Libri abate

Libri su abate, con la parola abate

Decameron (pagina 12)
di Giovanni Boccaccio (estratti)

... – 4 Un monaco, caduto in peccato degno di gravissima punizione, onestamente rimproverando al suo abate quella medesima colpa, si libera dalla pena ... E mentre che egli, da troppa volontà trasportato, men cautamente con le' scherzava, avvenne che l'abate, da dormir levatosi e pianamente passando davanti alla cella di costui, sentio lo schiamazzio che costoro insieme faceano; e per conoscere meglio le voci s'accostò chetamente all'uscio della cella a ascoltare, e manifestamente conobbe che dentro a quella era femina e tutto fu tentato di farsi aprire; poi pensò di volere tenere in ciò altra maniera, e tornatosi alla sua camera aspettò che il monaco fuori uscisse ... Il monaco, ancora che da grandissimo suo piacere e diletto fosse con questa giovane occupato, pur nondimeno tuttavia sospettava; e parendogli aver sentito alcuno stropicio di piedi per lo dormitoro, a un piccol pertugio pose l'occhio e vide apertissimamente l'abate stare a ascoltarlo, e molto ben comprese l'abate aver potuto conoscere quella giovane esser nella sua cella ... ” E uscito fuori e serrata la cella con la chiave, dirittamente se n'andò alla camera dell'abate; e, presentatagli quella secondo che ciascun monaco facea quando fuori andava, con un buon volto disse: “Messere, io non potei stamane farne venire tutte le legne le quali io aveva fatte fare, e per ciò con vostra licenzia io voglio andare al bosco e farlene venire ... ” L'abate, per potersi più pienamente informare del fallo commesso da costui, avvisando che questi accorto non se ne fosse che egli fosse stato da lui veduto, fu lieto di tale accidente e volentier prese la chiave e similmente gli diè licenzia ... La giovane vedendo venir l'abate tutta smarrì, e temendo di vergogna cominciò a piagnere ... Messer l'abate, postole l'occhio adosso e veggendola bella e fresca, ancora che vecchio fosse sentì subitamente non meno cocenti gli stimoli della carne che sentiti avesse il suo giovane monaco; e fra se stesso cominciò a dire: “Deh, perché non prendo io del piacere quando io ne posso avere, con ciò sia cosa che il dispiacere e la noia, sempre che io ne vorrò, sieno apparecchiati? Costei è una bella giovane e è qui che niuna persona del mondo il sa: se io la posso recare a fare i piacer miei, io non so perché io nol mi faccia ... La giovane, che non era di ferro né di diamante, assai agevolmente si piegò a' piaceri dell'abate: il quale, abbracciatala e basciatala più volte, in su il letticello del monaco salitosene, avendo forse riguardo al grave peso della sua dignità e alla tenera età della giovane, temendo forse di non offenderla per troppa gravezza, non sopra il petto di lei salì ma lei sopra il suo petto pose, e per lungo spazio con lei si trastullò ... Il monaco, che fatto avea sembiante d'andare al bosco, essendo nel dormentoro occultato, come vide l'abate solo nella sua cella entrare, così tutto rassicurato estimò il suo avviso dovere avere effetto; e veggendol serrar dentro, l'ebbe per certissimo ... E uscito di là dove era, chetamente n'andò a un pertugio per lo quale ciò che l'abate fece o disse e udì e vide ... Parendo all'abate essere assai con la giovanetta dimorato, serratala nella cella, alla sua camera se ne tornò; e dopo alquanto, sentendo il monaco e credendo lui esser tornato dal bosco, avvisò di riprenderlo forte e di ...
Decameron (pagina 15)
di Giovanni Boccaccio (estratti)

... dal Papa in fuori; e di lui udì dire maravigliose e magnifiche cose in tener sempre corte e non esser mai a alcuno, che andasse là dove egli fosse, negato né mangiar né bere, solo che quando l'abate mangiasse il domandasse ... La qual cosa Primasso udendo, sì come uomo che si dilettava di vedere i valenti uomini e' signori, diliberò di volere andare a vedere la magnificenza di questo abate e domandò quanto egli allora dimorasse presso a Parigi ... E quegli messisi in seno, prese il suo cammino e vennegli sì ben fatto, che avanti ora di mangiare pervenne là dove l'abate era ... ’ E, stando alquanto intorno a queste cose attento, il siniscalco dell'abate, per ciò che ora era di mangiare, comandò che l'acqua si desse alle mani; e, data l'acqua, mise ogn'uomo a tavola ... E per avventura avvenne che Primasso fu messo a sedere appunto di rimpetto all'uscio della camera donde l'abate dovea uscire per venire nella sala a mangiare ... Era in quella corte questa usanza, che in su le tavole vino né pane né altre cose da mangiare o da ber si ponea già mai, se prima l'abate non veniva a sedere alla tavola ... Avendo adunque il siniscalco le tavole messe, fece dire all'abate che, qualora gli piacesse, il mangiare era presto ... L'abate fece aprir la camera per venir nella sala: e venendo si guardò innanzi e per ventura il primo uomo che agli occhi gli corse fu Primasso, il quale assai male era in arnese e cui egli per veduta non conoscea: e come veduto l'ebbe, incontanente gli corse nell'animo un pensiero cattivo e mai più non statovi, e disse seco: ‘Vedi a cui io do mangiare il mio!’ E tornandosi adietro, comandò che la camera fosse serrata e domandò coloro che appresso lui erano se alcuno conoscesse quel ribaldo che arrimpetto all'uscio della sua camera sedeva alle tavole ... Primasso, il quale avea talento di mangiare, come colui che camminato avea e uso non era di digiunare, avendo alquanto aspettato e veggendo che l'abate non veniva, si trasse di seno l'uno de' tre pani li quali portati aveva e cominciò a mangiare ... L'abate, poi che alquanto fu stato, comandò a uno de' suoi famigliari che riguardasse se partito si fosse questo Primasso ... ’ Disse allora l'abate: ‘Or mangi del suo, se egli n'ha, ché del nostro non mangerà egli oggi ... ’ Avrebbe voluto l'abate che Primasso da se stesso si fosse partito, per ciò che accomiatarlo non gli pareva far bene ... Primasso, avendo l'un pane mangiato e l'abate non vegnendo, cominciò a mangiare il secondo: il che similmente all'abate fu detto, che fatto avea guardare se partito fosse ... Ultimamente, non venendo l'abate, Primasso mangiato il secondo cominciò a mangiare il terzo: il che ancora fu all'abate detto, il quale seco stesso cominciò a pensare e a dire: ‘Deh questa che novità è oggi che nella anima m'è venuta, che avarizia, chente sdegno, e per cui? Io ho dato mangiare il mio, già è molt'anni, a chiunque mangiar n'ha voluto, senza guardare se gentile uomo è o villano, o povero o ricco, o mercatante o barattiere stato sia, e a infiniti ribaldi con l'occhio me l'ho veduto straziare, né mai nell'animo m'entrò questo pensiero che per costui mi c'è entrato ... ’ E così detto, volle saper chi fosse; e trovato che era Primasso, quivi venuto a vedere della sua magnificenza quello che n'aveva udito, il quale avendo l'abate per fama molto tempo davante per valente uom conosciuto, si vergognò, e vago di far l'amenda in molte maniere s'ingegnò d'onorarlo ...
Decameron (pagina 22)
di Giovanni Boccaccio (estratti)

... E per ventura di Bruggia uscendo, vide n'usciva similmente uno abate bianco con molti monaci accompagnato e con molta famiglia e con gran salmeria avanti; al quale appresso venieno due cavalieri antichi e parenti del re, co' quali, sì come con conoscenti, Alessandro accontatosi, da loro in compagnia fu volentieri ricevuto ... Al quale l'uno de' cavalieri rispose: “Questi che avanti cavalca è un giovinetto nostro parente, nuovamente eletto abate d'una delle maggiori badie d'Inghilterra; e per ciò che egli è più giovane che per le leggi non è conceduto a sì fatta dignità, andiam noi con essolui a Roma a impetrare dal Santo Padre che nel difetto della troppo giovane età dispensi con lui, e appresso nella dignità il confermi: ma ciò non si vuol con altrui ragionare ... ” Camminando adunque il novello abate ora avanti e ora appresso alla sua famiglia, sì come noi tutto il giorno veggiamo per cammino avvenir de' signori, gli venne nel cammino presso di sé veduto Alessandro, il quale era giovane assai, di persona e di viso bellissimo, e, quanto alcuno altro esser potesse, costumato e piacevole e di bella maniera: il quale maravigliosamente nella prima vista gli piacque quanto mai alcuna altra cosa gli fosse piaciuta; e chiamatolo a sé, con lui cominciò piacevolmente a ragionare e domandare chi fosse, donde venisse e dove andasse ... L'abate, udendo il suo ragionare bello e ordinato e più partitamente i suoi costumi considerando, e lui seco estimando, come che il suo mestiere fosse stato servile, esser gentile uomo, più del piacere di lui s'accese; e già pieno di compassion divenuto delle sue sciagure, assai familiarmente il confortò e gli disse che a buona speranza stesse, per ciò che, se valente uom fosse, ancora Idio il riporrebbe là onde la fortuna l'aveva gittato e più a alto: e pregollo che, poi verso Toscana andava, gli piacesse d'essere in sua compagnia, con ciò fosse cosa che esso là similmente andasse ... Camminando adunque l'abate, al quale nuove cose si volgean per lo petto del veduto Alessandro, avvenne che dopo più giorni essi pervennero a una villa la quale non era troppo riccamente fornita d'alberghi ... E volendo quivi l'abate albergare, Alessandro in casa d'uno oste, il quale assai suo dimestico era, il fece smontare, e fecegli la sua camera fare nel meno disagiato luogo della casa ... E quasi già divenuto un siniscalco dell'abate, sì come colui che molto era pratico, come il meglio si poté per la villa allogata tutta la sua famiglia, chi qua e chi là, avendo l'abate cenato e già essendo buona pezza di notte e ogni uomo andato a dormire, Alessandro domandò l'oste là dove esso potesse dormire ... Al quale l'oste rispose: “In verità io non so: tu vedi che ogni cosa è pieno e puoi veder me e la mia famiglia dormire su per le panche; tuttavia nella camera dell'abate son certi granai a' quali io ti posso menare e porovvi suso alcun letticello, e quivi, se ti piace, come meglio puoi questa notte ti giaci ... ” A cui Alessandro disse: “Come andrò io nella camera dell'abate, che sai che è piccola e per istrettezza non v'è potuto giacere alcuno de' suoi monaci? Se io mi fossi di ciò accorto quando le cortine si tesero, io avrei fatto dormire sopra i granai i monaci suoi e io mi sarei stato dove i monaci dormono ... L'abate dorme e se' cortine son dinanzi: io vi ti porrò chetamente una coltricetta, e dormiviti ... ” Alessandro, veggendo che questo si potea fare senza dare alcuna noia all'abate, vi s'accordò, e quanto più chetamente poté vi s'acconciò ... L'abate, il quale non dormiva anzi alli suoi nuovi disii fieramente pensava, udiva ciò che l'oste e Alessandro parlavano e similmente avea sentito dove Allessandro s'era a giacer messo; per che, seco stesso forte contento, cominciò a dire: “Idio ha mandato tempo a' miei disiri: se io nol prendo, per avventura simile a pezza non mi tornerà ... L'abate, postagli la mano sopra il petto, lo 'ncominciò a toccare non altramenti che sogliano fare le vaghe giovani i loro amanti: di che Alessandro si maravigliò forte e dubitò non forse l'abate, da disonesto amor preso, si movesse a così fattamente toccarlo ... La qual dubitazione, o per presunzione o per alcuno atto che Alessandro facesse, subitamente l'abate conobbe e sorrise; e prestamente di dosso una camiscia, ch'avea, cacciatasi, presa la mano d'Allessandro, e quella sopra il petto si pose dicendo: “Alessandro, caccia via il tuo sciocco pensiero, e, cercando qui, conosci quello che io nascondo ... ” Alessandro, posta la mano sopra il petto dell'abate, trovò due poppelline tonde e sode e dilicate, non altramenti che se d'avorio fossono state; le quali egli trovate e conosciuto tantosto costei esser femina, senza altro invito aspettare, prestamente abbracciatala la voleva basciare: quando ella gli disse: “Avanti che tu più mi t'avicini, attendi quello che io ti voglio dire ... E preso tra loro modo e ordine alli lor fatti, come il giorno venne, Alessandro levatosi e per quindi della camera uscendo donde era entrato, senza sapere alcuno ove la notte dormito si fosse, lieto oltre misura con l'abate e con sua compagnia rientrò in cammino; e dopo molte giornate pervennero a Roma ... E quivi, poi che alcun dì dimorati furono, l'abate con li due cavalieri e con Alessandro senza più entrarono al Papa; e fatta la debita reverenza così cominciò l'abate a favellare: “Santo Padre, sì come voi meglio che alcuno altro dovete sapere, ciascun che bene e onestamente vuol vivere dee, in quanto può, fuggire ogni cagione la quale a altramenti fare il potesse conducere; il che acciò che io, che onestamente viver disidero, potessi compiutamente fare, ...
Decameron (pagina 63)
di Giovanni Boccaccio (estratti)

... – 8 Ferondo, mangiata certa polvere, è sotterrato per morto; e dall'abate, che la moglie di lui si gode, tratto della sepoltura è messo in prigione e fattogli credere che egli è in Purgatoro; e poi risuscitato, per suo nutrica un figliuol dell'abate nella moglie di lui generato ... Ora avvenne che, essendosi molto con l'abate dimesticato un ricchissimo villano il quale avea nome Ferondo, uomo materiale e grosso senza modo (né per altro la sua dimestichezza piaceva all'abate, se non per alcune recreazioni le quali talvolta pigliava delle sue simplicità), e in questa dimestichezza s'accorse l'abate Ferondo avere una bellissima donna per moglie, della quale esso sì ferventemente s'innamorò, che a altro non pensava né dì né notte ... Venuta adunque a confessarsi la donna all'abate con grandissimo piacere di lui e a' piè postaglisi a sedere, anzi che a dire altro venisse, incominciò: “Messere, se Idio m'avesse dato marito o non me l'avesse dato, forse mi sarebbe agevole co' vostri ammaestramenti d'entrare nel camino che ragionato n'avete che mena altrui a vita eterna; ma io, considerato chi è Ferondo e la sua stoltizia, mi posso dir vedova, e pur maritata sono, in quanto, vivendo esso, altro marito aver non posso; e egli, così matto come egli è, senza alcuna cagione è sì fuori d'ogni misura geloso di me, che io per questo altro che in tribulazione e in mala ventura con lui viver non posso ... ” Questo ragionamento con gran piacere toccò l'animo dell'abate, e parvegli che la fortuna gli avesse al suo maggior disidero aperta la via, e disse: “Figliuola mia, io credo che gran noia sia a una bella e dilicata donna, come voi siete, aver per marito un mentecatto, ma molto maggior la credo essere l'avere un geloso: per che, avendo voi e l'uno e l'altro, agevolmente ciò che della vostra tribulazion dite vi credo ... ” La donna disse: “Padre mio, di ciò non dubitate, per ciò che io mi lascerei innanzi morire che io cosa dicessi a altrui che voi mi diceste che io non dicessi: ma come si potrà far questo?” Rispose l'abate: “Se noi vogliamo che egli guerisca, di necessità convien che egli vada in Purgatorio ... ” “E come” disse la donna “vi potrà egli andar vivendo?” Disse l'abate: “Egli convien ch'e' muoia, e così v'andrà; e quando tanta pena avrà sofferta che egli di questa sua gelosia sarà gastigato, noi con certe orazioni pregheremo Idio che in questa vita il ritorni, e Egli il farà ... ” “Adunque, “ disse la donna “debbo io rimaner vedova?” “Sì, “ rispose l'abate “per un certo tempo, nel quale vi converrà molto ben guardare che voi a alcun non vi lasciate rimaritare, per ciò che Idio l'avrebbe per male, e tornandoci Ferondo vi converrebbe a lui tornare, e sarebbe più geloso che mai ... ” Disse allora l'abate: “E io il farò; ma che guiderdone debbo io aver da voi di così fatto servigio?” “Padre mio, “ disse la donna “ciò che vi piace, pur che io possa: ma ...
Decameron (pagina 64)
di Giovanni Boccaccio (estratti)

... che puote una mia pari, che a un così fatto uomo, come voi siete, sia convenevole?” A cui l'abate disse: “Madonna, voi potete non meno adoperar per me che sia quello che io mi metto a far per voi, per ciò che, sì come io mi dispongo a far quello che vostro bene e vostra consolazion dee essere, così voi potete far quello che fia salute e scampo della vita mia ... ” “Adunque” disse l'abate “mi donerete voi il vostro amore e faretemi contento di voi, per la quale io ardo tutto e mi consumo ... ” La donna, udendo questo, tutta sbigottita rispose: “Oimè, padre mio, che è ciò che voi domandate? Io mi credeva che voi foste un santo: or conviensi egli a' santi uomini di richieder le donne, che a lor vanno per consiglio, di così fatte cose?” A cui l'abate disse: “Anima mia bella, non vi maravigliate, ché per questo la santità non diventa minore, per ciò che ella dimora nell'anima e quello che io vi domando è peccato del corpo ... E oltre a questo, come che io sia abate, io sono uomo come gli altri e, come voi vedete, io non sono ancor vecchio ... ” La donna teneva il viso basso, né sapeva come negarlo, e il concedergliele non le pareva far bene: per che l'abate, veggendola averlo ascoltato e dare indugio alla risposta, parendogliele avere già mezza convertita, con molte altre parole alle prime continuandosi, avanti che egli ristesse, l'ebbe nel capo messo che questo fosse ben fatto: per che essa vergognosamente disse sé essere apparecchiata a ogni suo comando, ma prima non poter che Ferondo andato fosse in Purgatoro ... A cui l'abate contentissimo disse: “E noi faremo che egli v'andrà incontanente; farete pure che domane o l'altro dì egli qua con meco se ne venga a dimorare”; e detto questo, postole celatamente in mano un bellissimo anello, la licenziò ... La donna, lieta del dono e attendendo d'aver degli altri, alle compagne tornata maravigliose cose cominciò a raccontare della santità dell'abate e con loro a casa se ne tornò ... Ivi a pochi dì Ferondo se n'andò alla badia; il quale come l'abate vide, così s'avisò di mandarlo in Purgatoro ... L'abate mostrando di turbarsi dell'accidente, fattolo scignere e fatta recare acqua fredda e gittargliele nel viso e molti suoi altri argomenti fatti fare, quasi da alcuna fumosità di stomaco o d'altro che occupato l'avesse gli volesse la smarrita vita e 'l sentimento rivocare, veggendo l'abate e' monaci che per tutto questo egli non si risentiva, toccandogli il polso e niun sentimento trovandogli, tutti per constante ebbero ch'e' fosse morto: per che, mandatolo a dire alla moglie e a' parenti di lui, tutti quivi prestamente vennero; e avendolo la moglie con le sue parenti alquanto pianto, così vestito come era il fece l'abate mettere in uno avello ... L'abate con un monaco bolognese, di cui egli molto si confidava e che quel dì quivi da Bologna era venuto, levatosi la notte, tacitamente Ferondo trassero della sepoltura e lui in una tomba, nella quale alcun lume non si vedea e che per prigione de' monaci che fallissero era stata fatta, nel portarono; e trattigli i suoi vestimenti, a guisa di monaco vestitolo sopra un fascio di paglia il posero e lasciaronlo stare tanto che egli si risentisse ... In questo mezzo il monaco bolognese, dallo abate informato di quello che avesse a fare, senza saperne alcuna altra persona niuna cosa, cominciò a attender che Ferondo si risentisse ... L'abate il dì seguente con alcun de' suoi monaci per modo di visitazione se n'andò a casa della donna, la quale di nero vestita e tribolata trovò: e confortatala alquanto pianamente la richiese della promessa ... Per che, venuta la notte, l'abate, travestito de' panni di Ferondo e dal suo monaco accompagnato, v'andò e con lei infino al matutino con grandissimo diletto e piacere si giacque e poi si ritornò alla badia, quel cammino per così fatto servigio faccendo assai sovente ...
Decameron (pagina 65)
di Giovanni Boccaccio (estratti)

... ” Ora in così fatti ragionamenti e in simili, con mangiare e con battiture, fu tenuto Ferondo da diece mesi, infra li quali assai sovente l'abate bene avventurosamente visitò la bella donna e con lei si diede il più bel tempo del mondo ... Ma, come avvengono le sventure, la donna ingravidò e, prestamente accortasene, il disse all'abate: per che a ammenduni parve che senza alcuno indugio Ferondo fosse da dovere essere di Purgatorio rivocato a vita e che a lei si tornasse, e ella di lui dicesse che gravida fosse ... L'abate adunque la seguente notte fece con una voce contrafatta chiamar Ferondo nella prigione e dirgli: “Ferondo, confortati, ché a Dio piace che tu torni al mondo; dove tornato, tu avrai un figliuolo della tua donna, il quale farai che tu nomini Benedetto, per ciò che per gli prieghi del tuo santo abate e della tua donna e per amor di san Benedetto ti fa questa grazia ... ” Ferondo, udendo questo, fu forte lieto e disse: “Ben mi piace: Dio gli dea il buono anno a messer Domenedio e all'abate e a san Benedetto e alla moglie mia casciata, melata, dolciata ... ” L'abate, fattogli dare nel vino che egli gli mandava di quella polvere tanta che forse quatro ore il facesse dormire, rimessigli i panni suoi, insieme col monaco suo tacitamente il tornarono nello avello nel quale era stato sepellito ... La mattina in sul far del giorno Ferondo si risentì e vide per alcun pertugio dell'avello lume, il quale egli veduto non avea ben diece mesi; per che, parendogli esser vivo, cominciò a gridare “Apritemi, apritemi!” e egli stesso a pontar col capo nel coperchio dello avello sì forte, che ismossolo, per ciò che poca ismovitura aveva, lo 'ncominciava a mandar via, quando i monaci, che detto avean matutino, corson colà e conobbero la voce di Ferondo e viderlo già del monimento uscir fuori: di che spaventati tutti per la novità del fatto cominciarono a fuggire e all'abate n'andarono ... Era Ferondo tutto pallido, come colui che tanto tempo era stato senza vedere il cielo, fuori dello avello uscito; il quale, come vide l'abate, così gli corse a' piedi e disse: “Padre mio, le vostre orazioni, secondo che revelato mi fu, e quelle di san Benedetto e della mia donna m'hanno delle pene del Purgatoro tratto e tornato in vita; di che io priego Idio che vi dea il buono anno e le buone calendi, oggi e tuttavia ... ” L'abate disse: “Lodata sia la potenza di Dio! Va dunque, figliuolo, poscia che Idio t'ha qui rimandato, e consola la tua donna, la quale sempre, poi che tu di questa vita passasti, è stata in lagrime, e sii da quinci innanzi amico e servidor di Dio ... ” L'abate, rimaso co' monaci suoi, mostrò d'avere di questa cosa una grande ammirazione e fecene divotamente cantare il Miserere ... La tornata di Ferondo e le sue parole, credendo quasi ogn'uom che risuscitato fosse, acrebbero senza fine la fama della santità dell'abate; e Ferondo, che per la sua gelosia molte battiture ricevute avea, sì come di quella guerito, secondo la promessa dell'abate fatta alla donna, più geloso non fu per innanzi: di che la donna contenta, onestamente, come soleva, con lui si visse, sì veramente che, quando acconciamente poteva, volentieri col santo abate si trovava, il quale bene e diligentemente ne' suoi maggior bisogni servita l'avea ...
Decameron (pagina 169)
di Giovanni Boccaccio (estratti)

... – 2 Ghino di Tacco piglia l'abate di Clignì e medicalo del male dello stomaco e poi il lascia; il quale, tornato in corte di Roma, lui rinconcilia con Bonifazio papa e fallo friere dello Spedale ... Ora, essendo Bonifazio papa ottavo in Roma, venne a corte l'abate di Clignì, il quale si crede essere un de' più ricchi prelati del mondo; e quivi guastatoglisi lo stomaco, fu da' medici consigliato che egli andasse a' bagni di Siena e guerirebbe senza fallo; per la qual cosa, concedutogliele il Papa, senza curar della fama di Ghino, con gran pompa d'arnesi e di some e di cavalli e di famiglia entrò in camino ... Ghino di Tacco, sentendo la sua venuta, tese le reti e senza perderne un sol ragazzetto l'abate con tutta la sua famiglia e le sue cose in uno stretto luogo racchiuse; e questo fatto, un de' suoi, il più saccente, bene accompagnato mandò allo abate, al quale da parte di lui assai amorevolmente gli disse che gli dovesse piacere d'andare a smontare con esso Ghino al castello ... Il che l'abate udendo, tutto furioso rispose che egli non ne voleva far niente, sì come quegli che con Ghino niente aveva a fare, ma che egli andrebbe avanti e vorrebbe veder chi l'andar gli vietasse ... ” Era già, mentre queste parole erano, tutto il luogo di masnadieri circundato: per che l'abate, co' suoi preso veggendosi, disdegnoso forte con l'ambasciadore prese la via verso il castello, e tutta la sua brigata e li suoi arnesi con lui; e smontato, come Ghino volle, tutto solo fu messo in una cameretta d'un palagio assai obscura e disagiata, e ogn'altro uomo secondo la sua qualità per lo castello fu assai bene adagiato, e i cavalli e tutto l'arnese messo in salvo senza alcuna cosa toccarne ... E questo fatto, se n'andò Ghino all'abate e dissegli: “Messere, Ghino, di cui voi siete oste, vi manda pregando che vi piaccia di significarli dove voi andavate e per qual cagione ... ” L'abate che, come savio, aveva l'altierezza giù posta gli significò dove andasse e perché ... Ghino, udito questo, si partì e pensossi di volerlo guerire senza bagno: e faccendo nella cameretta sempre ardere un gran fuoco e ben guardarla, non tornò a lui infino alla seguente mattina, e allora in una tovagliuola bianchissima gli portò due fette di pane arrostito e un gran bicchiere di vernaccia da Corniglia, di quella dello abate medesimo; e sì disse all'abate: “Messer, quando Ghino era più giovane, egli studiò in medicina, e dice che apparò niuna medicina al mal, dello stomaco esser miglior che quella che egli vi farà, della quale queste cose che io vi reco sono il cominciamento; e per ciò prendetele e confortatevi ... ” L'abate, che maggior fame aveva che voglia di motteggiare, ancora che con isdegno il facesse, sì mangiò il pane e bevve la vernaccia e poi molte cose altiere disse e dimolte domandò e molte ne consigliò, e in ispezieltà chiese di poter veder Ghino ... Ghino, udendo quelle, parte ne lasciò andar sì come vane e a alcuna assai cortesemente rispose, affermando che, come Ghino più tosto potesse, il visiterebbe; e questo detto da lui si partì, né prima vi tornò che il seguente dì, con altrettanto pane arrostito e con altrettanta vernaccia; e così il tenne più giorni, tanto che egli s'accorse l'abate aver mangiate fave secche le quali egli studiosamente e di nascoso portate v'aveva e lasciate ... Per la qual cosa egli il domandò da parte di Ghino come star gli pareva dello stomaco; al quale l'abate rispose: “A me parrebbe star bene, se io fossi fuori delle ...
Decameron (pagina 170)
di Giovanni Boccaccio (estratti)

... ” Ghino adunque, avendogli de' suoi arnesi medesimi e alla sua famiglia fatta acconciare una bella camera e fatto apparecchiare un gran convito, al quale con molti uomini del castello fu tutta la famiglia dello abate, a lui se n'andò la mattina seguente e dissegli: “Messere, poi che voi ben vi sentite, tempo è d'uscire d'infermeria”; e per la man presolo, nella camera apparecchiatagli nel menò, e in quella co' suoi medesimi lasciatolo, a far che il convito fosse magnifico attese ... L'abate co' suoi alquanto si ricreò e qual fosse la sua vita stata narrò loro, dove essi in contrario tutti dissero sé essere stati maravigliosamente onorati da Ghino; ma l'ora del mangiar venuta, l'abate e tutti gli altri ordinatamente e di buone vivande e di buoni vini serviti furono, senza lasciarsi Ghino ancora all'abate conoscere ... Ma poi che l'abate alquanti dì in questa maniera fu dimorato, avendo Ghino in una sala tutti li suoi arnesi fatti venire e in una corte che di sotto a quella era tutti i suoi cavalli infino al più misero ronzino, allo abate se n'andò e domandollo come star gli pareva e se forte si credeva essere da cavalcare; a cui l'abate rispose che forte era egli assai e dello stomaco ben guerito e che starebbe bene qualora fosse fuori delle mani di Ghino ... Menò allora Ghino l'abate nella sala dove erano i suoi arnesi e la sua famiglia tutta: e fattolo a una finestra accostare donde egli poteva tutti i suoi cavalli vedere disse: “Messer l'abate, voi dovete sapere che l'esser gentile uomo e cacciato di casa sua e povero e avere molti e possenti nimici hanno, per potere la sua vita difendere e la sua nobiltà, e non malvagità d'animo, condotto Ghino di Tacco, il quale io sono, a essere rubatore delle strade e nimico della corte di Roma ... ” Maravigliossi l'abate che in un rubator di strada fosser parole sì libere: e piacendogli molto, subitamente la sua ira e lo sdegno caduti, anzi in benivolenzia mutatisi, col cuore amico di Ghino divenuto, il corse a abbracciar dicendo: “Io giuro a Dio che, per dover guadagnar l'amistà d'uno uomo fatto come omai io giudico che tu sii, io sofferrei di ricevere troppo maggiore ingiuria che quella che infino a qui paruta m'è che tu m'abbi fatta ... Aveva il Papa saputa la presura dello abate: e come che molto gravata gli fosse, veggendolo il domandò come i bagni fatto gli avesser pro: al quale l'abate sorridendo rispose: “Santo Padre, io trovai più vicino che' bagni un valente medico, il quale ottimamente guerito m'ha”; e contogli il modo, di che il Papa rise: al quale l'abate, seguitando il suo parlare, da magnifico animo mosso, domandò una grazia ... Il Papa, credendo lui dover domandare altro, liberamente offerse di far ciò che domandasse; allora l'abate disse: “Santo Padre, quello che io intendo di domandarvi è che voi rendiate la grazia vostra a Ghino di Tacco mio medico, per ciò che tra gli altri uomini valorosi e da molto che io accontai mai, egli è per certo un de' più, e quel male il quale egli fa, io il reputo molto maggior peccato della fortuna che suo: la qual se voi con alcuna cosa dandogli, donde egli possa secondo lo stato suo vivere, mutate, io non dubito punto che in poco di tempo non ne paia a voi quello che a me ne pare ... Venne adunque Ghino, fidato, come allo abate piacque, a corte; né guari appresso del Papa fu che egli il reputò valoroso, e riconciliatoselo gli donò una gran prioria di quelle dello Spedale, di quello avendol fatto far cavaliere; la quale egli, amico e servidore di santa Chiesa e dello abate di Clignì, tenne mentre visse ... Simil cosa a miracolo per certo pareva a tutti avere udito, cioè che un cherico alcuna cosa magnificamente avesse operata; ma riposandosene già il ragionare delle donne, comandò il re a Filostrato che procedesse; il quale prestamente incominciò: –Nobili donne, grande fu la magnificenzia del re di Spagna e forse cosa più non udita già mai quella dell'abate di Clignì; ma forse non meno maravigliosa cosa vi parrà l'udire che uno, per liberalità usare a un altro che il suo sangue, anzi il suo spirito, disiderava, cautamente a dargliele si disponesse: e fatto l'avrebbe se colui prender l'avesse voluto, sì come io in una mia novelletta intendo di dimostrarvi ...
Decameron (pagina 187)
di Giovanni Boccaccio (estratti)

... Il quale l'abate e' monaci veggendo fuggire si maravigliarono e domandaron della cagione ... “Oh!” disse l'abate “e sì non se' tu oggimai fanciullo né se' in questa chiesa nuovo, che tu così leggiermente spaventar ti debbi: ora andiam noi, veggiamo chi t'ha fatto baco ... ” Accesi adunque più lumi, l'abate con tutti i suoi monaci nella chiesa entrati videro questo letto così maraviglioso e ricco e sopra quello il cavalier che dormiva; e mentre dubitosi e timidi, senza punto al letto accostarsi, le nobili gioie riguardavano, avvenne che, essendo la vertù del beveraggio consumata, che messer Torel destatosi gittò un gran sospiro ... Li monaci come questo videro, e l'abate con loro, spaventati e gridando “Domine, aiutaci” tutti fuggirono ... Non per tanto, senza altramenti mutarsi, sentendo i monaci fuggire e avvisatosi il perché, cominciò per nome a chiamar l'abate e a pregarlo che egli non dubitasse, per ciò che egli era Torel suo nepote ... L'abate, udendo questo, divenne più pauroso, come colui che per morto l'avea dimolti mesi innanzi; ma dopo alquanto, da veri argomenti rassicurato, sentendosi pur chiamare, fattosi il segno della santa croce andò a lui ... ” L'abate, con tutto che egli avesse la barba grande e in abito arabesco fosse, pur dopo alquanto il raffigurò: e rassicuratosi tutto il prese per la mano e disse: “Figliuol mio, tu sii il ben tornato” e seguitò: “Tu non ti dei maravigliare della nostra paura, per ciò che in questa terra non ha uomo che non credi fermamente che tu morto sii, tanto che io ti so dire che madonna Adalieta tua moglie, vinta da' prieghi e dalle minacce de' parenti suoi e contra suo volere, è rimaritata; e questa mattina ne dee ire al nuovo marito, e le nozze e ciò che a festa bisogno fa è apparecchiato ... ” Messer Torello, levatosi di'n su il ricco letto e fatta all'abate e a' monaci maravigliosa festa, ognun pregò che di questa sua tornata con alcun non parlasse infino a tanto che egli non avesse una sua bisogna fornita ... Appresso questo, fatte le ricche gioie porre in salvo, ciò che avvenuto gli fosse infino a quel punto raccontò all'abate ... L'abate, lieto delle sue fortune, con lui insieme rendé grazie a Dio ... Appresso questo domandò messer Torel l'abate chi fosse il nuovo marito della sua donna ... L'abate gliele disse ... ” L'abate rispose che volentieri; e come giorno fu fatto mandò al nuovo sposo dicendo che con un compagno voleva essere alle sue nozze; a cui il gentile uom rispose che molto gli piacea ... Venuta dunque l'ora del mangiare, messer Torello in quello abito che era con l'abate se n'andò alla casa del novello sposo, con maraviglia guatato da chiunque il vedeva ma riconosciuto da nullo; e l'abate a tutti diceva lui essere un saracino mandato dal soldano al re di Francia ambasciadore ... Messer Torello, fatta delle sue care gioie parte e a colui che avute aveva le spese delle nozze e all'abate e a molti altri, e per più d'un messo significata la sua felice repatriazione al Saladino, suo amico e suo servidor ritenendosi, più anni con la sua valente donna poi visse, più cortesia usando che mai ...
La strega ovvero degli inganni de' demoni (pagina 2)
di Giovan Francesco Pico Della Mirandola (estratti)

... LA STREGA ALLA ILLUSTRISSIMA SIGNORA LA SIGNORA LEONORA DI TOLEDO DUCHESSA DI FIORENZA TURINO TURINI ABATE DA PESCIA SUO UMILISSIMO E DEVOTO SERVO ... AL REVERENDO SIGNOR ABATE TURINO DE TURINI ANTONIO BUONAGRAZIA CANONICO DI PESCIA ... Ritrovandomi, signor Abate nipote carissimo, alla usata solitudine nella villa mia di Corsigliano, dove poco innanzi che arrivasse il suo servitore (il quale mi portava la traduzione del dialogo dell'illustre S ...