Come orientarsi tra convivenza e matrimonio

Abbiamo trovato una persona che ci sembra perfetta per noi e adeguatissima per la costruzione di una famiglia. Perciò, vogliamo smetterla di frequentarci soltanto all'esterno, quando c'è tempo e nessuno dei due lavora, ma vogliamo goderci ogni istante dell'altra persona vivendo insieme, sotto lo stesso tetto e ogni giorno insieme, allora possiamo pensare ad andare a convivere. Ma è qui che inzia il più grande dilemma di tutte le coppie. La convivenza o il matrimonio? Siamo pronti per le nozze o vogliamo solo convivere?

La convivenza è la scelta più giusta se non siamo davvero sicuri al 100% della persona con cui vogliamo trasferirci. Esistono, come abbiamo già avuto modo di dire, caratteri che sono completamente incompatibili per via del pensiero su tutte le questioni che riguardano il vivere assieme o semplicemente per il comportamento in generale, e non si può pretendere che le cose funzionino a tutti i costi soltanto perché ci siamo innamorati, quando è chiaro che non possono andare. Una relazione che fuori da casa va a gonfie vele, probabilmente sta andando avanti solo perché vediamo raramente l'altra metà, non tutti i giorni, oppure per pochi minuti al giorno e unicamente per svagarci: per esempio andiamo a prendere un gelato, al cinema, a teatro e in altri posti dove c'è allegria e distrazione, poco tempo per il dialogo e gli scambi di opinione. Vivere insieme significa condividere davvero tutto ed è questo il motivo per il quale, se abbiamo timore che poi la relazione possa fallire subito dopo il matrimonio, iniziamo da una semplice convivenza per vedere come ci troviamo a vivere con un'altra persona e distribuire i lavori di casa con quest'ultima. Se tutto va bene ma ancora non siamo sicuri, non sposiamoci in chiesa ma attraverso il rito civile: in questo modo sarà più rapido effettuare il divorzio qualora la situazione lo richiedesse e potremmo essere liberi di risposarci in chiesa. Nel caso ovviamente volessimo seguire la religione cristiana, le cose cambierebbero: esaminiamo con attenzione l'aspetto religioso, nostro e del nostro futuro convivente, per evitare di sentirci in colpa se particolarmente convinti (come dicono quasi tutte le religioni) del fatto che per andare a vivere insieme sia necessario prima convolare a nozze.

Se invece pensiamo già ai bambini e siamo sicuri della nostra scelta, la cosa più ovvia da fare è sposarci, perché legalmente, in questo modo, i nostri figli avranno maggiori sicurezze e anche noi. Tra l'altro, in caso di divorzio, ai bambini verrebbe garantita maggiore stabilità economica e vale lo stesso nel caso di decesso di uno dei due coniugi. Bisogna tenere in considerazione l'idea che al momento delle promesse si può essere davvero convinti del "finché morte non ci separi", ma con il passare del tempo, con il sopraggiungere della monotonia, con la vita che cambia e si evolve continuamente assieme ai caratteri delle persone, le cose potrebbero cambiare radicalmente rendendo quasi impossibile la convivenza. Quella di sposarsi è una scelta, se non ci sono figli né altre problematiche, è una scelta che viene compiuta per cercare la felicità. Quando quest'ultima viene a mancare, non vale la pena tentare di ricostruire a tutti i costi una cosa che è già rotta: ripariamo al nostro errore, che per un po' di anni ci ha dato serenità e felicità, e guardiamo al futuro.

Curiosità: nel contesto delle frasi belle, parte di questi concetti viene trattata nel libro Mastro don Gesualdo con la seguente bella frase:

"- Intanto che siete qui, potete fare le vostre meditazioni sulla vita e sulla morte, per passare il tempo"


Una cosa particolare che dovremo tenere in considerazione riguarda la religiosità. L'altra persona potrebbe non essere interessata al matrimonio con rito cristiano perché atea, oppure potrebbe appartenere ad un'altra religione. Parliamone e troviamo un compromesso che accontenti entrambi e, se non c'è, troviamo la soluzione più ovvia: andare direttamente a convivere o mantenere il fidanzamento, con la consapevolezza che non potremo mai sperare in qualcosa di più.

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Argomenti: grande dilemma,    semplice convivenza,    maggiore stabilità,    rito cristiano

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