di rubarci, veggendo ciò si leverà a romore e griderà: ‘Questi lombardi cani, li quali a chiesa non sono voluti ricevere, non ci si voglion più sostenere’; e correrannoci alle case e per avventura non solamente l'avere ci ruberanno ma forse ci torranno oltre a ciò le persone: di che noi in ogni guisa stiam male se costui muore ...
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Decameron (pagina 10)
di Giovanni Boccaccio (estratti)
... E se così è, grandissima si può la benignità di Dio cognoscere verso noi, la quale non al nostro errore ma alla purità della fé riguardando, così faccendo noi nostro mezzano un suo nemico, amico credendolo, ci essaudisce, come se a uno veramente santo per mezzano della sua grazia ricorressimo ... E per ciò, acciò che noi per la sua grazia nelle presenti avversità e in questa compagnia così lieta siamo sani e salvi servati, lodando il suo nome nel quale cominciata l'abbiamo, Lui in reverenza avendo, ne' nostri bisogni gli ci raccomanderemo sicurissimi d'essere uditi ... La quale, sì come colei che non meno era di cortesi costumi che di bellezze ornata, lietamente rispose che volentieri: e cominciò in questa guisa: –Mostrato n'ha Panfilo nel suo novellare la benignità di Dio non guardare a' nostri errori quando da cosa che per noi veder non si possa procedano: e io nel mio intendo di dimostrarvi quanto questa medesima benignità, sostenendo pazientemente i difetti di coloro li quali d'essa ne deono dare e con l'opere e con le parole vera testimonianza, il contrario operando, di sé argomento d'infallibile verità ne dimostri, acciò che quello che noi crediamo con più fermezza d'animo seguitiamo ...
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Decameron (pagina 27)
di Giovanni Boccaccio (estratti)
... ” E detto questo, consigliatisi alquanto, gli dissero: “Vedi, a noi è presa compassion di te: e per ciò, dove tu vogli con noi essere a fare alcuna cosa la quale a fare andiamo, egli ci pare esser molto certi che in parte ti toccherà il valere di troppo più che perduto non hai ... Laonde Andreuccio, più cupido che consigliato, con loro si mise in via; e andando verso la chiesa maggiore, e Andreuccio putendo forte, disse l'uno: “Non potremmo noi trovar modo che costui si lavasse un poco dove che sia, che egli non putisse così fieramente?” Disse l'altro: “Sì, noi siam qui presso a un pozzo al quale suole sempre esser la carrucola e un gran secchione; andianne là e laverenlo spacciatamente ... Verso il quale ammenduni costoro rivolti dissero: “Come non v'enterrai? In fé di Dio, se tu non v'entri, noi ti darem tante d'uno di questi pali di ferro sopra la testa, che noi ti farem cader morto ...
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Decameron (pagina 47)
di Giovanni Boccaccio (estratti)
... E il sabato appresso usanza è delle donne di lavarsi la testa, di tor via ogni polvere, ogni sucidume che per la fatica di tutta la passata settimana sopravenuta fosse; e soglion similmente assai, a reverenza della Vergine madre del Figliuolo di Dio, digiunare, e da indi in avanti per onor della sopravegnente domenica da ciascuna opera riposarsi: per che, non potendo così appieno in quel dì l'ordine da noi preso nel vivere seguitare, similmente stimo sia ben fatto quel dì delle novelle ci posiamo ... Appresso, per ciò che noi qui quatro dì dimorate saremo, se noi vogliam tor via che gente nuova non ci sopravenga, reputo oportuno di mutarci di qui e andarne altrove; e il dove io ho già pensato e proveduto ... Quivi quando noi saremo domenica appresso dormire adunati, avendo noi oggi avuto assai largo spazio da discorrere ragionando, sì perché più tempo da pensare avrete e sì perché sarà ancora più bello che un poco si ristringa del novellare la licenzia e che sopra uno de' molti fatti della fortuna si dica, e ho pensato che questo sarà: di chi alcuna cosa molto disiderata con industria acquistasse o la perduta recuperasse ...
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Decameron (pagina 49)
di Giovanni Boccaccio (estratti)
... Se egli sapesse lavorare l'orto e volesseci rimanere, io mi credo che noi n'avremmo buon servigio, per ciò che egli ci bisogna, e egli è forte e potrebbene l'uomo fare ciò che volesse: e oltre a questo non vi bisognerebbe d'aver pensiero che egli motteggiasse queste vostre giovani ... ” Allora la baldanzosa incominciò: “Io non so se tu t'hai posto mente come noi siamo tenute strette, né che mai qua entro uomo alcuno osa entrare se non il castaldo ch'è vecchio e questo mutolo; e io ho più volte a più donne che a noi son venute udito dire che tutte l'altre dolcezze del mondo sono una beffa a rispetto di quella quando la femina usa con l'uomo ... ” “Oimè!” disse l'altra “che è quel che tu di'? non sai tu che noi abbiamo promessa la verginità nostra a Dio?” “Oh” disse colei “quante cose gli si promettono tutto il dì, che non se ne gli attiene niuna! se noi gliele abbiam promessa, truovisi un'altra o dell'altre che gliele attengano ... ” A cui la compagna disse: “O se noi ingravidassimo, come andrebbe il fatto?” Quella allora disse: “Tu cominci a aver pensiero del mal prima che egli ti venga: quando cotesto avvenisse, allora si vorrà pensare; egli ci avrà mille modi da fare sì che mai non si saprà, pur che noi medesime nol diciamo ... ” Costei, udendo ciò, avendo già maggior voglia che l'altra di provare che bestia fosse l'uomo, disse: “Or bene, come faremo?” A cui colei rispose: “Tu vedi che egli è in su la nona: io mi credo che le suore sieno tutte a dormire, se non noi; guatiamo per l'orto se persona ci è, e s'egli non c'è persona, che abbian noi a far se non a pigliarlo per mano e menarlo in questo capannetto, là dove egli fugge l'acqua, e quivi l'una si stea dentro con lui e l'altra faccia la guardia? Egli è sì sciocco, che egli s'acconcerà comunque noi vorremo ...
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Decameron (pagina 63)
di Giovanni Boccaccio (estratti)
... ” Costoro, udendol parlare, si vergognarono e chiesongli perdono dicendo: “In verità che voi risomigliate, più che uomo che noi vedessimo mai risomigliare un altro, un nostro compagno il qual si chiama Faziuolo da Pontriemoli, che venne, forse quindici dì o poco più fa, qua, né mai potemmo poi sapere che di lui si fosse ... Bene è vero che noi ci maravigliavamo dell'abito, per ciò che esso era, sì come noi siamo, masnadiere ... Dio faccia noi goder del nostro ... Fu adunque in Toscana una badia, e ancora è, posta, sì come noi ne veggiam molte, in luogo non troppo frequentato dagli uomini, nella quale fu fatto abbate un monaco, il quale in ogni cosa era santissimo fuori che nell'opera delle femine: e questo sapeva sì cautamente fare, che quasi niuno, non che il sapesse, ma ne suspicava; per che santissimo e giusto era tenuto in ogni cosa ... ” La donna disse: “Padre mio, di ciò non dubitate, per ciò che io mi lascerei innanzi morire che io cosa dicessi a altrui che voi mi diceste che io non dicessi: ma come si potrà far questo?” Rispose l'abate: “Se noi vogliamo che egli guerisca, di necessità convien che egli vada in Purgatorio ... ” “E come” disse la donna “vi potrà egli andar vivendo?” Disse l'abate: “Egli convien ch'e' muoia, e così v'andrà; e quando tanta pena avrà sofferta che egli di questa sua gelosia sarà gastigato, noi con certe orazioni pregheremo Idio che in questa vita il ritorni, e Egli il farà ...
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Decameron (pagina 66)
di Giovanni Boccaccio (estratti)
... ” Il re allora disse seco: “Forse m'è costei mandata da Dio; perché non pruovo io ciò che ella sa fare, poi dice senza noia di me in picciol tempo guerirmi?”; e accordatosi di provarlo disse: “Damigella, e se voi non ci guerite, faccendoci rompere il nostro proponimento, che volete voi che ve ne segua?” “Monsignore, “ rispose la giovane “fatemi guardare, e se io infra otto giorni non vi guerisco, fatemi brusciare: ma se io vi guerisco, che merito me ne seguirà?” A cui il re rispose: “Voi me parete ancora senza marito; se ciò farete, noi vi maritaremo bene e altamente ... ” Gran cosa parve al re dovergliele dare; ma poi che promesso l'avea, non volendo della sua fé mancare, sel fece chiamare e sì gli disse: “Beltramo, voi siete omai grande e fornito: noi vogliamo che voi torniate a governare il vostro contado e con voi ne meniate una damigella la quale noi v'abbiamo per moglier data ... ” A cui il re disse: “Dunque volete voi che noi vegniamo meno di nostra fede, la qual noi per riaver sanità donammo alla damigella che voi in guiderdon di ciò domandò per marito?” “Monsignore, “ disse Beltramo “voi mi potete torre quanto io tengo, e donarmi, sì come vostro uomo, a chi vi piace; ma di questo vi rendo sicuro che mai io non sarò di tal maritaggio contento ...
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Decameron (pagina 95)
di Giovanni Boccaccio (estratti)
... ” Disse la giovane allora: “Piacerebbevi egli, poi che altrove andar non posso, di qui ritenermi per l'amor di Dio stanotte?” Il buono uomo rispose: “Giovane, che tu con noi ti rimanga per questa sera n'è caro; ma tuttavia ti vogliam ricordare che per queste contrade e di dì e di notte e d'amici e di nemici vanno di male brigate assai, le quali molte volte ne fanno di gran dispiaceri e di gran danni; e se per isciagura, essendoci tu, ce ne venisse alcuna, e', veggendoti bella e giovane come tu se', e' ti farebbono dispiacere e vergogna, e noi non te ne potremmo aiutare ... Vogliantelo aver detto, acciò che tu poi, se questo avvenisse, non ti possi di noi ramaricare ... Il buono uomo, non vedendo la giovane, rispose: “Niuna persona ci è altri che noi: ma questo ronzino, a cui che fuggito si sia, ci capitò iersera, e noi cel mettemmo in casa acciò che i lupi nol manicassero ... ” “Adunque” disse il maggiore della brigata “sarà egli buon per noi, poi che altro signore non ha ... E essendo già dilungati alquanto, il buono uomo cominciò a domandar la moglie: “Che fu della nostra giovane che iersera ci capitò, ché io veduta non la ci ho poi che noi ci levammo?” La buona femina rispose che non sapea e andonne guatando ... La giovane, sentendo coloro esser partiti, uscì del fieno: di che il buono uomo forte contento, poi che vide che alle mani di coloro non era venuta e faccendosi già dì, le disse: “Omai che il dì ne viene, se ti piace noi t'accompagneremo infino a un castello che è presso di qui cinque miglia, e serai in luogo sicuro; ma converratti venire a piè, per ciò che questa mala gente che ora di qui si parte se n'ha menato il ronzin tuo ...
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Decameron (pagina 106)
di Giovanni Boccaccio (estratti)
... E da che diavol siam noi poi, da che noi siam vecchie, se non da guardar la cenere intorno al focolare? Se niuna il sa o ne può render testimonianza, io sono una di quelle: che ora, che vecchia sono, non senza grandissime e amare punture d'animo conosco, e senza pro, il tempo che andar lasciai: e bene che io nol perdessi tutto, ché non vorrei che tu credessi che io fossi stata una milensa, io pur non feci ciò che io avrei potuto fare, di che quando io mi ricordo, veggendomi fatta come tu mi vedi, che non troverei chi mi desse fuoco a cencio, Dio il sa che dolore io sento ... E se tu non te ne avvedessi a altro, sì te ne dei tu avvedere a questo, che noi siam sempre apparecchiate a ciò, che degli uomini non avviene: e oltre a questo una femina stancherebbe molti uomini, dove molti uomini non possono una femina stancare ... Di questo mondo ha ciascun tanto quanto egli se ne toglie, e spezialmente le femine, alle quali si convien troppo più d'adoperare il tempo quando l'hanno che agli uomini, per ciò che tu puoi vedere, quando c'invecchiamo, né marito né altri ci vuol vedere anzi ci cacciano in cucina a dir delle favole con la gatta e a annoverare le pentole e le scodelle; e peggio, ché noi siamo messe in canzone e dicono: ‘Alle giovani i buon bocconi e alle vecchie gli stranguglioni’, e altre lor cose assai ancora dicono ... ” Pietro rispose: “Non l'abbiam noi assaggiata ... Essendo noi già posti a tavola, Ercolano e la moglie e io, e noi sentimmo presso di noi starnutire, di che noi né la prima volta né la seconda ce ne curammo; ma quegli che starnutito aveva starnutendo ancora la terza volta e la quarta e la quinta e molte altre, tutti ci fece maravigliare; di che Ercolano, che alquanto turbato con la moglie era per ciò che gran pezza ci avea fatti stare all'uscio senza aprirci, quasi con furia disse: ‘Questo che vuol dire? Chi è questi che così starnutisce?’; e levatosi da tavola, andò verso una scala la quale assai vicina n'era, sotto la quale era un chiuso di tavole vicino al piè della scala, da riporvi, chi avesse voluto, alcuna cosa, come tutto dì veggiamo che fanno far coloro che le lor case acconciano ...
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Decameron (pagina 107)
di Giovanni Boccaccio (estratti)
... Pietro, che maggior voglia aveva di mangiare che di dormire, domandava pure se da cena cosa alcuna vi fosse, a cui la donna rispondeva: “Sì da cena ci ha! noi siamo molto usate di far da cena, quando tu non ci se'! Sì, che io sono la moglie d'Ercolano! Deh, ché non vai dormi per istasera? quanto farai meglio!” Avvenne che, essendo la sera certi lavoratori di Pietro venuti con certe cose dalla villa e avendo messi gli asini loro, senza dar lor bere, in una stalletta la quale allato alla loggetta era, l'un degli asini, che grandissima sete avea, tratto il capo del capestro era uscito della stalla e ogni cosa andava fiutando se forse trovasse dell'acqua; e così andando s'avenne per mei la cesta sotto la quale era il giovinetto ... Alla quale Pietro postosi a seder di rimpetto disse: “Or tu maladicevi così testé la moglie d'Ercolano e dicevi che arder si vorrebbe e che ella era vergogna di tutte voi: come non dicevi di te medesima? o se di te dir non volevi, come ti sofferiva l'animo di dir di lei, sentendoti quello medesimo aver fatto che ella fatto avea? Certo niuna altra cosa vi t'induceva se non che voi siete tutte così fatte, e con l'altrui colpe guatate di ricoprire i vostri falli: che venir possa fuoco da cielo che tutte v'arda, generazion pessima che voi siete!” La donna, veggendo che egli nella prima giunta altro male che di parole fatto non l'avea e parendole conoscere lui tutto gongolare per ciò che per man tenea un così bel giovinetto, prese cuore e disse: “Io ne son molto certa che tu vorresti che fuoco venisse da cielo che tutte ci ardesse, sì come colui che se' così vago di noi come il can delle mazze; ma alla croce di Dio egli non ti verrà fatto ... ” Pietro s'avide che le parole non eran per venir meno in tutta notte; per che, come colui che poco di lei curava, disse: “Or non più, donna: di questo ti contenterò io bene; farai tu gran cortesia di fare che noi abbiamo da cena qualche cosa, ché mi pare che questo garzone altressì, ben com'io, non abbia ancor cenato ... ” “Certo no, “ disse la donna “che egli non ha ancor cenato; ché quando tu nella tua malora venisti ci ponavam noi a tavola per cenare ... ” “Or va dunque, “ disse Pietro “fa che noi ceniamo, e appresso io disporrò di questa cosa in guisa che tu non t'avrai che ramaricare ...
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Decameron (pagina 134)
di Giovanni Boccaccio (estratti)
... Commendavano igualmente e gli uomini e le donne ciò che Gulfardo fatto aveva alla 'ngorda melanese, quando la reina a Panfilo voltatasi sorridendo gl'impose ch'el seguitasse; per la qual cosa Panfilo incominciò: –Belle donne, a me occorre di dire una novelletta contro a coloro li quali continuamente n'offendono senza poter da noi del pari essere offesi, cioè contro a' preti, li qual sopra le nostre mogli hanno bandita la croce, e par loro non altramenti aver guadagnato il perdono di colpa e di pena, quando una se ne posson metter sotto, che se d'Allessandria avessero il soldano menato legato a Vignone ... ” Disse la Belcolore: “Deh! andante andate: o fanno i preti così fatte cose?” Il prete rispose: “Sì facciam noi meglio che gli altri uomini: o perché no? E dicoti più, che noi facciamo vie miglior lavorio; e sai perché? perché noi maciniamo a raccolta: ma in verità bene a tuo uopo, se tu stai cheta e lascimi fare ...
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Decameron (pagina 136)
di Giovanni Boccaccio (estratti)
... L'una sono i macigni da Settignano e da Montisci, per vertù de' quali, quando son macine fatti, se ne fa la farina, e per ciò si dice egli in que' paesi di là che da Dio vengon le grazie e da Montisci le macine; ma ècci di questi macigni sì gran quantità, che appo noi è poco prezzata, come appo loro gli smeraldi, de' quali v'ha maggior montagne che Monte Morello, che rilucon di mezzanotte vatti con Dio; e sappi che chi facesse le macine belle e fatte legare in anella prima che elle si forassero e portassele al soldano, n'avrebbe ciò che volesse ... L'altra si è una pietra, la quale noi altri lapidarii appelliamo elitropia, pietra di troppo gran vertù, per ciò che qualunque persona la porta sopra di sé, mentre la tiene, non è da alcuna altra persona veduto dove non è ... Ultimamente, essendo già l'ora della nona passata, ricordandosi egli che essi lavoravano nel monistero delle donne di Faenza, quantunque il caldo fosse grandissimo, lasciata ogni altra sua faccenda, quasi correndo n'andò a costoro e chiamatigli così disse loro: “Compagni, quando voi vogliate credermi, noi possiamo divenire i più ricchi uomini di Firenze: per ciò che io ho inteso da uomo degno di fede che in Mugnone si truova una pietra, la qual chi la porta sopra non è veduto da niuna altra persona; per che a me parrebbe che noi senza alcuno indugio, prima che altra persona v'andasse, v'andassimo a cercar ... Noi la troverem per certo, per ciò che io la conosco; e trovata che noi l'avremo, che avrem noi a fare altro se non mettercela nella scarsella e andare alle tavole de' cambiatori, le quali sapete che stanno sempre cariche di grossi e di fiorini, e torcene quanti noi ne vorremo? Niuno ci vedrà; e così potremo arricchire subitamente, senza avere tutto dì a schiccherare le mura a modo che fa la lumaca ... A Calandrino, che era di grossa pasta, era già il nome uscito di mente; per che egli rispose: “Che abbiam noi a far del nome poi che noi sappiamo la vertù? A me parrebbe che noi andassomo a cercare senza star più ... ” “Or ben” disse Bruno “come è ella fatta?” Calandrin disse: “Egli ne son d'ogni fatta ma tutte son quasi nere; per che a me pare che noi abbiamo a ricogliere tutte quelle che noi vederem nere, tanto che noi ci abbattiamo a essa; e per ciò non perdiam tempo, andiamo ... ” A cui Bruno disse: “Or t'aspetta”; e volto a Buffalmacco disse: “A me pare che Calandrino dica bene, ma non mi pare che questa sia ora da ciò, per ciò che il sole è alto e dà per lo Mugnone entro e ha tutte le pietre rasciutte, per che tali paion testé bianche, delle pietre che vi sono, che la mattina, anzi che il sole l'abbia rasciutte, paion nere: e oltre a ciò molta gente per diverse cagioni è oggi, che è dì da lavorare, per lo Mugnone, li quali vedendoci si potrebbono indovinare quello che noi andassomo faccendo e forse farlo essi altressì; e potrebbe venire alle mani a loro, e noi avremmo perduto il trotto per l'ambiadura ... Per che, veggendo Buffalmacco e Bruno che Calandrino era carico e l'ora del mangiare s'avicinava, secondo l'ordine da sé posto disse Bruno a Buffalmacco: “Calandrino dove è?” Buffalmacco, che ivi presso sel vedea, volgendosi intorno e or qua e or là riguardando, rispose: “Io non so, ma egli era pur poco fa qui dinanzi da noi ... ” Disse Bruno: “Ben che fa poco! a me par egli esser certo che egli è ora a casa a desinare e noi ha lasciati nel farnetico d'andar cercando le pietre nere giù per lo Mugnone ... ” “Deh come egli ha ben fatto” disse allor Buffalmacco “d'averci beffati e lasciati qui, poscia che noi fummo sì sciocchi, che noi gli credemmo ... Sappi! chi sarebbe stato sì stolto, che avesse creduto che in Mugnone si dovesse trovare una così virtuosa pietra, altri che noi?” Calandrino, queste parole udendo, imaginò che quella pietra alle mani gli fosse venuta e che per la vertù d'essa coloro, ancor che loro fosse presente, nol vedessero ...
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Decameron (pagina 138)
di Giovanni Boccaccio (estratti)
... Ma lasciamo andare ora questo: quando e dove potrem noi essere insieme?” A cui la donna rispose: “Signor mio dolce, il quando potrebbe essere qualora più ci piacesse, per ciò che io non ho marito a cui mi convenga render ragione delle notti; ma io non so pensare il dove ... ” Disse allora il proposto: “Madonna, per questo non rimanga per una notte o per due, intanto che io pensi dove noi possiamo essere in altra parte con più agio ... ” Il proposto disse allora: “Madonna, non dubitate di ciò, e, se esser puote, fate che istasera noi siamo insieme ... E avendo bevuto, dissono i giovani: “Messer, poi che tanta di grazia n'avete fatta, che degnato siete di visitar questa nostra piccola casetta, alla quale noi venavamo a invitarvi, noi vogliam che vi piaccia di voler vedere una cosetta che noi vi vogliam mostrare ...
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Decameron (pagina 140)
di Giovanni Boccaccio (estratti)
... Disse Bruno a Buffalmacco: “Vogliangli noi imbolare stanotte quel porco?” Disse Buffalmacco: “O come potremmo noi?” Disse Bruno: “Il come ho io ben veduto, se egli nol muta di là ove egli era testé ... ” “Adunque” disse Buffalmacco “faccianlo; perché nol faremmo noi? E poscia cel goderemo qui insieme col domine ... ” Disse allora Bruno: “Se Dio mi salvi, questo è mal fatto, se vero è; ma tu sai, Calandrino, che ieri io t'insegnai dir così: io non vorrei che tu a un'ora ti facessi beffe di moglieta e di noi ... ” Disse allora Buffalmacco: “S'egli è pur così, vuolsi veder via, se noi sappiamo, di riaverlo ... ” “E che via” disse Calandrino “potrem noi trovare?” Disse allora Buffalmacco: “Per certo egli non c'è venuto d'India niuno a torti il porco: alcuno di questi tuoi vicini dee essere stato, e per ciò, se tu gli potessi ragunare, io so fare la esperienza del pane e del formaggio e vederemmo di botto chi l'ha avuto ... A Calandrin, che qui è, fu ier notte tolto un suo bel porco, né sa trovare chi avuto se l'abbia; e per ciò che altri che alcun di noi che qui siamo non ...
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Decameron (pagina 141)
di Giovanni Boccaccio (estratti)
... Ma pur, poi che partiti si furono, rimasi Bruno e Buffalmacco con Calandrino, gl'incominciò Buffalmacco a dire: “Io l'aveva per lo certo tuttavia che tu te l'avevi avuto tu, e a noi volevi mostrare che ti fosse stato imbolato per non darci una volta bere de' denari che tu n'avesti ... Disse Buffalmacco: “Ma che n'avesti, sozio, alla buona fé? avestine sei?” Calandrino, udendo questo, s'incominciò a disperare; a cui Brun disse: “Intendi sanamente, Calandrino, che egli fu tale nella brigata che con noi mangiò e bevé, che mi disse che tu avevi quinci sù una giovinetta che tu tenevi a tua posta e davile ciò che tu potevi rimedire, e che egli aveva per certo che tu l'avevi mandato questo porco ... Noi sì siamo usi delle tue beffe e conoscianle; tu non ce ne potresti far più! E per ciò, a dirti il vero, noi ci abbiamo durata fatica in far l'arte, per che noi intendiamo che tu ci doni due paia di capponi, se non che noi diremo a monna Tessa ogni cosa ... Noi abbiamo per più novellette dette riso molto delle beffe state fatte, delle quali niuna vendetta esserne stata fatta s'è raccontato: ma io intendo di farvi avere alquanta compassione d'una giusta retribuzione a una nostra cittadina renduta, alla quale la sua beffa presso che con morte, essendo beffata, ritornò sopra il capo ...
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Decameron (pagina 148)
di Giovanni Boccaccio (estratti)
... ” Spinelloccio, uscito della cassa, senza far troppe novelle disse: “Zeppa, noi siam pari pari, e per ciò è buono, come tu dicevi dianzi alla mia donna, che noi siamo amici come solavamo e, non essendo tra noi dua niuna altra cosa che le mogli divisa, che noi quelle ancora comunichiamo ... Sì come noi veggiamo tutto il dì, i nostri cittadini da Bologna ci tornano qual giudice e qual medico e qual notaio, co' panni lunghi e larghi e con gli scarlatti e co' vai e con altre assai apparenze grandissime, alle quali come gli effetti succedano anche veggiamo tutto giorno ... Tra' quali un maestro Simone da Villa, più ricco di ben paterni che di scienza, non ha gran tempo, vestito di scarlatto e con un gran batalo, dottor di medicine, secondo che egli medesimo diceva, ci ritornò, e prese casa nella via la quale noi oggi chiamiamo la Via del Cocomero ...
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Decameron (pagina 149)
di Giovanni Boccaccio (estratti)
... Bruno, udendo il medico e parendogli la dimanda dell'altre sue sciocche e dissipite, cominciò a ridere e pensò di rispondergli secondo che alla sua pecoraggine si convenia, e disse: “Maestro, io nol direi a molte persone come noi facciamo, ma di dirlo a voi, perché siete amico e so che a altrui nol direte, non mi guarderò ... Egli è vero che il mio compagno e io viviamo così lietamente e così bene come vi pare e più; né di nostra arte né d'altro frutto, che noi d'alcune possessioni traiamo, avremmo da poter pagar pur l'acqua che noi logoriamo ... Né voglio per ciò che voi crediate che noi andiamo a imbolare, ma noi andiamo in corso, e di questo ogni cosa che a noi è di diletto o di bisogno, senza alcun danno d'altrui, tutto traiamo: e da questo viene il nostro viver lieto che voi vedete ... E dicovi così che, qualora egli avvien che noi insieme ci raccogliamo, è maravigliosa cosa a vedere i capoletti intorno alla sala dove mangiamo e le tavole messe alla reale e la quantità de' nobili e belli servidori, così femine come maschi, al piacer di ciascuno che è di tal compagnia, e i bacini, gli orciuoli, i fiaschi e le coppe e l'altro vasellamento d'oro e d'argento, ne' quali noi mangiamo e beamo; e oltre a questo le molte e varie vivande, secondo che ciascun disidera, che recate ci sono davanti ciascheduna a suo tempo ... E non vorrei, zucca mia da sale, che voi credeste che noi stessomo là in questo abito o con questi panni che ci vedete: egli non ve ne è niuno sì cattivo che non vi paresse uno imperadore, sì siamo di cari vestimenti e di belle cose ornati ... Or che menar di calcole e di tirar le casse a sé, per fare il panno serrato, faccian le tessitrici, lascerò io pensar pur a voi! Ma tra gli altri che meglio stanno, secondo il parer mio, siam Buffalmacco e io, per ciò che Buffalmacco le più delle volte vi fa venir per sé la reina di Francia e io per me quella d'Inghilterra, le quali son due pur le più belle donne del mondo; e sì abbiamo saputo fare, che elle non hanno altro occhio in capo che noi ... Per che da voi medesimo pensar potete se noi possiamo e dobbiamo vivere e andare più che gli altri uomini lieti, pensando che noi abbiamo l'amore di due così fatte reine: senza che, quando noi vogliamo un mille o un dumilia fiorini da loro, noi non gli abbiamo ... E questa cosa chiamiam noi volgarmente l'andare in corso: per ciò che sì come i corsari tolgono la roba d'ogni uomo, e così facciam noi: se non che di tanto siamo differenti da loro, che eglino mai non la rendono e noi la rendiamo, come adoperata l'abbiamo ... Ora avete, maestro mio da bene, inteso ciò che noi diciamo l'andare in corso; ma quanto questo voglia esser segreto, voi il vi potete vedere, e per ciò più nol vi dico né ve priego ...
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Decameron (pagina 151)
di Giovanni Boccaccio (estratti)
... E venuto il dì che la notte seguente si dovean ragunare, il maestro gli ebbe ammenduni a desinare; e desinato ch'egli ebbero, gli domandò che modo gli conveniva tenere a venire a questa brigata; al quale Buffalmacco disse: “Vedete, maestro, a voi conviene esser molto sicuro, per ciò che, se voi non foste molto sicuro, voi potreste ricevere impedimento e fare a noi grandissimo danno; e quello a che egli vi conviene esser molto sicuro, voi l'udirete ... A voi si convien trovar modo che voi siate stasera in sul primo sonno in su uno di quegli avelli rilevati che poco tempo ha si fecero di fuori a Santa Maria Novella, con una delle vostre più belle robe indosso, acciò che voi per la prima volta compariate orrevole dinanzi alla brigata e sì ancora per ciò che (per quello che detto ne fosse: non vi fummo noi poi), per ciò che voi siete gentile uomo, la contessa intende di farvi cavalier bagnato alle sue spese; e quivi v'aspettate tanto, che per voi venga colui che noi manderemo ... Ella allora soavemente si moverà e recheravvene a noi: ma insino a ora, se voi ricordaste Idio o santi, o aveste paura, vi dich'io che ella vi potrebbe gittare o percuotere in parte che vi putirebbe ... E per ciò, se non vi dà il cuore d'esser ben sicuro, non vi venite, ché voi fareste danno a noi senza fare a voi pro niuno ... In fé di Dio, egli fu tal notte che, non volendone una venir con noi (e era una tristanzuola, ch'è peggio, che non era alta un sommesso) io le diè prima dimolte pugna, poscia, presala di peso, credo che io la portassi presso a una balestrata; e pur convenne, sì feci, che ella ne venisse con noi ...
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Decameron (pagina 152)
di Giovanni Boccaccio (estratti)
... E sentendo il medico costor venire a lui, si fece loro incontro dicendo che Idio desse loro il buon dì; al quale Bruno e Buffalmacco, sì come proposto aveano, risposero con turbato viso: “Questo non diciam noi a voi, anzi preghiamo Idio che vi dea tanti malanni, che voi siate morto a ghiado, sì come il più disleale e il maggior traditor che viva, per ciò che egli non è rimaso per voi, ingegnandoci noi di farvi onore e piacere, che noi non siamo stati morti come cani ... E per la vostra dislealtà abbiamo stanotte avute tante busse, che di meno andrebbe uno asino a Roma: senza che noi siamo stati a pericolo d'essere stati cacciati della compagnia nella quale noi avavamo ordinato di farvi ricevere ...
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Decameron (pagina 160)
di Giovanni Boccaccio (estratti)
... E ecco venire in camiscia il Fortarrigo, il quale per torre i panni, come fatto aveva i denari, veniva: e veggendo l'Angiulieri in concio di cavalcar, disse: “Che è questo, Angiulieri? vogliancene noi andare ancora? Deh aspettati un poco: egli dee venir qui testeso uno che ha pegno il mio farsetto per trentotto soldi: son certo che egli cel renderà per trentacinque pagandol testé ... Il Fortarrigo, non come se l'Angiulieri a lui ma a un altro dicesse, diceva: “Deh, Angiulieri, in buonora lasciamo stare ora costette parole che non montan cavelle; intendiamo a questo: noi il riavrem per trentacinque soldi ricogliendol testé, ché, indugiandosi pure di qui a domane, non ne vorrà meno di trentotto come egli me ne prestò: e fammene questo piacere perché io gli misi a suo senno ... Deh, perché non ci miglioriam noi questi tre soldi?” L'Angiulieri, udendol così parlare, si disperava e massimamente veggendosi guatare a quegli che v'eran da torno, li quali parea che credessero non che il Fortarrigo i denari dell'Angiulieri avesse giucati ma che l'Angiulieri ancora avesse de' suoi; e dicevagli: “Che ho io a fare di tuo farsetto, che appicato sie tu per la gola? ché non solamente m'hai rubato e giucato il mio, ma sopra ciò hai impedita la mia andata, e anche ti fai beffe di me ... ” Il Fortarrigo stava pur fermo come se a lui non dicesse, e diceva: “Deh, perché non mi vuoi tu migliorar qui tre soldi? non credi tu che io te gli possa ancor servire? Deh, fallo, se ti cal di me! perché hai tu questa fretta? Noi giugnerem bene ancora stasera a buonora a Torrenieri ...
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Decameron (pagina 178)
di Giovanni Boccaccio (estratti)
... ” Il re intese prestamente quello che questo miglioramento voleva dire e disse: “In buona fé, danno sarebbe che ancora fosse tolta al mondo sì bella cosa: noi la vogliamo venire a visitare ... ” E con due compagni solamente e con Bernardo nella camera di lei poco appresso se n'andò e, come là entro fu, s'accostò al letto dove la giovane alquanto sollevata con disio l'aspettava e lei per la man prese dicendo: “Madonna, che vuol dir questo? voi siete giovane e dovreste l'altre confortare, e voi vi lasciate aver male? Noi vi vogliam pregare che vi piaccia per amor di noi di confortarvi in maniera che voi siate tosto guerita ... E dopo alquanto il re insieme con la reina chiamata la Lisa, le disse il re: “Valorosa giovane, il grande amor che portato n'avete v'ha grande onore da noi impetrato, del quale noi vogliamo che per amor di noi siate contenta: e l'onore è questo, che, con ciò sia cosa che voi da marito siate, vogliamo che colui prendiate per marito che noi vi daremo, intendendo sempre, non obstante questo, vostro cavaliere appellarci senza più di tanto amor voler da voi che un sol bascio ... A' quali incontanente il re, oltre a molte gioie e care che egli e la reina alla giovane donarono, gli donò Cefalù e Calatabellotta, due bonissime terre e di gran frutto, dicendo: “Queste ti doniam noi per dote della donna: quello che noi vorremo fare a te, tu tel vedrai nel tempo avvenire”; e questo detto, rivolto alla giovane disse: “Ora vogliam noi prender quel frutto che noi del vostro amore aver dobbiamo”; e presole con amenduni le mani il capo le basciò la fronte ...
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Decameron (pagina 183)
di Giovanni Boccaccio (estratti)
... E se noi qui per dover correggere i difetti mondani o pur per riprendergli fossimo, io seguiterei con diffuso sermone le sue parole; ma per ciò che altro è il nostro fine, a me è caduto nell'animo di dimostrarvi, forse con una istoria assai lunga ma piacevol per tutto, una delle magnificenzie del Saladino, acciò che per le cose che nella mia novella udirete, se pienamente l'amicizia d'alcuno non si può per li nostri vizii acquistare, almeno diletto prendiamo del servire, sperando che quando che sia di ciò merito ci debba seguire ... ” “Adunque, “ disse il Saladino “piacciavi d' insegnarne, per ciò che stranier siamo, dove noi possiamo meglio albergare ... ” Il Saladino, il quale accortissimo era, s'avide che questo cavaliere aveva dubitato che essi non avesser tenuto lo 'nvito se, quando gli trovò, invitati gli avesse; per ciò, acciò che negar non potessero d'esser la sera con lui, con ingegno a casa sua gli aveva condotti; e risposto al suo saluto, disse: “Messere, se de' cortesi uomini l'uom si potesse ramaricare, noi ci dorremmo di voi il quale, lasciamo stare del nostro cammino che impedito alquanto avete ma senza altro essere stata da noi la vostra benivolenzia meritata che d'un sol saluto, a prender sì alta cortesia, come la vostra è, n'avete quasi costretti ...
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Decameron (pagina 191)
di Giovanni Boccaccio (estratti)
... Noi, come voi sapete, domane saranno quindici dì, per dovere alcun diporto pigliare a sostentamento della nostra santà e della vita, cessando le malinconie e' dolori e l'angosce, le quali per la nostra città continuamente, poi che questo pistolenzioso tempo incominciò, si veggono, uscimmo di Firenze; il che, secondo il mio giudicio, noi onestamente abbiam fatto, per ciò che, se io ho saputo ben riguardare, quantunque liete novelle e forse attrattive a concupiscenzia dette ci sieno e del continuo mangiato e bevuto bene e sonato e cantato (cose tutte da incitare le deboli menti a cose meno oneste), niuno atto, niuna parola, niuna cosa né dalla vostra parte né dalla nostra ci ho conosciuta da biasimare: continua onestà, continua concordia, continua fraternal dimestichezza mi ci è paruta vedere e sentire; il che senza dubbio in onore e servigio di voi e di me m'è carissimo ... E per ciò, acciò che per troppa lunga consuetudine alcuna cosa che in fastidio si convertisse nascer non ne potesse, e perché alcuno la nostra troppo lunga dimoranza gavillar non potesse, e avendo ciascun di noi la sua giornata avuta la sua parte dell'onore che in me ancora dimora, giudicherei, quando piacer fosse di voi, che convenevole cosa fosse omai il tornarci là onde ci partimmo ... Chi non sa ch'è il vino ottima cosa a' viventi, secondo Cinciglione e Scolaio e assai altri, e a colui che ha la febbre è nocivo? direm noi, per ciò che nuoce a' ...
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La divina commedia (pagina 4)
di Dante Alighieri (estratti)
... Ed elli a me: "Vedrai quando saranno
più presso a noi; e tu allor li priega
per quello amor che i mena, ed ei verranno" ... Sì tosto come il vento a noi li piega,
mossi la voce: "O anime affannate,
venite a noi parlar, s'altri nol niega!" ... Quali colombe dal disio chiamate
con l'ali alzate e ferme al dolce nido
vegnon per l'aere dal voler portate;
cotali uscir de la schiera ov'è Dido,
a noi venendo per l'aere maligno,
sì forte fu l'affettüoso grido ... Amor condusse noi ad una morte ... Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto ... Noi passavam su per l'ombre che adona
la greve pioggia, e ponavam le piante
sovra lor vanità che par persona ... Noi aggirammo a tondo quella strada,
parlando più assai ch'i' non ridico;
venimmo al punto dove si digrada:
quivi trovammo Pluto, il gran nemico ...
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La divina commedia (pagina 5)
di Dante Alighieri (estratti)
... Noi ricidemmo il cerchio a l'altra riva
sovr'una fonte che bolle e riversa
per un fossato che da lei deriva ... L'acqua era buia assai più che persa;
e noi, in compagnia de l'onde bige,
intrammo giù per una via diversa ... VIII Io dico, seguitando, ch'assai prima
che noi fossimo al piè de l'alta torre,
li occhi nostri n'andar suso a la cima
per due fiammette che i vedemmo porre,
e un'altra da lungi render cenno,
tanto ch'a pena il potea l'occhio tòrre ... Corda non pinse mai da sé saetta
che sì corresse via per l'aere snella,
com'io vidi una nave piccioletta
venir per l'acqua verso noi in quella,
sotto 'l governo d'un sol galeoto,
che gridava: "Or se' giunta, anima fella!" ... Mentre noi corravam la morta gora,
dinanzi mi si fece un pien di fango,
e disse: "Chi se' tu che vieni anzi ora?" ... E io: "Maestro, molto sarei vago
di vederlo attuffare in questa broda
prima che noi uscissimo del lago" ... Noi pur giugnemmo dentro a l'alte fosse
che vallan quella terra sconsolata:
le mura mi parean che ferro fosse ...
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La divina commedia (pagina 6)
di Dante Alighieri (estratti)
... "Pur a noi converrà vincer la punga",
cominciò el, "se non ... Poi si rivolse per la strada lorda,
e non fé motto a noi, ma fé sembiante
d'omo cui altra cura stringa e morda
che quella di colui che li è davante;
e noi movemmo i piedi inver' la terra,
sicuri appresso le parole sante ...
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La divina commedia (pagina 8)
di Dante Alighieri (estratti)
... Qual è quella ruina che nel fianco
di qua da Trento l'Adice percosse,
o per tremoto o per sostegno manco,
che da cima del monte, onde si mosse,
al piano è sì la roccia discoscesa,
ch'alcuna via darebbe a chi sù fosse:
cotal di quel burrato era la scesa;
e 'n su la punta de la rotta lacca
l'infamïa di Creti era distesa
che fu concetta ne la falsa vacca;
e quando vide noi, sé stesso morse,
sì come quei cui l'ira dentro fiacca ... Lo mio maestro disse: "La risposta
farem noi a Chirón costà di presso:
mal fu la voglia tua sempre sì tosta" ... Noi ci appressammo a quelle fiere isnelle:
Chirón prese uno strale, e con la cocca
fece la barba in dietro a le mascelle ... Ma per quella virtù per cu' io movo
li passi miei per sì selvaggia strada,
danne un de' tuoi, a cui noi siamo a provo,
e che ne mostri là dove si guada,
e che porti costui in su la groppa,
ché non è spirto che per l'aere vada" ... XIII Non era ancor di là Nesso arrivato,
quando noi ci mettemmo per un bosco
che da neun sentiero era segnato ... Cred'ïo ch'ei credette ch'io credesse
che tante voci uscisser, tra quei bronchi,
da gente che per noi si nascondesse ...
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La divina commedia (pagina 9)
di Dante Alighieri (estratti)
... Noi eravamo ancora al tronco attesi,
credendo ch'altro ne volesse dire,
quando noi fummo d'un romor sorpresi,
similemente a colui che venire
sente 'l porco e la caccia a la sua posta,
ch'ode le bestie, e le frasche stormire ... Ed elli a noi: "O anime che giunte
siete a veder lo strazio disonesto
c'ha le mie fronde sì da me disgiunte,
raccoglietele al piè del tristo cesto ... "Tra tutto l'altro ch'i' t'ho dimostrato,
poscia che noi intrammo per la porta
lo cui sogliare a nessuno è negato,
cosa non fu da li tuoi occhi scorta
notabile com'è 'l presente rio,
che sovra sé tutte fiammelle ammorta" ...
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La divina commedia (pagina 10)
di Dante Alighieri (estratti)
... Già eravam da la selva rimossi
tanto, ch'i' non avrei visto dov'era,
perch'io in dietro rivolto mi fossi,
quando incontrammo d'anime una schiera
che venian lungo l'argine, e ciascuna
ci riguardava come suol da sera
guardare uno altro sotto nuova luna;
e sì ver' noi aguzzavan le ciglia
come 'l vecchio sartor fa ne la cruna ... Venian ver' noi, e ciascuna gridava:
"Sòstati tu ch'a l'abito ne sembri
esser alcun di nostra terra prava" ... Ricominciar, come noi restammo, ei
l'antico verso; e quando a noi fuor giunti,
fenno una rota di sé tutti e trei ... E "Se miseria d'esto loco sollo
rende in dispetto noi e nostri prieghi",
cominciò l'uno, "e 'l tinto aspetto e brollo,
la fama nostra il tuo animo pieghi
a dirne chi tu se', che i vivi piedi
così sicuro per lo 'nferno freghi ...
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La divina commedia (pagina 11)
di Dante Alighieri (estratti)
... "Se lungamente l'anima conduca
le membra tue", rispuose quelli ancora,
"e se la fama tua dopo te luca,
cortesia e valor dì se dimora
ne la nostra città sì come suole,
o se del tutto se n'è gita fora;
ché Guiglielmo Borsiere, il qual si duole
con noi per poco e va là coi compagni,
assai ne cruccia con le sue parole" ... "Se l'altre volte sì poco ti costa",
rispuoser tutti, "il satisfare altrui,
felice te se sì parli a tua posta!
Però, se campi d'esti luoghi bui
e torni a riveder le belle stelle,
quando ti gioverà dicere "I' fui",
fa che di noi a la gente favelle" ... E quando noi a lei venuti semo,
poco più oltre veggio in su la rena
gente seder propinqua al loco scemo ... Io sentia già da la man destra il gorgo
far sotto noi un orribile scroscio,
per che con li occhi 'n giù la testa sporgo ...
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La divina commedia (pagina 12)
di Dante Alighieri (estratti)
... Nel fondo erano ignudi i peccatori;
dal mezzo in qua ci venien verso 'l volto,
di là con noi, ma con passi maggiori,
come i Roman per l'essercito molto,
l'anno del giubileo, su per lo ponte
hanno a passar la gente modo colto,
che da l'un lato tutti hanno la fronte
verso 'l castello e vanno a Santo Pietro,
da l'altra sponda vanno verso 'l monte ... Quando noi fummo là dov'el vaneggia
di sotto per dar passo a li sferzati,
lo duca disse: "Attienti, e fa che feggia
lo viso in te di quest'altri mal nati,
ai quali ancor non vedesti la faccia
però che son con noi insieme andati" ... Del vecchio ponte guardavam la traccia
che venìa verso noi da l'altra banda,
e che la ferza similmente scaccia ...
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La divina commedia (pagina 15)
di Dante Alighieri (estratti)
... Lascisi 'l collo, e sia la ripa scudo,
a veder se tu sol più di noi vali" ... Barbariccia, con li altri suoi dolente,
quattro ne fé volar da l'altra costa
con tutt'i raffi, e assai prestamente
di qua, di là discesero a la posta;
porser li uncini verso li 'mpaniati,
ch'eran già cotti dentro da la crosta;
e noi lasciammo lor così 'mpacciati ... Noi li avem già dietro;
io li 'magino sì, che già li sento" ... S'elli è che sì la destra costa giaccia,
che noi possiam ne l'altra bolgia scendere,
noi fuggirem l'imaginata caccia" ... A pena fuoro i piè suoi giunti al letto
del fondo giù, ch'e' furon in sul colle
sovresso noi; ma non lì era sospetto:
ché l'alta provedenza che lor volle
porre ministri de la fossa quinta,
poder di partirs'indi a tutti tolle ... Oh in etterno faticoso manto!
Noi ci volgemmo ancor pur a man manca
con loro insieme, intenti al tristo pianto;
ma per lo peso quella gente stanca
venìa sì pian, che noi eravam nuovi
di compagnia ad ogne mover d'anca ... E un che 'ntese la parola tosca,
di retro a noi gridò: "Tenete i piedi,
voi che correte sì per l'aura fosca!
Forse ch'avrai da me quel che tu chiedi" ...
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La divina commedia (pagina 16)
di Dante Alighieri (estratti)
... foce
onde noi amendue possiamo uscirci,
sanza costrigner de li angeli neri
che vegnan d'esto fondo a dipartirci" ... Così mi fece sbigottir lo mastro
quand'io li vidi sì turbar la fronte,
e così tosto al mal giunse lo 'mpiastro;
ché, come noi venimmo al guasto ponte,
lo duca a me si volse con quel piglio
dolce ch'io vidi prima a piè del monte ... Non era via da vestito di cappa,
ché noi a pena, ei lieve e io sospinto,
potavam sù montar di chiappa in chiappa ... Noi discendemmo il ponte da la testa
dove s'aggiugne con l'ottava ripa,
e poi mi fu la bolgia manifesta:
e vidivi entro terribile stipa
di serpenti, e di sì diversa mena
che la memoria il sangue ancor mi scipa ... Mentre che sì parlava, ed el trascorse,
e tre spiriti venner sotto noi,
de' quali né io né 'l ...
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La divina commedia (pagina 20)
di Dante Alighieri (estratti)
... "Latin siam noi, che tu vedi sì guasti
qui ambedue", rispuose l'un piangendo;
"ma tu chi se' che di noi dimandasti?" ... "O voi che sanz'alcuna pena siete,
e non so io perché, nel mondo gramo",
diss'elli a noi, "guardate e attendete
a la miseria del maestro Adamo;
io ebbi, vivo, assai di quel ch'i' volli,
e ora, lasso!, un gocciol d'acqua bramo ...
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La divina commedia (pagina 21)
di Dante Alighieri (estratti)
... Noi demmo il dosso al misero vallone
su per la ripa che 'l cinge dintorno,
attraversando sanza alcun sermone ... Poi caramente mi prese per mano
e disse: "Pria che noi siamo più avanti,
acciò che 'l fatto men ti paia strano,
sappi che non son torri, ma giganti,
e son nel pozzo intorno da la ripa
da l'umbilico in giuso tutti quanti" ... Noi procedemmo più avante allotta,
e venimmo ad Anteo, che ben cinque alle,
sanza la testa, uscia fuor de la grotta ... Oh sovra tutte mal creata plebe
che stai nel loco onde parlare è duro,
mei foste state qui pecore o zebe!
Come noi fummo giù nel pozzo scuro
sotto i piè del gigante assai più bassi,
e io mirava ancora a l'alto muro,
dicere udi'mi: "Guarda come passi:
va sì, che tu non calchi con le piante
le teste de' fratei miseri lassi" ... E un ch'avea perduti ambo li orecchi
per la freddura, pur col viso in giùe,
disse: "Perché cotanto in noi ti specchi?
Se vuoi saper chi son cotesti due,
la valle onde Bisenzo si dichina
del padre loro Alberto e di lor fue ...
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La divina commedia (pagina 24)
di Dante Alighieri (estratti)
... Non son li editti etterni per noi guasti,
ché questi vive e Minòs me non lega;
ma son del cerchio ove son li occhi casti
di Marzia tua, che 'n vista ancor ti priega,
o santo petto, che per tua la tegni:
per lo suo amore adunque a noi ti piega ... Noi andavam per lo solingo piano
com'om che torna a la perduta strada,
che 'nfino ad essa li pare ire in vano ... Quando noi fummo là 've la rugiada
pugna col sole, per essere in parte
dove, ad orezza, poco si dirada,
ambo le mani in su l'erbetta sparte
soavemente 'l mio maestro pose:
ond'io, che fui accorto di sua arte,
porsi ver' lui le guance lagrimose;
ivi mi fece tutto discoverto
quel color che l'inferno mi nascose ... Noi eravam lunghesso mare ancora,
come gente che pensa a suo cammino,
che va col cuore e col corpo dimora ... Poi, come più e più verso noi venne
l'uccel divino, più chiaro appariva:
per che l'occhio da presso nol sostenne,
ma chinail giuso; e quei sen venne a riva
con un vasello snelletto e leggero,
tanto che l'acqua nulla ne 'nghiottiva ... Da tutte parti saettava il giorno
lo sol, ch'avea con le saette conte
di mezzo 'l ciel cacciato Capricorno,
quando la nova gente alzò la fronte
ver' noi, dicendo a noi: "Se voi sapete,
mostratene la via di gire al monte" ... E Virgilio rispuose: "Voi credete
forse che siamo esperti d'esto loco;
ma noi siam peregrin come voi siete ...
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La divina commedia (pagina 25)
di Dante Alighieri (estratti)
... Noi eravam tutti fissi e attenti
a le sue note; ed ecco il veglio onesto
gridando: "Che è ciò, spiriti lenti?
qual negligenza, quale stare è questo?
Correte al monte a spogliarvi lo scoglio
ch'esser non lascia a voi Dio manifesto" ... A sofferir tormenti, caldi e geli
simili corpi la Virtù dispone
che, come fa, non vuol ch'a noi si sveli ... Noi divenimmo intanto a piè del monte;
quivi trovammo la roccia sì erta,
che 'ndarno vi sarien le gambe pronte ... E mentre ch'e' tenendo 'l viso basso
essaminava del cammin la mente,
e io mirava suso intorno al sasso,
da man sinistra m'apparì una gente
d'anime, che movieno i piè ver' noi,
e non pareva, sì venïan lente ... IV Quando per dilettanze o ver per doglie,
che alcuna virtù nostra comprenda,
l'anima bene ad essa si raccoglie,
par ch'a nulla potenza più intenda;
e questo è contra quello error che crede
ch'un'anima sovr'altra in noi s'accenda ... Di ciò ebb'io esperïenza vera,
udendo quello spirto e ammirando;
ché ben cinquanta gradi salito era
lo sole, e io non m'era accorto, quando
venimmo ove quell'anime ad una
gridaro a noi: "Qui è vostro dimando" ... Maggiore aperta molte volte impruna
con una forcatella di sue spine
l'uom de la villa quando l'uva imbruna,
che non era la calla onde salìne
lo duca mio, e io appresso, soli,
come da noi la schiera si partìne ... Noi salavam per entro 'l sasso rotto,
e d'ogne lato ne stringea lo stremo,
e piedi e man volea il suol di sotto ... Poi che noi fummo in su l'orlo suppremo
de l'alta ripa, a la scoperta piaggia,
"Maestro mio", diss'io, "che via faremo?" ...
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La divina commedia (pagina 26)
di Dante Alighieri (estratti)
... Ben s'avvide il poeta ch'ïo stava
stupido tutto al carro de la luce,
ove tra noi e Aquilone intrava ... Al suon di lei ciascun di noi si torse,
e vedemmo a mancina un gran petrone,
del qual né io né ei prima s'accorse ... Allor si volse a noi e puose mente,
movendo 'l viso pur su per la coscia,
e disse: "Or va tu sù, che se' valente!" ... E 'ntanto per la costa di traverso
venivan genti innanzi a noi un poco,
cantando "Miserere" a verso a verso ... Quando s'accorser ch'i' non dava loco
per lo mio corpo al trapassar d'i raggi,
mutar lor canto in un "oh!" lungo e roco;
e due di loro, in forma di messaggi,
corsero incontr'a noi e dimandarne:
"Di vostra condizion fatene saggi" ... Vapori accesi non vid'io sì tosto
di prima notte mai fender sereno,
né, sol calando, nuvole d'agosto,
che color non tornasser suso in meno;
e, giunti là, con li altri a noi dier volta
come schiera che scorre sanza freno ... "Questa gente che preme a noi è molta,
e vegnonti a pregar", disse 'l poeta:
"però pur va, e in andando ascolta" ... Guarda s'alcun di noi unqua vedesti,
sì che di lui di là novella porti:
deh, perché vai? deh, perché non t'arresti?
Noi fummo tutti già per forza morti,
e peccatori infino a l'ultima ora;
quivi lume del ciel ne fece accorti,
sì che, pentendo e perdonando, fora
di vita uscimmo a Dio pacificati,
che del disio di sé veder n'accora" ...
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La divina commedia (pagina 27)
di Dante Alighieri (estratti)
... "Noi anderem con questo giorno innanzi",
rispuose, "quanto più potremo omai;
ma 'l fatto è d'altra forma che non stanzi ... Ma vedi là un'anima che, posta
sola soletta, inverso noi riguarda:
quella ne 'nsegnerà la via più tosta" ... Vieni a veder la gente quanto s'ama!
e se nulla di noi pietà ti move,
a vergognar ti vien de la tua fama ... E se licito m'è, o sommo Giove
che fosti in terra per noi crucifisso,
son li giusti occhi tuoi rivolti altrove?
O è preparazion che ne l'abisso
del tuo consiglio fai per alcun bene
in tutto de l'accorger nostro scisso?
Ché le città d'Italia tutte piene
son di tiranni, e un Marcel diventa
ogne villan che parteggiando viene ...
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La divina commedia (pagina 28)
di Dante Alighieri (estratti)
... Ma se tu sai e puoi, alcuno indizio
dà noi per che venir possiam più tosto
là dove purgatorio ha dritto inizio" ... L'un poco sovra noi a star si venne,
e l'altro scese in l'opposita sponda,
sì che la gente in mezzo si contenne ... Ver' me si fece, e io ver' lui mi fei:
giudice Nin gentil, quanto mi piacque
quando ti vidi non esser tra ' rei!
Nullo bel salutar tra noi si tacque;
poi dimandò: "Quant'è che tu venisti
a piè del monte per le lontane acque?" ...
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La divina commedia (pagina 29)
di Dante Alighieri (estratti)
... "Non aver tema", disse il mio segnore;
"fatti sicur, ché noi semo a buon punto;
non stringer, ma rallarga ogne vigore ... Noi ci appressammo, ed eravamo in parte
che là dove pareami prima rotto,
pur come un fesso che muro diparte,
vidi una porta, e tre gradi di sotto
per gire ad essa, di color diversi,
e un portier ch'ancor non facea motto ... E come l'occhio più e più v'apersi,
vidil seder sovra 'l grado sovrano,
tal ne la faccia ch'io non lo soffersi;
e una spada nuda avëa in mano,
che reflettëa i raggi sì ver' noi,
ch'io drizzava spesso il viso in vano ... "Quandunque l'una d'este chiavi falla,
che non si volga dritta per la toppa",
diss'elli a noi, "non s'apre questa calla ... E questo fece i nostri passi scarsi,
tanto che pria lo scemo de la luna
rigiunse al letto suo per ricorcarsi,
che noi fossimo fuor di quella cruna;
ma quando fummo liberi e aperti
sù dove il monte in dietro si rauna,
ïo stancato e amendue ...
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La divina commedia (pagina 30)
di Dante Alighieri (estratti)
... L'angel che venne in terra col decreto
de la molt'anni lagrimata pace,
ch'aperse il ciel del suo lungo divieto,
dinanzi a noi pareva sì verace
quivi intagliato in un atto soave,
che non sembiava imagine che tace ... Colui che mai non vide cosa nova
produsse esto visibile parlare,
novello a noi perché qui non si trova ... Io cominciai: "Maestro, quel ch'io veggio
muovere a noi, non mi sembian persone,
e non so che, sì nel veder vaneggio" ... O superbi cristian, miseri lassi,
che, de la vista de la mente infermi,
fidanza avete ne' retrosi passi,
non v'accorgete voi che noi siam vermi
nati a formar l'angelica farfalla,
che vola a la giustizia sanza schermi?
Di che l'animo vostro in alto galla,
poi siete quasi antomata in difetto,
sì come vermo in cui formazion falla?
Come per sostentar solaio o tetto,
per mensola talvolta una figura
si vede giugner le ginocchia al petto,
la qual fa del non ver vera rancura
nascere 'n chi la vede; così fatti
vid'io color, quando puosi ben cura ... Vegna ver' noi la pace del tuo regno,
ché noi ad essa non potem da noi,
s'ella non vien, con tutto nostro ingegno ... Dà oggi a noi la cotidiana manna,
sanza la qual per questo aspro diserto
a retro va chi più di gir s'affanna ... E come noi lo mal ch'avem sofferto
perdoniamo a ciascuno, e tu perdona
benigno, e non guardar lo nostro merto ... Quest'ultima preghiera, segnor caro,
già non si fa per noi, ché non bisogna,
ma per color che dietro a noi restaro" ... Così a sé e noi buona ramogna
quell'ombre orando, andavan sotto 'l pondo,
simile a quel che tal volta si sogna,
disparmente angosciate tutte a tondo
e lasse su per la prima cornice,
purgando la caligine del mondo ... Se di là sempre ben per noi si dice,
di qua che dire e far per lor si puote
da quei ch'hanno al voler buona radice?
Ben si de' loro atar lavar le note
che portar quinci, sì che, mondi e lievi,
possano uscire a le stellate ruote ... Le lor parole, che rendero a queste
che dette avea colui cu' io seguiva,
non fur da cui venisser manifeste;
ma fu detto: "A man destra per la riva
con noi venite, e troverete il passo
possibile a salir persona viva ...
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La divina commedia (pagina 31)
di Dante Alighieri (estratti)
... Or superbite, e via col viso altero,
figliuoli d'Eva, e non chinate il volto
sì che veggiate il vostro mal sentero!
Più era già per noi del monte vòlto
e del cammin del sole assai più speso
che non stimava l'animo non sciolto,
quando colui che sempre innanzi atteso
andava, cominciò: "Drizza la testa;
non è più tempo di gir sì sospeso ... Vedi colà un angel che s'appresta
per venir verso noi; vedi che torna
dal servigio del dì l'ancella sesta ... A noi venìa la creatura bella,
biancovestito e ne la faccia quale
par tremolando mattutina stella ... Noi volgendo ivi le nostre persone,
"Beati pauperes spiritu!" voci
cantaron sì, che nol diria sermone ... XIII Noi eravamo al sommo de la scala,
dove secondamente si risega
lo monte che salendo altrui dismala ...
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La divina commedia (pagina 32)
di Dante Alighieri (estratti)
... Quanto di qua per un migliaio si conta,
tanto di là eravam noi già iti,
con poco tempo, per la voglia pronta;
e verso noi volar furon sentiti,
non però visti, spiriti parlando
a la mensa d'amor cortesi inviti ... La prima voce che passò volando
"Vinum non habent" altamente disse,
e dietro a noi l'andò reïterando ... Ma ficca li occhi per l'aere ben fiso,
e vedrai gente innanzi a noi sedersi,
e ciascuno è lungo la grotta assiso" ... E poi che fummo un poco più avanti,
udia gridar: "Maria, òra per noi":
gridar "Michele" e "Pietro", e "Tutti santi" ... Ed ella a me: "Chi t'ha dunque condotto
qua sù tra noi, se giù ritornar credi?" ...
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La divina commedia (pagina 33)
di Dante Alighieri (estratti)
... Noi sapavam che quell'anime care
ci sentivano andar; però, tacendo,
facëan noi del cammin confidare ... E i raggi ne ferien per mezzo 'l naso,
perché per noi girato era sì 'l monte,
che già dritti andavamo inver' l'occaso,
quand'io senti' a me gravar la fronte
a lo splendore assai più che di prima,
e stupor m'eran le cose non conte;
ond'io levai le mani inver' la cima
de le mie ciglia, e fecimi 'l solecchio,
che del soverchio visibile lima ... "Che è quel, dolce padre, a che non posso
schermar lo viso tanto che mi vaglia",
diss'io, "e pare inver' noi esser mosso?" ... Noi montavam, già partiti di linci,
e "Beati misericordes!" fue
cantato retro, e "Godi tu che vinci!" ... Ivi mi parve in una visïone
estatica di sùbito esser tratto,
e vedere in un tempio più persone;
e una donna, in su l'entrar, con atto
dolce di madre dicer: "Figliuol mio,
perché hai tu così verso noi fatto?
Ecco, dolenti, lo tuo padre e io
ti cercavamo" ... E 'l segnor mi parea, benigno e mite,
risponder lei con viso temperato:
"Che farem noi a chi mal ne disira,
se quei che ci ama è per noi condannato?",
Poi vidi genti accese in foco d'ira
con pietre un giovinetto ancider, forte
gridando a sé pur: "Martira, martira!" ...
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La divina commedia (pagina 35)
di Dante Alighieri (estratti)
... Sì fa con noi, come l'uom si fa sego;
ché quale aspetta prego e l'uopo vede,
malignamente già si mette al nego ... Già eran sovra noi tanto levati
li ultimi raggi che la notte segue,
che le stelle apparivan da più lati ... Noi eravam dove più non saliva
la scala sù, ed eravamo affissi,
pur come nave ch'a la piaggia arriva ... L'amor ch'ad esso troppo s'abbandona,
di sovr'a noi si piange per tre cerchi;
ma come tripartito si ragiona,
tacciolo, acciò che tu per te ne cerchi" ... "Le tue parole e 'l mio seguace ingegno",
rispuos'io lui, "m'hanno amor discoverto,
ma ciò m'ha fatto di dubbiar più pregno;
ché, s'amore è di fuori a noi offerto
e l'anima non va con altro piede,
se dritta o torta va, non è suo merto" ... La luna, quasi a mezza notte tarda,
facea le stelle a noi parer più rade,
fatta com'un secchion che tuttor arda;
e correa contro 'l ciel per quelle strade
che 'l sole infiamma allor che quel da Roma
tra ' Sardi e ' Corsi il vede quando cade ... Ma questa sonnolenza mi fu tolta
subitamente da gente che dopo
le nostre spalle a noi era già volta ... Tosto fur sovr'a noi, perché correndo
si movea tutta quella turba magna;
e due dinanzi gridavan piangendo:
"Maria corse con fretta a la montagna;
e Cesare, per soggiogare Ilerda,
punse Marsilia e poi corse in Ispagna" ... Parole furon queste del mio duca;
e un di quelli spirti disse: "Vieni
di retro a noi, e troverai la ...
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La divina commedia (pagina 36)
di Dante Alighieri (estratti)
... Noi siam di voglia a muoverci sì pieni,
che restar non potem; però perdona,
se villania nostra giustizia tieni ... Io non so se più disse o s'ei si tacque,
tant'era già di là da noi trascorso;
ma questo intesi, e ritener mi piacque ... Poi quando fuor da noi tanto divise
quell'ombre, che veder più non potiersi,
novo pensiero dentro a me si mise,
del qual più altri nacquero e diversi;
e tanto d'uno in altro vaneggiai,
che li occhi per vaghezza ricopersi,
e 'l pensamento in sogno trasmutai ... "Vedesti", disse, "quell'antica strega
che sola sovr'a noi omai si piagne;
vedesti come l'uom da lei si slega ... "O eletti di Dio, li cui soffriri
e giustizia e speranza fa men duri,
drizzate noi verso li alti saliri" ... Così pregò 'l poeta, e sì risposto
poco dinanzi a noi ne fu; per ch'io
nel parlare avvisai l'altro nascosto,
e volsi li occhi a li occhi al segnor mio:
ond'elli m'assentì con lieto cenno
ciò che chiedea la vista del disio ... Maladetta sie tu, antica lupa,
che più che tutte l'altre bestie hai preda
per la tua fame sanza fine cupa!
O ciel, nel cui girar par che si creda
le condizion di qua giù trasmutarsi,
quando verrà per cui questa disceda?
Noi andavam con passi lenti e scarsi,
e io attento a l'ombre, ch'i' sentia
pietosamente piangere e lagnarsi;
e per ventura udi' "Dolce Maria!"
dinanzi a noi chiamar così nel pianto
come fa donna che in parturir sia;
e seguitar: "Povera fosti tanto,
quanto veder si può per quello ospizio
dove sponesti il tuo portato santo" ...
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La divina commedia (pagina 40)
di Dante Alighieri (estratti)
... Qual esce alcuna volta di gualoppo
lo cavalier di schiera che cavalchi,
e va per farsi onor del primo intoppo,
tal si partì da noi con maggior valchi;
e io rimasi in via con esso i due
che fuor del mondo sì gran marescalchi ... E quando innanzi a noi intrato fue,
che li occhi miei si fero a lui seguaci,
come la mente a le parole sue,
parvermi i rami gravidi e vivaci
d'un altro pomo, e non molto lontani
per esser pur allora vòlto in laci ... Poi si partì sì come ricreduta;
e noi venimmo al grande arbore adesso,
che tanti prieghi e lagrime rifiuta ... XXV Ora era onde 'l salir non volea storpio;
ché 'l sole avëa il cerchio di merigge
lasciato al Tauro e la notte a lo Scorpio:
per che, come fa l'uom che non s'affigge
ma vassi a la via sua, che che li appaia,
se di bisogno stimolo il trafigge,
così intrammo noi per la callaia,
uno innanzi altro prendendo la scala
che per artezza i salitor dispaia ... Quindi parliamo e quindi ridiam noi;
quindi facciam le lagrime e ' sospiri
che per lo monte aver sentiti puoi ... E già venuto a l'ultima tortura
s'era per noi, e vòlto a la man destra,
ed eravamo attenti ad altra cura ...
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La divina commedia (pagina 41)
di Dante Alighieri (estratti)
... Non altrimenti stupido si turba
lo montanaro, e rimirando ammuta,
quando rozzo e salvatico s'inurba,
che ciascun'ombra fece in sua paruta;
ma poi che furon di stupore scarche,
lo qual ne li alti cuor tosto s'attuta,
"Beato te, che de le nostre marche",
ricominciò colei che pria m'inchiese,
"per morir meglio, esperïenza imbarche!
La gente che non vien con noi, offese
di ciò per che già Cesar, trïunfando,
"Regina" contra sé chiamar s'intese:
però si parton "Soddoma" gridando,
rimproverando a sé com'hai udito,
e aiutan l'arsura vergognando ... Nostro peccato fu ermafrodito;
ma perché non servammo umana legge,
seguendo come bestie l'appetito,
in obbrobrio di noi, per noi si legge,
quando partinci, il nome di colei
che s'imbestiò ne le 'mbestiate schegge ... Or se tu hai sì ampio privilegio,
che licito ti sia l'andare al chiostro
nel quale è Cristo abate del collegio,
falli per me un dir d'un paternostro,
quanto bisogna a noi di questo mondo,
dove poter peccar non è più nostro" ... Poscia "Più non si va, se pria non morde,
anime sante, il foco: intrate in esso,
e al cantar di là non siate sorde",
ci disse come noi li fummo presso;
per ch'io divenni tal, quando lo 'ntesi,
qual è colui che ne la fossa è messo ... Guidavaci una voce che cantava
di là; e noi, attenti pur a ...
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La divina commedia (pagina 49)
di Dante Alighieri (estratti)
... Nasce per quello, a guisa di rampollo,
a piè del vero il dubbio; ed è natura
ch'al sommo pinge noi di collo in collo ... E se la stella si cambiò e rise,
qual mi fec'io che pur da mia natura
trasmutabile son per tutte guise!
Come 'n peschiera ch'è tranquilla e pura
traggonsi i pesci a ciò che vien di fori
per modo che lo stimin lor pastura,
sì vid'io ben più di mille splendori
trarsi ver' noi, e in ciascuna s'udia:
"Ecco chi crescerà li nostri amori" ... E sì come ciascuno a noi venìa,
vedeasi l'ombra piena di letizia
nel folg¢r chiaro che di lei uscia ... "O bene nato a cui veder li troni
del trïunfo etternal concede grazia
prima che la milizia s'abbandoni,
del lume che per tutto il ciel si spazia
noi semo accesi; e però, se disii
di noi chiarirti, a tuo piacer ti sazia" ...
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La divina commedia (pagina 53)
di Dante Alighieri (estratti)
... Io vidi più folg¢r vivi e vincenti
far di noi centro e di sé far corona,
più dolci in voce che in vista lucenti:
così cinger la figlia di Latona
vedem talvolta, quando l'aere è pregno,
sì che ritenga il fil che fa la zona ... Poi, sì cantando, quelli ardenti soli
si fuor girati intorno a noi tre volte,
come stelle vicine a' fermi poli,
donne mi parver, non da ballo sciolte,
ma che s'arrestin tacite, ascoltando
fin che le nove note hanno ricolte ... La quinta luce, ch'è tra noi più bella,
spira di tal amor, che tutto 'l mondo
là giù ne gola di saper novella:
entro v'è l'alta mente u' sì profondo
saver fu messo, che, se 'l vero è vero,
a veder tanto non surse il secondo ...
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La divina commedia (pagina 66)
di Dante Alighieri (estratti)
... XXX Forse semilia miglia di lontano
ci ferve l'ora sesta, e questo mondo
china già l'ombra quasi al letto piano,
quando 'l mezzo del cielo, a noi profondo,
comincia a farsi tal, ch'alcuna stella
perde il parere infino a questo fondo;
e come vien la chiarissima ancella
del sol più oltre, così 'l ciel si chiude
di vista in vista infino a la più bella ... La bellezza ch'io vidi si trasmoda
non pur di là da noi, ma certo io credo
che solo il suo fattor tutta la goda ... Cotal qual io lascio a maggior bando
che quel de la mia tuba, che deduce
l'ardüa sua matera terminando,
con atto e voce di spedito duce
ricominciò: "Noi siamo usciti fore
del maggior corpo al ciel ch'è pura luce:
luce intellettüal, piena d'amore;
amor di vero ben, pien di letizia;
letizia che trascende ogne dolzore ... E come clivo in acqua di suo imo
si specchia, quasi per vedersi addorno,
quando è nel verde e ne' fioretti opimo,
sì, soprastando al lume intorno intorno,
vidi specchiarsi in più di mille soglie
quanto di noi là sù fatto ...
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Fermo e Lucia (pagina 2)
di Alessandro Manzoni (estratti)
... » «Non lo posso negare:» rispose il curato col tuono d'un uomo convinto d'una trista azione; e soggiunse tosto: «io non c'entro: fanno gli aggiustamenti fra di loro, vengono da noi, noi siamo i servitori del pubblico ... » «Orsù» interruppe ancora il bravo che pareva avesse giurato di non lasciargli compire un periodo, «se la cosa andasse a ciarle, ella ne avrebbe più di noi: ma noi non sappiamo nè vogliamo sapere altro: era nostro dovere d'avvisarla e l'abbiamo fatto ... » «Zitto, zitto,» ripigliò quell'altro, «il signor Curato sa che noi siamo galantuomini, e non vogliamo fargli del male, se egli opererà da galantuomo ...
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Fermo e Lucia (pagina 11)
di Alessandro Manzoni (estratti)
... Partito Fra' Canziano: «tutte quelle noci!» gridò Agnese; «in questi anni di miseria! e per noi che rimarrà? sei fuor di te per la disgrazia» ... – Tutti così: siete fatti tutti così: andava dicendo fra sè: oggi me lo sento dire per la seconda volta: siam fatti così: come siamo dunque fatti noi poverelli? che cosa pretendo io da costoro? andava forse a domandare la carità? Pretendo la giustizia, per bacco, (ommettendo molte altre più che esclamazioni, perchè Fermo non aveva mai tanto sagrato in tutta la sua vita, come fece in quel giorno) ... «Domani», disse Lucia, «il Padre Galdino verrà sicuramente, e vedrete che troverà qualche rimedio che noi poveretti non sappiamo nemmeno immaginare ... Ma il buon Padre Galdino si volgeva a quelli che apparivano più estenuati, più avviliti, e diceva loro in aria di compassione: «andate al convento, fratello; finchè ci sarà un tozzo per noi, lo divideremo ...
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Fermo e Lucia (pagina 15)
di Alessandro Manzoni (estratti)
... Ma frattanto che noi siamo stati a raccontare i fatti del Padre Cristoforo, egli è giunto, si è affacciato alla porta; e le donne lasciando il manico dell'aspo che facevano girare e stridere, si sono alzate, dicendo ad una voce: «Oh Padre guardiano!» cap ... E intanto? e poi? e poi? E chi sa se non sarei contraddetto da alcuni dei nostri? costui fa il protettore dei cappuccini, l'amico del convento: e i suoi bravi si sono ricoverati talvolta da noi ... Oh poveretti noi! Oh che tempi! Quando io credeva che facendomi cappuccino sarei fuori di questo mondo infame! Eh non se ne va fuori che quando si muore ...
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Fermo e Lucia (pagina 63)
di Alessandro Manzoni (estratti)
... Noi torneremo indietro con la buona donna verso le nostre montagne, lasciando andare lo sciagurato Egidio al suo viaggio ... «Ohibò, buona donna,» disse pacatamente il frate: «che c'entra colui? non chiamatelo qui fra di noi, che poniamo ogni cura per tenerlo lontano ... » «Oh Santa Maria!» rispose Agnese con quella riconoscenza mista di stizza che fa nascere una offerta dove si trovi più di buona volontà che di convenienza: «chi ho da far chiamare, se non conosco nessuno: quegli sapeva tutti i fatti miei, mi dava tutti i pareri, aveva amore per noi poveretti ... «Quando avrà terminato il quaresimale, cioè a Pasqua, aspetterà un'altra obbedienza per sapere se deve restar là dove è andato, o tornar qui, o portarsi ad un altro luogo dove comanderanno i superiori: perchè, vedete, noi abbiamo conventi in tutte le quattro parti del mondo ... » «Certo, che con l'amparo del signor Zio noi potremmo aver soddisfazione di qualunque offesa: ma intanto gl'impegni nascerebbero, e il Signor Zio che ha tanta bontà di cuore, avrebbe disturbi ad ogni momento per causa nostra ...
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Fermo e Lucia (pagina 68)
di Alessandro Manzoni (estratti)
... Noi però, trovando descritti dal Ripamonti gli ultimi casi di questa sventurata, stimiamo che monti il pregio d'interrompere un momento la narrazione principale, per accennarli ... Ci sembra anzi una specie di dovere per noi, quando abbiamo raccontati i delitti, di non tacere il pentimento, di non tacere che l'orrore a noi così facilmente ispirato da quelli, la religione ha potuto ispirarlo ancor più forte e più profondo all'anima stessa, che gli aveva acconsentiti e commessi ... Siccome egli non vi pone alcuna data, così non possiam dire di quanto sieno posteriori alle cose già da noi narrate ...
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Fermo e Lucia (pagina 71)
di Alessandro Manzoni (estratti)
... Quei lettori i quali vorrebbero che in una storia anche le insidie fossero fatte perfettamente, se la prenderebbero coll'inventore: ma questa critica non può aver luogo perchè noi raccontiamo una storia quale è avvenuta ... Levò ella allora un altro grido, ma la stessa manaccia tornò in furia con lo stesso fazzoletto, e il padrone di quella manaccia disse nello stesso momento: «Facciamo i nostri patti: noi non vi faremo male, non vi toccheremo, ma voi non cercherete nè di fuggire nè di gridare: già è inutile, ma pure se voleste tentarlo, noi siamo qui, amici o nemici, come vorrete ... Venite con noi di buona voglia ... » «Pensieri tristi,» replicò quello dal fazzoletto: «voi ci volete far malinconia, e noi vi conduciamo a stare allegra ... E sforzandosi d'esser garbato aggiunse: «già siamo vicini: parlerete con chi può comandare: noi siamo servitori che facciamo il nostro dovere: è inutile che ci diciate le vostre ragioni ... «Non possiamo,» ripetè il capo; «ma non abbiate paura, fatevi animo; già non vi conduciamo in un deserto: state tranquilla: se volete parlare noi vi risponderemo; se volete tacere, noi non parleremo: non temete, nessuno vi toccherà»; e così dicendo si ristringeva contra la carrozza lasciando più spazio a Lucia perchè stesse meno disagiata, perchè non fosse oppressa da una vicinanza ch'egli stesso sentiva in quel momento quanto dovesse essere incomoda e ributtante ...
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Fermo e Lucia (pagina 94)
di Alessandro Manzoni (estratti)
... Come! al soldato che riceve pochi soldi di paga, che combatte per una causa che non conosce non è lecito dire: ho voluto salvare la vita! non è lecito, è turpe; supporre ch'egli lo possa pensare, è una ingiuria e non una scusa! e sarà scusa per noi! Dio buono, per noi che predichiamo le parole della vita, che rimproveriamo ai fedeli il loro attacco alle cose terrene, che facciam loro vergogna, che gli chiamiamo ciechi perchè non sentono il valore della promessa, o perchè operano come se non lo avessero compreso! Che più? per questa stessa vita del tempo, la Chiesa non ha ella pensato a voi? non vi nutrisce ella della sostanza dei poveri? non vi munisce di riverenza e d'ossequio? non vi copre ella d'un abito, che prima pure che si sieno vedute le vostre opere vi attrae la venerazione, perchè vi segna come un uomo trascelto, come uno di quegli che non hanno altra professione che di fare il bene? E perchè vi distingue ella così, se non a fine che possiate farlo? QUEGLI da cui abbiamo la missione e l'esempio, il precetto e la forza di eseguirlo, quando venne su la terra ad illuminare i ciechi, a congregare i dispersi, ad evangelizzare i poveri, a curar quelli che hanno il cuore spezzato, a ben fare, a salvare, pose Egli per condizione di aver salva la vita?» Don Abbondio teneva bassi gli occhi, il capo, le mani; il suo spirito si dibatteva tra quelli argomenti, come un pulcino negli artigli del falco che lo tengono elevato in una regione sconosciuta, in un'aria che non ha mai respirato ... Dobbiamo ripetere dagli altri quello che forse non sapremmo dare noi; dobbiamo riprendere altrui, e sa Dio quello che avremmo fatto noi nel caso stesso ...
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Fermo e Lucia (pagina 99)
di Alessandro Manzoni (estratti)
... Noi profittiamo di questa contentezza dei nostri personaggi d'antica e di nuova conoscenza, e prendiamo questo momento, in cui anche la buona ed infelice Lucia trova un po' di riposo in una qualunque conformità tra la sua situazione e lo stato dell'animo suo, per lasciarla con la sua nuova compagnia, e parlare d'altri fatti indispensabili alla integrità della storia ... Che se qualche lettore osasse dire che noi ve lo abbiamo trattenuto troppo a lungo, osasse confessare d'aver provato un momento di noja, bisognerebbe concluderne delle due cose l'una: o che noi raccontiamo in modo da annojare anche con una materia interessante; o che questo lettore ha un animo ineducato al bello morale, avverso al decente, al buono, istupidito nelle basse voglie, curvo all'istinto irrazionale ... «E perchè» diss'egli, «non gli accoglieremo noi gentilmente come si conviene con ospiti?» Quindi dette alcune parole di insegnamento e di salute ai popolani che non avendo avuto viaggio da fare avevano i primi occupata tutta la chiesa, propose loro che facessero gli onori di casa, e cedessero il luogo a quegli estranei che erano venuti da lontano per sentire un vescovo ...
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Fermo e Lucia (pagina 120)
di Alessandro Manzoni (estratti)
... Per me, ho testimonj che tutta la giornata di jeri, e tutta la mattina d'oggi me ne sono stato chiuso in casa: e poi, si sa che noi altri mercanti siamo nemici dei torbidi ... » «Ma per noi foresi non si farà niente?» domandò un altro: «i milanesi a buon conto hanno il pane a buon mercato: e noi, povera gente?» «Sarà quel che Dio vorrà,» disse il mercante, vuotando l'ultimo bicchiere, ed asciugandosi la barba col mantile ... Se noi inventassimo ora una storia a bel diletto, ricordevoli dell'acuto e profondo precetto del Venosino, ci guarderemmo bene dal riunire due immagini così disparate come quelle che si associavano nella mente di Fermo; ma noi trascriviamo una storia veridica; e le cose reali non sono ordinate con quella scelta, nè temperate con quella armonia che sono proprie del buongusto; la natura, e la bella natura, sono due cose diverse ...
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Fermo e Lucia (pagina 136)
di Alessandro Manzoni (estratti)
... Uno di quei casi però parve ai contemporanei degno d'esser tramandato ai posteri; e in servizio di quei posteri che forse non l'avessero mai inteso, lo racconteremo di nuovo anche noi ... Da avvenimenti di questa sorte si trae troppo spesso una conseguenza falsa e perniciosa: che è pazzia far del bene a noi uomini ... Far del bene è sapienza; la pazzia è proporsi per fine o per premio la nostra riconoscenza, e la lode che noi diamo e ritogliamo a capriccio, come un ragazzo il suo balocco ...
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Fermo e Lucia (pagina 138)
di Alessandro Manzoni (estratti)
... Quando ora si considera quali cose fossero a quei tempi tenute generalmente per vere, con che fronte sicura sostenute, e predicate, con che fiducia applicate ai casi, e alle deliberazioni della vita, si prova facilmente per gli uomini di quella generazione una compassione mista di sprezzo e di rabbia, e una certa compiacenza di noi stessi; non si può a meno di non pensare che se uno di noi avesse potuto trovarsi in quella età con le idee presenti, sarebbe stato in molte cose l'uomo il più illuminato, e nello stesso tempo il bersaglio di tutte le contraddizioni ... E se anche noi ora viventi tenessimo per verissime cose che sieno per dar molto da ridere alle età venture? cose da far dire un giorno: pare impossibile che quei nostri vecchj con tanta pretensione di coltura fossero incocciati di errori tanto marchiani ... E perchè no? Guardandoci indietro, noi troviamo in ogni tempo una persuasione generale, quasi unanime d'idee la cui falsità è per noi manifesta; vediamo queste idee ammesse senza dibattimento, affermate senza prove, anzi adoperate alla giornata a provarne altre, dominanti in somma per una, due, più generazioni; divenute poi il ludibrio delle generazioni susseguenti ... Si direbbe: nel tal secolo il negare la tal cosa che ora nessuno vorrebbe affermare, vi avrebbe fatto mandare ai pazzerelli; nel tal altro l'affermare la tal altra che ora nessuno vorrebbe porre in dubbio vi avrebbe fatto andar prigione; in quello, la tal proposizione vi avrebbe fatto perdere ogni credito, in quell'altro, era appena lecito avventurarla al tale grand'uomo, e con molta precauzione, con aria dubitativa, aggiungendovi per correzione la tal altra cosa, che ora per noi e fin d'allora era forse per lui stesso una sciocchezza badiale ... Talvolta però ne troviamo alcuni, ma o non ascoltati, o derisi, o trattati seriamente male: cosa che ci fa strabiliare, vedendo noi ora quanto fossero ragionevoli, come esprimessero verità le più ovvie, anzi tanto ovvie che l'annunziarle ora con importanza farebbe ridere per un altro verso ... Si sarebbe detto ch'elle non fossero mai state così forti, così inconcusse come in quel momento: ma noi posteri che vediamo la cosa finita, possiamo giudicare che forza era quella ...
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Fermo e Lucia (pagina 153)
di Alessandro Manzoni (estratti)
... «Ah ah! vedi tu se noi sappiamo proteggere i galantuomini,» disse a Fermo quel monatto: «val più uno di noi che cento di quei poltroni ... Fai bene d'ungere questa canaglia: ungili, estirpali costoro che non son buoni a qualche cosa che morti, o birboni; che hanno bisogno di noi, e ci maledicono, e vanno dicendo che, finita la moria, ci vogliono fare impiccar tutti ... Hanno a finire prima essi che la moria; e rimarremo noi soli a gavazzare in Milano ... » e così dicendo prese il fiasco dalle mani di quell'altro; e prima di bere, si volse a Fermo, gli affissò gli occhi in faccia con un'aria di pietà sprezzante, e gli disse: «Convien credere che il diavoli col quale tu hai fatto il patto, sia ben giovane, ben dappoco, poichè se non eravamo noi a salvarti, egli ti dava un bell'ajuto ...
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Fermo e Lucia (pagina 158)
di Alessandro Manzoni (estratti)
... «Diamo adunque», diceva egli, «un ultimo sguardo a questo luogo di miserie e di misericordia, pensando quanti vi sono entrati, quanti ne sono stati tratti fuora per la fossa, quanti vi rimangono, quanto pochi al paragone siam noi, che ne usciamo non illesi, ma salvi, ma colla voce da lodarne Iddio ... L'anima nostra ha guadato il torrente; l'anima nostra ha guadate le acque soverchiatrici: benedetto il Signore! Benedetto nella giustizia, benedetto nella misericordia, benedetto nella morte, benedetto nella salvezza, benedetto nel discernimento ch'Egli ha fatto di noi in questo sì vasto, sì smisurato eccidio! Ah possa essere questo un discernimento di clemenza! possa la nostra condotta da questo momento esserne un indizio manifesto! Attraversando questo mare di guaj, diamo uno sguardo di pietà, e di conforto, a quegli che si dibattono tuttavia con la tempesta, e dei quali, ah quanto pochi, potranno come noi afferrare un porto terreno ... Ci vedano uscirne, rendendo grazie per noi, ed elevando preghiere per essi! Attraversando la città già sì popolosa, noi scarsa restituzione dell'immenso tributo ch'essa mandò in questo luogo, mostriamo agli scarsi suoi abitatori un popolo scemato sì, ma rigenerato ...
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Fior di passione (pagina 3)
di Matilde Serao (estratti)
... Egli ci affida il suo nome e il suo cuore: egli ci dà la sua fede e la sua libertà: egli si lega a un vincolo indissolubile: egli si mette a lavorare per noi e per i nostri figli, umilmente e gloriosamente ... Noi siamo la sua consolazione e la sua gloria: noi rappresentiamo per lui le più dolci e più sicure soddisfazioni: la sua giornata passa nel desiderio di ritrovarci, di vederci: le sue ore più care sono nella casa, nelle nostre braccia ... --Che ne sapete, voi? Noi sole donne conosciamo chi ci ama ...
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Fior di passione (pagina 11)
di Matilde Serao (estratti)
... Quest'Alfonsina ci veniva, ma non le piaceva fare il chiasso: noi la chiamavamo la sentimentale, come usa nella borghesia meridionale, specialmente in provincia, per indicare una fanciulla malinconica ... Noi reggevamo il moccolo gaiamente, ma anch'essi lo reggevano a noi ...
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Fior di passione (pagina 18)
di Matilde Serao (estratti)
... Sono venuta qui per sapere tutto quello che hai fatto da luglio che noi non ci vediamo, come ti sei divertita, come ti sei annoiata, quello che hai detto, quello che hai pensato,--una storia lunga, lunga, lunga, come quelle che chieggono i bambini ... --Dunque tutti i sacrificii debbo farli io? Noi donne non saremo sempre che l'esempio dell'abnegazione? Noi ad amare, noi a sopportare i fastidii, noi a scusare le ridicolaggini del marito, noi a lusingarci che ci ami ancora, noi ad offrirgli dei prestiti per la sua indifferenza! È troppo, è troppo, la misura soverchia! Giovannina si era riscaldata poco a poco, come se nessuno l'ascoltasse, come se facesse un discorso con sè stessa ... E un brutto giorno, sapete di che ci accorgiamo noi? Sapete la paurosa scoperta che facciamo? Noi scopriamo di non amare più! --Oh! fece ...
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Fior di passione (pagina 24)
di Matilde Serao (estratti)
... Io pregava il Dio in cui egli credeva: noi ci effondevamo nei tranquilli trasporti dello stesso amore divino ... Noi ci amiamo perchè amiamo le stesse cose; i cieli sbiancati delle notti autunnali, le acque d'acciaio dei laghi che tremolano sotto il puro raggio della luna, i marmi bigi delle chiese, i pavimenti freddi e duri dove le ginocchia si martoriano ... Noi ci amiamo nelle lagrime gelide che quietano i nervi e smorzano l'ardore delle guance, nei sorrisi lenti e placidi che si rivolgono a un punto indefinito, nei poeti celestiali come Chateaubriand, Lamartine, Manzoni, nel distacco tranquillo da ogni contatto terreno, nelle aspirazioni al più alto, al sempre più alto ... Noi abbiamo le medesime folli e ammalate inclinazioni per i fiori rossi del papavero, per le cose cupe e tragiche, per i tramonti incendiati, per le albe sanguigne, per gli azzurri oltremarini, per le maremme pestilenziali sotto il sole, per i profumi violenti, per l'oro intarsiato che pare scorrere, fluido, liquido, sul fondo nero della lacca, per i grilli sfiniti che muoiono d'amore nel solco fumicante, per le farfalle nere che si abbruciano intorno al lume ... Noi comprendiamo che per una sola cosa viviamo, ed è l'amore; che per una sola cosa moriremo, ed è l'amore ... Noi non crediamo alle lettere d'amore ... Quando, in un momento di ribellione disperata, gli domando: Perchè mi vuoi bene, dunque? Egli esita, si conturba, mi risponde: Chissà! Non so: noi non sappiamo nulla ...
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Fior di passione (pagina 27)
di Matilde Serao (estratti)
... --Se noi facessimo colazione?--domandò a un tratto la signora ... Solo i matti come noi vanno in giro ... Noi ci amiamo, noi siamo due esseri colpevoli e felici, in procinto di fare una tragica colazione, mangiando la costoletta del disonore e bevendo il vino del tradimento ... --Signora, noi rotoliamo in un abisso ... Noi diventiamo borghesi ... --Signora Lucia, noi non dovremmo mangiare ... Ma infine noi saremo di quelli che mangiano per rabbia ...
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Giambi ed Epodi (pagina 9)
di Giosuè Carducci (estratti)
... Farem gala a quel teatro noi borbonica tregenda: Da quel palco (Iddio ti salvi!) muove, o re, la tua leggenda ... Ma, poi che noi rinnovelliamo Augusto, Odi, Sangallo: fammi tu un lavoro Degno di Roma, degno del tuo gusto, E del ponteficato nostro d'oro ... Noi troppo odiammo e sofferimmo ...
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I nuovi tartufi (pagina 2)
di Francesco Domenico Guerrazzi (estratti)
... —Ora devi sapere, Gualberto, che vive una generazione di uomini, che io chiamerò gli Svelti, i quali noi trovammo nel mondo, e ce li lasceremo ... A tanto di bassezza eravamo venuti noi altri Italiani, che famosi un giorno nelle arti di reggere i popoli, ormai non sapessimo più come governare noi stessi! Questi sistemi che intendono a fabbricare gli uomini come i mattoni, non credo che possano riuscire tra noi ... Di quale educazione abbiamo mestiero noi altri Italiani adesso? Io te lo dirò, sia pure per fruttarmene taccia di uomo arabico o peggio: noi abbisogniamo di riuscire feroci: gioventù feroce, Indomita, superba, e di una madre ... —E poi non è vero che noi ci rimanessimo ai soli studi latini, ma al punto stesso, le greche e le italiane lettere apprendevamo, e non superficialmente, sibbene come conveniva a tanto studio; e lasciando in disparte il greco, attorno al quale poco felicemente mi esercitai, con infinita industria gli egregi maestri m'istruirono nelle più riposte ragioni della ...
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I nuovi tartufi (pagina 7)
di Francesco Domenico Guerrazzi (estratti)
... Noi vi ponemmo sopra un cammino ove nulla è tanto alto che a voi non sia dato sperare, nulla tanto sublime che non vi sia dato conseguire ... Adesso, figliuolo mio, vuoi tu sapere chi vinse Napoleone, chi fece capitare male lo smisurato suo concetto del blocco continentale? Noi altri tarli ... —Ridi? A torto ridi; chè molto minore cosa che non siamo noi muove guerra alle città, e distrugge gli Dei ... Noi mercadanti, noi banchieri, noi contrabbandieri, noi imperatori del metallo coniato, a cui si curvano i re, fanno di cappello gl'imperatori, sorridono i papi,—e ce ne vantiamo;—noi potenza lenta, implacata, implacabile, invincibile, e impalpabile, solleviamo e precipitiamo chi meglio ci torna ...
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Il benefattore (pagina 4)
di Luigi Capuana (estratti)
... Se c'è chi può lagnarsi, siamo noi proprietari che ci abbiamo visto mancare le braccia dei contadini, e abbiamo dovuto pagarli come li paga lui ... Siamo curiosi noi! Don Liddu, per esempio, si è ingrassato a spese dell'inglese tre anni ... E poichè il Sindaco tornava a ripetere una delle frasi del suo discorsetto anticipatamente preparato per non impappinarsi, Miss Elsa, disse: —Certamente; vogliamo diventare siciliane anche noi, come il babbo che si è abbronzato al sole di questa incantevole isola, e fin ne parla il dialetto; e cittadine di Settefonti, come ella dice, perchè ormai la nostra vita è legata a questa impresa del babbo, e noi siamo liete che sia così! Dalla commozione che rendeva un po' tremula la voce, dal sorriso che le scintillava su le labbra e negli occhi, si scorgeva benissimo che la bionda signorina parlava sinceramente ... —Qui le autorità! Noi, dottore, nell'altro legno ... —Ora che noi siamo qui? —Tu hai detto:—Qui saremo felici!—E le tue parole mi hanno turbato ...
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Il benefattore (pagina 9)
di Luigi Capuana (estratti)
... —Su questo punto, noi inglesi—continuò miss Elsa ... Mi sembra che il contadino siciliano, rozzo e superstizioso, sia più vicino alla verità che non noi con la nostra credenza riflessiva ... La magnificenza delle vostre feste, quasi teatrale, non mi ispira la repulsione d'una volta; mi commuove, mi pare che operi più intensamente dentro di me… La Verità ha tanti diversi aspetti! Noi possiamo osservarla da un solo lato, comprenderla mai… Almeno io credo così… —Oh, Elsa mia! —Eppure, vedi, io ho un ritegno, un misero ritegno umano; quello di poter essere creduta una calcolatrice… Forse lo penseresti anche tu, forse arriveresti a rimproverarmelo un giorno! E allora sarebbe finita; non potrei più amarti perchè non potrei stimarti, perchè non potrei più illudermi di essere stimata da te ...
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Il colore del tempo (pagina 13)
di Federico De Roberto (estratti)
... già nel senso che noi possiamo influire molto efficacemente sul corso degli eventi esteriori; ma perchè «abbiamo un'influenza onnipotente su ciò che questi eventi divengono dentro di noi» ... Tutto ciò che ci accade è della stessa natura di noi stessi ... «Vi sono rapporti incessanti fra l'istinto e il destino; ma quando noi sappiamo diminuire dentro di noi la forza cieca dell'istinto, diminuiamo nello stesso tempo intorno a noi la forza del destino ... Se pure il destino ci colma di sciagure immeritate e incredibili, se pure ci obbliga a fare ciò che non avremmo mai fatto, dopo che la sciagura è accaduta, dopo che l'atto è stato compito, dipende da noi che resti senza influenza su ciò che accadrà nella nostra anima ... Ma allora? Se le gioie non debbono essere desiderate, se non conviene neppure rinunziare ad esse, quale sarà la via da tenere? «Non già rinunziando alle gioie che ne circondano noi diveniamo saggi; al contrario, divenendo saggi rinunzieremo senza saperlo alle gioie che non si sollevano fino a noi» ...
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Il colore del tempo (pagina 14)
di Federico De Roberto (estratti)
... Si dice ancora che bisogna amare il prossimo nostro come noi stessi; ma se noi ci amiamo puerilmente, stupidamente, ameremo il prossimo allo stesso modo ... Se ci duole che la virtù e la saggezza non siano premiate, ciò accade perchè noi non siamo saggi abbastanza ... Vi è nel mondo un'ingiustizia irriducibile; pertanto noi diventiamo veramente giusti solo quando ci riduciamo a trovare dentro di noi il modello della giustizia» ... Se la bontà, se l'amore trionfassero sempre, se vi fosse nel mondo questa giustizia, che è soltanto in noi, la gioia sarebbe grande; ma vi è una gioia anche maggiore nello scoprire la verità, la quale ci dice che le cose vanno al rovescio ... Le anime ordinarie sono tormentate dal desiderio dello straordinario: ciascuno dovrebbe invece dire a sè stesso che più le cose che ci accadono ci sembrano normali, generali, uniformi, più noi arriviamo a discernere e ad amare in esse le profondità e le felicità della vita, più ci avviciniamo alla tranquillità ed alla verità della gran forza che ci anima… ... Non lo dimentichiamo: qualunque sia la nostra missione su questa terra, qualunque sia lo scopo dei nostri sforzi e delle nostre speranze e il risultato dei nostri dolori e delle nostre gioie, noi siamo prima d'ogni altra cosa i ciechi depositarî della vita ... Noi rappresentiamo anzi una forma specialissima della vita su questo pianeta: la vita del pensiero, la ...
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Il colore del tempo (pagina 15)
di Federico De Roberto (estratti)
... Ora, come mai si potrà collocare fuori di noi il centro dell'orgoglio e della felicità, se fuori di noi non c'è giustizia? Che argomento d'orgoglio, che oggetto di gioia può essere un mondo dove non c'è giustizia? E come mai, se noi siamo una parte di questo mondo, una sua emanazione, un suo portato, possiamo avere l'idea d'una cosa che in esso non si trova?… I beni della terra, i sorrisi della fortuna, ha detto, sono necessarî, sono preferibili ai dolori, perchè la saggezza che si acquista nel dolore è turbata dall'aspettazione della gioia; mentre quanto più il saggio è felice, tanto meno è esigente, quanto più la felicità si prolunga, tanto più si acquista un concetto «indipendente» della vita ... Ma che cosa vi potrà essere ancora oltre l'amore, se esso è «tutto»? La sola cosa della quale noi possiamo far parte ai nostri simili, dice in un altro luogo, è la forza, la fiducia, l'indipendenza della nostra anima ... Questo è vero principalmente e sciaguratamente: che la verità è molteplice e multiforme; e che quando noi crediamo di averla afferrata, allora ci sfugge ...
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Il colore del tempo (pagina 16)
di Federico De Roberto (estratti)
... Anche presso di noi, senza che si rada la testa ai figli snaturati capaci di commetterlo, tale è l'opinione generale ... Vogliamo per ciò dire che gli Sciti, i Galli, gl'Iberi e i Germani erano più nel vero e nel giusto di noi? Se bisogna credere al progresso,—e i femministi debbono crederci; perchè, in caso contrario, come potrebbero sperare nei miglioramenti futuri?—se veramente dobbiamo dire che la storia del genere umano dimostra un successivo nostro perfezionamento, bisogna allora anche ammettere che la supremazia della donna è oggi scomparsa perchè non era ragionevole, non tollerabile, non sostenibile ... Noi possiamo lodare l'educazione spartana: non la lodava però Aristotile, che poteva meglio di noi valutarne gli effetti ... Noi possiamo, considerando un periodo storico, lodare certi costumi e biasimarne altri; ma i costumi, le leggi e tutti i fenomeni sociali sono collegati in modo che non è possibile isolarli e mantenerne a piacimento alcuni ed evitarne altri ...
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Il colore del tempo (pagina 21)
di Federico De Roberto (estratti)
... Posto anche che l'accesso fosse agevole, e la diversità non troppo grande, saremmo noi buoni giudici in casa altrui? Certo, se si trovasse un Cinese a cui la nostra civiltà fosse familiare, costui potrebbe meglio di ogni altro svelarci il suo paese ... Gli daremo noi torto su questo punto? Avrà ragione la civiltà europea di imporsi con le cannonate? I suoi benefizî sono tanti da farle perdonare i mezzi cruenti? Leone Tolstoi risponderebbe subito no; Federico Nietzsche affermerebbe che il diritto del più forte basta a legittimare la lotta dei popoli progrediti contro i più deboli… ... Questo caso è molto frequente; ma i caritatevoli non sono da noi santificati come San Martino…» ... Molti e molti secoli prima di noi i Cinesi trovarono la polvere da sparo; ma se ne servirono per tirare fuochi d'artifizio, non già «per far saltare il mondo»; e trovarono anche la stampa, ma non la impiegarono «a corrompere gli spiriti e ad eccitare le passioni inutili» ... Noi non staremo a confutare il bravo colonnello; ma vedete che egli è a giorno delle nostre cose molto meglio che noi delle sue ... «In Cina noi osserviamo un'etichetta rigorosa ...
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Il colore del tempo (pagina 23)
di Federico De Roberto (estratti)
... Questa filosofia, invece, sembrerà troppo semplice a noi occidentali, amanti dei voli metafisici, ricercatori appassionati della quadratura del circolo ... Noi perdiamo il nostro tempo intorno al problema del libero arbitrio; i Cinesi si contentano di dire, con Meng-Tseu: «La natura dell'uomo somiglia al salice flessibile, l'equità e la giustizia somigliano a un canestro: con la natura dell'uomo si fa l'umanità e la giustizia come si fa un canestro con un salice flessibile» ... Da noi filosofi e teologi si accapigliano a proposito della morte, dell'anima, della divinità: in Cina queste polemiche sono ignote o molto più rare ... Secondo noi, in tutta la natura si combatte per l'esistenza; i Cinesi, quantunque vedano che gli esseri si nutriscono divorandosi scambievolmente, affermano tuttavia che non si fanno male tra loro ... Dicono anch'essi che non bisogna fare agli altri ciò che non vorremmo si facesse a noi stessi; ma questa virtù passiva non basta loro: soggiungono che bisogna fare agli altri ciò che vorremmo fosse fatto a noi ... «Non dobbiamo affliggerci di non esser conosciuti dagli uomini; ma, al contrario, di non conoscerli noi stessi ...
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Il colore del tempo (pagina 25)
di Federico De Roberto (estratti)
... È certo che in America la lunga ricchezza non produsse ancora quello che a noi pare supremo fiore dell'eleganza spregiudicata e sicura: l'amore del semplice» ... Accortamente egli nota come una delle peggiori conseguenze del rispetto alle tradizioni, presso di noi, sia la paura del ridicolo, dalla quale invece gli Americani sono affrancati ... Ora se badiamo al procedere della civiltà, noi troviamo che il minor numero di uomini eccentrici s'incontra nei popoli stazionarî e il maggiore nei progressivi ... Ma se all'ammirazione del Loti per la Spagna noi abbiamo potuto contrapporre quella d'un artista come il Giacosa per l'America, troviamo un altro scrittore, un sociologo, il Guyot, il quale se la piglia direttamente coi fautori dei Castigliani in un libro severo come una requisitoria: l'Evolution politique et sociale de l'Espagne ...
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Il colore del tempo (pagina 30)
di Federico De Roberto (estratti)
... Gl'indifferenti debbono affaticarsi per piacere a noi ... Noi non concorriamo alle corone, le dispensiamo altrui ... Gli uomini debbono sudare per essere lodati da noi ... Noi li eccitiamo a farsi animo e a dimostrare il meglio che sia in loro ... Ma ciò dipende in molte guise da noi ...
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Il colore del tempo (pagina 32)
di Federico De Roberto (estratti)
... Fra questi moti dell'animo passano differenze che ciascuno di noi sa valutare, per averle direttamente provate, dentro di sè ... Veramente il fatto, riguardo alle passioni, non è del tutto nuovo, visto che passione viene appunto da patire; ma oggi noi tutti abbiamo una tendenza ad aggravare la cosa ... E siccome il vocabolario greco è molto ricco, e le combinazioni di parole sono infinite, così noi potremo dare nomi ellenicamente scientifici a tutti quanti i sentimenti e le cose ... Come disordine della volontà, soggiunge, la timidezza si può chiamare più propriamente goffaggine, ed è una specie di paralisi o scompiglio dei movimenti, per cui noi restiamo inerti o siamo incapaci di atteggiarci e di muoverci bene ... L'origine morale del consorzio sociale, egli dice, è la simpatia, intesa in senso largo, cioè come corrente nervosa che si propaga da un individuo all'altro e fa che ciascuno di noi tenda ad uniformarsi istintivamente a coloro tra i quali vive, a imitare i loro atti, a condividere le loro idee, a partecipare ai loro sentimenti ... Se noi siamo veramente inaccessibili gli uni agli altri; se, come aveva già detto il Taine, «nessuna creatura umana è mai compresa da nessuna creatura umana», la simpatia, e perciò l'adattamento, riescono impossibili ... «La timidezza», ha detto Benjamin Constant, «ricaccia nel nostro cuore le impressioni più profonde, snatura sulla nostra bocca tutto ciò che tentiamo di dire e ci consente di esprimerci soltanto con parole ambigue, o con un'ironia più o meno amara, come se noi volessimo vendicarci sui nostri sentimenti del dolore di non poterli manifestare» ...
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Il colore del tempo (pagina 34)
di Federico De Roberto (estratti)
... Un esempio più semplice, ma più vicino a noi, è quello offerto dal novanta per cento degli studenti, che tutti gli anni, d'estate, insaccano scienza per passar l'esame, e che, ottenuta la promozione, tornano all'ozio consueto ... Diremo noi, come il Payot inclina a credere, che la colpa sia di chi ha compilato i programmi degli studî? La riforma dei programmi eviterà mai questo prodigioso cumulo di discipline? Non dipende esso dal prodigioso accumularsi del sapere umano? E che diremmo di programmi i quali trascurassero la diffusione di parte del sapere? Ecco qua: mentre scrivo, Errico Panzacchi pubblica un articolo, che è molto lodato, per dimostrare la necessità d'impartir nelle scuole l'insegnamento della storia dell'arte, e Ugo Ojetti lo approva, notando come un caso scandaloso che uno studente di lettere ignorasse dove è posta e da chi scolpita la statua di San Giorgio ... Noi parlavamo, iniziando questi nostri ragionamenti sopra alcuni caratteri del tempo presente, della rarità delle opere di lunga lena, organiche, metodiche ... Il Payot nota bensì il danno prodotto dal giornale; ma non pensa che il giornale prospera appunto perchè soddisfa un bisogno della nostra società; e il bisogno di tutti quanti noi è quello di far presto; ai nostri giorni si corre, bisogna correre, sui tranvai, sulle ferrovie, sui piroscafi o sulle biciclette; bisogna volare col pensiero sui fili elettrici e sulle colonne del giornale ... Ma che cosa importa questa nozione? Perchè l'elettricità è o può essere calore, diremo noi ad un assiderato di prendere in mano i fili di una corrente elettrica per riscaldarsi? Perchè il calore è luce, consiglieremo a chi non ha candele di mettersi a scrivere dinanzi alla bocca di un forno? Nel mondo delle forze vi sarà unità fondamentale; ma le manifestazioni dell'unica forza sono tanto diverse come se dipendessero da forze realmente diverse ...
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Il colore del tempo (pagina 36)
di Federico De Roberto (estratti)
... Così noi abbiamo veduto che Sully Prudhomme, determinista, finisce con l'essere fatalista; mentre il Maeterlinck espressamente afferma che «il carattere è ciò che più facilmente si modifica in un uomo di buona volontà» ... Ma se l'opera della padronanza di noi stessi ha fondamento sul concetto del libero arbitrio, questo può riuscirle, e le riesce infatti pericolosissimo, facendola credere troppo facile, semplice e naturale ... «Alla formula del Fouillée», dice il Payot «secondo la quale l'idea della nostra libertà ci fa liberi, il Marion oppone precisamente questa affermazione più praticamente vera ed utile: che, stimandoci liberi, noi omettiamo di assicurarci di quale e quanta libertà possiamo godere… La libertà morale, come quella politica, come tutto ciò che ha qualche valore in questo mondo, dev'essere conquistata lottando, e continuamente difesa ... Questa è la ragione per la quale il Payot consiglia lo stesso metodo del Dugas a coloro che egli chiama abulici, e che noi diremo svogliati, nolenti ... Noi non possiamo qui seguirlo in tutta l'esposizione dei mezzi diretti a compiere l'affrancazione della volontà ...
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Il conte di Carmagnola
di Alessandro Manzoni (estratti)
... Taccio la vile Perfidia della trama, e l'onta aperta Che in un nostro soldato a noi vien fatta ... L'odia — e lo teme: ei sa che il può dal trono Quella mano sbalzar che in trono il pose, E disperando che più a lungo in questa Inonorata, improvida, tradita Pace restar noi consentiamo, ei sente Che sia per noi quest'uom; questo fra i primi Guerrier d'Italia il primo, e quel che monta Forse ancor più, delle sue forze istrutto Come dell'arti sue; questi che il lato Saprà tosto trovargli ove più certa E più mortal fia la ferita ... Ei volle Spezzar quest'arme in nostra mano; e noi Adoperiamla, e tosto ... Intanto Tutto per bocca mia questo Senato Si rallegra con voi da sì nefando Periglio uscito; e protestiam che a noi Fatta è l'offesa, e che sul vostro capo Or più che mai fia steso il nostro scudo, Scudo di vigilanza e di vendetta ... Se volesse alcuno Dei beneficj che fra noi son corsi Pareggiar le ragioni, è noto al mondo Qual rimarrebbe il debitor dei due ... È nostra Or questa fede; e noi saprem tenerne Ben altro conto ... IL DOGE Conte, su questo fedel vostro avviso Tosto il Senato prenderà partito; Ma il segua, o no, vi è grato; e vede in esso, Non men che il senno, il vostro amor per noi ...
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Il conte di Carmagnola (pagina 2)
di Alessandro Manzoni (estratti)
... Io so che vanta il Conte Molti amici fra noi: ma d'una cosa Mi rendo certo, che nessun di questi L'ama più della patria; e per me, quando Di lei si tratti, ogni rispetto è nulla ... — E quando egli abbia La man nell'elsa della nostra spada, Potrem noi dir d'aver creato un servo Dovrà por cura di piacergli ognuno Di noi? Se nasce un disparer, fia degno Che nell'arti di guerra il voler nostro A quel d'un tanto condottier prevalga? S'egli erra, e nostra è dell'error la pena — Ché invincibil nol credo — io vi domando Se fia concesso il farne lagno e dove Si riscotan per questo onte e dispregi, Che far? Soffrirli? Non v'aggrada, io stimo, Questo partito; risentirsi? E dargli Occasion che in mezzo all'opra, e nelle Più difficili strette ei ci abbandoni Sdegnato, e al primo altro Signor che il voglia, — Forse al nemico — offra il suo braccio, e sveli Quanto di noi pur sa, magnificando La nostra sconoscenza, e i suoi gran merti? IL DOGE Il Conte un Prence abbandonò; ma quale? Un che da lui tenea lo Stato, e a cui Quindi ei minor non potea mai stimarsi; Un da pochi aggirato, e questi vili; Timido e stolto, che non seppe almeno Il buon consiglio tor della paura, Nasconderla nel core, e starsi all'erta; Ma che il colpo accennò pria di scagliarlo: Tale è il Signor che inimicossi il Conte ... Ma s'ei si volge al rio sentier, ci manca Occhio che tosto ce ne faccia accorti, E braccio che invisibile il raggiunga? MARCO Perché i principj di sì bella impresa Contristar con sospetti? E far disegni Di terrori e di pene, ove null'altro Che lodi e grazie può aver luogo? Io taccio Che all'util suo sola una via gli è schiusa; Lo star con noi ... E poi Che in così giusta e grave causa, un tanto Dono ci manda Iddio; con quella fronte, E con quel cor che si riceve un dono, Sia da noi ricevuto ...
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Il conte di Carmagnola (pagina 4)
di Alessandro Manzoni (estratti)
... A mercenarie genti Noi comandiamo, in cui più di leggeri Trovi il furor che la costanza: e corrono Volonterosi alla vittoria incontro ... — Vil tempo in cui tanto al comando cresce Difficoltà, quanto la gloria scema! Io lo ripeto, non è questo un camnpo Di battaglia per noi ... Il nobil manto, Che a noi fidato ha il Duca, a brano a brano Soffriam così che in nostra man si scemi, E che a lui messo omai da noi non giunga Che una ritratta non gli annunzi ... SFORZA Oh, che puot'egli Bramar di più che innanzi a sé cacciarne Colla spada nel fodero? PERGOLA Che puote Bramar di più? Dirovvel'io: che noi Tutto arrischiam l'esercito in un campo Ov'egli ha preso ogni vantaggio ... Noi darem la battaglia: alla frontiera Io mi pongo coi miei; Sforza vien dietro E chiude la vanguardia; il mezzo tenga Della battaglia Fortebraccio: e il nostro Ufficio sia con impeto serrarci Addosso il campo del nemico, aprirlo E spingerci a Maclodio ... Ma s'ei dura incontro L'impeto nostro, e ci vedete entrati Donde uscir soli non possiam; venite A noi, reggete i periglianti amici; Ché per cosa che accaggia, io vi prometto, Retrocedere a voi non ci vedrete ... Quegli fra noi che avere oggi pensasse Altro nemico che costui, sarebbe un traditor: pensatamente il dico ... PERGOLA Io vi prometto Che oggi darem battaglia, e che di noi Non mancheravvi alcuno ... E il sol che sorge, a ognun di noi, lo giuro, Il più bel dì di nostra vita apporta ...
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Il conte di Carmagnola (pagina 6)
di Alessandro Manzoni (estratti)
... La vittoria è vana? — Il suol d'estinti ricoperto, sparso E scoraggiato il resto: — il più fiorente Esercito! — col qual, se unito ancora E mio foss'egli, e mio davver, torrei A correr tutta Italia; ogni disegno Dell'inimico al vento; anche il pensiero Dell'offesa a lui tolto; a stento usciti Dalle mie mani, e di fuggir contenti Quattro tai duci, contro a' quai pur ieri Era vanto il resistere; svanito Mezzo il terror di quei gran nomi; ai nostri Raddoppiato l'ardir che agli altri è scemo; Tutta la scelta della guerra in noi; Nostre le terre ch'egli han sgombre ... PRIMO COMMISSARIO Quando assoldammo chi dovea con essi Pugnar, comprarli noi credemmo allora ... Già tutti l'hanno Ricovrata color che agli altri duci, Minor di voi, caddero in mano; e noi ... IL CONTE Voi, di chi siete prigionier? UN PRIGIONE Noi fummo Gli ultimi a render l'armi ... In fuga o preso Già tutto il resto, ancor per pochi istanti Fu sospesa per noi l'empia fortuna Della giornata; alfin voi feste il cenno D'accerchiarci, o signor, — soli, non vinti, Ma reliquie de' vinti, — al drappel vostro ... UN PRIGIONE Ed ora Ci fia sventura il non aver ceduto Che a voi, signore? E quelli a cui toccato Men glorioso è il vincitor, l'avranno Trovato più cortese? Indarno ai vostri La libertà chiedemmo; alcun non osa Dispor di noi senza l'assenso vostro; Ma cel promiser tutti ... Gli dissi Che a noi premea che s'inseguisse il vinto: Ei ricusò ...
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Il conte di Carmagnola (pagina 7)
di Alessandro Manzoni (estratti)
... In quella figlia, Che ha tanta parte in suo pensier, non scorre Col suo confuso de' Visconti il sangue? PRIMO COMMISSARIO Come parlò! Come passò dall'ira Al non curar! Con che superba pace Disubbidì! Siam noi nel nostro campo? Di Venezia i mandati? Eran costoro Vinti e prigioni? E più sicuro il guardo Portavano di noi! noi testimoni Del suo poter! del conto in cui ci tiene, Dei nostri acquisti così sparsi al vento, Di tal gioja, di tai grazie, di tali Abbracciamenti! Oh! ciò durar non puote ... PRIMO COMMISSARIO Viver così! Che si diria di noi? Dell'alto ufficio che ci fu commesso, A cui venimmo invidiati, e or tale Diviene? ... Essi armati, e sol essi; avvezzi tutti A prodigar la vita, a non temere in periglio, ad amarlo, e delle imprese A non guardar che la speranza, alfine Più ch'uomini nel campo: ah! se fanciulli Non fosser poi nel resto, ed i sospetti Facili a palesar come a deporli; Se una parola di lusinga, un atto Di sommessa amistà non li volgesse A talento di quel che l'usa a tempo; A che saremmo? ubbidiria la spada? Saremmo ancora i Signor noi? PRIMO COMMISSARIO Sta bene ... MARINO È nota Più a noi che a voi ... Ma l'arte Tanta e l'audacia è di costui, che reso Ei s'è tremendo a' suoi Signori; è forte Di quella forza che gli abbiam fidata; Egli ha il cor de' soldati; e l'armi nostre, Quando voglia, son sue; contro di noi Volger le puote, e il vuol ... E noi Starem per questo? E il suo maggior delitto Sarà cagion perché impunito ei vada? Sola una strada alla giustizia è schiusa, L'arte con cui l'ingannator s'inganna ... Perdeste Ogni ritegno, oltrepassaste il largo Confin che un resto di prudenza avea Prescritto al vostro ardor, dimenticaste Ciò che promesso v'eravate intero Ai men veggenti vi svelaste, a quelli Cui parea novo ciò che a noi non l'era ...
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Il conte di Carmagnola (pagina 10)
di Alessandro Manzoni (estratti)
... MARINO A noi si disse altra cagion: che il Duca Vi commosse a pietà, che l'odio atroce Che già portaste al signor vostro antico Sovra i presenti il rovesciaste intero ... Non ti sovvien quel dì che il tuo gran padre Tratto in trionfo, tra i più grandi accolto, Portò l'insegne de' nemici al tempio? MATILDE Oh giorno! ANTONIETTA Ognun parea minor di lui; L'aria sonava del suo nome; e noi Scevre dal volgo, in alto loco intanto Contemplavam quell'uno in cui rivolti Eran tutti gli sguardi: inebbriato Il cor tremava, e ripetea: siam sue, MATILDE Felici istanti! ANTONIETTA Che avevam noi fatto Per meritarli? A questa gioia il cielo Ci trascelse fra mille ... A quanta invidia è segno La nostra sorte! E noi dobbiam scontarla Con queste angosce ... ANTONIETTA Ei traditore? MATILDE Oh padre! ANTONIETTA Or via, seguite: preparate al tutto Siam noi: che gli faran? GONZAGA Dal labbro mio Voi non l'udrete ...
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Il conte di Carmagnola (pagina 11)
di Alessandro Manzoni (estratti)
... — Forse scusarsi Quel prode non degnò, rammentar loro Quel che per essi oprò; noi rammentarlo Sapremo ... Ah! certo ei non pregò; ma noi, Noi pregheremo ... MATILDE Oh padre! ANTONIETTA Così ritorni a noi? Questo è il momento Bramato tanto? ... ANTONIETTA Oh Dio, pietà di noi! IL CONTE Sposa, Matilde, ormai vicina è l'ora; Convien lasciarci — addio ...
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Il diavolo nell'ampolla (pagina 14)
di Adolfo Albertazzi (estratti)
... Ne saran morti tanti delle nostre parti! Io non avevo il coraggio di venir qui, a interrogare; ma l'aspettavamo laggiù, da noi, a dirci una parola ... Ah Ferdina! Ferdina! Proprio così: volersi bene senza pretendere dalla vita più di quanto la vita può dare; e più si vuol bene, e più se ne vorrebbe, e s'è più contenti! Dopo una pausa, pur china sul lavoro e senza badare che egli aveva socchiuso gli occhi, la ragazza soggiunse: — E quando s'è contenti si vorrebbe veder contenti tutti; fa dispiacere che chi è buono come noi, più di noi, debba soffrire ...
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Il diavolo nell'ampolla (pagina 21)
di Adolfo Albertazzi (estratti)
... E lo schiarimento ultimo sembrò venirgli appena spento il lume: — Turri avrà gridato alla frode senza prove sicure, e i socialisti se la prenderanno, al solito, con lui e con noi ... Bene: sapete quanto tempo impiega Sirio a mandar a noi il suo fulgore? Sedici anni ... Dico sedici anni! E sapete a che distanza corrispondono sedici anni di luce? A centocinquantasei bilioni di chilometri! Quando si consideri ciò, e quando si rifletta un poco che Sirio è vicinissimo in confronto alle nebulose, pare che le faccende dell'orbe terraqueo, non che gli avvenimenti della cronaca cittadina, i dibattiti del Consiglio comunale a Castelronco, gli interessi dei nostri amici o nemici, i casi e i beni e i mali delle nostre rispettabilissime persone, non possano avere una grande importanza nell'universo; non debbano avere nemmeno per noi l'importanza che crediamo noi ...
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Il fiore (pagina 9)
di Dante Alighieri (estratti)
... CXVI
Falsembiante «Ancor una crudel costuma abbiamo: Contra cui no' prendiamo a nimistate, Quanti no' siamo, in buona veritate, In difamarlo noi ci asottigliamo; E se per aventura noi sappiamo Com' e' possa venire a dignitate, Nascosamente noi facciàn tagliate, Sì che di quella via noi 'l ne gittiamo ... E ciò facciamo noi sì tracelato Ch'e' non saprà per cui l'avrà perduto Infin ch'e' non ne fia di fuor gittato ...
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Il fiore (pagina 10)
di Dante Alighieri (estratti)
... Sovr' ogn' altra persona a noi sì pare Ch'esto peccato in voi fiorisce e grana; Se no'l lasciate, egli è cosa certana Che nello 'nferno vi conviene andare: Ché pezz'à ch'una truffola levaste Sopra 'l valetto che vo' ben sapete: Con grande torto voi il difamaste, Ch'e' non pensava a·cciò che vo' credete ... Il fatto suo si tien tratutto a voi; Ciascun di noi per sé lui racomanda: Del fatto vostro penserén ben noi» ... «No'l ridottate più giamai a fatti, Ché noi sì l'abbiàn morto, quel dolente, Sanza che 'n noi trovasse trieva o patti ... CXL
La Vecchia e Falsembiante «Certanamente noi gli abbiàn segata La gola, e giace morto nel fossato: E' nonn–à guar' che noi l'abbiàn gittato, E 'l diavol sì n'à l'anima portata» ...
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Il ponte del Paradiso
di Anton Giulio Barrili (estratti)
... — Accettare un invito da me, non è forse come accettarlo da te? Non siamo noi la stessa cosa? — Per gl'inviti, no; — rispose asciuttamente la signora ... Del resto, che t'ho a dire? Comunque sia andata la cosa, poichè le signore Cantelli sono rimaste qui, a noi non rimaneva altro che fare il dover nostro; non ti pare? — Una spallucciata fu tutta la risposta della imbizzita signora, che per non avere a dir altro si rimise attorno al suo ricamo turco ... Così, venendo al caso di stamane, mi è parso necessario, incontrando la signora Eleonora all'angolo della Piazzetta, di dirle che andavo appunto da lei, per invitarla, con la sua bella, figliuola e con quel caro ufficialetto di suo figlio, a fare il gran salto dall'anno vecchio al nuovo con noi ... Tre Cantelli, e noi due, si fa cinque; il cavalier Lunardi sei; il signor Gregoretti sette ... — Dunque tornando a noi, tutti i tuoi inviti son fatti? — Sì ...
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Il ponte del Paradiso (pagina 53)
di Anton Giulio Barrili (estratti)
... Patto segreto, s'intende, e noi non dobbiamo saper nulla di nulla ... Solo la bontà di cuore del conte Aldini, la sua rettitudine, la sua probità verso di noi, ci mettono a parte di quel triste segreto ... — Ma a fargli mutar proposito non ci adopreremo anche noi? Lo metteremo con le spalle al muro, vedrai; lo pregheremo, lo piegheremo; ascolterà le voci della ragione ... — E intanto, cara mia, che si fa coll'Aldini? Egli ha riconosciuta la necessità di farti sapere tutta la sua confessione, ma soggiungendo che ne dovevano conseguire due mali; uno, il più grave, e per lui certamente insopportabile, che il tuo cuore si allontanasse da lui; l'altro, che ne sarebbe il corollario immediato, di non potersi presentare questa sera da noi ...
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Il ponte del Paradiso (pagina 57)
di Anton Giulio Barrili (estratti)
... coll'aiuto del tempo e svanire, avrebbe fatta la sua fine tranquilla, senza scatti d'orgoglio ferito, senza impeti d'ira selvaggia, e senza tutto l'altro che dobbiamo piangere insieme, e scongiurare, se ci verrà fatto, nella sua parte più triste per noi ... — Dobbiamo noi vincere, sì o no, questa battaglia difficile? E salvare quel poveretto? Le armi che ho preparate sono di buona tempra, mi pare, e leali; speriamo che valgano ... — Come disse quella gentildonna ai suoi convitati: “perdonino, mi ero dimenticata in biblioteca„, così noi ci siamo dimenticati in chiacchiere ... Ma non dubitare, ci rifacciamo subito anche noi ...
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Intrichi d'amore
di Torquato Tasso (estratti)
... S'intricò Cornelia nell'amor di Camillo, e Camillo nell'amor di lei; ma resistendo prudentemente all'amorose passioni, districati da quelle godeno insieme l'amor di madre e figlio: essempio, a noi altri che dovemo resistere alle tentazioni, che dal Cielo ne piovono sempre grazie ... S'intricò Alessandro nel frenetico della gelosia, con pericolo d'onore e della vita; ma ricercando l'aiuto di sopra, lo districò felicemente, con il ritrovo della sua prima moglie: essempio pur a noi che non dovemo usar questi termini con le mogli; ma quando occorre ricorriamo al Signore, che può e sa provedere a ogni cosa ... S'intricò Lavinia nel vano amore di Giovan Luigi; ma rivolta al Cielo, se gli offerse occasione d'aver il suo Flavio in forma di molinaro, il quale intricato onestamente nell'amore di lei, si districa nell'ultimo, e ottiene l'onesto suo desiderio: essempio pur a noi che, lasciando le cose vane, otterremo sempre l'oneste ... S'intricò Ersilia nell'amor di Camillo; ma coprendolo accortamente ha discoperto in quello l'amor fraterno di Flaminio; e districata da lui, ottiene l'amato suo Camillo: essempio pur a noi che dovemo celare i privati appetiti, per non dar scandalo al popolo, perchè da così buon principio ne risulta sempre ottimo fine ... S'intricò Giovan Luigi nelle superbe pretendenze di personaggi grandi; ma districato da quelli si abbassa con Pasquina fantescuola, la quale abbassandosi viene essaltata nel fine: essempio pur a noi che li superbi vengono abbassati e gli umili essaltati ... CAMILLO Poi che le mie persuasioni non danno rimedio al male che è veramente commune fra di noi, vogliate, come donna prudente e savia, rimettere il tutto in man di Dio, il quale sa meglio compartire le sue grazie che noi altri non sappiamo eleggere; contentatevi della volontà sua, e credete che quanto fa è ...
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Intrichi d'amore (pagina 13)
di Torquato Tasso (estratti)
... E poi che noi tirati dalla nostra mala sorte, confidandoci insieme, siamo uniti talmente che di tre persone si è fatta una sola volontà, quello che ho chiamato insin adesso trista fortuna, spero chiamarla buona per l'avenire ... FLAMINIO Non è dubio, Signor Camillo, che l'amicizia consiste nell'equalità degli animi: e già che noi egualmente ci siamo confermati, dovemo preporre quest'amicizia nostra a tutte l'altre cose ... Sì come in effetto si deve fare, e noi abbiamo già fatto: poi che io liberamente concorro a dar Lavinia, mia sorella, a Flavio; e voi concorrete al pari a darmi la Signora Ersilia; e uniti poi spenderemo la vita, non che l'artificio di parole, per farvi ottenere la Signora Cornelia, già che non è vostra matrigna ... Già che siamo vestiti da schiavi, con queste barbe posticce, non per altro eccetto che da noi stessi, con bell'artificio facciamo prova di persuadere a queste Signore donne che ci siano amorevoli, stante che esse solo s'oppongono al voler nostro ... Siamo venuti da Vostra Signoria per dirle due parole: s'ella si degnarà d'ascoltarle, noi faremo l'opra di carità chiestaci da un altro povero schiavo, ed ella si liberarà dal peccato, nel quale se persisterà la vedremo or ora trabboccare nell'inferno ... CAMILLO Un gentiluomo di questa città, ritrovandosi schiavo con noi, ne raccontò un giorno che avendo lungo tempo amato la grazia e bellezza vostra con quel vivo e sincero amore che si possa amar già mai, sperando di ricever guiderdone della sua lunga servitù, fu da voi discacciato; in tanto che dandosi in preda alla disperazione si partì, lasciando il padre vecchio e solo, e fu per disgrazia preso da' Turchi ... Noi fummo dopoi liberati ed egli restò; ma dandoci li segni e contrasegni, trovammo che voi sete quella per cui egli pate la catena e li ceppi; pregandoci che vi dovessimo pregare, come già tutti tre con le braccia aperte e con le ginocchia in terra vi preghiamo, che abbiate compassione di quel misero e infelice, e non comportate che, amandovi, si muora in tante pene ...
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Intrichi d'amore (pagina 14)
di Torquato Tasso (estratti)
... Non vedete che è sua imaginazione? Non vedete che sono parole dettate dall'odio grande che vi porta, avendo conchiuso che se Flavio vuol morire, muora? Nè vi disperate per questo: trattaremo di nuovo, e ci vogliamo al fine discoprire che siamo noi, che vedendoci e sentendoci mutarà senz'altro il pensiero ... Noi siamo Ragus<e>i ed eravamo quattro fratelli, Camillo e noi ... Ha voluto anco la buona sorte che noi ancora siamo stati liberati, e venuti in Genova trovammo il Signor Alessandro morto; e ci fu riferito che Camillo si trovava qui in Roma, dove gionti ne siamo incontrati con lui; e dopo li cari abbracciamenti ne mostrò la casa, commettendoci che dovessimo venire a trovarlo ... Sappi, Signora, che questo Flavio è morto in Genova e noi portiamo la nova al padre ... Laonde come disperato era risoluto di uccidersi, se noi non l'avessimo impedito ...
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Intrichi d'amore (pagina 27)
di Torquato Tasso (estratti)
... LEANDRO Nelle cose che sono secrete, io non so questo onore di che colore si sia; se però da noi stessi non vi mettiamo sopra il tinto, come fanno alcuni, che si ponno celar le corna in seno, se le mettono in fronte ... Ditemi: chi sa, o chi saprà, o chi si potrà imaginare mai questo fallo di Cornelia e Camillo, se da noi stessi non lo publichiamo? Stiamoci dunque a piacere, e dissimulando il negozio barattarete Cornelia con Brianda, e lasciamo stare tanti omicidii ... ALESSANDRO Se a voi piacesse, Signora, che noi andassimo sopra, io andarei volentieri, per poter più diffusamente ragionare ... LEANDRO Ohimè! CORNELIA Ditemi: chi è costui che v'imaginate? ALESSANDRO Il nome in particolare non possiamo saper noi; ma solo al presente si ritrova serrato dentro la camera vostra ...
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Intrichi d'amore (pagina 28)
di Torquato Tasso (estratti)
... Scena 13 GIALAISE Per 'stinto naturale noi autri Cavalieri napoletani solimo sempre favorire chilli ca se danno alla devozione nostra, come fazzo io allo presente, ca sendose sottopuosto lo Segnore Camillo alla nostra protezione, è necessario ca lo favorisca 'ntorno allo suo negozio: quale è ca io, travestito, come già vao, e co chesta barba posticcia, parlando alla spagnola fazzo spantare Magagna, pe sapere da isso 'n ca luoco si truova na cierta Ersilia, ca m'have ditto esser vestuta da ommo ... Ecco quanto iova la resoluzione fatta pe noi autri Segnori de Napole, ca quasi tutti professamo de parlare alla spagnola, e facimo moto bene: prima pe mostrare a Sua Maestà l'affezione granne ca portamo alla nazione pe respetto suo; e appriesso, poi, ca pe quante lingue ha l'ommo, pe tant'ommeni vale ... GIALAISE Come deavolo va chessa cosa? Io songo ccà, e credo puro ca songo io, e no' autro: come dunque io medesimo pozzo essere dintro lo sacco e essere ccà 'n persona propria? Avìssime fatta qualche burla l'astrologo, a fareme andare senza licenzia mia 'n forma de molenaro? Io spanto, io stupisco, io traseculo! MANILIO Noi credemo, Signor Capitano, che mentre Vostra Signoria si è appartato da noi si spanta e maraviglia come il Napolitano, che stava con tanta riputazione, abbia fatto questo disonore a se medesimo e alla patria sua ...
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Intrichi d'amore (pagina 36)
di Torquato Tasso (estratti)
... Vi baciamo le mani, Signori, rallegrandoci che ci avete prevenuto ad uscir prima di noi, per l'occasione d'esservi avicinati alla mia casa, dove mi sarà cosa grata ricevere così onorata e nobil compagnia ... Così Brianda e Cornelia riputando noi, loro mariti, similmente morti, legitimamente si ricasorno ... Or che, Brianda mia, li cieli permettono, dopo tanti infortunii e pericoli di morte, io vi vegga viva e salva, ritorno a voi, desiato mio porto, come nave combattuta da varie tempeste, per riposarci insieme felicemente; e però vi abbraccio e vi stringo, e così stretta e abbracciata a pena credo che abbracciata e stretta vi tenghi, anima mia, che vi credevo in Cielo tanto lontano da noi ... LEONORA O Alessandro mio caro, o marito mio carissimo! Il coltello che mi trafisse l'alma, mentre morto vi giudicai, troncando al presente i travagli passati, m'imprime nel petto la bella vostra imagine, e raviva quell'amor casto e vero che scambievolmente fu e sarà sempre tra di noi ... FLAMINIO Entriamo dentro, Signori, che volendo qui fuori riferir tutte l'allegrezze delle quali ciascun di noi è pieno, vi correria lungo tempo; e oltre che si starebbe a disaggio, non converria a dimorar tanto in strada ... Contentatevi, Signor Giovan Luigi, di quel che abbiamo fatto noi ... BIANCHETTA E che faremo noi, Magagna, così soli soletti e senza compagnia? MAGAGNA Che cosa vorresti che facessimo? BIANCHETTA Quel che han fatto gli altri ... MAGAGNA E noi entriamo ... Entra dentro, che con la pecunia numerata si farà tra di noi la copulata ...
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L'amore che torna (pagina 8)
di Guido da Verona (estratti)
... Quelle servivano per noi, solo per noi ... Quel giorno, quand'ella fu nella sua poltrona, fra le cuffie di lana per «I Figli della Provvidenza», il suo bicchierino ed il giornale, noi scendemmo a visitare il cavallo ... Nella scuderia Edoarda staccò ella stessa il cavallo malato, poi lo condusse fuori nella corte, ove il cocchiere lo prese a mano per farlo muovere, al passo, al trotto, davanti a noi ... — Sei molto ingiusta con me! Allora ella chiuse l'uscio dell'anticamera, in faccia a Whisky che voleva entrare con noi, e passando piano per la stanza ove la zia sonnecchiava entrammo nel salottino, dove ogni cosa poteva rievocarci una sua particolare memoria ...
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L'amore che torna (pagina 25)
di Guido da Verona (estratti)
... In quel mentre un giovine alto, bruno, vestito con una giubba di frustagno, passò davanti a noi, salutandomi con un sorriso dal quale traspariva una specie di sottile derisione ... Mentre camminavano avanti e indietro, il gruppo dei campagnoli, con il Rossengo fra essi, ci osservava e ciarlava di noi curiosamente ... — E noi qualche volta troviamo lunga un'ora! Immobile, fra la corona delle sue folte boscaglie, apparve il lago di Fondi, cupo e taciturno come una palude stregata, che alitava in quell'ora d'innumerevoli sciami ... — Senti, — mi disse piano, abbracciandomi, — vorrei che di nuovo rimanessimo qui soli, noi due ...
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L'amore che torna (pagina 28)
di Guido da Verona (estratti)
... Noi pure vi andammo, sul barroccio di Lazzaro, per assistere alla celebrazione del rito gentilissimo ... Fondi appariva dinanzi a noi, nel mezzo del suo «Caecubus acer» che dette i prelibati vini ai circensi ozii di Cicerone, di Attico e di Tiberio, e fin lungi mandava esultanti clamori fuor dai ruderi della cinta romana, ove un popolo rimasto fedele ai geni ed alle consuetudini della sua razza tenace rinnovava i simboli dei padri venerando la secolare divinità della Terra ... E la gioia di quella turba semplice, che andava per offrire le sue ghirlande alla Cerere cristiana, si comunicava in noi, aprendo le nostre anime all'allegrezza del simbolo primaverile ... Poi fummo liberati per il sopraggiungere di due fanciulle, che, attraversando la strada, con una risata, distolsero da noi l'infuriare della leggiadra battaglia ...
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L'amore che torna (pagina 32)
di Guido da Verona (estratti)
... Non le vorrei far torto, mi creda, ma noi ci teniamo al corrente per forza ... — Noi sapevamo da molto tempo, anzi lei stesso me ne aveva parlato ... che il signor conte, a Roma, era fidanzato con una signorina ricchissima, e noi, naturalmente, conoscendo come stanno le cose, si contava molto su questo, perchè la terra insomma è sempre terra, e con le crisi agricole ... In paese ne parlano come di cosa certa, ed allora, mi capisce, siccome fra noi si può parlar chiaro ... — Bene, ma vediamo un po', Michele, e sia detto in confidenza, fra noi uomini ... Ed inoltre, sia detto fra noi, mettendo a parte ogni questione di amore o di non amore, vi sembra mai possibile che un uomo ridotto a mal partito come son io trascuri per un capriccio tutti quei milioni, con insieme una brava, una bella ragazza che domanda solo di offrirmeli? Bisognerebbe esser pazzi, vi pare? — Mah ...
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L'amore che torna (pagina 56)
di Guido da Verona (estratti)
... — Dunque — ella concluse rapida, — noi ci dobbiamo lasciare ... Lasciarci quando ancora non ci sono fra noi rimorsi, e prima che sia necessario ... » Ecco: noi che fummo uno spirito solo, noi che inoltrammo il nostro desiderio, la nostra confidenza, le nostre voluttà, fino a comporre insieme un'unica e necessaria vita, ecco, noi dobbiamo tornare due esseri distinti e indifferenti, ridere su le nostre debolezze, considerare tutto il passato come un episodio fatalmente chiuso, e simili a due pellegrini che abbiano insieme percorso un faticoso cammino, dividerci ad un bivio, senza lacrime, senza rimpianti, per andar soli, o con altri, verso le case lontane ... Ella non mi lasciò finire; levatasi, mi venne accanto, così da costringermi a guardarla bene in viso, e disse: — Ascolta: fra noi, uno solo ha amato ... — Fra noi, — presi a dire schernevolmente, — una sola ebbe coraggio; e questa sola sei tu — sei ancora tu ... Tra noi cadde un lungo silenzio; nella memoria e nell'anima passaron cose molteplici; un desiderio di lacrime ci soffocò entrambi ... — Quante cose belle non si possono avere nella vita! Noi stessi uccidiamo ogni giorno qualcosa del nostro amore ...
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L'amore che torna (pagina 72)
di Guido da Verona (estratti)
... Quello ch'è stato nostro ha per noi qualcosa d'indimenticabile, e credo che i sentimenti più vivi non si distruggano mai del tutto nello spirito nostro, ma s'addormentino in fondo al cuore nell'attesa d'un lontano risveglio ... Poi, da quegli esseri crudeli e bizzarri che siamo, è sempre irritante il veder consolata, e non da noi, un'anima che per noi soffriva ... Noi, dopo alcuni mesi, litigammo per varie futilissime ragioni ...
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L'amore che torna (pagina 83)
di Guido da Verona (estratti)
... Vedi come parli tu! Mi ricinse con le braccia, si fece piccola piccola, vicina vicina, e mi disse: — Purtroppo tu non riesci a comprendere ch'io voglio confondere la mia vita nella tua, quasi non esistesse fra noi alcuna differenza ... Tutto è lecito fra noi, perchè io sono la stessa cosa di te, tu di me ... — Invece bisogna dimenticare tutto! Quello che gli altri fanno, o pensano, è fuori di noi ... — Forse non dipende che da noi, — le risposi ... — Da noi, e da troppe altre cose ...
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L'arte di prender marito (pagina 16)
di Paolo Mantegazza (estratti)
... Ognuno di noi sceglie una professione piuttosto che un'altra per molte ragioni diverse, ora accidentali e fortuite, ora alte e profonde; ma soprattutto la sceglie pei gusti diversi, che sono poi l'espressione delle nostre attitudini, della nostra struttura morale e intellettuale ... Hai mai veduto come muti aspetto la stessa persona, secondo il vestito che indossa? Or bene una professione è più che un vestito, più che un'uniforme: è una seconda pelle che con noi vive e mentre su noi si modella, ci piega però alle sue esigenze, al suo taglio, alla materia con cui è tessuta ...
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L'arte di prender marito (pagina 20)
di Paolo Mantegazza (estratti)
... Pur troppo tra noi le condizioni della letteratura sono ancora così miserabili, che anche gli scrittori di genio, che possono vivere della sola penna, son così pochi in Italia da poterli contare colle dita d'una mano sola ... Ognuno di noi vive in tutti e un po' di tutti vive in noi ... Noi abbiam fatto qualcosa di più e di meglio, sorpassando di molto il suo sogno ... Noi abbiam fatto penetrare nelle case di tutti la vita dell'umana famiglia, e senza distruggere l'individuo, ne abbiam fatto un membro vivo e palpitante di tutto l'organismo umano ... Noi non avremmo nessun scienziato in questo mondo! Per tutte queste ragioni però, quando egli ritorna a casa dal suo museo o dal suo laboratorio, è avido di tenerezze, di poesia; di qualcosa di profumato e di giocondo, che lo riposi dal lungo travaglio e lo porti in un nuovo mondo ...
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La favorita del Mahdi (pagina 23)
di Emilio Salgari (estratti)
... Noi amiamo tutte due Abd-el-Kerim; è quindi necessario che una di noi scompaia dalla terra ... —Se noi ci assaliamo in questa stanza qualcuno potrebbe udire le nostre grida e venire a separarci ... —Vieni, maledetta greca! —Prendi un fucile, che noi ci batteremo a fucilate ... È qui, in questa foresta che una di noi lascierà le ossa a cibo dei leoni e delle formiche termiti ... —Lascia pensare a noi, disse il dongolese ...
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La favorita del Mahdi (pagina 40)
di Emilio Salgari (estratti)
... Tutto è contro di noi adunque? Puoi scendere afferrandoti ai rami del tamarindo? —E Fathma? gridò Omar ... Però, sono persuaso che gli Egiziani non azzarderanno darci l'abbordaggio se noi ci difendiamo gagliardamente ... Quegli uomini del nord non hanno fama di essere coraggiosi quanto noi sennaresi, disse con un certo orgoglio il reis ... Quando noi lasciammo l'isola, mi dissero che fra qualche giorno sarebbe partito per Om-Qenênak ... Gran Dio! Se noi non lo ritrovassimo più? —Non metterti in capo simili idee, Fathma, rispose il reis ... Se si sarà diretto al sud, noi saliremo il Bahr-el-Abiad fino a Duêm o meglio ancora fino a Hellet-ed-Danàqla e là noi troveremo i cammelli necessari per dirigerci a El-Obeid ...
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La favorita del Mahdi (pagina 41)
di Emilio Salgari (estratti)
... —Ho udito, rispose Omar, ma noi passeremo anche sotto il naso degli
Abù-Rof ... Per raggiungere Dhafar pascià bisogna che noi approdiamo a
Hellet-ed-Danàqla ... È là che noi sapremo qualche cosa di giusto ... —Guarda una dahabiad che corre su noi! —Per la barba di mio padre! esclamò Daùd, saltando verso poppa ... Tu, Omar, rimarrai al mio fianco pronto a comandare l'abbordaggio se il nemico arriva fino a noi, e tu, Fathma, ritirati sotto la tettoia ... Noi ci batteremo al tuo fianco ...
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La favorita del Mahdi (pagina 43)
di Emilio Salgari (estratti)
... —Allora corriamo pericolo anche noi di essere assaliti ... È probabile che noi abbiamo a trovare qualche arabo che ne sappia qualche cosa ... In questi luoghi spira vento poco buono per noi ...
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La favorita del Mahdi (pagina 49)
di Emilio Salgari (estratti)
... Ah! se io potessi saperlo!… —Lo vuoi proprio? —Tu lo sai? Ah!… —Sì Fathma, lo so, giacchè a noi nulla può sfuggire ... Abbiamo con noi lo scièk
Abù-el-Nèmr!
Gl'insorti nell'udire il nome del loro capo si erano arrestati colpiti da stupore: ma questo stupore durò un istante ... Noi l'abbiamo trovato ferito e lo medicammo, rispose l'almea! —Non è vero disse il guerriero d'alta statura ... Noi siamo suoi amici, ve lo giuro, ed egli punirà orribilmente colui che avrà alzato la mano su di noi ...
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La favorita del Mahdi (pagina 56)
di Emilio Salgari (estratti)
... Sapete, O'Donovan, che noi ci troviamo in una posizione che può chiamarsi disperata? Se noi non entriamo più che in fretta in El-Obeid, corriamo il pericolo di terminare la campagna con una catastrofe ... Sono inglese, e voi sapete guanto gli Egiziani odiano noi ... «Più volte il Klootz aiutò noi prigionieri e s'adoperò per
calmare il suo terribile padrone che ci minacciava di morte ... —E se invece di vincere si perde? —Dio nol permetta; neppur uno di noi scamperà all'eccidio! La fronte del generale s'aggrottò ...
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La favorita del Mahdi (pagina 59)
di Emilio Salgari (estratti)
... Appena il campo si sarà addormentato noi raggiungeremo il tugul e ci nasconderemo nell'interno o lì vicini ... Elenka verrà, noi assisteremo al suo colloquio col ribelle Tepele, poi, quando sarà rimasta sola, o nel tugul o nella foresta noi l'assaliremo e la scanneremo come io ho scannato Takir ... —E O'Donovan? Egli vorrà venire con noi e ci sarà d'ostacolo ...
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La favorita del Mahdi (pagina 75)
di Emilio Salgari (estratti)
... —Non abbiamo più nemici, adunque, dinanzi a noi? —Non abbiamo più nessuno ... —Sicchè fra qualche mese noi potremo rimetterci in marcia ... Sarà là che io abbatterò il Sultano dei turchi; sarà là che lancieremo la scintilla destinata a sollevare a ribellione tutti i popoli maomettani; sarà là che noi sfideremo la potente Europa che deride, che perseguita, che cerca di schiacciare, noi, arabi ... Coll'aiuto di Allàh e col nostro valore, noi assorbiremo ed Europa, ed Africa e Asia ... Ma riusciremo noi? —Si riuscirà ...
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La favorita del Mahdi (pagina 78)
di Emilio Salgari (estratti)
... Dimmi che è avvenuto di colei che noi abbiamo tanto amata, dell'infelice Fathma ... Un giorno noi fummo amici, fummo come fratelli, poi fra noi sorse una donna fatale per entrambi, che scavò un abisso immensurabile… Non ti domando di chiudere questo abisso poichè so che sarebbe impossibile, ma ti prego di colmarlo per dieci soli minuti… e ti giuro che non ti pentirai di aver fatto ciò ... —Abd-el-Kerim, disse con voce alterata, potrei farti morire lentamente fra le più atroci torture, potrei farti uscire il sangue dalle vene goccia a goccia, eppure non lo faccio perchè ho ancora la speranza che noi un dì ritorneremo amici, anzi… —Taci! esclamò l'arabo, che lesse il suo pensiero ...
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La sposa persiana (pagina 4)
di Carlo Goldoni (estratti)
... Galli, Ispani, Angli, Germani e Greci Non pon, qual noi possiamo, otto tenerne o dieci; Ma per le vie scoperte mirarle a cento a cento, E vagheggiarle almeno possono a lor talento ... E pur serba l'Europa fra gli abitanti suoi, Chi un serraglio infelice suol invidiare a noi, Come se d'un legame, che a lor molesto è reso, Non si dovesse a noi moltiplicare il peso ... TAMAS Fra noi tal è il costume di chi suddito nasce; Fatima, ed io dal padre fummo legati in fasce ... IRCANA Nulla intentato io voglio lasciar per un tal bene, Per l'unico fra' beni, che a noi sperar conviene ... Oh maledetta legge, fatta dall'uomo ingrato, Che rende di noi donne sì misero lo stato! Compagne son dell'uomo le donne in altro clima; Servito è il sesso nostro, e si onora, e si stima; E se d'[un] uomo solo dee contentarsi, almeno Posto è da pari legge anche ai mariti il freno ...
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La sposa persiana (pagina 9)
di Carlo Goldoni (estratti)
... ZAMA Alfine Noi siam Circasse, e siam del più colto confine ... Venuta dalle stelle a noi per ornamento, Il lume, la ricchezza scemaste al firmamento, Degna, che Persia tutta vi veneri e v'adori, Regina delle donne, bell'idolo de' cuori ... Chi sa sotto quel ciglio qual covisi lo sdegno, Qual della mia rovina si mediti il disegno? Fatima, donne siamo; parliam tra noi sincere, Ciascuna in modi vari sa fare il suo mestiere, Io d'un amor schernito non soffrirei gli affanni Tu, se il tuo cuor lo soffre, o sei stolta, o m'inganni ... IRCANA O parti, o Tamas d'una di noi vedrà la morte ...
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La sposa persiana (pagina 10)
di Carlo Goldoni (estratti)
... Sciocchi pretesti indegni d'alma ribalda e nera, Sedotta da una schiava, che le comanda altera! Empio, col ferro in mano minacci una donzella? Ecco perché l'Europa barbari noi appella; Non per le leggi nostre, non per il culto al Nume, Non perché di scienza in noi non siavi il lume; Ma perché un uom lascivo, pien di scorrette voglie Al piacer d'una schiava sagrifica una moglie ... Non si conosce in Persia nobiltà de' natali; Fuor della regia stirpe, tutti siam nati eguali, E quel più si distingue fra noi, che ha più fortuna, Quel, che ha gli onori in casa, e le ricchezze aduna ...
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La sposa persiana (pagina 15)
di Carlo Goldoni (estratti)
... Se tu del re non temi le guardie, e i moschettieri, Se alle violenze avezzi sono i Tartari alteri, Da noi, da' schiavi nostri, da' nostri servi armati Difesi moriremo, ma non invendicati ... Della signora tua la legge odi, ed osserva: Restar tu qui non devi schiava fra noi, né serva ... Vanne, non aspettare che altro da noi si dica; Prendi congedo, e parti, il ciel ti benedica; Soffrir da me, trafitta con sofferenza amara, Quella virtù, che forse non ben conosci, impara ...
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La strega ovvero degli inganni de' demoni (pagina 12)
di Giovan Francesco Pico Della Mirandola (estratti)
... Quando noi eravamo giunte al fiume Giordano ... Quando noi siamo poi giunte quivi, veggiamo di subito la Signora a sedere col suo amatore ... Quivi noi offeriamo l'ostie sacrate alla Signora, e quella, accettandole con animo grato e volto allegro, le fa posare sopra uno sgabello, e montarvi su co' piedi ed orinarvi sopra? AP ... Di quelli che noi abbiamo in odio; e caviamo ancora il vino delle botti per bercelo ... Dipoi ciascheduna donna si chiama il suo demonio per cavarsi ognuna di noi la lussuria, ed ognuno di quegli uomini, ovvero demonj si caccia sotto la sua amica ...
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La strega ovvero degli inganni de' demoni (pagina 13)
di Giovan Francesco Pico Della Mirandola (estratti)
... gli Argivi che la nave di faggio degli Argonauti avesse parlato, e 'l cavallo d'Achille indovinato; perciocchè crediam noi che chi concede che Xanto, cavallo d'Achille, parlasse, non sia per concedere ancora, il cavallo Pegaseo, o Dedalo, o veramente quello, Che riportando a' suoi la spoglia opima
Del fier libico mostro ad ali tese
Per l'aere già schernendo ogni alta cima ... Noi sappiamo che i demonj non hanno nè ossa nè carne: come mangiano, e come usano con le donne? ST ... Potrestile tu rassimigliare a qualche cosa, che noi intendessimo come son fatti quei membri? ST ... Come s'era sfogata bene la lussuria, noi eravamo riportate a casa ... Spesso, e qualche volta ancora m'accompagnava quando io andavo, o tornavo dal mercato, e ricordomi che essendo una sera uscita della città a buio per andarmene a casa, tre volte usammo insieme inanzi che noi vi fussimo ... Quel sacerdote di settant'anni, che noi abbruciammo con le medesime fascine, sopra le quali andava a trovare la succuba, lo faceva ...
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La strega ovvero degli inganni de' demoni (pagina 14)
di Giovan Francesco Pico Della Mirandola (estratti)
... Però che noi troviamo essere venute guerre, fame, pestilenza; appunto come erano state divinamente annunziate tanti anni prima ... Noi entravamo di notte in casa dei nostri nimici, e talvolta degli amici, perchè ci si aprivano tutte le porte, e dormendo i padri e le madri, noi toglievamo i bambini, portandogli al fuoco, e quivi gli foravamo sotto l'ugnine con l'ago, e ponendovi le labbra a succhiare, ci empievamo la bocca di sangue, e di quello, parte se ne inghiottiva, e parte se ne votava in un bossolo per fare l'unguento da ungersi le natiche prima che andassimo al giuoco ... Gli curiamo noi altre, che sappiamo i rimedj, onde ce ne viene il guadagno ... O gran ricchezze! Che farebbeno eglino costoro se gli promettesse la ricchezza di Creso, ovvero quella di Alessandro molto maggiore, che fu portata da quaranta mila muli, se noi crediamo a Quinto Curzio, ovvero a Plutarco, che disse: con dieci mila muli e cinque mila cameli, basta che dia a questa feccia d'uomini tanti piaceri, quanti non ebbe mai nè Sardanapalo, nè Sandiride, nè Stratone? DIC ... Il giorno di domane è già deputato per altre quistioni; ma se vorrete desinare meco, ancorchè noi siamo in villa, non ci mancherà da mangiare, ed aremo tempo di ragionare ... Queste son convenzioni intese dai medesimi demonj, come sono, non pure queste che paiono chiare, ma quelle ancora che sono occulte, delle quali ha parlato il nostro Agustino e gli altri; ma io non credo già che sia alcuna cagione naturale in questo numero binario, nè penso che per questo abbia volsuto dimostrare il misterio della Diade di Mareta Caldeo, venuto ne' Platonici per mezzo di Pittagora, o fusse quel tale chiamato Zarete, all'usanza di Origene nel libro chiamato Philosophumenon, ovvero Zareta, il qual nome usa Plutarco Cheroneo nel dimostrare il maestro di Pittagora, interpretando una particella nel Timeo Dialogo, o veramente più tosto s'abbia a dire Zarada, citando Teodorito teologo (nel libro delle leggi) queste parole, cioè, leggi di Zarado; perchè a che proposito avea il demonio a filosofare di tal cosa con questa bestia? Ma io credo ben piuttosto che sotto tal numero ci fusse nascosto qualche inganno del falsissimo nimico; o veramente per non consentire ancora nel parlare alla santissima Trinità, che è Dio, ovvero per più discostarle dall'uso della nostra religione, o veramente più presto per qualche inganno che noi non sappiamo, insegnato a' Gentili sotto il numero pari, il quale volevano che fusse dedicato agli dei infernali, così come il numero impari agli dei del cielo ...
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La strega ovvero degli inganni de' demoni (pagina 16)
di Giovan Francesco Pico Della Mirandola (estratti)
... modestia) andare dubitando, e scoprire or di qua e di là, or a te, or a Dicasto (quasi come una piaga al cirugico), la debolezza dell'ingegno mio, perchè (s'io mi ricordo bene) è stato detto da un grande uomo, che in simili cose, le quali pare che avanzino il comprendere nostro, si debbe ire passo passo, acciocchè, se facendocene noi beffe, non si dica subito che noi lo facciamo con fraude, o credendole al primo, non diamo nella rete, e nella superstizione delle vecchierelle ... Ma osserva sempre in ogni cosa dove sia pericolo, e in questa specialmente che noi disputiamo, che le passioni non precedino l'intelletto ... Io già desidero d'intendere quello che Dicasto abbia da dire in questa cosa, il qual veggo che ritorna a noi ... Come noi aremo dato al corpo il suo bisogno per ristorarlo di quel che continuamente perde e consuma, entreremo nella disputa che ci resta ... Perchè cagione gli è permesso che lo commetta? Non pensiamo noi che divinamente sia dovuto essere, se divinamente sia stato vietato? DIC ... Sono in fra di loro tanti contrari, che l'uno distrugge l'altro, e quello che noi discorriamo non apporta ad esso niente di prospero o d'infelice ... L'indotta moltitudine non cerca più oltre niente altro, ma gli uomini dotti e pieni d'animo pio, conoscono per cagione di così empie mercanzie, Giosef fatto re dell'Egitto, avere liberato dalla morte il padre, i fratelli; e tutta la famiglia; e di qui poi essere venuti molti e gran misterj celebrati da noi ... Vi prometto di mostrare che appartiene alla religione cristiana il credere che questo giuoco si faccia, e il procurare noi di estirparlo ...
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La strega ovvero degli inganni de' demoni (pagina 20)
di Giovan Francesco Pico Della Mirandola (estratti)
... Noi non sappiamo già così bene s'ella si scoprisse a Girolamo, o se pure gli lavorava drento; io penso che tu sappi che dagli antichissimi autori gentili Venere suole essere detta entrare negli occhi di fuora e di dentro ... Di tutte queste cose era inventore il demonio per farle credere, acciocchè gli uomini maggiormente fusseno presi, e ripieni di vana speranza facesseno sacrifizj a lui, quasi che all'anime degli eroi; dalla quale superstizione si vede che non aborrirno nè Aristotile, nè Platone, mentre determinavano le leggi pubbliche, disputando degli ordini e delle arti de' cittadini; e a' nostri tempi ancora si è tenuto per vero, che i demonj si siano portati nelle guastade, e negli anelli; e avere date risposte or dal ventre, or dalla coscia, quasi come spirito d'Apolline, acciò che noi conosciamo che il nimico dell'umana generazione in diversi tempi trovò diverse vie sotto spezie di familiarità ... Sappi, o Strega, che tu sei obbligata e costretta per il medesimo giuramento fatto, a dirci la verità di tutto quello che ti domanderemo circa il giuoco, e non dicendola, prima sarai punita con questo fuoco visibile che abbiamo presente, e poi con quello eternale, che noi non vediamo ... Ma noi conosciamo, mentre che Solino e Mela discordano da Erodoto, e in fra di loro, che questa superstizione è detta in vari modi ... Penseremo noi anco che faccia per questo, quello che raccontò Pomponio Mela nella descrizione della terra, cioè che è un luogo, dove spesso di notte si veggono fuochi come di eserciti accampati, che occupino gran paesi, e suonino trombe e tamburi, e odanosi pifferi di suono più che umano ...
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La vita comincia domani (pagina 10)
di Guido da Verona (estratti)
... — Tuttavia, Giorgio, — diss'ella, pronunziando le parole con una dolcezza proditoria, — se tu sospetti vi sia fra noi qualcos'altro che una dimestichezza necessaria, perchè nata appunto nel curarti insieme, allontánalo dunque da questa casa, chiama un altro medico ... — Ed è allora che assale, non un rammarico solo della partenza, ma il rimpianto irremediabile di tutto quello che la vita poteva essere per noi ... Ed allora nasce verso gli uomini, anche verso quelli, sopra tutto verso quelli che ci hanno fatto male, un'affettuosità grande e stanca, una voglia quasi di render loro tutto il bene possibile, tutto l'amore possibile, perchè un solco di buona memoria continui dopo di noi ... Non si pensa che anch'essi a lor volta finiranno, e la vita che prosegue ha qualcosa di stupefacente, come se fosse una forza radiosa e mostruosa che urla e splende mentre soffoca noi ...
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La vita comincia domani (pagina 24)
di Guido da Verona (estratti)
... — Il medesimo sono, e più forte! — disse con ira; — poichè le più disperate battaglie sono certo quelle che dobbiamo soffocare in noi ... Ora sono riuscito a comprendere che nel nostro vincolo, nel nostro patto d'amicizia umana mancava tuttavia una possibilità: quella di sentir nascere in noi l'odio, l'odio fraterno, il più terribile che vi sia ... Volevi dire che tra uomo ed uomo tutto è caduco e distruttibile, tutto può mutare improvvisamente, per un caso fortuito, perchè appunto noi siamo esseri caduchi e mutevoli, schiavi anzi tutto del senso che ci dómina con vera tirannia ... senza esitare, senza riflettere, la darei! — Allora perchè nasconderti fra queste parole? Smàscherati! Dà un nome a tutto questo: il suo vero nome! — No, no! — rispose Andrea con forza; — parliamo di noi, solo di noi ...
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La vita comincia domani (pagina 26)
di Guido da Verona (estratti)
... » Ma ora c'è qualcosa fra noi che me lo impedisce ... Noi siamo venuti a quell'ora dove il ragionamento più non regge ... Rimanga fra me e te un segreto: noi fummo abbastanza forti per portarlo sul cuore ... — Mi hai messo davanti agli occhi uno specchio e mi hai detto: «Guàrdati!» Ecco, mi vedo; e sono orrendo! — No, sei vivo e difendi la tua vita: questa è la sola differenza fra noi ...
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La vita comincia domani (pagina 59)
di Guido da Verona (estratti)
... Saverio, a sua volta, si abbandonò contro la spalliera della seggiola, e, diméntico dell'ipotesi, fece quest'affermazione tranquillamente recisa: — Noi due, qui presenti, l'avvocato Tancredo Salvi ed io stesso in persona, il giornalista Saverio Metello, abbiamo quel tanto che basta per denunziare Andrea Ferento al Procuratore del Re ... — Noi denunzieremo Andrea Ferento al Procuratore del Re ... — Che vuole? Abbiamo condotta un'istruttoria lunga, laboriosa, pericolosa; da un piccolo indizio, da un fatto quasi trascurabile, che sarebbe sfuggito ad altri, noi ci siamo accinti ad una impresa che poteva parere, non dico assurda, ma cento volte pazza e fantastica ... Ed ora, éccoci qui a dirle che la nostra opera è compiuta, l'istruttoria è chiusa, e noi siamo arbitri, sia di abbattere quest'uomo che di accordargli l'impunità ... — I documenti che sono in nostro possesso, — precisò il Metello, — e l'azione che noi, anzi noi due soli, possiamo svolgere, assumendone intera la responsabilità, rappresentan un valore altrettanto ragguardevole, quanto è spaventoso l'effetto che sono destinati a produrre ...
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La vita comincia domani (pagina 60)
di Guido da Verona (estratti)
... Qui è tutto il problema, o giudici sereni: — Abbiamo noi il diritto, noi che studiammo la morte come una scienza precisa, noi che salvammo tante creature, le quali non appartenevano al nostro cuore, noi che vediamo il segno infallibile delinearsi nella materia moritura, abbiamo noi il diritto, in certi casi, d'impadronirci della morte? E chi me lo vieta, se io non credo nell'uomo divino, come non credo nel miracolo che nessuno mai vide? Perchè dunque rimarrei spettatore neghittoso d'un breve indugio davanti al sepolcro inevitabile, quand'esso deve trascinare con sè, nel suo calamitoso cerchio, un'altra vita gonfia di albore, la quale ambisce a splendere con libertà e con gioia? La natura non m'insegnò a rispettare ciò che vive; tanto meno ciò che muore ...
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La vita comincia domani (pagina 75)
di Guido da Verona (estratti)
... Sembrava che almeno per una volta, quel che c'è di buono, di leale nel cuore dell'uomo venisse al fiore delle fisionomie, su l'orlo delle bocche, all'ápice quasi delle mani che cercavano di fargli una fedele violenza, e pareva che, pur non osando per il grande rispetto alludere al suo dramma, ognuno volesse dirgli tuttavia: — «Che importa? che importa? Non è laggiù la vostra casa, ma qui, fra noi, dove siete in mezzo ad una famiglia numerosa, che ben vi conosce ... La forza che vi difende siamo noi ... A chi ubbidiremmo noi dunque il giorno che non ci foste più?» Egli ascoltò a fronte china quel tumulto di parole, abbandonò le sue mani a coloro che parlando le stringevano — ma, invece di rispondere, guardava interiormente in sè stesso, provava più che mai la tentazione di sopraffare quel tumulto con un grido, e rispondere: «Ma non sapete, non sapete, o pazzi, che l'ho veramente ucciso? Io, che mi chiamo Andrea Ferento, con le mie proprie mani, l'ho veramente ucciso!» La tentazione era così forte che già gli pareva d'aver gridato, nel suo silenzio interiore; e levò gli occhi smarritamente ...
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Le femmine puntigliose (pagina 3)
di Carlo Goldoni (estratti)
... L'undecimo grado diamolo noi meritamente all'uso delle sociali Virtù ... Iddio ha creato il Mondo per noi, e tutte le sue delizie sono delizie nostre ... Senza andar dietro ai piaceri vietati, tanti noi ne abbiamo dei permessi, che smentir possiamo coloro, i quali tristo chiamano il Mondo ... ROSAURA Che avrebbero mai detto di noi le donne del nostro rango, se dentro il primo anno del nostro matrimonio non fossimo venuti a far qualche sfarzo nella città capitale? FLORINDO E che cosa diranno di noi, se torneremo alla patria, senza che una dama di questo paese siasi degnata di ammetterci alla sua conversazione? ROSAURA Ciò basterebbe a farmi morir di dolore ... ROSAURA La lettera di raccomandazione, che dovremo noi presentarle, sarà un piccolo regaletto di cento doppie ... ROSAURA Anzi ho divisato donare al Conte Lelio un orologio d'oro per gratitudine dei buoni uffici, che fa per noi ...
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Le femmine puntigliose (pagina 19)
di Carlo Goldoni (estratti)
... OTTAVIO Oimè! Che orribili cose ci tocca a' giorni nostri a sentire! Una dama vende la sua protezione, mercanteggia sull'onore della nobiltà; mette a repentaglio il decoro della città, della nazione, dell'ordine nostro, del nostro sangue? Un Cavaliere non solo tollera, e permette che si profanino i diritti delle nostre adunanze, ma vi coopera, e vi presta la mano, e ne promuove li scandali? Dame, Cavalieri, ascoltatemi: osservare minutamente i puntigli è cosa, che qualche volta ci pone in ridicolo; ma conservare illibato il nostro ordine, scacciar da noi chi lo deturpa con indegne azioni, questo è il vero puntiglio della Nobiltà ... OTTAVIO Uscite da questo luogo, e preparatevi a battervi con quanti siamo, mentre ciascheduno di noi vi reputa per indegno, e mal Cavaliere ... CLARICE Siete indegna di questo nome e per vostra cagione si faranno in Palermo delle risate sopra tutte noi ... OTTAVIO Signore mie, per rimediare in parte al discapito della nostra riputazione, direi che fosse ben fatto unire fra di noi le cento doppie, e farle avere alla signora Rosaura, prima della sua partenza ... OTTAVIO E voi dame, e voi Cavalieri, concorrete a quest'opera degna di noi? (va dai Cavalieri, e dalle Dame, e tutti gli danno denari) Ecco raccolte le cento doppie ...
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Le smanie per la villeggiatura (pagina 2)
di Carlo Goldoni (estratti)
... M'immagino, che anche quest'anno verrà in campagna a piantare il bordone da noi ... LEONARDO Certo, mi ha dato speranza di venir con noi, e intende di farci una distinzione; ma siccome è uno di quelli, che si cacciano da per tutto, e si fanno merito, rapportando qua, e là i fatti degli altri, convien guardarsene, e non fargli sapere ogni cosa; perché se sapesse le vostre smanie per l'abito, sarebbe capace di porvi in ridicolo in tutte le compagnie, in tutte le conversazioni ... VITTORIA E perché dunque volete condur con noi questo canchero, se conoscete il di lui carattere? LEONARDO Vedete bene: in campagna è necessario aver della compagnia ... VITTORIA Manco male, che di noi non potrà raccontare miserie ... LEONARDO Da noi sapete come si fa ...
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Le smanie per la villeggiatura (pagina 3)
di Carlo Goldoni (estratti)
... FILIPPO Volete venir con noi? GUGLIELMO Oh! signor Filippo, io non ho alcun merito, né oserei di dare a voi quest'incomodo ... Noi siamo in tre, ed abbiamo un legno da quattro, venite dunque con noi ... GUGLIELMO Chi è il quarto, se è lecito? FILIPPO Una mia cognata vedova, che viene con noi per custodia di mia figliuola; non già, ch'ella abbia bisogno di essere custodita, ché ha giudizio da sé, ma per il mondo, non avendo madre, è necessario, che vi sia una donna attempata ... FILIPPO E così? Vi comoda di venir con noi? GUGLIELMO Anzi è la maggiore finezza, che io possa ricevere ... Non vorrei, che mi criticassero, invitando un giovane a venir con noi, avendo una figliuola da maritare ... Ma, diacine, è una cosa che in oggi si accostuma da tanti, perché hanno da criticare me solo? Potrebbono anche dire del signor Leonardo, che viene con noi, e di me, che vado con sua sorella, che sono vecchio, è vero, ma non sono poi sì vecchio, che non potessero sospettare ...
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Le smanie per la villeggiatura (pagina 4)
di Carlo Goldoni (estratti)
... GIACINTA Ma voi, che vi maravigliate tanto delle donne, ditemi un poco, gli uomini non fanno peggio di noi? Una volta, quando viaggiavano per la campagna, si mettevano il loro buon giubbone di panno, le gambiere di lana, le scarpe grosse; ora portano anch'eglino la polverina, gli scappinetti colle fibie di brilli, e montano in calesso colle calzoline di seta ... GIACINTA E poi dicono di noi ... BRIGIDA Se fanno peggio di noi ... E chi viene in carrozza con noi? FILIPPO Ci verrò io, ci verrà vostra zia, e per quarto un galantuomo, un mio amico, che conoscete anche voi ... FILIPPO Col cameriere! GIACINTA Sì, cosa avete paura? Ci siamo noi; e poi sapete che Brigida è una buona fanciulla ... BRIGIDA Diciamola fra di noi; voi l'amate pochissimo il signor Leonardo ...
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Le smanie per la villeggiatura (pagina 9)
di Carlo Goldoni (estratti)
... Ma se dite ora di non volerlo; se gli fate la mal'azione di licenziarlo, non arriva domani, che voi ed io per Livorno, e per Montenero siamo in bocca di tutti: si alzano sopra di noi delle macchine, si fanno degli almanacchi ... FILIPPO Vi parrebbe dunque meglio fatto, che il signor Guglielmo venisse con noi? GIACINTA Per questa volta, giacché è fatta ... FILIPPO E in villa abbiamo da tenerlo in casa con noi? GIACINTA Che impegni avete presi con lui? FILIPPO Io l'ho invitato, per dirla ... GIACINTA Vittorina, volete restar a pranzo con noi? VITTORIA Oh! no, vita mia, non posso ... GIACINTA Se volete favorire, or ora qui da noi si dà in tavola ...
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Le sottilissime astuzie di Bertoldo (pagina 6)
di Giulio Cesare Croce (estratti)
... Partite che furono le dette femine dalla Regina, gli venne gran desiderio di vedere quello ch'era in detta scatola e cominciarono l'una con l'altra a dire: «Vogliamo noi veder quello che si rinchiude qui dentro?» Altre dicevano: «Non facciamo, perché abbiamo espressa commissione di non aprirla, perché forsi v'è dentro qualche cosa importante per il Re» ... «Che cosa vi può egli essere? – dicevano le più curiose – e poi se noi l'apriamo non sapremo ancora serrarla com'ella sta? Sì, sì, apriamola pure e siaci dentro quello che si voglia» ... Stavano dunque tutte dolenti e malenconiche queste povere madonne per aver perso il detto uccello, e riprendendo la sua curiosità dicevano: «Meschine noi, come avremo più faccia di tornare innanzi al Re, poiché non abbiamo osservato il suo comandamento, né abbiamo solo potuto tener stretto l'uccello per una notte ... Misere e sconsolate noi, che animo, che ardire sarà il nostro domattina?» Così passarono tutta quella notte con dolore e angustia, né si sapevano risolvere se dovevano tornare il dì seguente innanzi al Re, o pur starsene a casa ... Al fine, dopo molti parlamenti, si fece innanzi una di loro che aveva un poco più gagliardo il cervello di tutte l'altre e disse: «A che perdere più tempo in far tante chiacchiere fra noi? L'errore è già fatto, né si può coprire, né manco emendare se non con chiedere perdono al Re e confessare liberamente il fatto com'egli sta ...
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Libro proibito (pagina 9)
di Antonio Ghislanzoni (estratti)
... Caro dottore, e intorno a noi si dissipi
Il reo miäsma che ne investe! Giovani
Ci rifarem ... Ospite assidua
Fra noi respiri la gajezza; scoppino
Gli epigrammi, i bei motti, le facezie,
Gli aneddoti giocondi—e in noi riflettasi
L'ilarità di tutti ...
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Libro proibito (pagina 10)
di Antonio Ghislanzoni (estratti)
... soffocate!»
Buon Dio, la è troppa grazia
Se ridi e non ti sdegni;
Qual gente mai, quai popoli
Dell'ira tua più degni?
Nè stupirei che all'impeto
Dei gelidi aquiloni,
Un dì per noi mutassero
Il clima e le stagioni;
Per noi, che nati ai limpidi
Raggi d'un ciel clemente,
In grembo a questa Italica
Terra di fior ridente,
Invidïam, per stolida
Moda o per goffa insania,
I ghiacci alla Siberia,
Le nebbie alla Germania ...
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Marocco (pagina 4)
di Edmondo De Amicis (estratti)
... In angoli dove noi ci troveremmo imbarazzati a mettere un sacco di cenci o un fastello di paglia, essi trovano il modo di adagiarsi come sopra un letto di piume ... Fra noi non v’è quasi alcuno che o per l’impedimento degli abiti, o per la strettezza della calzatura, o per vezzo, non abbia un’andatura contraffatta ... Parecchi di noi n’han comperata una per il viaggio, e se la provarono; e m’è parso vedere dei vecchietti convalescenti infagottati in un lenzuolo da bagno ...
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Marocco (pagina 9)
di Edmondo De Amicis (estratti)
... E ci fu qualcuno di noi che, per punto, mangiò di tutto! cosa consolante la quale dimostra che in Italia ci sono ancora dei grandi caratteri ... A ogni boccone, il nostro ospite c’interrogava umilmente collo sguardo, e noi, stralunando gli occhi, rispondevamo in coro:—Eccellente! Squisito!—e buttavamo giù subito un bicchier di vino per ravvivarci gli spiriti ... A poco a poco le libazioni, l’odore dei fiori, il fumo dell’aloé che ardeva nei profumieri cesellati di Fez, e quella bizzarra musica araba, che a furia di ripetere il suo lamento misterioso, s’impadronisce dell’anima con una simpatia irresistibile; ci diedero per qualche momento una specie di ebbrezza taciturna e fantastica, durante la quale ognuno di noi credette di sentirsi il turbante sul capo e la testa d’una sultana sul cuore ... Intorno e sopra di noi ferveva una vita invisibile, la quale ci avvertiva che eravamo dentro le mura, ma fuori della casa; che la bellezza, l’amore, l’anima della famiglia s’era rifugiata nei suoi penetrali; che lo spettacolo eravamo noi e che la casa rimaneva un mistero ... A una cert’ora uscì da una porticina la governante del Ministro, ch’era stata a veder la sposa, e passando per andarsene, esclamò:—Ah! se vedessero, che bottone di rosa! Che creatura di paradiso!—E intanto la musica continuava a suonare, e l’aloé continuava ad ardere, e noi seguitavamo a girare e a fiutare, e la fantasia lavorava, lavorava ...
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Marocco (pagina 15)
di Edmondo De Amicis (estratti)
... Ma la domenica sera, tre di maggio, tutto era pronto, compresa l’asta altissima d’una smisurata bandiera tricolore che doveva sventolare in mezzo alle tende; e la notte poterono essere caricati sulle mule tutti i bagagli, che partirono il lunedì mattina, molte ore prima di noi, affinchè, arrivando la sera alla tappa, trovassimo l’accampamento piantato ... Erano arrivati il giorno innanzi, per unirsi a noi, un vecchio amico dell’Incaricato d’affari, il signor Patxot, antico ministro di Spagna a Tangeri, e il signor Morteo, genovese, agente consolare d’Italia a Mazagan ... Preoccupato com’ero della mia cavalcatura, in quel tafferuglio pericoloso della partenza, non ricordo che confusamente la folla che ingombrava le strade, le belle ebree affacciate alle terrazze, e un ragazzo arabo che mentre uscivo per la porta del Soc, esclamò con un accento strano:—Italia! Sul Soc si unirono a noi i rappresentanti di tutte le Legazioni, per accompagnarci, secondo l’uso, fino a qualche miglio da Tangeri; e prendemmo tutti insieme la via di Fez, confusi in una cavalcata rumorosa, davanti a cui sventolava la bandiera verde del Profeta ... Davanti a noi cavalcava il portabandiera, seguito da due soldati della Legazione d’Italia; dietro venivano i cavalieri della scorta, guidati dal generale mulatto, coi fucili ritti sulle selle; dai lati uno sciame di servi arabi a piedi ... Tutta questa comitiva, dorata dagli ultimi raggi del sole, presentava uno spettacolo così splendidamente pittoresco, che ognuno di noi lasciava trasparire sul volto la compiacenza d’essere una figura del quadro ... A poco a poco quasi tutti coloro che ci accompagnavano, si accomiatarono e tornarono a Tangeri; non rimasero più con noi che l’America e la Spagna ...
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Marocco (pagina 22)
di Edmondo De Amicis (estratti)
... Il Governatore di Laracce, un vecchio prestante con gran barba bianca, arrestò con un cenno i suoi cavalieri, strinse la mano all’ambasciatore e poi, voltatosi un’altra volta verso quella turba fremente d’impazienza, fece un gesto vigoroso come per dire:—Scatenatevi!— Allora cominciò uno dei più splendidi lab el barode (giuochi colla polvere) che noi potessimo desiderare ... La scorta della provincia di Laracce continuò le sue cariche e i suoi fuochi davanti a noi ... La Cuba di Sidi-Lamani era posta sopra una piccola altura, a pochi passi da noi ... La sella ha quei due rilievi, chiamati da noi con termine tecnico il pomo e la paletta, altissimi, che toccano il petto e la schiena del cavaliere, e lo ritengono in maniera da rendergli molto difficile la caduta ...
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Marocco (pagina 23)
di Edmondo De Amicis (estratti)
... Il Comandante, che per rallegrare la brigata aveva preso il partito di esagerare favolosamente i pericoli, e lo faceva con un garbo ammirabile, ci assicurava che quelli erano animalini microscopici appetto agli insettacci che avremmo trovati avvicinandoci a Fez e innoltrandoci nell’estate; e che di noi non sarebbe tornato in Italia che qualche resto riconoscibile a stento dai parenti più stretti e dagli amici più intimi ... Vicino a noi c’era una tela di ragno smisurata, distesa sopra alcuni cespugli, come un lenzuolo messo ad asciugare ... Scemato un po’ il caldo, la scorta di Had-el-Garbìa, il Console d’America e il Vicegovernatore di Tangeri, venuto là per dare l’ultima volta il buon viaggio all’Ambasciatore, si congedarono; e noi ci rimettemmo in cammino, seguiti dai trecento cavalieri della provincia di Laracce ...
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Marocco (pagina 27)
di Edmondo De Amicis (estratti)
... Giunto davanti a noi si fermò per dire che veniva da Fez e che andava a Tangeri ... Come ci sarebbero state bene, su quelle selle color di porpora, fra quelle dieci braccia convulse, cinque odalische rapite al serraglio d’un Sultano! Belli! noi gridavamo; stupendi! splendidi! Ed essi rispondevano al nostro applauso con una spronata ed un urlo, e sparivano in mezzo al fumo, roteando in alto i lunghi fucili damascati d’oro colla gioia febbrile del trionfo ... Il governatore scese con noi e ci presentò i suoi figliuoli ... In presenza di tutti noi, senza profferir parola, si scopersero tutti e cinque, quasi nello stesso tempo, il braccio sinistro ... Il governatore Ben-Auda sedette sopra una stuoia a venti passi da noi, e si fece egli pure portar la colezione dai suoi schiavi ... Mi parve però che volgesse alle bottiglie degli sguardi molto soavi; assai più soavi di quelli che rivolgeva a noi ...
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Marocco (pagina 30)
di Edmondo De Amicis (estratti)
... Se potessi sentire quello che gli domanda!—pensai—Come sono? Cosa sono? Come parlano? Che vestiti hanno? Oh lasciameli vedere, amor mio, un momento solo, a traverso le fessure della porta ed io ti colmerò di carezze!—E probabilmente l’amante cortese cedette, e la bella misteriosa, spiandoci all’uscita, esclamò:—Allà mi protegga! Che spaventose figure! Andando all’accampamento, ch’era a un mezzo miglio dalla casa del Governatore, sopra un altopiano coperto d’erba secca, ci sentimmo per la prima volta scottar dal sole in maniera che ognuno di noi cominciò, come dice della plebe milanese, ai tempi della peste, il Tadino, «a chiudere li denti et inarcare le ciglia ... E noi due immobili ... —Oh miracolo!—si disse noi altri ...
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Marocco (pagina 32)
di Edmondo De Amicis (estratti)
... passi dinanzi a noi, col suo famoso caffettano, fa su questo gran quadro barbaresco e festoso, la più armoniosa macchietta rossa che possa immaginare un pittore ... Sul punto di partire, l’Ambasciatore e tutti noi alzammo la mano in segno di saluto ... La scorta di Karia-el-Abbassi rispose con una tempesta di fucilate e disparve; ma per qualche momento vedemmo ancora in mezzo al fumo la bella figura bianca del Governatore, ritta sulle staffe, col braccio teso verso di noi in segno di buon augurio e d’addio ... Vedemmo lontano, davanti a noi, un gran nuvolo di polvere, e pochi momenti dopo fummo circondati da una turba di trecento selvaggi a cavallo, verdi, gialli, scarlatti, bianchi, violetti, cenciosi, scarmigliati, ansanti, che pareva che venissero da una mischia ... Questa guardia dai lati era nuova per noi; ma non tardò ad essere giustificata ... A traverso il fumo e il polverìo, rotto dai lampi delle fucilate, vedevamo per quei vastissimi campi, in lontananza, tende, cavalli, cammelli, armenti, gruppi di aloé, colonne di fumo, frotte di gente rivolta verso di noi, immobile, in atteggiamento di stupore ...
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Marocco (pagina 35)
di Edmondo De Amicis (estratti)
... Appena oltrepassato il confine dei Beni-Hassen, si vide lontano uno stormo di cavalieri che venivano di galoppo verso di noi, preceduti da una bandiera verde ... A venti passi da noi, si arrestarono bruscamente tutti in un punto ... Il loro comandante, un grosso vecchio dalla barba bianca, d’aspetto benevolo, con un turbante altissimo, porse la mano all’ambasciatore dicendo:—Siate il benvenuto! Siate il benvenuto!—e quindi a noi:—Benvenuti! Benvenuti! Benvenuti! Ci rimettemmo in cammino ... Appena ci videro, prima alcuni, poi cinquanta, poi tutti, si levarono da sedere e a poco a poco si vennero ad affollare dietro di noi ... Noi fingemmo di non vederli ... Evidentemente ridevano di noi, e non tardammo ad accorgerci che le osservazioni e le risate corrispondevano per l’appunto ai nostri movimenti e a certe inflessioni della nostra voce ...
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Marocco (pagina 36)
di Edmondo De Amicis (estratti)
... Ma, povera gente, siamo giusti! Lasciando da parte le cariche dei pidocchi e la fratellanza coi cani, non avevan ragione di pensare di noi quello che pensavamo noi stessi, paragonandoci con loro? Dieci volte il giorno, mentre ci scorazzavano intorno quei superbi cavalieri, ci dicevamo gli uni agli altri:—Sì, siamo civili, siamo i rappresentanti d’una grande nazione, abbiamo più scienza nella testa, noi dieci, che non ce ne sia in tutto l’Impero dei Sceriffi; ma piantati su queste mule, vestiti di questi panni, con questi colori, con questi cappelli, in mezzo a loro, per dio, siamo brutti! Ah! quant’era vero! L’ultimo di quegli straccioni a cavallo era più gentile, più maestoso, più degno dello sguardo d’una donna, che tutti, messi in un fascio, i bellimbusti d’Europa ... Ma non v’erano più che quattro giorni di viaggio e noi avevamo una parola magica che ci consolava di tutto:—Fez! ZEGUTA Si partì per Zeguta, di buon mattino, tutti rallegrati dal pensiero che quel giorno si sarebbero viste da lontano le montagne di Fez ... —Mi ricordo, infatti, d’aver visto un campo che da lontano pareva che si movesse, e quest’apparenza era prodotta da un grandissimo numero di cavallette verdi che s’avanzavano saltellando verso di noi ...
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Marocco (pagina 44)
di Edmondo De Amicis (estratti)
... Il famoso ministro porse tutt’e due le mani, con un atto vivace, all’Ambasciatore, chinò la testa sorridendo verso di noi e ci fece entrare in una piccola sala a terreno, dove sedemmo ... In un angolo si vedeva un armadio, con su due mazzi di vecchi fiori finti, coperti da una campanella di vetro; e accanto all’armadio uno di quei piccoli specchi colla cornice dipinta a fiori, che si trovano da noi in tutte le locande di villaggio ... Ventotto piatti senza contare i dolci! Ventotto enormi piatti, ognuno dei quali sarebbe bastato a sfamare venti persone: di tutte le forme, di tutti gli odori, di tutti i sapori; pezzi smisurati di montone allo spiedo, polli impomatati, selvaggina alla ceretta, pesci al cosmetico, fegatini alla stearina, torte all’unto di sego, legumi in salsa di sugna, ova in conserva di manteca, insalate trite peste impastate e combinate a musaico; dolci di cui ogni boccone basterebbe a purgare un uomo d’un delitto di sangue; e con tutte queste ghiottonerie, grandi bicchieri d’acqua fresca, nei quali spremevamo dei limoni che c’eravamo portati in tasca; e poi una tazza di tè giulebbato; e infine uno stuolo di servi che irruppe nella sala, e innondò d’acqua di rosa noi, la tavola e le pareti: tale fu la colezione di Sid-Mussa ... Subito dopo comparve un vecchio tutto tremante, sorretto da due mori, il quale afferrò le mani all’Ambasciatore e gliele strinse furiosamente dicendo con grande concitazione:—Benvenuto! Benvenuto! Benvenuto l’Ambasciatore del Re d’Italia! Benvenuto fra noi! Bel giorno per noi!—Era il gran sceriffo Bacali, uno dei più potenti personaggi della corte e dei più ricchi proprietari dell’Impero, confidente del Sultano, possessore d’un grande arém, malato da due anni di dispepsia; il quale rallegra, si dice, gli ozî del suo Signore con motti arguti e atteggiamenti comici; facoltà che non traspare affatto dal suo viso truce e dai suoi modi impetuosi ... Usciti il Bacali e l’Ambasciatore, rimanemmo noi con alcuni ufficiali seduti sul pavimento, e il segretario del Sultano, seduto, in onor nostro, sopra una seggiola ... Non però fino al punto che noi potremmo supporre, perchè da quello che ne avevano inteso dir prima, se n’erano fatto tutti, compreso il Sultano, un concetto assai più meraviglioso; credevano, cioè, che la trasmissione del pensiero non si facesse già per mezzo della trasmissione successiva delle lettere e delle parole; ma tutta d’un colpo, istantaneamente, in modo che bastasse un tocco per esprimere e trasmettere issofatto qualsivoglia discorso ... Il che significava in altre parole: che cosa faremmo noi del telegrafo? E a che termini sarebbe ridotta la politica del nostro Governo, se alle domande dei ...
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Marocco (pagina 46)
di Edmondo De Amicis (estratti)
... spettacolo quella mescolanza di cappelli cilindrici e di turbanti bianchi, di uniformi diplomatiche e di caffettani rosei, di spadine di gala e di sciaboloni barbareschi, di guanti canarini e di mani nere, di calzoni dorati e di gambe nude; e lascio considerare che figura ci facessimo noi quattro, vestiti da ballo, a cavallo a una mula, seduti sopra una sella rossa alta come un trono, grondanti di sudore e coperti di polvere appena usciti di casa ... Ma quando passavamo noi quattro, ch’eravamo gli ultimi, era prima uno stralunamento d’occhi e poi un esilararsi di volti che metteva un vero dispetto ... Accanto a noi cavalcava Mohammed-Ducali: lo pregai di tradurmi qualcuna delle osservazioni che gli riuscisse di cogliere a volo ... Fuori della porta della Nicchia del Burro erano schierati sul passaggio dell’ambasciata duemila soldati di fanteria, in gran parte ragazzi, che presentarono le armi, a modo loro, gli uni dopo gli altri, e passati noi, si misero la divisa sulla testa per ripararsi dal sole ... Nell’angolo più lontano da noi s’apriva una stradicciuola, fiancheggiata da due muri bianchi, che conduceva ai giardini e alle case del Sultano, completamente nascoste dai bastioni ... Noi ci andammo a mettere vicino alle due schiere dei personaggi, in modo da formar con esse un quadrato aperto verso il lato della piazza donde doveva venire il Sultano ... Dietro di noi v’eran le casse; dietro le casse, tutti i soldati dell’ambasciata schierati ... L’ambasciatore stette cinque o sei passi davanti a noi, col signor Morteo, che doveva fare da interprete ... All’improvviso, corse un fremito per tutto l’esercito, s’intese un suono di banda, le trombe squillarono, i personaggi della corte si curvarono profondamente, le guardie, i palafrenieri e i soldati misero un ginocchio in terra, e da tutte le bocche uscì un grido prolungato e tonante:—Dio protegga il nostro Signore! Il Sultano s’avanzava verso di noi ... Ma di tutto questo noi non udimmo nulla ...
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Marocco (pagina 47)
di Edmondo De Amicis (estratti)
... Era curioso,—si capiva,—di vedere che razza di gente fossimo noi sette schierati a dieci passi dal suo cavallo; ma non volendo guardarci direttamente, girava gli occhi a poco a poco, e poi con uno sguardo rapidissimo ci abbracciava tutti e sette insieme, e in quel momento nel suo occhio brillava una certa espressione indefinibile d’ilarità infantile, che faceva un graziosissimo contrasto colla maestà di tutta la sua persona ... —Il medico,—disse poi l’Ambasciatore accennando noi quattro,—e tre scienziati ... La banda suonò, le trombe squillarono, i cortigiani curvarono la testa, le guardie, i soldati e i servi misero un ginocchio in terra, e scoppiò un’altra volta da tutti i petti un grido lungo e sonoro:—Dio protegga il nostro Signore! Scomparso il Sultano, si confusero le due schiere dei grandi personaggi, e vennero verso di noi Sid-Mussa, i suoi figliuoli, i suoi ufficiali, il ministro della guerra, il ministro delle finanze, il gran sceriffo Bacali, il grande cerimoniere, i più grossi pezzi della corte, sorridendo, vociando, agitando le braccia in segno di festa ... —Di chi? —Di noi ... Non ha visto com’è diventato smorto e come parlava, che quasi gli mancava il fiato? —Ma tu sei matto! E vuoi che lui, in mezzo a tutte le sue guardie e a tutto il suo esercito, avesse paura di noi altri? —Così m’è parso,—rispose il Ranni imperturbabile ...
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Marocco (pagina 52)
di Edmondo De Amicis (estratti)
... Nessuno parlava, nessuno alzava gli occhi, nessuno mostrava d’accorgersi che noi fossimo là a contemplarli ... Abbiamo un bel rassicurarlo: ha terrore di noi, cerca di placarci con ogni sorta di servizi stranissimi, che non gli domandiamo: compreso quello di cambiare tre volte l’acqua nella catinella prima ancora che ci alziamo da letto ... È superfluo il dire che non ci stirano nulla: in tutta Fez non esiste un ferro da stirare, e noi ci rimettiamo la roba tale e quale esce di sotto alle zampe dei lavandai ...
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Marocco (pagina 53)
di Edmondo De Amicis (estratti)
... Un soldato venne a domandarci se volevamo dare la mancia a una contadina dalla quale egli aveva preso un vaso di latte per noi ... S’avvicinò a passo lento, coprendosi il viso con una mano, e arrivata a cinque passi da noi, ci voltò le spalle e tese l’altra mano ... Di tratto in tratto vedevamo sopra di noi qualche capra che pareva sospesa sulle nostre teste, tanto era erta la salita; e i sassi, appena tocchi, rotolavano fino ai piedi del monte ... Che bellezza di veduta! Giù nel fondo la città, una piccola macchia bianca della forma d’un otto, circondata di mura nere, di cimiteri, di giardini, di case di santo, di torri, e tutta la conca verdissima che la contiene; a sinistra una lunga striscia luccicante, il Sebù; a destra, la grande pianura di Fez, rigata d’argento dal Fiume delle perle e dal Fiume della fontana azzurra; a mezzogiorno, le cime azzurrine della gran catena dell’Atlante; a settentrione, le vette delle montagne del Rif; ad oriente, la vasta pianura ondulata dove è la fortezza di Teza, che chiude il passo fra il bacino del Sebù e il bacino della Muluia; sotto di noi, grandi ondulazioni di terreno, gialle di grano e d’orzo, segnate da innumerevoli sentieri, percorse da lunghissimi filari di aloè giganteschi; una grandezza di linee, una magnificenza di verde, una limpidezza di cielo, un silenzio, una quiete che beava l’anima ... Il capitano era salito sulla punta più alta; noi tre, più curanti della vita, ci sparpagliammo tra le roccie più basse, e ci perdemmo di vista ...
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Marocco (pagina 58)
di Edmondo De Amicis (estratti)
... E così m’ingannarono nei primi giorni; ma ora son persuaso che l’ultimo di costoro crede, in fondo al cuore, di valer infinitamente più di tutti noi messi in un mazzo ... Il grosso moro ci fece sedere davanti alla porta della sua stanza da letto, ci diede il tè e dei dolci, ci bruciò dell’aloè, ci spruzzò d’acqua di rosa e ci presentò due suoi bambini graziosissimi, che s’avvicinarono a noi bianchi dalla paura e tremarono come foglie sotto le nostre carezze ... La casa, insomma, s’era convertita in teatro, e noi eravamo lo spettacolo ... Le spettatrici, tutte velate, cinguettavano, ridevano sommessamente, facevano capolino e si ritiravano con una rapidità che pareva che scattassero; ad ogni nostro movimento, corrispondeva un leggero mormorìo; ogni volta che alzavamo la testa, seguiva un gran tumulto nei palchi di prim’ordine; si capiva che si divertivano, che raccoglievano materia per un mese di conversazione, che non stavano in sè dal piacere di trovarsi, così inaspettatamente, dinanzi a uno spettacolo tanto bizzarro e tanto raro! E noi, compiacenti, concedemmo loro questo spettacolo per quasi un’ora; silenziosi, però, e tediati; effetto che produce, dopo qualche tempo, ogni casa moresca, per quanto sia cortese l’ospitalità che vi si riceve ... Sentono rumoreggiare la Francia alle loro frontiere di levante; vedono gli Spagnuoli fortificati sulla loro costa del Mediterraneo; Tangeri, occupata da un’avanguardia di cristiani; le città occidentali, guardate da negozianti europei distesi su tutta la costa dell’Atlantico come una catena di sentinelle avanzate; ambasciate che percorrono il paese in tutte le direzioni, per recare dei doni al Sultano, in apparenza, ma in realtà, pensan loro, per vedere, scrutare, fiutare, corrompere, preparare il terreno; sentono, insomma, la minaccia perpetua d’un’invasione e immaginano quest’invasione accompagnata da tutti gli orrori dell’odio e della vendetta, persuasi, come sono, che i Cristiani nutrano contro i Mussulmani gli stessi sentimenti che nutrono loro contro di noi ... Come possono poi cangiare quest’avversione in simpatia vedendo noi, stretti nei nostri abiti impudichi, che segnano le forme; vestiti di colori sinistri; noi, carichi di taccuini, di cannocchiali, di strumenti misteriosi, che ci ficchiamo per tutto, notiamo tutto, misuriamo tutto, vogliamo saper tutto; noi che ridiamo sempre e non preghiamo mai; noi irrequieti, chiaccheroni, beoni, fumatori, pieni di pretese, e pitocchi, che abbiamo una donna sola, e non un servo dei nostri paesi! E si formano dell’Europa un’idea oscura, come d’un’immensa congerie di popoli turbolenti, dove regni una vita febbrile, tutta ambizioni ardenti, vizi sfrenati, tumulti, viaggi, imprese temerarie, un affanno, un rimescolìo vertiginoso, una confusione di Babelle, che dispiace a Dio ...
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Marocco (pagina 63)
di Edmondo De Amicis (estratti)
... Con ciò parve che avesse detto tutto quello che aveva da dir d’onorevole per noi ... Quando v’ho detto tutte le cose nelle quali credo che siate superiori a noi, che volete che vi dica di più? Volete che vi dica quello che non penso? Vi dico che le vostre strade sono più grandi delle nostre, che le vostre botteghe sono più belle, che avete delle officine che noi non abbiamo, che avete dei ricchi palazzi ... Dirò ancora una cosa: che sapete più di noi perchè avete dei libri e leggete ... Voi convenite che il primo dovere d’un uomo, la prima cosa che lo rende stimabile, e quella in cui importa massimamente che un paese sia superiore agli altri paesi, è l’onestà; non è vero? Ebbene, in fatto d’onestà io non credo in nessuna maniera che voi altri siate superiori a noi ...
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Marocco (pagina 64)
di Edmondo De Amicis (estratti)
... Gli risposi che il vestito importava poco, e gli domandai se non riconosceva la nostra superiorità anche in questo, che, invece di star tante ore oziosi colle gambe incrociate sopra una materassa, noi impieghiamo il tempo in mille maniere utili e divertenti ... La vita per sè sola è dunque un supplizio per noi, che non possiamo stare un’ora senza far nulla, senza distrarci, senza affannarci a cercare divertimenti? Abbiamo paura di noi stessi? Abbiamo qualche cosa dentro che ci tormenta? —Ma vedete,—dissi—che spettacolo triste presentano le vostre città, che solitudine, che silenzio, che miseria ... —Che si faccia qui, si capisce, perchè non si vedon mai dei cristiani; ma nei vostri paesi dove si sa come siamo vestiti, perchè ci sono i quadri, e mandate qui i pittori colle macchine e coi colori a farci i ritratti; fra voi che sapete tutto non vi pare che non dovrebbero accadere queste cose? Fatto questo sfogo, mi sorrise cortesemente come per dire:—Ciò non toglie che noi due siamo amici ... a che servono tante cose se dobbiamo tutti morire? —Insomma,—conclusi,—voi non cangereste il vostro stato col nostro! Stette un po’ pensando e rispose: —No, perchè voi non vivete più di noi, nè siete più sani, nè più buoni, nè più religiosi, nè più contenti ...
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Marocco (pagina 66)
di Edmondo De Amicis (estratti)
... Eppure nulla era mutato, eccetto che, in mezzo a noi, accanto a Mohammed Ducali, cavalcava il moro Scellal, il quale, benchè i suoi affari fossero stati accomodati amichevolmente, credeva più prudente ritornare a Tangeri sotto le ali dell’Ambasciatore, che rimanere a Fez sotto quelle del suo Governo ... Ahimè! Questo era il gran cangiamento! Il sole di maggio s’era cangiato in sole di giugno, il termometro segnava quarantadue gradi al momento della partenza, e dinanzi a noi si stendevano duecento miglia di terra affricana ... Venivano innanzi due servi armati di fucile; e dietro a loro il capo della famiglia, un bell’uomo d’aspetto severo, con barba nera e turbante bianco, a cavallo a una mula elegantemente bardata; il quale con una mano teneva le redini e tratteneva un bimbo di due o tre anni seduto sul dinanzi della sella; coll’altra stringeva le mani d’una donna completamente velata,—forse la sua sposa favorita,—che gli stava alle spalle, a cavalcioni alla mula, tutta raggomitolata, abbracciandolo sotto le ascelle (forse per paura di noi) come se lo volesse soffocare ... Non si può dire quanto stringesse il cuore il vedere, come vedevamo spesso, apparire dietro di noi sulla sommità d’un’altura e scendere lentamente quella lettiga, circondata di soldati a cavallo, di mulattieri, di servi, d’amici, tutti gravi e silenziosi come un corteo funebre; e di tratto in tratto fermarsi e chinarsi tutti sull’infermo; e poi rimettersi in cammino, accennando a noi lontani che il nostro povero amico peggiorava! Era uno spettacolo doloroso, ma ad un tempo bello e gentile, che dava a tutta la carovana l’aspetto della scorta afflitta d’un Sultano ferito ...
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Marocco (pagina 69)
di Edmondo De Amicis (estratti)
... E ad ogni legnata, si voltavano tutti e due a guardare noi tre, come per consigliarci di prenderne atto per ricordarcene nel dare la mancia; e siccome noi ridevamo come matti, pigliavano il nostro riso come un incoraggiamento, e tiravan via a picchiare come anime perdute ... Ora che seguirà?—dicevamo noi ... I soldati, per mostrarci che avevan capito, ci risposero battendo le mani; tutta la gente ch’era nella piazza, intendendo forse di canzonarci, si mise a battere; e intanto continuavano a piovere buccie di limone e maledizioni e legnate; e piovevano ancora ch’eravamo vicini alla porta; e quando già scendevamo verso l’accampamento, ci gridavano ancora alle spalle dall’alto delle mura:—Maledetto il padre tuo!—Sia sterminata la vostra razza!—Dio faccia arrostire i vostri bisnonni!— Così ci ricevette la città di Mechinez, e fortunati noi ch’era la città più ospitale dell’Impero! La mattina seguente fu portata all’accampamento una lettiga per il medico, fatta in ventiquattr’ore dai più abili falegnami di Mechinez, i quali ci avrebbero senza dubbio impiegato più di ventiquattro giorni, se non li avesse sollecitati il Governatore con una certa intimazione, a cui sarebbe stato un po’ rischioso di fare il sordo ... Era una macchina pesante e mal adatta, che somigliava più a una gabbia per trasportar bestie feroci, che a una lettiga per un malato; assai meglio fatta, nondimeno, di quello che tutti noi prevedessimo; e gli operai che vi diedero sotto i nostri occhi le ultime martellate, n’erano così alteri e si sentivano tanto sicuri della nostra ammirazione, che lavorando, tremavano dall’emozione, e ad ogni nostra parola, mandavan lampi dagli occhi ... Vedo, sento ancora la divina grazia di quelle colline verdi sparse di roseti, di mirti, di leandri, d’aloè fioriti; lo splendore di quella città di Mechinez indorata dal sole, che si nascondeva al nostro sguardo minareto per minareto, palma per palma, terrazza per terrazza, e più si impiccioliva, più pareva che s’alzasse, come se le crescesse sotto la collina; e l’aria impregnata di profumi che facevano fremere, e le acque che riflettevano i mille colori della scorta, e l’infinita mestizia di quel cielo rosato; vedo, sento ancora tutto questo, e non lo so descrivere! Ah! mi morderei le dita! SUL SEBÙ Era il mezzodì del quinto giorno della nostra partenza da Fez, quando, dopo una cavalcata di cinque ore a traverso una successione di valli deserte, ripassavamo per la gola Beb-el-Tinca e vedevamo un’altra volta dinanzi a noi la vastissima pianura di Sebù inondata d’una luce bianca, ardente, implacabile, di cui il solo ricordo mi fa salire le vampe al viso ...
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Marocco (pagina 73)
di Edmondo De Amicis (estratti)
... Vicino a noi c’era un soldato seduto sulla sabbia, più in là un altro, più lontano un servo, e a una cinquantina di passi da questo, sulla china d’un piccolo colle, un altro servo, seduto vicino a una sorgente, con una brocca fra le ginocchia ... Veniva con noi, a cavallo, un vecchio soldato di Laracce, un po’ tocco nel cervello, che rideva continuamente; ma che, grazie al cielo, conosceva la strada ... Camminavamo in silenzio, l’un dietro l’altro, sopra la sabbia intatta e morbida come un tappeto, tutti colla testa, io credo, mille miglia lontana dal Marocco, quando improvvisamente saltò fuori di dietro a uno scoglio uno spettro, un vecchio orribile, mezzo nudo, con una gran corona di fiori gialli intorno alla fronte,—un Santo—; il quale prese a inveire contro di noi urlando come un pazzo furioso e facendo con tutt’e due le mani l’atto di graffiarci il viso e di strapparci la barba ... Scendendo verso il mare scoprimmo lontano fra gli alberi un gruppo di cavalli e d’uomini accovacciati, i quali, appena ci videro, si rizzarono in piedi, saltarono in sella e si diressero verso di noi, distendendosi sopra una sola linea in forma di mezzaluna, come se volessero impedirci di fuggire per una scorciatoia verso la città ... —Un momento;—io dissi;—prima d’ammazzar loro, vediamo se vogliono veramente ammazzar noi ...
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Mastro don Gesualdo (pagina 53)
di Giovanni Verga (estratti)
... - Noi non usiamo abbandonare i nostri nel pericolo! ... Mio marito non può muoversi, e noi non ci muoviamo! ... Ecco come siam noi! ... Già lei è una signora, ma saranno sempre buoni per noi poveretti! ...
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Mastro don Gesualdo (pagina 73)
di Giovanni Verga (estratti)
... - L'avete capita finalmente? Avete visto chi aveva ragione di noi due? La moglie gli chiuse la parola in bocca con una gomitata: - Lasciatelo parlare ... È lui che deve dire ciò che vuole adesso da noi ... Se giochiamo a darci il gambetto fra di noi! ... Siamo parenti! Ed è meglio stare uniti fra di noi ...
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Ricordi di Parigi (pagina 37)
di Edmondo De Amicis (estratti)
... Il sorriso canzonatorio della bella signora, che par che si serva di noi, nuovi a quel mondo, per fare i suoi esperimenti in anima vili, e la disinvoltura del giovanotto artisticamente pettinato, un po' maligno, e sempre lì coll'arco teso per coglier a volo il ridicolo, ci troncano i nervi; e ci sentiamo tornar su gli ultimi resti della timidità e della zoticaggine del collegio, e a dispetto di qualche capello grigio, arrossiamo ... Ma poi dalla cassettina dei liquori spiccia anche per noi uno zampillo dell'eloquenza argentina dei conviti, e un piccolo trionfo riportato là, in quella terribile arena, ci pare il primo trionfo legittimo della nostra vita ... Ma già il piccolo carico di cure e di rammarichi che avevamo portato da casa, c'è stato strappato via, appena arrivati, dalla prima ondata di quel mare enorme e non lo vediamo più che come un punto nero molto lontano da noi ... Intanto la catena degli amici si allunga rapidamente; pigliarne delle nuove abitudini; tutte le nostre debolezze trovano la fossetta morbida in cui adagiarsi; allo sgomento che ci dava la grandezza di Parigi succede l'allegrezza della libertà che deriva appunto da quella grandezza; lo strepito che ci frastornava da principio, finisce per accarezzarci l'orecchio come il rumore di un'enorme cascata d'acqua; quella immensa magnificenza posticcia finisce per sedurci come la poesia maestrevolmente inorpellata d'un seicentista d'ingegno; il nostro passo comincia a sonare sul marciapiede dei boulevards, come dice lo Zola, avec des familiarités particulières; facciamo la mente al bisticcio, il palato alle salse, l'occhio ai visi imbellettati, l'orecchio ai canti in falsetto; si compie in noi a poco a poco una profonda e deliziosa depravazione di gusti; fin che un bel giorno ci accorgiamo d'essere Parigini fin nel midollo delle ossa ... E poi «la blague!» Ma se già si è appiccicata a noi, stranieri, nel soggiorno d'un mese, e ne portan via tutti un pochino, per il proprio consumo, quando tornano nelle loro patrie modeste! Ma s'ha ben altro da fare che difender Parigi mentre ci agitiamo fra le sue braccia ...
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Rinaldo (pagina 8)
di Torquato Tasso (estratti)
... ” Che più parole? Al fine si viene a giostra, e ognun di noi la sua virtù qui mostra ... 19 Il primo incontro, ancorché fero e greve, nullo trasse di noi fuor del cavallo; ben nel petto colui piaga riceve, che 'l rosso aggiunge al color verde e giallo ... 21 Cinque volte ha la notte il suo stellato manto disteso per lo cielo intorno, ed altretante Febo a noi recato ha nel candido seno il lieto giorno, da ch'io cotale inchiesta ho cominciato per vendicarmi de l'avuto scorno; né ritrovar di lui vestigi od orme ho mai potuto, o pur chi me n'informe ...
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Rinaldo (pagina 22)
di Torquato Tasso (estratti)
... 82 Come il mar scaccia d'uom le membra estinte, come scaccia pastor le infette agnelle, così con forza non veduta spinte da questo spazio son le damigelle, che da l'amore o dal gran premio vinte misere furo al proprio onor rubelle; e quinci avien che i padri nostri poi non han, mentre stiam qui, cura di noi ... 85 Or l'ordin che tra noi serbar sogliamo riman che sol vi dica, ed egli è questo, ch'ogn'anno tra noi tutte una eleggiamo, ch'abbia a regger poi l'altre il pensier desto ...
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Rinaldo (pagina 23)
di Torquato Tasso (estratti)
... 36 Dopoi dice: — Signor, vostro destino col morir nostro quel di voi procura, e v'induce a far onta al gran Mambrino, al più fort'uom che fêsse mai Natura, al maggior re del popol saracino, c'ha di noi qual di servi amica cura, e vorrà farne in tutto aspra vendetta, qual a l'offesa, al suo valor s'aspetta ... 37 Noi suoi ministri aveamo a forza prese, per condurle a lui poi, queste donzelle, ch'ei manda a corseggiare ogni paese sol per averne di leggiadre e belle; or come avrà de le mortali offese che tutti estinti c'ha, vere novelle, non vedrà suo desir contento e sazio sin che di noi non aggia fatto strazio ...
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Rinaldo (pagina 26)
di Torquato Tasso (estratti)
... 32 Dolce lo prega: — Deh, se non vi pesa, ditemi quel ch'ancor fanciullo essendo fêsti di vostra madre a la difesa, l'onor quasi perduto a lei rendendo; io già sentii parlar di questa impresa, se pur con la memoria al ver m'apprendo, anzi il mio genitor, da un cavaliero ch'allor tornava a noi dal franco impero ... 39 Non può soffrir l'iniquo e fraudolente ch'ad Amon più ch'a lui si faccia onore, tal che più cresce e più diviene ardente per novell'esca il vecchio odio e 'l rancore; e gli è tanto accecata al fin la mente, voler di Dio, da l'ira e dal furore, che con maligno sùbito consiglio così parla ad Amon, turbato il ciglio: 40 “Amon, non vo' ch'altero e glorioso tu ne vada di quel che non è tuo: sappi che sempre al mio voler bramoso ebbe Beatrice ancor conforme il suo, e diemmo spesso effetto di nascoso a quel ch'era il voler d'ambo noi duo, sì ch'inde nacquer poi quei tre garzoni che miei sono; e tua moglie or mi perdoni ... 41 Perdoni a me se t'ho la cosa aperta e di quanto è tra noi narrato il tutto, e tu perdona a lei, che ben lo merta, poiché n'è nato così nobil frutto ...
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Rinaldo (pagina 27)
di Torquato Tasso (estratti)
... Ma da più messi in breve spazio d'ore di ciò quella avisata è di nascosto, la qual, noi tre fratei menando seco, si sottrasse a quel primo impeto cieco ... Venne a trovarla Malagigi poi, ch'era nipote a lei, cugino a noi ... 56 Del suo lungo viaggio il terzo almeno trascorso già l'umida notte avea, e 'n maggior copia da l'oscuro seno sonni queti e profondi a noi piovea; la regina però, cui rio veleno tacito per le vene ognor serpea, non dava gli occhi stanchi in preda al sonno, ché le cure d'amor dormir non ponno: 57 ma rivolgea ne l'agitata mente del novo amator suo l'alma beltate, e 'l valor così raro ed eccellente in così verde e giovenile etate, le grazie sì diverse unitamente per meraviglia giunte ed adunate ... 58 Costei ch'era gran maga, e degli aspetti del cielo cognoscea tutti i secreti, prevedendo i maligni e i buoni effetti che in noi deggiano oprar gli alti pianeti, le disse già che d'amorosi affetti, senza che mortal cura unqua ciò vieti, arder dovea per un baron cristiano d'alta bellezza e di valor sovrano; 59 e che sarebbe a quel larga e cortese del suo fior virginal non pria toccato, sì ch'indi poi, compito il nono mese, ne saria doppio e nobil parto nato, duo gemelli ch'a chiare e nuove imprese già destinava il lor benigno fato: maschio l'un, ma viril femina l'altra, ne l'arte militar perita e scaltra ...
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Sei personaggi in cerca d'autore (pagina 3)
di Luigi Pirandello (estratti)
... Mi dispiace che ridano così, perché portiamo in noi, ripeto, un dramma doloroso, come lor signori possono argomentare da questa donna velata di nero ... Ma no, veda, noi ... Insomma, noi qua dobbiamo lavorare! Il primo attore ... Vogliono vivere in noi! L'attor giovane (indicando la Figliastra) ... Guardino, guardino: la commedia è da fare; al Capocomico: ma se lei vuole e i suoi attori vogliono, la concerteremo subito tra noi! Il capocomico (seccato) ... È in noi, signore ... Il dramma è in noi; siamo noi; e siamo impazienti di rappresentarlo, così come dentro ci urge la passione! La figliastra (schernevole, con perfida grazia di caricata impudenza) ... E questa povera madre—lui—che è la madre comune di noi tutti—non la vuol riconoscere per madre anche sua—e la considera dall'alto in basso, lui, come madre soltanto di noi tre bastardi—vile! Dirà tutto questo, rapidamente, con estrema eccitazione e arrivata al «vile» finale, dopo aver gonfiato la voce sul «bastardi», lo pronunzierà piano, quasi sputandolo ...
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Sei personaggi in cerca d'autore (pagina 8)
di Luigi Pirandello (estratti)
... Ma non se ne curi, non se ne curi, quanto a questo! Penseremo noi a trovare il tono giusto! E per il nome, se lei vuole «Amalia», sarà Amalia; o ne troveremo un altro ... Ma creda che è una sofferenza orribile per noi che siamo così come ci vede, con questo corpo, con questa figura— Il capocomico (troncando, spazientito) ... E mi pare che di questo, chi sia chiamato a giudicare di noi, dovrebbe tener conto ... E noi pensiamo piuttosto a metter su la commedia, se ci riesce! Staccandosi e guardando in giro: Su, su! È già disposta la scena? Agli Attori e ai Personaggi: Si levino, si levino d'attorno! Mi lascino vedere ... Non è con noi, signore ... Ecco, signore: forse, preparandole meglio la scena, attratta dagli oggetti stessi del suo commercio, chi sa che non venga tra noi ...
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Sei personaggi in cerca d'autore (pagina 11)
di Luigi Pirandello (estratti)
... ecco, non sono noi ... Ma creda che a noi pare un'altra cosa, che vorrebbe esser la stessa, e intanto non è! Il capocomico ... —e dunque, basta! Rivolgendosi agli Attori: Vuol dire che faremo poi le prove tra noi, come vanno fatte ... Noi siamo qua tra noi, adesso, ignorati ancora dal pubblico ... Lei darà domani di noi quello spettacolo che crederà, concertandolo a suo modo ...
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Sei personaggi in cerca d'autore (pagina 12)
di Luigi Pirandello (estratti)
... Non importa! Quanto più danno a noi, tanto più rimorso per lui! Il capocomico (spazientito) ... L'illusione? Per carità, non dicano l'illusione! Non adoperino codesta parola, che per noi è particolarmente crudele! Il capocomico (stordito) ... Forse lei, invece, non può comprendere noi ... Ora, se lei pensa che noi come noi indicherà sè e sommariamente gli altri cinque Personaggi non abbiamo altra realtà fuori di questa illusione! Il capocomico (stordito, guardando i suoi Attori rimasti anch'essi come sospesi e smarriti) ... Ma sì, signori! Quale altra? Quella che per loro è un'illusione da creare, per noi è invece l'unica nostra realtà ... Si avanzerà di qualche passo verso il Capocomico, e soggiungerà: Ma non soltanto per noi, del resto, badi! Ci pensi bene ...
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Sei personaggi in cerca d'autore (pagina 13)
di Luigi Pirandello (estratti)
... Farle vedere che se noi (indicherà di nuovo sè e gli altri Personaggi) oltre la illusione, non abbiamo altra realtà, è bene che anche lei diffidi della realtà sua, di questa che lei oggi respira e tocca in sè, perché—come quella di jeri—è destinata a scoprirlesi illusione domani ... Ma la nostra no, signore! Vede? La differenza è questa! Non cangia, non può cangiare, né esser altra, mai, perché già fissata—così—«questa»—per sempre—(è terribile, signore!) realtà immutabile, che dovrebbe dar loro un brivido nell'accostarsi a noi! Il capocomico (con uno scatto, parandoglisi davanti per un'idea che gli sorgerà all'improvviso) ... E dunque, perché si fa meraviglia di noi? Immagini per un personaggio la disgrazia che le ho detto, d'esser nato vivo dalla fantasia d'un autore che abbia voluto poi negargli la vita, e mi dica se questo personaggio lasciato così, vivo e senza vita, non ha ragione di mettersi a fare quel che stiamo facendo noi, ora, qua davanti a loro, dopo averlo fatto a lungo a lungo, creda, davanti a lui per persuaderlo, per spingerlo, comparendogli ora io, ora lei, indicherà la Figliastra ora quella povera madre ... È vero, anch'io, anch'io signore, per tentarlo, tante volte, nella malinconia di quel suo scrittojo, all'ora del crepuscolo, quand'egli, abbandonato su una poltrona, non sapeva risolversi a girar la chiavetta della luce e lasciava che l'ombra gl'invadesse la stanza e che quell'ombra brulicasse di noi, che andavamo a tentarlo ...
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Sodoma e Gomorra (pagina 26)
di Docteur Jaf (estratti)
... Montaigne a proposito del pervertito spirito delle giovanette scrive: «In loro paragone noi non siamo che fanciulli in questa scienza dell'amore ... Tutto quelle che noi crediamo di apprenderle, esse lo hanno già digerito senza il nostro concorso ... A che perdiamo noi il nostro tempo?! Non vi esistono nè parole, nè esempii, nè pratiche che esse non conoscano meglio dei nostri libri» ...
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Storia di un'anima (pagina 4)
di Ambrogio Bazzero (estratti)
... * * * Anch'egli amò la sua donna, ma noi come tutti gli altri ... » A noi non è permesso di togliere il velo di cui egli volle circondata Lidia, una bionda straniera, assai colta, che viveva del suo lavoro, la quale, prima non potè corrispondergli perchè stretta da un'altra promessa; e sciolta questa, quando forse poteva farla sua, egli o non seppe o non osò contraddire a un'autorità ch'era dover suo di rispettare ... Poco importa a noi di sapere come scoppiasse in quel cuore, dopo un'alba ridente d'amore, un tumultuoso uragano, che lo spinse fino all'orlo dalla morte ... Questa è la storia dell'Anima, che egli scrisse giorno per giorno, nel silenzio del suo studiolo, e che noi confidiamo a tutte le anime delicate che sanno accogliere ogni dolore umano con umana carità ... A chi ci domandasse l'utilità di una pubblicazione di questo genere, noi non sapremmo rispondere nulla, perchè certe cose si appannano solo a toccarle colla punta delle dita ... Sappiamo anche noi che uno dei modi di rendere le nostre passioni troppo intense e malaticcie è di rifiutar loro ogni consolazione, e che nel moderato esercizio dei nostri affetti è l'equilibrio della vita, e forse la felicità ... Per superare una difficoltà a cui sarebbe bastata una schietta e franca deliberazione, noi lo vedemmo riprendere gli studi classici all'Accademia di Milano, coll'intenzione di laurearsi in lettere, e poi smetterli per darsi tutto allo studio delle lingue moderne, e tentare la pittura, e maledire libri e pennelli, per tuffarsi nella politica e nella carità, senza che nella sua coscienza entrasse mai la persuasione che tutto ciò gli potesse servire a qualche cosa ...
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Storia di un'anima (pagina 22)
di Ambrogio Bazzero (estratti)
... A Recoaro, come ho vissuto bene nella compagnia gentile di una fanciulla, che non mi credette sciocco e beghino! E perchè ti dico questa simpatia, e quei no! no! no! che mi dissi e feci capire a lei, pensando a te? È una fanciulla che mia madre ha visto nascere e che ha sempre conosciuta e che sarebbe contenta di vedere al mio fianco… Ti ricorderai di me? Si spezzerà il filo tra noi? Chi primo obblierà? Vado a Limbiate e visiterò quel cimitero dove io ho scritto lagrime e sorrisi, io che ora sghignazzo facendo il giornalista lepido ... L'ossario di Solaro ov'io passavo quasi tutti i giorni, e guardando i crani pensavo a te, dicendomi:—che cosa è la vita? e dove io ho contemplato quella mano rattrappita e secca, quando avevo sul cuore la lettera che mi avevi scritta e m'immaginavo la tua manina tonda e morbida, l'ossario l'hanno demolito… E noi abbiamo cambiato l'aspetto delle camere, del giardino, ma il mio cuore non muta ... Come sono pallidi i miei ricordi di Recoaro!—Quante volte passeggiavamo noi due soli, alla sera colla mamma lontano a cento passi, e chiacchieravamo e ci sentivamo giovani ...
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Storia di un'anima (pagina 32)
di Ambrogio Bazzero (estratti)
... vogliamo tanto bene anche noi ... No, no: ci vuol giudizio, noi mamme! Gigio, con un fare impaziente, come se dicesse: «Giulia, sei cattiva, lentissima e scompiacente,» Gigio, un po' malizioso, spicca le parole:—C'è tempo ... e pregando la Madonna: già la Madonna ascolta noi donnicciole, eh?… (Tace sempre!…) una bambina mi piacerebbe di più, mi farebbe maggior compagnia, una massaìna, cucirebbe con me e vorrebbe tutto il suo amore alla mamma, perchè già degli uomini… ...
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Storia di un'anima (pagina 37)
di Ambrogio Bazzero (estratti)
... —Ma dunque? non amavate l'anima?—Se gli occhi sono lo specchio dell'anima, come contemplerò io debitamente la vostra, or che ve ne manca uno? —Ah che scetticismo! —Che cattiveria!… Ma chi insegna a noi uomini ad essere così cattivi? Marchesa, prendo il cappello, per non essere obbligato a rispondere alla mia domanda ... O Dio! il posto vuoto è divenuto un altare, e noi aspettiamo lui o lei che aspetta noi! Fede abbiamo ogni giorno: ma quando sommeremo gli anni agli anni, tristissima desolazione sarà quella di accorgerci che ricordiamo un nome ai figli, o ai figli dei figli, che la vicenda della vita fu varia, che il tempo, il quale raschia le iscrizioni sulle croci di cimitero, cala e cala le sue nebbie nell'anima nostra! E noi giurammo eterno dolore!… ... Nevicò tanti inverni in camposanto!… E noi? O giovani, noi saremo su un seggiolone, scongiurando la morte che ne stia lontana, o giù tra le quattr'assi nell'eterno buio ... Se avremo figli, noi dagli occhi di quelli, quando ci si stringeranno attorno domandando:—State bene?—noi attingeremo gli sbiaditi ricordi di pianti e di sorrisi, e ci interrogheremo sconfortati:—E noi giurammo eterno il dolore?—Se avremo figli, essi verranno sulla nostra fossa e prometteranno di venire sempre: ohimè! pongono una croce di legno: è l'immagine più vera del dolore: essa perde il nome, si tarla, si sfianca, cade, e serve a cuocere la cena alla famiglia del becchino… ...
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Storia di un'anima (pagina 43)
di Ambrogio Bazzero (estratti)
... O Dio! il posto vuoto è divenuto un altare, e noi aspettiamo lui o lei che aspetta noi! Fede abbiamo ogni giorno: ma quando sommeremo gli anni agli anni, tristissima desolazione sarà quella di accorgerci che ricordiamo un nome ai figli, o ai figli dei figli, che la vicenda della vita fu varia, che il tempo, il quale raschia le iscrizioni sulle croci di cimitero, cala e cala le sue nebbie nell'anima nostra! E noi giurammo eterno il dolore!… Nevicò tanti inverni in camposanto!… I figli avranno figli ancora, e avranno nipoti!… Nevicherà tanti inverni in camposanto!… E noi? O giovani, noi saremo su un seggiolone, scongiurando la morte che ne stia lontana, o giù tra le quattr'assi nell'eterno buio ... Se avremo figli, noi dagli occhi di quelli, quando ci si stringeranno attorno, domandando:—State bène?—noi attingeremo gli sbiaditi ricordi di pianti e di sorrisi, e ci interrogheremo sconfortati: E noi giurammo eterno il dolore?—Se avremo figli, essi verranno sulla nostra fossa e prometteranno di venire sempre: ohimè! pongano una croce di legno: è l'immagine più vera del dolore: essa perde il nome, si tarla, si sfianca, cade, e serve a cuocere la cena alla famiglia del becchino… Nevicherà tanti inverni in camposanto! Molte cose vedrai, frequentando la società, moltissimo imparerai nella solitudine della tua meditazione ...
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Storia di un'anima (pagina 50)
di Ambrogio Bazzero (estratti)
... Tutto il mondo a quest'ora, ai nostri occhi ancora sonnolenti, pare debba essere una valle bassa bassa, e la valle, in fondo a cui c'incamminiamo noi, la ci sembra la più seppellita; violastra, fredda, tutta un'ombra senza un'ombra ... Mugge un invisibile torrente; perdendosi nei faggi opachi, corre alla notte che noi abbiamo lasciato alle spalle, nel paesetto ... Noi scambiarne le prime parole colla ragazza che ci serve di guida, pel bisogno di sentire una voce umana in tanto deserto: lei, col guarnellino, la gerla sulle spalle, dice che ha accompagnato ieri e l'altr'ieri tanti signori, e hanno fatto colazione, con tanta allegria… ...
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Storia di un'anima (pagina 52)
di Ambrogio Bazzero (estratti)
... Il mio amico pensa di sicuro:—Se mia cugina vedesse dove sono!—ed io sospiro:—La mia povera Tea è in collegio!—Squilla una campanella per noi ... Noi, un po' orsi, pesanti, impolverati, goffi, rizziamo il capo facendo dondolare sul cappello il mazzetto di fiori ... —A cena, sulla candida tovaglia, fra le posate e le bottiglie lustranti, fra le boccette della senape e di cent'altre leccornie obliate da noi, in mezzo a tante meraviglie, apriamo e riapriamo la Guida: il seguire sulla carta il viaggio e il pronunciare delle sillabe, spitze ed höhe, sul musino bianco e pastosello delle cameriere è la gioia che fa passare ogni stanchezza: i bei nomoni sono come il pepe delle vivande che si mangiano ...
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Storia di un'anima (pagina 63)
di Ambrogio Bazzero (estratti)
... —Che cosa è la vita dell'uomo?… Chi requia qua dentro? Fu felice o infelice? Fu uomo o donna?… Si acconcia Ella alla idea—Per sempre?—In vita si promette ciò che non è in noi; in morte, ciò che speriamo nell'ultima illusione ... Brava gente! Ma noi che viaggiamo perchè nessun libro ci ha fatto bene, noi che vorremmo turbinarci tra il fumo del gran tubo, saltabeccando pel cielo, noi abbiamo la testa che gira, come il fiocchetto della tendina al finestruolo… ...
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Storia di un'anima (pagina 64)
di Ambrogio Bazzero (estratti)
... L'aria che viene dai monti, che s'infresca dal lago, che si poetizza dal cielo, entra in noi, scaccia da noi l'animaccia stanca, scettica, cittadina e ci dà un po' dell'anima della natura, col bisogno di salire in alto, coi voli dei desiderii amplissimi, coll'ali della poesia che non ha metro nè rimario!—Si diventa buoni e si ama, si ama, si ama!… Io qui non invito quelli che hanno la bottega nel cuore, nè le donnine che portano sempre lo specchio al servizio delle uniche loro carni bianchissime: non invito la folla che mangia, beve, ride, ma sibbene le anime torturate dai desiderii inesplicabili, affannate dalle spossatezze del deserto, i cuori che hanno amato o che amano! E vengano i nervosi all'idropatia! Le isteriche stancate dell'attendere! le vinte del corpo! Qui si ama, si ama!—E il lago seduce sempre, cantando l'eterna canzone senza esigere la sua gentile senseria ... Qui dove passeggiamo noi il murello di riparo alla stradetta serpeggia o lumeggiato o smorto in ombra con toni trasparenti, e la montagna affolta boschi e boschetti e sprazza luci sulle zolle, e s'infosca nelle ripiegature delle falde: grotte, acque, fiori, pratelli stiacciati da cumuli di macigni… Oh i monti! Il cittadino che li contempli in un attimo vi ha famigliari, e non c'è pendìo di vallicella ove non sogni d'essere stato già un'altra volta a piangere un dolore: non richiama una gioia definita, ma ricorda d'aver sorriso e spera di sorridere dall'alto di quella cima boscosa, da dove si deve vedere l'altro versante… Di là… Monti e valli e case e gioie e dolori!… Se ha letto un bel libro, sente di doverlo rileggere su quel masso, attraverso quel torrentello, sguazzando sul fondo translucido e sabbioso l'ombrellino… di chi? È un fatto: nei quadretti, e nelle memorie, e nelle speranze compone sempre, direbbero i pittori, una figurina di donna, che ne' suoi occhi sintetizza tutto il linguaggio della natura… Rincorriamoci, o fanciulla: il lago ci invita al bagno: la montagna ci prepara la reazione ...
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Storia di un'anima (pagina 66)
di Ambrogio Bazzero (estratti)
... All'ultimo piano di colonnette si leva la piramide, e noi che le passeggiamo intorno, la vediamo tutta irta coi mattoni a spinapesce, qua e là resa bizzarra da qualche ciuffo d'erba, bruna rossastra, sormontata da un globetto con una croce nel mezzo, La vista di lassù spazia sui piani e sui piani: monotonia, Pure, c'è da trattenersi su una buona mezz'ora, e anche più; si ritarda la discesa, pensando un po' a quelle scalucce malsicure che ci terranno sospesi fra il cielo e i tetti ... Con un movimento spontaneo si dà uno sguardo all'insù; le proporzioni della muraglia, della torre, si allungano sul cielo, e là, in cima, ci pare sia restato qualcosa di noi: qui basso siamo vuoti e melanconici: un che inspiegabile signoreggia tacito intorno a noi, e noi subiamo una pace per gli occhi, per le orecchie, per la bocca, un'aria morta ci involve, entra in noi, esce: ci pare di dormire da lungo tempo, o di svegliarci con altri sensi diversi dai nostri ...
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Storia di un'anima (pagina 69)
di Ambrogio Bazzero (estratti)
... Era forse una foglia, la prima che si staccava dal ramo, che ci diceva quanto noi potevamo essere felici? Desideravamo i crepuscoli rosei, colla mitica stella di Lucifero, colla sottile falce della luna, coi cirri spolverizzati d'oro: e quando voi, o colombi, stendevate il volo su quel terrazzo fiorito, là dove, infelicissima e peccatrice, bisbigliava quella dama infeconda con quel cavaliere, più volte babbo: e voi, passeri pendenti ad un ciuffo di parietaria, dal rosone della facciata spiavate giù nella chiesa tutta calda di lumi i poverelli, famelici fra le nidiate dei bimbi che cantavano le lodi ambrosiane del Signore: e a voi, rampichini muraiuoli, intricati nei garofani delle finestrette, giungeva il guaiolare degli orfanelli dell'Ospedale: e a voi, reatini, salticchianti sulle rose innanzi le croci cadute, taceva sempre impassibile il silenzio di chi nella fossa dei vermi aveva sognato il bel paradiso d'oro:—noi, piegati su una culla candidissima, rattenendo il respiro, come l'unica necessità che accusasse la nostra vita del corpo, noi ci sentivamo purissimamente degni di compiacerci per gli occhi giù fino in fondo dell'anima, ove stava il segreto religioso della nostra giovinezza: noi, affaccendati innanzi ad una seggiolina, versando il latte butirroso in una scodella, ci dicevamo tanto ricchi e pasciuti che avremmo dato tutti i nostri pani a tutti i poverelli e le briciole del nostro bambino a tutti gli uccellini: noi, inginocchiati nel portichetto dei nonni, udendo le leziose impazienze di quella boccuccia che, tartagliando i nostri nomi, pareva comandasse al destino di non dividerli mai, su tutta la terra, credevamo ad un Dio che apparisse nei sogni agli innocenti e nei sorrisi agli amorosi: noi, semi-addormentati allo spegnersi dell'ultime luci del giorno, compiangendo tutti i libri luciferini che indagavano il nulla eterno, l'avevamo dinnanzi la nostra vita, tanto sicura e tanto in pace! E l'avremmo vissuta tutta! Desideravamo che l'autunno si avanzasse a morire nel verno, la stagione carissima, intimissima, dolcissima per la nostra eterna contemplazione amorosa… ... Eterna?… Erano forse le foglie, le ultime foglie che coprivano la terra, che ci dicevano come noi dovevamo essere felici?… Desideravamo le serate lunghe… ... Oh volevamo la nostra stanzetta, piccina, come la nostra ambizione, calda come un nido, illuminata come un santuario! Volevamo essere noi, noi soli, coi nostri ricordi, colle nostre ciarle, col suo balbettìo, col suo respiro, co' suoi starnuti, col nostro bimbo che ci aveva dato tutta la pace! Ci amavamo! Ci amavamo, perchè nessuno era venuto a soffiarci il gelo dei sapienti nell'anima! Ci facevamo indietro indietro nella memoria a trovare le prime paure e i primi rossori, i mutui sguardi e le feconde religioni dell'amore ricambiato! Misuravamo giubboncini e camiciuole! O bimbo, quando credevi di fare il tuo discorsone, pensavi alla mamma? quando tu dormi, ti sogni di lei? quando starnuti, non ci dici grazie? O piccino! O piccino! Eravamo tanto egoisti che sobbalzavamo di scatto, scacciando l'idea e la domanda:—Dove saranno i colombi? e i passeri? e i poveri rampichini? e i poverissimi reatini?—Eravamo di dentro, con un lettuccio tutto morbido di coltroncini, colle cucchiaiate fumanti di pappa, con un cosetto d'avorio pacciucchiato, e, Dio mio! con un libro gualcito al capitolo più serio e più sociale… ... Diventiamo vecchi anche noi? Oh i bei vecchietti!… Mia cara, ecco finalmente s'imbianca un'alba di dicembre ...
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Storia di un'anima (pagina 72)
di Ambrogio Bazzero (estratti)
... —Quaranta giorni per noi: per noi!—ciancicavano le altre pinzochere, e sembrava accorressero, acciabattando, dalle guantaie a strappare le mezze mascherette nere, e nelle sarte a nascondere i ritagli di trine, e ai capezzali dei felici, fugando le visioni e i profumi… ... —Oh morto mi sentivo io! perchè nell'anima avevo il gran gelo dell'oblìo! E, volgendomi alla terra, supplicavo:—Ditemi voi! Voi siete ben più felici di noi, quando siete ricordati! E allora mi alzavo dalle coltri, e rompevo la serratura di quel cofanetto antico, per gettarmi sulle mie memorie, per sapere proprio che un dì avevo pianto anch'io, e avevo sperato e avevo creduto! Il tarlo su quei foglietti ingialliti aveva già fatto cadere dei monticelli di polvere di legno… ...
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