Libri genio
Libri su genio, con la parola genio
Il colore del tempo (pagina 27)
di Federico De Roberto (estratti)
... Dove il prosatore piacentino diagnosticava una encefalite lenta, i filosofi contemporanei vedono, con l'autore dell'Uomo di genio, una nevrosi, una psicosi, una forma di epilessia ... Ora egli mette fuori un volumetto sulla Psico-fisiologia del genio e dell'ingegno, dove il lettore si fermerà stupito a questo passo: «Se io non dico nulla sulle cause che producono il genio, perchè sono ancora ignote, dirò qualche parola sulle relazioni del genio con la pazzia ... Per un gran numero di alienisti il genio è una nevrosi ... Il mio illustre maestro Lombroso è più preciso: il genio è una forma di epilessia; dunque sempre patologico, dunque sempre degenerato ... È proprio Max Nordau quello che scrive così? Abbiamo in mano un libro dell'autore di Degenerazione, o non piuttosto quella Fisiologia del Genio dove Giovanni Gallerani ha sottilmente confutato le affermazioni del Lombroso e della sua scuola intorno alla natura patologica delle menti sovrane? Le parole citate sono proprio del Nordau ... Egli distingue i genî autentici da quelli che ne usurpano il nome ed il posto; e dice che, mentre il genio falso è certamente degenerato, il vero genio non è insano; può talvolta patire gravi disordini cerebrali, ma non già perchè nativamente infermo, bensì come scotto della rara potenza dei suoi organi ... Lo scrittore crede pertanto di non lasciarsi cogliere in contraddizione: se nel suo primo libro diede nominatamente dell'idiota e del mentecatto a tanti ingegni novatori, ora li mette tutti in un fascio, biasimando che si chiami genio «l'imbecille estatico che si atteggia a profeta o ad artista e che sbalordisce con la sua assurda stravaganza la parte più disgustosa dell'esercito dei filistei: gli snobs estetizzanti…» ... Lasciamo per un momento da parte la distinzione fra genî autentici e pseudo-genî, fra genî di primo e di ultimo ordine: consideriamo il genio cui il Nordau concede di chiamarsi tale ... Negate le naturali qualità dell'ingegno, egli le riconosce nel genio, ed afferma che l'uomo di genio differisce dall'uomo normale per uno speciale sviluppo di due centri cerebrali: i centri del giudizio e della volontà ... La sua massima argomentazione contro il principio lombrosiano della patologia del genio è la seguente: asserito dapprima che il genio è evolutivo, egli stesso comincia a dubitarne, e presume soltanto che consista nella prima comparsa, in un singolo individuo, di funzioni nuove e perciò di tessuti nuovi, o almeno straordinariamente modificati, i quali diverranno «forse» tipici nella intera razza; quindi chiede: «Ora c'è esempio che una neoplasia patologica sia evolutiva?» Egli ha già dimenticato il «forse» di due righe prima, ha preso per un fatto comprovato ciò che è e che egli stesso riconosce essere una mera ipotesi ... E lasciamo anche andare che, mentre nelle operazioni del genio assegna una parte minima al caso, vuole poi che questo caso sia arbitro dei destini dell'ingegno; e lasciamo anche andare che, dopo aver fatto dipendere l'ingegno, oltre che dal caso, anche dall'«applicazione», la quale non è altro che volontà, sostiene poi che solo nel genio il centro della volontà è straordinariamente sviluppato, mentre nell'ingegno resta assolutamente eguale a quello di tutti gli uomini normali ... Si dovrà pertanto affermare quel che il Nordau nega, cioè che il genio e l'ingegno differiscono in quantità, non mai in qualità? La conclusione non è questa ... Tra la costituzione fisiopsicologica dell'uomo comune e dell'uomo d'ingegno, di un qualunque militare, per esempio, e di un buon condottiere, non è possibile che non vi sia differenza alcuna, nè di qualità, nè di quantità; si potrà tutt'al più concedere che la differenza sia soltanto di quantità; ma quella che passa tra un buon condottiere e Napoleone è senza fine maggiore, così profonda e radicale, che Napoleone, l'uomo di genio, pare veramente d'un'altra tempra ...
|
Il colore del tempo (pagina 28)
di Federico De Roberto (estratti)
... La megalomania, da un'altra parte, pare che dovrebbe essere quella di chi ha un concetto di sè troppo grande e sproporzionato alle reali sue qualità; quindi il genio non potrebbe essere, per definizione, megalomane ... Un'altra ragione per la quale l'affermazione della nevrosi del genio dispiace e suscita opposizione è relativa all'importanza pratica della nuova teoria ... Si cureranno le malattie delle quali sono infermi? Neanche, se le malattie sono lo scotto e la condizione del genio, se sono lo stesso genio ... Alcuni, tuttavia, combattono la teoria del Lombroso perchè temono precisamente che sia diretta, o possa portare a comprimere, a deprimere i sentimenti d'ammirazione che il genio eccita nella mediocre e infima umanità, e a scemarne l'importanza sociale ... Questo studioso, che il Lombroso cita a titolo di lode, afferma che il genio, il genio quale si è manifestato finora, «non è la più elevata espressione della specie ... Ciò significa che la grandezza del genio è poco importante, è poco utile, mentre utilissime e importantissime sono le qualità che a lui mancano? La proposizione sarebbe innegabile se tutti i genî fossero grandi per un verso e deficienti per un altro; ma non pare che le cose stiano a questo modo; perchè noi vediamo, a cagion d'esempio, un genio grandissimo per i sentimenti egoisti, come Napoleone, e un altro grandissimo nel senso diametralmente opposto, come Francesco da Assisi; la stessa opposizione vediamo tra il genio filosofico del Nietzsche e quello del Tolstoi; vediamo ancora altri genî grandi per la forza della fede, ed altri per la forza del dubbio, e via discorrendo ... E se le buone qualità sono scontate dalle cattive, se le qualità buone non sono buone del tutto, e viceversa, i benefici effetti del genio compenseranno i perniciosi; i genî non saranno considerati nè come indispensabili nè come inutili al procedere dell'umanità; e quella del compenso e dell'equilibrio parrà veramente una delle maggiori leggi al mondo ...
|
Il colore del tempo (pagina 29)
di Federico De Roberto (estratti)
... «Se il genio è giudizio e volontà a un grado di perfezione straordinario, che cosa farò dei genî emozionali, dei poeti e degli artisti? Ho ancora il diritto di ammettere che i poeti e gli artisti possano essere genî? Ebbene: questo diritto mi pare per lo meno contestabile…» ... Certo le capacità si diversificano, si sviluppano variamente e si specificano in un senso o nell'altro; non abbiamo bisogno di ripetere ciò che già dicemmo ragionando dei rapporti della scienza e dell'arte; ma, perchè esse sono distinte, diremo che l'artista non ha nessuna delle facoltà umane dello scienziato, e viceversa; mentre sappiamo che sapienti e poeti furono un tempo, da Empedocle a Leonardo, e possono ancora essere, sebbene troppo raramente, un genio solo? Diremo, col Nordau, che il genio artistico «non è altro che un organetto» capace solo di ripetere meccanicamente certi pezzi di musica, mentre il genio scientifico crea liberamente? Dice egli sul serio quando afferma che il genio scientifico, filosofico, politico è «affrancato» dalle commozioni, dai sentimenti? Dove sono queste separazioni così profonde tra uomini ed uomini? Non sarà creazione, se il Nordau non vuole, quella del poeta; ma allora chi al mondo ha creato mai nulla? C'è qualcosa di nuovo sotto il sole? La creazione, se questa parola si può adoperare, non è tanto degli ordinatori di popoli, quanto degli speculatori di dottrine, quanto dei trovatori di immagini? La classificazione dei genî non si deve pertanto fondare sulla «dignità» dei loro diversi attributi, i quali sono tutti degni egualmente; potrà solo dipendere dall'utilità delle loro opere ... Dei suoi romanzi di un tempo non mette conto parlare; bisogna invece leggere l'ultimo, quello che egli ha pubblicato dopo la Degenerazione e la Psico-fisiologia del genio, cioè dopo i libri dove ha peggio trattato gli artisti e la stessa arte ...
|
L'arte di prender marito (pagina 18)
di Paolo Mantegazza (estratti)
... A meno che l'artista sia uomo di genio o abbia un cuore di angelo, non sposarlo mai ... Si lamenta come un genio incompreso, senz'esser genio, e divien cattivo come uno che fosse in una volta sola punto e perseguitato da tutte le mosche, da tutte le pulci, da tutte le zanzare, che brulicano in questo nostro mondo planetario ... * * * Anche l'artista di genio, anche l'artista incoronato coll'aureola della gloria, è un marito pericoloso, e se tu sei gelosa, non devi sposarlo ...
|
Ricordi di Parigi (pagina 18)
di Edmondo De Amicis (estratti)
... Quasi tutte le sue creature portano l'impronta colossale del suo suggello, e parlano il linguaggio del genio; sono, come lui, grandi poeti o grandi sognatori; statue, a cui ha stampato sulla fronte il suo nome; larve dai contorni più che umani, che si vedono ingigantite come a traverso le nebbie dei mari polari, o accese della luce d'una glorificazione teatrale che le trasfigura, Così Javert, Gymplaine, Triboulet, Simoudain, Gilliat, Giosiana, Ursus, Quasimodo, Jean Valjean ... I suoi difetti sono grandi come il suo genio; non nèi, ma gobbe colossali, che ci fan torcere il viso ... Ma egli ha tutto per combattere e per vincere: ha l'audacia, la forza e le armi; ha il genio e la pazienza; è nato poeta e s'è fatto; ha scavato dentro a sè stesso, con mano pertinace, la vena più profonda dei suoi tesori; ogni opera sua è un immenso, lavoro di scavazione, a cui si assiste leggendo, e si sente il formidabile affanno del suo respiro ... Di questa potenza espressiva, come del coraggio del suo genio, egli abusa, e allora s'impiglia e si ravvolge nel proprio pensiero, e vi s'aggira come in un labirinto, senza trovarne l'uscita ...
|
Ricordi di Parigi (pagina 20)
di Edmondo De Amicis (estratti)
... quest'uomo il titolo augusto e solenne di Genio ... Per me, penso ai suoi cinquanta volumi, pieni d'ispirazioni e di fatiche, in cui si rivela col genio prepotente una volontà indomabile o una tempra fisica d'acciaio; penso ai torrenti di vita che uscirono dal suo petto, all'amore immenso che profuse, alle ire selvaggie e agli odii implacabili che provocò e che gli infuriarono nell'anima; ricorro la sua vita da quando giocava, ragazzo, sotto gli occhi di sua madre, noi giardino delle Feuillantines; lo vedo, sedicenne, quando scriveva in quindici giorni, per guadagnare una scommessa, le pagine ardenti di Bug-Jargal; penso a quando comprò il primo scialle a sua moglie coi denari dell'Han d'Islanda; me lo raffiguro, fiero e impassibile, in mezzo alle tempeste delle assemblee scatenate dalla sua parola temeraria; lo vedo servire umilmente i quaranta bambini poveri seduti alla sua mensa a Hauteville-house; me lo rappresento grave e triste, in mezzo alla folla, dinanzi ai cento sepolcri illustri su cui fece sentire la sua parola piena di maestà e di dolcezza; lo vedo per le vie di Parigi, in mezzo alla moltitudine riverente, costernato e invecchiato, seguire i feretri dei suoi figli; lo vedo in quelle sue veglie febbrili, ch'egli descrisse così potentemente, quando di lontano, nel silenzio della notte, sentiva squillare il corno di Silva ed echeggiare il grido di Gennaro; lo vedo assistere nel Teatro francese, dopo mezzo secolo dalla prima rappresentazione, al trionfo clamoroso dell'Hernani, salutato dai primi scrittori e dai primi artisti della Francia, come il loro Principe rieletto e riconsacrato; penso al suo Oriente splendido, al suo Medio evo tremendo, alla Preghiera per tutti, all'infanta che perde la rosa mentre Filippo II perde l'Armada, alla carica dei corazzieri della guardia contro i quadrati del Wellington, alla scarpetta d'Esmeralda, all'agonia d'Eponina, a tutte le creature del mondo arcano, sfolgorante, immenso che uscì dal suo capo; al suo esilio, alle sue sventure, ai suoi settantasette anni,—e sento una mano che mi fa curvare la fronte ... Quanta è la potenza del genio! Voi arrivate in una città enorme, trascorrete di divertimento in divertimento, d'emozione in emozione, in mezzo a un popolo immenso e tumultuoso, fra gente di ogni paese, fra i capolavori delle arti e delle industrie di unta la terra, fra mille spettacoli, mille pompe o mille seduzioni ... —Io lascio ad altri il risolvere questa quistione: se, in qualche caso, uno smisurato sentimento di sè non sia un elemento del genio: quello che dà l'impulso ai grandi ardimenti; e se, ammessa la indole artistica di Vittor Hugo, sia possibile concepire un Vittor Hugo modesto ... Il genio, dice, è blocco ... L'opera del genio è un tempio in cui si deve entrare col capo scoperto, e in silenzio ... Il genio non ha difetti ... Il ritratto ch'egli traccia dello Shakespeare è il ritratto suo; quella deificazione che egli fa del genio, la quale per un uomo che creda in Dio è quasi sacrilega, è, insomma, la sua apoteosi; in quell'oceano a cui paragona i grandi poeti, si vede riflessa, prima d'ogni altra, la sua grandezza; quella montagna che ha tutti i climi e tutte le vegetazioni, è Vittor Hugo ...
|
|